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free saddam

Ultimo Aggiornamento: 04/11/2006 10:24
30/10/2006 09:22
 
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Iraq: avvocato Saddam a Bush, "libero rais per salvare Paese"

AMMAN - Richiesta, oggi, del capo del collegio di difesa di Saddam Hussein, l'avvocato Khalil al-Doulaimi, al presidente statunitense George W. Bush: "liberare l'ex rais" sarebbe il solo modo per ''salvare il futuro dell'Iraq''. Nella lettera, diffusa ad Amman, il legale iracheno afferma che ''e' necessario finire questo processo ridicolo e liberare il presidente Saddam Hussein e tutti i detenuti, perche' cio' "e' la sola via d'uscita per le vostre forze e la vostra situazione critica in Iraq''. Un'eventuale esecuzione di Saddam Hussein, su cui pende la richiesta di condanna a morte per la strage degli sciiti a Dujail, metterebbe l'Iraq ''a sangue e fuoco''.
30/10/2006 12:23
 
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come se adesso invece la situazione è differente [SM=x165044] [SM=x165044]
"E' bello anche morire per le proprie idee...chi ha il coraggio di sostenere i propri valori muore una volta sola,chi ha paura muore ogni giorno"(Paolo Borsellino)
30/10/2006 13:59
 
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Certo, m'immagino se nel 1946 l'avvocato di Goering a Norimberga avesse chiesto la sua liberazione per salvare il futuro della Germania [SM=x165059]
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"We few, we happy few, we band of brothers;/ for he today that sheds his blood with me /shall be my brother" (Shakespeare- Henry V)

"Bisogna che il popolo si avvezzi a riconoscere negli agenti della sicurezza pubblica non più i ministri di una esosa tirannide; ma coloro che vegliano alla sicurezza dellordine e della proprietà e che si ricordi come in libero e ben ordinato stato il rispetto della legge non è solo la forza del governo ma anche della nazione. " ( giornale " La Lombardia" di Milano. 17 Luglio 1860)

"Una grande Civiltà viene conquistata dall'esterno solo quando si è distrutta dall'interno" (William James Durant)
30/10/2006 23:08
 
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avvocati, avvocati, sempre avvocati... [SM=x165041]
02/11/2006 09:21
 
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Re:

Scritto da: dago113 30/10/2006 13.59
Certo, m'immagino se nel 1946 l'avvocato di Goering a Norimberga avesse chiesto la sua liberazione per salvare il futuro della Germania [SM=x165059]




un paragone che calza a pennello, come i cavoli a merenda
02/11/2006 09:25
 
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iraq: grafico Usa pubblicato dal NYT, e' piena crisi

WASHINGTON - Un grafico che illustra la difficile situazione in cui versa l'Iraq, stilato dai vertici militari statunitensi, e' finito sulle pagine del New York Times. Si tratta di un documento che tratteggia i contorni di un Paese lontano dalla pace e schiacciato dalla guerriglia e dalle violenze interetniche e interreligiose. Il grafico e' stato pubblicato sul sito del celebre giornale americano. Il succedersi di attentati ha spostato l'indicatore dalla zona "verde", di relativa tranquillita', a quella "rossa" di piena crisi.
02/11/2006 10:57
 
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Re: Re:

Scritto da: antobrun 02/11/2006 9.21



un paragone che calza a pennello, come i cavoli a merenda



Vero, desculpe . Il paragone più azzeccato sarebbe stato con Hitler.
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"We few, we happy few, we band of brothers;/ for he today that sheds his blood with me /shall be my brother" (Shakespeare- Henry V)

"Bisogna che il popolo si avvezzi a riconoscere negli agenti della sicurezza pubblica non più i ministri di una esosa tirannide; ma coloro che vegliano alla sicurezza dellordine e della proprietà e che si ricordi come in libero e ben ordinato stato il rispetto della legge non è solo la forza del governo ma anche della nazione. " ( giornale " La Lombardia" di Milano. 17 Luglio 1860)

