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FASCISTI SIETE SOLO SERVI DEI SERVI DEI SERVI!!!!!

Ultimo Aggiornamento: 29/07/2006 18:46
05/07/2004 23:04
 
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CHEGUEVARA
[Non Registrato]
FASCISTI............SIETE PEZZI DI MERDA!!!!!!!!! KI VE MUORTA E KI VESTRA MUORTA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
NN SIETE NIENTE IN CONFRONTO CON LE BRIGATE ROSSE!!!!!!!
SERVI!!!!!!! SIETE DA SPUTARE IN FACCIA!!! CON QUESTO SITO FACCIO CARTA DA CULO!!!!![SM=g27826]
06/07/2004 11:34
 
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Wehrmacht
[Non Registrato]
..
Tu sei fortunato a venire su questo sito nascosto dietro a un pc dal coniglio che sei
06/07/2004 13:36
 
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CHEGUEVARA
[Non Registrato]
!!!
HAHAAHHAAHAHAHHA!!! IO MI NASCONDO!?!? HAHAHAHAHAHA!! KI è KE COLPISCE ALLE SPALLE??? KI è KE SE NE SCAPPA SEMPRE E???? HAHAHAHAHAHHAHAHHA!!! LURIDO FASCISTA NON SAI NEANKE CHE COSA SCRIVI!!!!! VOI SIETE I VERI VIGLIACCHI!!! HAHAHAHAHAHA!! HAI FATTO CASO KE IN QUESTO SITO DI MERDA CI STANNO PIU COMUNISTI KE LURIDI FASCISTI? AHAHAHHAHAHAHAHAHAHHAHAHA!!!!!
06/07/2004 13:39
 
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Raphael
[Non Registrato]
Fate skifo
Fascisti del CAZZO sapete solo parlare e non valete a niente... MWHAHAHAHAHAHHA mi domando qunad'è ke vi estingueranno.
Pezzi di merda!!!!!!!!
08/07/2004 20:57
 
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Wehrmacht
[Non Registrato]
..
si tu ti nascondi eccomi che se incontri gli skin scantoni di brutto... si sente da qui la puzza della tua cacchina
09/07/2004 15:27
 
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CHEGUEVARA
[Non Registrato]
!!!
TU LA SENTI MOLTO BENE PERKE SEI ABITUATO A PIGLIARTI MERDA IN FACCIA! SEI UN CESSO!! HAHAHAHAHAHAH!! COGLIONE!!! COGLIONE!!!HAAAAHAHAHAHAHAHAHH!!!
12/08/2004 23:26
 
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mah
[Non Registrato]
perplessità
mah, io sono molto perplesso x quanto riguarda l'anonimicità del forum, xkè cmq anche se non si mette il proprio nome e/o non si è registrati , che io sappia rimane sempre traccia dell'indirizzo ip del computer dal quale si sta scrivendo, ed alcuni sito non so questo se lo fa registrano l'ip degli utenti.[SM=g27827] [SM=g27827] [SM=g27811]
05/09/2004 15:49
 
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guevara
[Non Registrato]
ti sbagli amico![SM=g27824] pure io ho un forum diciamo come questo, e se uno nn è registrato non si può mai sapere ki è
02/12/2004 15:42
 
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29^ Legione SS italiane
[Non Registrato]
FOIBE Le stragi dimenticate della stella rossa
Gianni Oliva ricostruisce gli eccidi avvenuti sul confine nordorientale nell'autunno del '43 e nella primavera del '45. Le colpe del Pci e le responsabilità occidentali nel nascondere la verità

