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per ricordare l'11 settembre

Ultimo Aggiornamento: 17/09/2003 17:15
11/09/2003 19:07
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l'Unita’, 12.9.01
Un giorno che cambia il mondo
di Furio Colombo



L’attacco all’America e’ accaduto all’improvviso alle 9 del mattino di una bella giornata di settembre mentre Manhattan e’ al colmo del suo lavoro, il Campidoglio di Washington e’ in seduta, il Pentagono e’ intento, con tutto il suo personale e i suoi sistemi da fantascienza, a monitorare il mondo e i suoi pericoli. «Il presidente degli Stati Uniti vuole spendere miliardi di dollari per costruire lo scudo spaziale e non si rende conto che la prossima bomba sara’ portata alla Casa Bianca in una valigia», aveva detto non piu’ di due mesi fa un senatore democratico quando si e’ aperto il dibattito sul progetto «guerra stellare». Involontariamente quel senatore e’ stato profeta. Lo ha ispirato la prudenza, il senso comune che hanno sempre guidato l’America nei suoi atti fondamentali di governo. Quella prudenza, quel buon senso, sembrano dissolti in una inspiegabile distrazione.
Ma prima di abbandonarci al senno di poi, ai gravi commenti che e’ cosi’ facile proporre a cose avvenute, domandiamoci che cosa davvero e’ successo. E’ successo che l’America e’ stata attaccata con estrema violenza, tecnologia accurata, con un senso acuto del simbolo (la distruzione delle due torri nel quartiere finanziario, il colpo al cuore di Wall Street e del Pentagono) e una vasta capacita’ di morte che non parla piu’ il linguaggio del gesto di terrorismo. Dice: guerra. L’evento, hanno detto in molti, ha un solo equivalente, Pearl Harbor. Se e’ vero lascia all’America, come allora, una sola via d’uscita: raccogliere le forze e reagire. Di colpo si intravedono, fra le macerie di Manhattan problemi gravissimi. I piu’ difficili da risolvere sono il raccordo col resto del mondo democratico, il salvataggio della democrazia interna e del rispetto
internazionale. Per gli Stati Uniti e’ la prova piu’ difficile dopo la seconda guerra mondiale.Il senno di poi, la riflessione (se e’ possibile riflettere con serenita’ e con giudizio in queste ore) costringono prima di tutto gli americani a confrontarsi con due illusioni che George Bush Junior aveva spensieratamente portato a Washington con la sua elezione: l’illusione che l’America possa distaccarsi, ricca e felice, dal resto del mondo. Mai prima un conflitto, come quello del Medio Oriente, e’ stato cosi’ grave. Mai prima d’ora un governo americano se ne era disinteressato cosi’ a lungo. E l’illusione di potersi chiudere nella fortezza America. Le due illusioni sono scomparse nell'immensa polvere di detriti delle torri gemelle di Manhattan.
Sangue, caos, morte, in punti diversi, nevralgici e simbolici in terra americana, da ieri costringono Bush e i suoi ideologi a ricordare che tutto cio’ e’ avvenuto mentre il presidente governava con la testa ancora immersa nella guerra fredda, nel confronto-scontro fra potenze, diplomazie, ideologie. Nessuno intorno a lui ha saputo decifrare in tempo i segni di pericoli completamente nuovi che non hanno niente a che fare con la realta’ prima di adesso. Per questo, forse, il gigante del mondo si e’ fatto cogliere disattento, indifeso, privo di informazioni e di intelligence, incapace di avere e di attivare controlli nel proprio territorio, mentre altrove, nel mondo,i segnali di pericolo grave sono evidenti. Occorre notare che tutti gli aerei dirottati e usati per le tremende missioni suicide erano impegnati in voli interni americani, erano compagnie di bandiera di quel paese e nessuno scudo spaziale li avrebbe intercettati, proprio come aveva previsto il senatore che ho appena citato.