"Una grande Civiltà viene conquistata dall'esterno solo quando si è distrutta dall'interno" (William James Durant)
02/11/2006 12:49
 
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...la storia di ogni paese demoratico è piena di guerre e di morti, non è possibile passare da una dittatura ad una democrazia in un paio di giorni senza pagare tributi importanti in vite umane e sacrifici. Purtroppo dimentichiamo la storia e vogliamo valutare il presente con gli occhi non proprio scevri di imparzialità. E' ovvio che un paese che ha subito una dittatura cosi feroce e violenta non poteva transitare in un mese ad avere un sistema democratico, quello degli americani lo si potrà definire sogno ma per quanto ci riguarda questo sogno con noi ha funzionato, è accertato che le cose cambiano e che necessariamente bisogna trovare dei sistemi diversi perchè è vero che la storia si ripete ma è anche vero che bisogna fare di tutto per non farla ripetere.
Le alternative sono quelle di laciare il paese in mano a nuovi saddam e non credo sia il magggir desiderio della gente comune, gente che non è abituata a pensare per lo stato che nonha una coscienza comune e che ha molta strada da percorrere perchè le conquiste migliori si ottengono solo con molto sacrificio.
Ciao!
Cleanhead
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02/11/2006 18:47
 
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Re:

Scritto da: Cleanhead 02/11/2006 12.49
...la storia di ogni paese demoratico è piena di guerre e di morti, non è possibile passare da una dittatura ad una democrazia in un paio di giorni senza pagare tributi importanti in vite umane e sacrifici. Purtroppo dimentichiamo la storia e vogliamo valutare il presente con gli occhi non proprio scevri di imparzialità. E' ovvio che un paese che ha subito una dittatura cosi feroce e violenta non poteva transitare in un mese ad avere un sistema democratico, quello degli americani lo si potrà definire sogno ma per quanto ci riguarda questo sogno con noi ha funzionato, è accertato che le cose cambiano e che necessariamente bisogna trovare dei sistemi diversi perchè è vero che la storia si ripete ma è anche vero che bisogna fare di tutto per non farla ripetere.
Le alternative sono quelle di laciare il paese in mano a nuovi saddam e non credo sia il magggir desiderio della gente comune, gente che non è abituata a pensare per lo stato che nonha una coscienza comune e che ha molta strada da percorrere perchè le conquiste migliori si ottengono solo con molto sacrificio.




se la storia davvero si ripetesse come un timbro allora davvero non avremmo di questi problemi e tutto sarebbe programmabile.
la questione è che ongi paese , ogni situazione sono diversi, e gli americani sbagliano propio quando credono di potere replicare i loro metodi ovunque.
la verità è che in ira vi sono tante di quelle etnie e fazioni diverse che l'unico in grado di tenere a bada tutto era il malefico rais, il quale riusciva persino a garantire la libertà di culto ai cattolici , ed aveva liberato il paese da qualsiasi forma di terrorismo, non dimentichiamoci che non è mai esistito un nesso al qaeda-saddam.
Ora la soluzione è davvero ardua da intravvedere, ma sono certo che se dovessero fare fuori saddam le cose peggiorerebbero non poco, quindi perlomeno va mantenuto in vita un altro po, e poi vediamo come si mette la situazione, che come gia puntualizzato ieri dagli analisti del pentagono è vecinissima al caos ed ha soffiato di parecchio sul fuoco del fondamentalismo