Tito ordinò le epurazioni ma nel dopoguerra impose il silenzio

«Un chilometro di cammino e ci fermammo ai piedi di una collinetta dove, mediante un filo di ferro, ci fu appeso alle mani legate un sasso di almeno venti chilogrammi. Fummo sospinti verso l'orlo di una foiba, la cui gola si apriva paurosamente nera. Uno di noi, mezzo istupidito per le sevizie subite, si gettò urlando nel vuoto, di propria iniziativa. Un partigiano allora, in piedi col mitra puntato, ci impose di seguirne l'esempio. Poiché non mi muovevo, mi sparò contro. Ma a questo punto accadde il prodigio: il proiettile, anziché colpirmi, spezzò il filo di ferro che teneva legata la pietra, cosicché, quando mi gettai nella foiba, il sasso era rotolato lontano da me». Giovanni Radetticchio, di Sissano, raccontò la sua eccezionale esperienza sul periodico triestino della Dc, La Prora , nel gennaio 1946. Un vero miracolato, testimone del terrore che nel maggio-giugno 1945, mentre la maggior parte dell'Italia del Nord festeggiava l'uscita dalla guerra, insanguinava il confine nordorientale. A Trieste, Gorizia, Monfalcone, nell'Istria gialla dei raccolti maturi, la gente era in preda alla paura. Non bastava non aver commesso crimini per aver salva la vita. I funzionari dell'Ozna, la polizia politica jugoslava, colpivano in apparenza senza un piano preordinato: ex fascisti, preti, ma anche antifascisti e membri del Comitato di liberazione nazionale. Gli arresti avvenivano all'improvviso, le esecuzioni venivano ordinate dopo processi farsa. Molti erano trasferiti nei campi di concentramento in Jugoslavia, alcuni uccisi sul posto, ad altri toccava la fine più atroce: essere gettati nelle foibe, le fenditure del territorio carsico, a volte profonde decine di metri. Migliaia di cittadini italiani morirono in quel modo. Stessa sorte era toccata a molte centinaia di italiani in Istria durante le jacquerie del settembre-ottobre 1943, preludio in scala minore alle violenze di due anni dopo.
A questo doloroso e, sino a pochissimi anni fa, dimenticato capitolo della nostra storia, ha dedicato un appassionante libro Gianni Oliva, cinquantenne studioso torinese che ha scritto tra l'altro una storia della Resistenza, I vinti e i liberati , una monografia sui Savoia e una biografia di Umberto II . Il titolo di questo nuovo lavoro, in uscita da Mondadori, è semplicemente Foibe , ma già il sottotitolo ne fa intuire le motivazioni: «Le stragi negate della Venezia Giulia e dell'Istria». Perché raccontare l'orrore, quantificare il numero delle vittime, dalle diecimila alle dodicimila, descrivere il quadro nazionale e internazionale del fenomeno significa lasciare il lavoro a metà. Ciò che oggi occorre spiegare è perché per mezzo secolo delle foibe si è parlato poco e malvolentieri, quasi che quella tragedia non appartenesse alla nostra storia nazionale, che non bisognasse ricordare quelle vittime, al pari di quelle della Risiera di San Sabba, a Trieste. E' la vecchia storia della «memoria divisa», come testimoniano anche le polemiche per le commemorazioni dell'ultimo 25 aprile o le dispute sui manuali scolastici che animarono la cronaca politica dell'anno scorso.
A confinare per mezzo secolo il ricordo delle foibe nelle commemorazioni locali hanno contribuito, secondo Oliva, alcuni fattori politici. Innanzitutto la rottura avvenuta nel 1948 tra Stalin e Tito ha portato le democrazie occidentali ad accettare diplomaticamente la versione di parte jugoslava: non si sarebbe trattato, come invece fu, di stragi avvenute secondo una strategia preordinata, che prevedeva l'annessione anche di Trieste al nuovo Stato comunista e la rapida slavizzazione di territori italiani, ma di una spontanea lotta di popolo che come tutte le insurrezioni ebbe i suoi eccessi. Il secondo motivo è l'imbarazzo degli stessi governi italiani: già dal 1945 Tito cominciò a chiedere l'estradizione di quei militari fascisti che avevano commesso reati di guerra in Jugoslavia, ufficiali che spesso erano già stati reintegrati nel nostro esercito.
Il terzo motivo del lungo silenzio sono le ambiguità del Partito comunista italiano e le responsabilità del suo leader, Palmiro Togliatti, nella conduzione della Resistenza sul confine nordorientale. Il 16 e il 17 ottobre 1944 Togliatti si incontrò con i rappresentanti del maresciallo Tito, Edvard Kardelj e Milovan Gilas, e già il 19 dello stesso mese poteva scrivere al suo inviato nella Venezia Giulia, Vincenzo Bianco, che l'occupazione jugoslava «è un fatto positivo, di cui dobbiamo rallegrarci e che dobbiamo in tutti i modi favorire», perché significa che «in questa regione non vi sarà né un'occupazione né una restaurazione dell'amministrazione reazionaria italiana, cioè si creerà una situazione profondamente diversa da quella che esiste nella parte libera dell'Italia. Una linea diversa si risolverebbe, di fatto, in un appello all'occupazione di Trieste, da parte delle truppe inglesi».