Persino l’antica struttura delle alleanze, se non e’ sopratutto un legame di solidarieta’, ha perduto una parte del suo senso. Molto piu’ importante e’, in un momento come questo, la cooperazione, la collaborazione, il rendersi conto che, in una situazione pericolosa e frantumata, tutti hanno bisogno di tutti, che le fortezze impenetrabili non esistono, che gli scudi spaziali proteggono solo dalla defunta Unione Sovietica. L’America si espone ora a due diversi comportamenti, entrambi difficili e rischiosi. Il primo e’ «la guerra di culture», teorizzata per anni dal politologo americano Samuel Huntington. Predica la incompatibilita’ di culture diverse, tutto l’Islamismo contro tutto l’Occidente. E’ un percorso che seduce perche’ si presta a identificare materialmente il nemico. O meglio: diventa nemico chi corrisponde ad un identikit culturale, dunque astratto. La storia non e’ mai andata cosi’, le civilta’ si sono mischiate creando altre civilta’. L’America e’ uno dei frutti piu’ grandi della guerra di culture che non c’e’ stata. Forse per questo, fino al momento in cui sto scrivendo questo articolo, le fonti ufficiali e giornalistiche degli Stati Uniti nonostante lo shock, nonostante la ferita gravissima, non hanno voluto avventurarsi ad identificare il nemico. Vogliono prima avere un documento o una prova.
Ho detto due comportamenti. Ma l’altro non ha alcun modello, non c’e’ una teoria o una pratica, ne’ alcun governo che si sia avventurato lungo la strada in cui si arriva prima del peggio. L’alternativa «guerra o terrorismo» probabilmente non e’ piu’ una scelta. Questa e’ una guerra di terrore fra la potenza americana e un ectoplasma invisibile ma tutt’altro che debole: azione perfetta, preparata nei dettagli e sfuggita all’attenzione delle due polizie piu’ potenti del mondo, la CIA e l’FBI. Agli Stati Uniti e a tutti i governi con essi solidali (e che probabilmente comprendono alcuni importanti paesi arabi)si pone il compito durissimo di usare fermezza evitando il rischio di allargare le schiere dei nemici o di crearne di nuovi. Vuol dire la cosa piu’ difficile: capire i limiti della potenza insieme con la necessita’ di non lasciare uno spazio vuoto dopo una simile tragedia. Il mondo, da oggi, non e’ piu’ lo stesso. Sulle spalle di un Paese cosi’ provato, e tutti i paesi democratici c’e’ la responsabilita’ di fare in modo che da oggi non cominci il peggio. L’America si espone ora a due diversi comportamenti, entrambi difficili e rischiosi. Il primo e’ «la guerra di culture», teorizzata per anni dal politologo americano Samuel Huntington. Predica la incompatibilita’ di culture diverse, tutto l’Islamismo contro tutto l’Occidente. E’ un percorso che seduce perche’ si presta a identificare materialmente il nemico. O meglio: diventa nemico chi corrisponde ad un identikit culturale, dunque astratto. La storia non e’ mai andata cosi’, le civilta’ si sono mischiate creando altre civilta’. L’America e’ uno dei frutti piu’ grandi della guerra di culture che non c’e’ stata. Forse per questo, fino al momento in cui sto scrivendo questo articolo, le fonti ufficiali e giornalistiche degli Stati Uniti nonostante lo shock, nonostante la ferita gravissima, non hanno voluto avventurarsi ad identificare il nemico. Vogliono prima avere un documento o una prova.
Ho detto due comportamenti. Ma l’altro non ha alcun modello, non c’e’ una teoria o una pratica, ne’ alcun governo che si sia avventurato lungo la strada in cui si arriva prima del peggio. L’alternativa «guerra o terrorismo» probabilmente non e’ piu’ una scelta. Questa e’ una guerra di terrore fra la potenza americana e un ectoplasma invisibile ma tutt’altro che debole: azione perfetta, preparata nei dettagli e sfuggita all’attenzione delle due polizie piu’ potenti del mondo, la Cia e l’Fbi. Agli Stati Uniti e a tutti i governi con essi solidali (e che probabilmente comprendono alcuni importanti paesi arabi)si pone il compito durissimo di usare fermezza evitando il rischio di allargare le schiere dei nemici o di crearne di nuovi. Vuol dire la cosa piu’ difficile: capire i limiti della potenza insieme con la necessita’ di non lasciare uno spazio vuoto dopo una simile tragedia. Vuol dire avere la forza e la capacita’ di isolare il terrorismo e inchiodarlo al vuoto folle che lo ispira. Vuol dire agire in modo da non dare al terrorismo alleati e sostenitori che non deve avere. Il mondo, da oggi, non e’ piu’ lo stesso. Sulle spalle di un Paese cosi’ provato, e di tutti i paesi democratici, c’e’ la responsabilita’ di fare in modo che da oggi non cominci il peggio.