02/11/2006 19:12
 
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...meglio una libertà instabile che una dittatura stabile......certo che anche solo pensare che saddam era un magnate dell'ordine e della sicurezza in iraq è veramente un pensiero fuorviante e pieno di pregiudizi nei confronti dell'america, saddam ha ammazzato molte persone ma non aveva antagonisti tra le balle non aveva giornalisti, free lance, curiosi e pacifisti e ha fatto stragi senza fine...solo che adesso essendo contro l'amerika viene riabilitato come un santo...veramente il mondo va all'incontrario..si è pronti a cedere il potere di nuovo a saddam piuttosto che ha coloro che ci hanno reso liberi e democratici e che nella loro storia non hanno mai avuto dittature o regimi totalitari....e adesso sono fatti passare per i peggiori...certamente hanno le loro colpe ma sono ben lontane da quelle di saddam....
Ciao!
Cleanhead
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02/11/2006 20:10
 
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Re:

Scritto da: Cleanhead 02/11/2006 19.12
...meglio una libertà instabile che una dittatura stabile......certo che anche solo pensare che saddam era un magnate dell'ordine e della sicurezza in iraq è veramente un pensiero fuorviante e pieno di pregiudizi nei confronti dell'america, saddam ha ammazzato molte persone ma non aveva antagonisti tra le balle non aveva giornalisti, free lance, curiosi e pacifisti e ha fatto stragi senza fine...solo che adesso essendo contro l'amerika viene riabilitato come un santo...veramente il mondo va all'incontrario..si è pronti a cedere il potere di nuovo a saddam piuttosto che ha coloro che ci hanno reso liberi e democratici e che nella loro storia non hanno mai avuto dittature o regimi totalitari....e adesso sono fatti passare per i peggiori...certamente hanno le loro colpe ma sono ben lontane da quelle di saddam....



Io non riabilito nessuno, solo che saddam non era ne meglio ne peggio di tanti altri dittatori.
Di stragi ne ha fatte , tutto sommato limitate, ma ne ha fatte, e poi ha scatenato guerre.
Non dimentichiamoci i grandi errori americani, ad esempio i curdi
prima illusi e spinti alla rivolta e poi abbandonati al loro infausto destino, nonchè l'aver permesso a Saddam di usare gli elicotteri dopo la prima guerra del golfo, con i quali ha poi gasato i curdi, e come non ricordare l'embargo che tante sofferenze ha provocato alla popolazione, senza scalfire il potere?
Però è anche vero che in soli 4 anni l'invasione americana ha provocato un numero di gran lunga superiore di vittime iraqene.
Non è però il pasato a preoccuparmi , ma il futuro.
Il problema è che questa invasione , fatta sulla base di bugie come quella delle armi di sterminio e della collusione con al qaeda, viene vista dalle masse arabe come un affronto senza fine, be consci dei secondi fini degli invasori (petrolio, importanza strategica dell'Iraq), e tutti gli aspiranti mujaeddin o kamikaze si riversano ogni giorno in quella sciagurata terra con lo scopo di combattere l'invasore occidentale, sia esso americano o italiano non fa differenza.


02/11/2006 20:12
 
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Re: Re:

Scritto da: antobrun 02/11/2006 20.10


Io non riabilito nessuno, solo che saddam non era ne meglio ne peggio di tanti altri dittatori.
Di stragi ne ha fatte , tutto sommato limitate, ma ne ha fatte, e poi ha scatenato guerre.
Non dimentichiamoci i grandi errori americani, ad esempio i curdi
prima illusi e spinti alla rivolta e poi abbandonati al loro infausto destino, nonchè l'aver permesso a Saddam di usare gli elicotteri dopo la prima guerra del golfo, con i quali ha poi gasato i curdi, e come non ricordare l'embargo che tante sofferenze ha provocato alla popolazione, senza scalfire il potere?
Però è anche vero che in soli 4 anni l'invasione americana ha provocato un numero di gran lunga superiore di vittime iraqene di quante non ne abbia fatte saddam in tutta la sua carriera, senza contare le vittime dell'embargo.
Non è però il pasato a preoccuparmi , ma il futuro.
Il problema è che questa invasione , fatta sulla base di bugie come quella delle armi di sterminio e della collusione con al qaeda, viene vista dalle masse arabe come un affronto senza fine, be consci dei secondi fini degli invasori (petrolio, importanza strategica dell'Iraq), e tutti gli aspiranti mujaeddin o kamikaze si riversano ogni giorno in quella sciagurata terra con lo scopo di combattere l'invasore occidentale, sia esso americano o italiano non fa differenza.