Era l'esplicita subordinazione politica alle esigenze del comunismo internazionale e alle chiare spinte nazionaliste di Tito («diventerà nostro tutto ciò che si troverà nelle mani del nostro esercito») che sul terreno della lotta significava mettere le formazioni partigiane comuniste italiane agli ordini delle unità jugoslave. Una scelta difficile, non sempre accettata dai militanti locali. All'inizio del '44, per esempio, Darko Pezza, comandante della formazione garibaldina «Giovanni Zol», aveva rifiutato l'ordine dello sloveno Karlo Maslo di trasferirsi con i suoi uomini in Istria. Aveva scelto di appoggiare uno sciopero operaio a Trieste e per questo era stato fucilato con il suo collaboratore Umberto Dorini.
Se la tensione in quei mesi era alta fra gli stessi comunisti, era addirittura insostenibile tra formazioni partigiane di diverso segno politico. Non soltanto era impensabile un'unità di azione, ma alla diffidenza si aggiungeva la calunnia, in una spirale di odio che portava a sanguinose vendette. In questo clima di sospetto maturò l'eccidio delle malghe di Porzus: 21 partigiani cattolici e giellini della brigata Osoppo, tra i quali il fratello di Pier Paolo Pasolini, uccisi in un agguato da militanti comunisti il 7 febbraio '45.
In un clima di divisioni locali e di tensioni internazionali crescenti tra marzo e aprile si prepara la corsa per Trieste tra Alleati e jugoslavi: a vincere è la IV armata jugoslava, che arriva in città alle 9.30 del primo maggio. Dall'operazione è esclusa la divisione garibaldina «Natisone», che viene dirottata verso Lubiana e che solo il 20 maggio potrà rientrare nella Venezia Giulia. Gli ordini di Tito e Kardelj sono chiari: «Epurare subito», «Punire con severità tutti i fomentatori dello sciovinismo e dell'odio nazionale». E' il preludio alla carneficina, che non risparmierà tanti elementi antifascisti, come i finanzieri della legione di Trieste vicini al Cln o, a Fiume, i rappresentanti del movimento autonomista zanelliano che si erano sempre battuti contro Mussolini. Gli eccidi continuano per settimane, nonostante l'arrivo a Trieste e a Gorizia, fra il 2 e il 3 maggio, della seconda divisione neozelandese del generale Bernard Freyberg, inquadrata nell'VIII Armata britannica. Gli accordi del 9 giugno tra Tito e Alexander sottoscrivono la linea Morgan, che prevede due zone d'occupazione e pongono fine alle pretese jugoslave su Trieste.
A 57 anni di distanza resta ancora aperto il problema storico. Il termine «foibe» ha un carattere simbolico: molti italiani finirono nelle voragini carsiche ma la maggior parte delle vittime fu «eliminata nelle prigioni e nei campi di concentramento jugoslavi». Gianni Oliva ci spiega che gli stermini di massa del settembre-ottobre '43 e del maggio-giugno '45 non possono essere archiviati come «epurazione politica antifascista né ricondotti in modo semplicistico alla spontaneità del furore popolare». Le spinte che contribuirono alla stagione dell'orrore (la violenza del cosiddetto «fascismo di confine», le ambizioni nazionalistiche di Tito, l'odio etnico, il conflitto ideologico) si intrecciano in maniera inestricabile, cosicché è impossibile capire il fenomeno se si trascura uno degli elementi.

Questo è un piccolo assaggio per coloro che si professano "comunisti" e ritengono che il regime comunista sia esente da delitti,barbarie e chi più ne ha più ne metta.
L'olocausto nazista nei confronti degli ebrei è pari al 10% delle vittime che i comunisti hanno fatto (se freddamente di statistiche si vuol parlare), senza parlare poi deii "partigiani" durante la seconda guerra mondiale che vigliaccamente, non ebbero il coraggio di schierarsi contro il loro "nemico" indossando una divisa regolare, era più facile assassinare alle spalle ed in borghese.

Un consiglio.... studiate la storia ma con libri "giusti", non limitatevi a leggere le baggiante riportate sui libri scolastici, non ascoltate i media che pilotano l'informazione deviandone la verità, poi si può affrontare una discussione.



29/07/2006 18:46
 
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Comandante Marcos
[Non Registrato]
volevo dire al tipo W che io ho fatto rissa con dei nazi a 15anni io ero da solo non hanno avuto il coraggio di colpirmi finchè non sono stati in 5 tutti ventennie poi chi sono i vigliacchi?
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