questo articolo, scirtto il 12 settembre 2001, il giorno dopo la strage delle torri gemelle, e per ricordare le vittime di quell'atroce attentato... ma soprattutto per far riflettere su come la natura umana non riesca mai a vivere in pace... io nn condanno nessuno... America e Afghanistan... Cattolici o Islamici... vorrei solo che il mondo un giorno diventasse migliore.


12/09/2003 13:27
Vivi
[Non Registrato]
tribute
non ho letto l'articolo x mancanza di tempo in questo momento ma conto di farlo...quel giorno mi sa che nessuno lo scordera' mai...sembrava un film quello che stava accadendo...ma gli effetti non erano speciali...non dimentichero' mai quel giorno che ha cambiato un po' la storia del mondo ed il modo di pensare di tutti, non solo di chi era li'...un tributo va ai pompieri eroi di quel terribile giorno...e a tutte quelle persone che non hanno fatto nulla eppure gli e' toccata una sorte tremenda per mano di gente mostruosa...come si fa solo a pensare a queste cose!!Naturalmente ho pensato le stesse cose quando ho visto le scene delle guerra in Iraq...io non sono x la guerra ...mai
Vivi:U: :T:
13/09/2003 13:39
*Elbereth*
[Non Registrato]
per ricordare l'11 settembre
Questo giorno si può dire il + triste dell'anno [SM=g27813] ...quello che è successo 2 anni fà è una cosa terribile...noi non potremmo fare nulla,ma io spero in un futuro "pulito" e senza guerra...
Da quel giorno mi son chiesta che senso ha fare questo?Si è felici dopo aver spento le vite di miliardi di persone?...
13/09/2003 14:21
Post: 187
Registrato il: 28/08/2002
Utente Junior
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già...purtroppo la natura umana a volte è autolesionista e cattiva... speriamo in un futuro migliore, per tutti...


14/09/2003 18:44
*Elbereth*
[Non Registrato]
Poi Bin Laden ha il coraggio di filmare video e di trasmetterli nel mondo dopo quello che ha fatto :G: !E' proprio senza ritegno...
Io il 9 settembre 2001 stavo preparando le valigie x il mare,e appena sono arrivata all'albergo la padrona mi ha detto quello che era successo in America.Al telegiorale c'erano solo le immagini della caduta delle Torri e vedevo persone morte o quasi...non sai che tristezza...
15/09/2003 20:29
Post: 197
Registrato il: 28/08/2002
Utente Junior
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io ero davvero sconvolto... quasi piangevo... mi sembrava di non essere più al sicuro da nessuna parte... che terrore...


16/09/2003 20:22
*Elbereth*
[Non Registrato]
Già anche io...pensa che potrebbe attaccare da un momento all'altro...io ho molta paura a pensarci,mi vengono i brividi e tremo...fà ridere quasi:ero terrorizzata x le interrogazioni a scuola,e quest'altro fatto mi fà fare anche gli incubi...posso solo sperare che finisca presto...
17/09/2003 17:15
Post: 198
Registrato il: 28/08/2002
Utente Junior
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già... [SM=g27813]


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