02/11/2006 20:18
 
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Re: Re:

Scritto da: antobrun 02/11/2006 20.10



Non è però il pasato a preoccuparmi , ma il futuro.
Il problema è che questa invasione .... viene vista dalle masse arabe come un affronto senza fine, be consci dei secondi fini degli invasori (petrolio, importanza strategica dell'Iraq), e tutti gli aspiranti mujaeddin o kamikaze si riversano ogni giorno in quella sciagurata terra con lo scopo di combattere l'invasore occidentale, sia esso americano o italiano non fa differenza.







in questo hai parzialmente ragione.
03/11/2006 00:19
 
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Bush padre 1 milione di morti in 10 anni , Bush figlio 650 mila in tre: è questa la libertà e la democrazia?


L’ultimo bilancio azzardato sul numero delle vittime della guerra in Iraq eccede il mezzo milione di iracheni che non vedranno mai la democrazia in formato export di Mr. Bush. A questi vanno aggiunti un numero ancora meno precisabile di morti in Afghanistan, quasi tremila soldati americani uccisi, trentamila feriti rimasti invalidi e un numero imprecisato di contractors. Il piano della Casa Bianca procede senza intoppi e il mondo ancora fatica ad afferrare il senso di quanto accaduto. Gran parte dei costituenti le pubbliche opinioni occidentali (cittadini americani, dei paesi “volonterosi” e altri) ha realizzato che la Casa Bianca abbia operato una enorme mistificazione per piazzarsi a Baghdad e che le cose vadano male per una serie di concause; tra le prime gli “errori” nel gestire l’occupazione e la scarsa qualità dell’amministrazione USA.

In realtà la situazione irachena è perfettamente aderente a quelli che erano i piani della cricca neoconservatrice che ha accompagnato G.W. Bush nell’avventura. Giova infatti ricordare che secondo le loro analisi il paese andava tripartito su basi etnico-confessionali (divide et impera?) e che tutta la strategia americana perde la dimensione di un inglorioso guazzabuglio ove la si inquadri correttamente; allora assume una fisionomia coerente e plausibile.

Fin dai primi “rumors” sull’invasione dell’Iraq le analisi dei militari stimavano necessari 300.000 uomini per cacciare Saddam e mantenere il polso della situazione evitando degenerazioni. Rumsfeld e soci. decisero invece per un corpo di spedizione esattamente ridotto al 50% di questa cifra; a questo proposito è bene ricordare che la prima campagna contro Saddam impegnò mezzo milione di uomini solo per cacciare gli iracheni da Kuwait City.

A queste analisi si aggiungevano le perplessità di chi non vedeva come, invadendo l’Iraq e cacciando Saddam, si sarebbe potuta evitare la presa del potere da parte degli sciiti che da soli rappresentano il 60% della popolazione e il conseguente avvicinamento del paese all’Iran piuttosto che ai liberatori di Washington. A tutte le persone di normale buon senso questo “piccolo particolare” non era sfuggito, ma non era sfuggito neanche ai pianificatori del Pentagono.

Il piano non era lesinare sul numero dei soldati per risparmiare e questo è ben dimostrato dalle cifre stellari spese usando a pretesto la guerra irachena; semplicemente era un piano che con il “portare la democrazia” ai poveri iracheni non aveva nulla a che fare. Per evitare che il “piccolo particolare” portasse alla creazione di un Iraq non allineato, gli strateghi americani si sono infatti mossi su linee d’azione ben conosciute e storicamente praticate con una certa frequenza: quelle della contro-insorgenza praticata con metodi terroristici, al fine di costringere le varie fazioni al confronto armato prescindendo dall’unità contro l’occupante..

