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Fate: la tradizione Italiana!

Ultimo Aggiornamento: 24/08/2005 19:55
24/08/2005 19:55
 
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LA LEGGENDA ITALIANA



Per poter vedere le fate, non tutti i giorni sono buoni.
C'è un giorno particolare, il 7 agosto, in cui le fate sono solite spostarsi da una collina ad un'altra; proprio durante questo loro viaggio è possibile incontrarle.
Attenzione però, non lasciatevi incantare dallo splendore del loro mondo, ma limitatevi ad osservarle silenziosamente.
Se provate ad avvicinarvi sarete prima avvertiti dell'incombente pericolo da strane voci, rumori sinistri, tempeste violente; se ignorate i loro moniti sarete soggetti a grosse sfortune, disastri, e addirittura potreste andare incontro alla morte.
Se non riuscite ad incontrare le fate, basta solo girare per nove volte intorno alla collina da loro abitata, in una notte di luna piena, per poter scoprire l'ingresso del loro mondo.

Nelle notti di luna piena la vetta del Monte Bianco risplende di bagliori dorati: sono le fate che giocano con palline d'oro, di berillo e di acquamarina. Le pareti delle caverne scelte dalle fate trasudano gocce dorate e l'intera cima del Monte Bianco è d'oro purissimo celato dai ghiacci perenni. In queste notti anche alle pendici del Monte Crivari, tra le valli di Susa e di Viù, è possibile osservare le fate giocare. Esse attraversano in un turbinio sfavillante la regione su carri di fuoco guidati da bianchi destrieri seguiti dalle risa e dai canti dei folletti.
Nella Alta Val Venosta e nella Bassa Engadina tra le spaccature della roccia e del terreno sono nascosti i tesori delle Diale, bellissime fanciulle dal piede caprino: guai ad innamorarsene perchè sono imparentate con il demonio.

Sotto Monte Còmero, in Romagna, in una zona rocciosa sono scavate le quattro grotte delle fate, il cui ingresso è inaccessibile agli uomini. La nuda pietra che so scorge è frutto di un incantesimo che tiene celato il prodigioso castello delle fate che un lontano giorno esse abbandonarono per un ignoto motivo. Hanno lasciato, però, in pegno del ritorno i loro telai d'oro purissimo. A guardia di tanta ricchezza vigila un enorme serpente capace con un soffio di far precipitare nel burrone sottostante chiunque osi tentarne il furto.
Il Parco Naturale dei Monti Sibillini, prende il nome dal Monte Sibilla, abitato proprio da questa leggendaria figura. Sulla vetta vi è una grotta (ormai crollata) chiamata per l'appunto "Grotta delle Fate", secondo la leggenda abitata da un folto gruppo di creature fatate che prendevano parte ai riti della Sibilla.

Gli apligiani della Val Geande di Lanzo raccontano che in alcune notti estive, particolarmente ricche di stelle, le fate scendono a danzare e cantare sui prati. Nessuno però osa uscire o guardare lo spettacolo, perchè il castigo sarebbe di precipitare in una profonda voragine.
Sul Monte Oe, in Sardegna, sorgeva lo splendido Palazzo delle Fate, 'Sas Fadas'. Queste bellissime creature fornite di ali ogni notte scendevano in paese e giravano tra le vie, entrando ogni tanto in qualche case, passando attraverso il buco della serratura. Se vi trovavano una persona che andasse loro a genio la svegliavano chiamandola tre volte, e la portavano con sè nel loro palazzo, nel quale venivano mostrate casse piene d'oro e pietre preziose; veniva quindi invitata a prendere ciò che voleva. Ma tutto ciò che quella persona avrebbe preso si sarebbe trasformato in carbone: sarebbe stato necessario tornare là di giorno con un rosario e gettarlo sul tesoro per poterselo assicurare.

Sugli abitanti di Issime, in Val d'Aosta, veglia una fata benefica, la Donna Bianca, che quando non può allontanare una sventura, avverte i pastori sui monti con lunghe grida desolate. È stata vista qualche volta, vestita di bianco, seduta sull'erba, ma se si cerca di avvicinarla scompare.

Gli inviti a visitare una colina delle fate devono essere vagliate con cautela: qualsiasi offerta di cibo o di bevanda va rifiutata, perchè potrebbe provocare una schiavitù perpetua.
Queste e molte altre caratteristiche dell'esistenza sotterranea delle fate sono simili alle concezioni mitologiche sugli inferi, che hanno un Monarca onnipotente e in cui il più piccolo boccone rende i mortali incapaci di fuggire.

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