All’alba dell’invasione i nuovi padroni di Baghdad presero una serie di decisioni volte a gettare il paese nel caos: sciolsero l’esercito, abbandonarono la guardia alle frontiere, affidarono il primo governo provvisorio ad Allawi (più conosciuto come macellaio e come uomo dei servizi di Saddam che come statista) in combinazione con John Negroponte, un altro personaggio noto alle cronache per essere stato, già negli anni ’80, quando svolgeva il ruolo di ambasciatore in Honduras, quanto di più vicino ad un “terrorista” l’amministrazione USA potesse esprimere nella sua storia.

Ad accendere la miccia, dopo alcuni mesi che gli iracheni non davano apprezzabili segni di reazione all’occupazione, provvidero alcuni “attentati” e una stampa che si scoprì poi essere controllata e pagata dal Pentagono; questo oltre ad alcune “regole d’ingaggio” che portarono i G.I. a sparare sulle folle disarmate che protestavano “democraticamente” per la mancanza di elettricità ed acqua, nonché a compiere irruzioni insensate nelle case degli iracheni e, infine, ad istituire la tortura come strumento quotidiano del loro rapporto con i sospetti iracheni. Strani attentati ai luoghi di culto di tutte le confessioni scossero allora il laico Iraq.

Il fronte sciita fu così inquinato da un paio di fazioni che raccolsero voti perché appoggiate dagli USA (in particolare quella di Allawi) e dalla stampa e dai media iracheni (che si scoprirono poi pagati direttamente dal Pentagono), mentre la tensione tra le varie etnie cresceva simmetricamente con attentati a moschee sunnite e sciite, fino all’eliminazione dei leader curdi e a vere e proprie battaglie scatenate dall’esercito iracheno. Erano ancora i tempi nei quali il leader sciita al Sistani pensava di poter attendere con pazienza la presa del potere attraverso le elezioni.
Un’idea che era destinata ad evaporare, evaporando allo stesso tempo il prestigio e l’influenza politica del “Papa” sciita, per lasciare sempre più spazio a posizioni più bellicose come quelle di al Sadr. Il mese scorso Al Sistani si è ufficialmente ritirato dalla politica attiva.

OCCUPAZIONE DURATURA

Mentre il tempo scorreva, l’Iraq venne depredato dei pochi impianti produttivi, venduti come rottami da personaggi senza scrupoli e della spina dorsale della sua classe intellettuale, comunque una delle più istruite del Medioriente. Dopo poche settimane dall’invasione cominciò infatti una serie di “omicidi mirati” e mai rivendicati che, solo nel primo anno, uccisero più di mille insegnanti, medici, ingegneri e altri iracheni istruiti; un’operazione che è continuata e dura fino ad ora e che ha già azzerato l’università irachena e prosciugato le risorse professionali in molti campi.

Allo stesso tempo l’imponente budget per la ricostruzione delle infrastrutture del paese è svanito nelle tasche dei contractors e in spese alla voce “sicurezza”, tanto che non sono stati costruiti ospedali, impianti idrici o elettrici, strade e fognature e neanche la produzione dei pozzi iracheni è potuta riprendere. All’aumentare della “resistenza” irachena gli USA risposero con le rappresaglie su vasta scala, la più famosa delle quali resta quella di Falluja, città martirizzata per mesi (anche con l’uso di bombe al fosforo) e ora ridotta ad un lager recintato nel quale gli abitanti sono interamente affidati alla benevolenza e agli ordini americani. Operazioni come quelle messe in atto a Falluja, nella provincia di Anbar e di altre cittadine riottose, hanno creato oltre centomila profughi interni, mentre la generale pericolosità dell’Iraq ha provocato la fuga all’estero di gran parte dei benestanti.

Quella che a prima vista appare come una sconfitta americana è quindi semplicemente niente di più che il successo di un piano diverso da quello dichiarato alle opinioni pubbliche. L’Amministrazione Bush non aveva nessuna intenzione di cacciare Saddam per lasciare il paese agli sciiti amici dell’Iran (che infatti ha collaborato all’invasione pregustando la loro ascesa al potere) e l’unico modo per evitarlo era quello di trascinare il paese in una guerra civile della quale farsi arbitri, forti di una massiccia permanenza militare nelle grandi basi costruite nel paese.

Non a caso l’erigenda ambasciata americana a Baghdad occupa un’area grande quanto la Città del Vaticano ed è destinata a divenire una fortezza in grado di ospitare migliaia di “diplomatici” nel centro della capitale; ma quando mai un paese (Stati Uniti compresi) ha stabilito una rappresentanza diplomatica, per quanto importante, distaccandovi migliaia di “diplomatici”?

Non a caso la guerriglia filo-sunnita di matrice “qaedista”, favorita fin dall’inizio dall’assenza di controlli alle frontiere, è l’unica parte in conflitto che si è espressa a favore della tripartizione dell’Iraq, ipotesi che è sempre stata rifiutata sia dagli sciiti che dai sunniti iracheni; non a caso includendo nel territorio rivendicato ai sunniti la città di Kirkuk (e il suo petrolio) al centro di un feroce confronto tra curdi, turcomanni e arabi.
Gli iracheni sono sempre stati molto nazionalisti e lo smembramento del paese non è mai stato gradito a nessuna delle forze politiche di estrazione irachena; ora sembrano tutti più possibilisti pur di far cessare i massacri.

IL GRANDE BUSINESS

Cogliendo poi i classici due piccioni con una fava, l’amministrazione è riuscita a spendere per la guerra un trilione di dollari (mille miliardi di dollari. Prima dell’attacco all’Iraq Bush licenziò un funzionario per aver diffuso una previsione di spesa di settanta miliardi di dollari, il doppio di quanto “previsto” dalla propaganda, senza che nessuno degli iracheni o degli afgani invasi ne avesse il benché minimo beneficio. Una cifra paurosa alla quale va aggiunta la tassa occulta pagata dagli americani alle pompe di benzina, della quale hanno beneficiato le compagnie petrolifere grandi sponsor di un’amministrazione di petrolieri ed ex impiegati delle stesse compagnie.

Con il pretesto della “sicurezza” in continuo declino, qualche centinaio di aziende (alcune improvvisate all’uopo su due piedi da ex militari o da amici degli amici) hanno drenato una quantità spaventosa di risorse, indebitando il paese come mai prima nella storia. Un salasso che ha piantato l’economia americana e l’ha polarizzata ancora di più, visto che negli anni della presidenza Bush la forbice che separa i maggiori percettori di reddito dai più poveri si è allargata a dismisura, provocando quasi la sparizione della leggendaria classe media americana.

Con le cifre misteriosamente (ma non tanto) fatte sparire dall’Amministrazione Bush si potevano tranquillamente ricostruire Iraq, Afghanistan e anche qualche paese africano e assicurare ai loro cittadini i redditi più alti dei rispettivi continenti per anni, ma questo non era con tutta evidenza lo scopo degli americani. Così come l’export della democrazia o la caccia alle armi di distruzione di massa non erano altro che pretesti per portare la guerra in quei paesi. Un macello che è stato anche una perfetta cortina fumogena dietro la quale far sparire montagne di denaro e far passare una serie di leggi ancora una volta a favore degli happy few che non sarebbero passate in tempi normali.

Bush non è quindi disperato e deluso, semplicemente perché le cose non stanno andando diversamente da quanto auspicato; al contrario, gran parte dei “volenterosi” si sono ormai sfilati e nessuno sembra più interessato alla sorte degli iracheni o a chiedere conto agli USA di un massacro su una scala simile a quello del Vietnam. Nemmeno sul fronte interno le notizie delle torture, dei crimini di guerra e della malversazioni sono riuscite a smuovere un’opinione pubblica molto più interessata al prezzo della benzina al gallone (che infatti sta calando mano a mano che si avvicinano le elezioni di mid-term) che alle sofferenze di gente che abita in un paese che solo un americano su tre riesce a localizzare sul mappamondo.

Probabilmente nessuno negli Stati Uniti metterà mai l’Amministrazione Bush sul banco degli imputati per l’invasione dell’Iraq, neanche in un remoto futuro. Eppure, nonostante questo, il vero e significativo risultato di due mandati di G. W. Bush è stato quello di cancellare ogni presunta supremazia morale degli States e di scavare nelle finanze americane un buco di entità epocali e di provocare scientemente la libanizzazione dell’Iraq.

Così assistiamo al paradosso per il quale mentre l’Amministrazione Bush cerca spasmodicamente nuovi nemici da mettere all’indice, ma non da attaccare, il tramonto della supremazia americana appare evidente a tutte le cancellerie mondiali, impegnate a contare i giorni che mancano alla fine del mandato di questa banda di guerrafondai e ad immaginare quali assetti mondiali si configureranno nei decenni a venire, quando gli Stati Uniti saranno impegnati a raccogliere i cocci rimasti dopo il passaggio dell’elefante repubblicano.

IL GRANDE SILENZIO

Tutto questo è successo nonostante nei paesi occidentali un feroce dibattito abbia preceduto l’invasione dell’Iraq. Anche i danni e le possibili vittime civili furono “pesati” dai favorevoli e dai contrari all’operazione. Occorre ricordare, mestamente, che il "worst case scenario” (lo scenario peggiore) previsto da una manifesto di Amnesty International che destò scalpore in Gran Bretagna diceva:
“Guerra in Iraq
50.000 morti tra i civili?
500.000 feriti?
2.000.000 di rifugiati?
10.000.000 di persone che avranno bisogno di assistenza umanitaria?”

A queste cifre (circa un decimo di quelle raggiunte dalla strage ancora in corso) fu opposta la considerazione secondo la quale un iracheno avrebbe “pagato qualsiasi prezzo” per liberarsi di Saddam. Una considerazione espressa dai fuoriusciti iracheni legati ad Allawi e mantenuti dal Dipartimento di Stato, ovviamente.

Una delle tante bugie: quei dissidenti iracheni erano disposti a far pagare ad altri iracheni qualsiasi prezzo, il che non corrisponde esattamente al senso che raggiunse le pubbliche opinioni. Allo stesso modo occorre osservare come le cifre di Amnesty fossero clamorosamente sottostimate; non è colpa degli analisti di Amnesty, visto che la previsione era impostata sul verificarsi di una guerra convenzionale seguita da un cambio di regime.

Amnesty non poteva certo presentare come scenario un bilancio che scaturisse da una pianificazione volta scientemente a provocare una guerra civile e dalla proiezione delle sue conseguenze.

Tra queste considerazioni non ci sarà, purtroppo, spazio per i destini di iracheni ed afghani, ancora una volta vittime mute di una storia che parla da sempre una lingua diversa da quella delle vittime e degli sconfitti. Una grande studiosa di letterature comparate (G. Spivak) ha definito “soppressione dell’informante nativo” quello strano fenomeno che in letteratura (ma anche sui media) ci consegna le descrizioni di mondi e paesi “altri” omettendo sempre la figura del narratore autoctono. In effetti non sono molti gli iracheni che transitano sulle nostre televisioni per dire se veramente quel prezzo che abbiamo fatto loro pagare fosse accettabile..
Soppressi due volte, gli informanti nativi iracheni, anche qualora sopravvivano, saranno condannati alla non esistenza e all’oblio.


OFF-FORUM - Si prega attenenrsi al regolamento. In caso contrario i posts saranno rimossi. [SM=x165039]

[Modificato da Poliziotti.it 06/11/2006 10.14]

04/11/2006 10:24
 
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Saddam Hussein: domani la sentenza, coprifuoco a Bagdad

BAGDAD - Domani coprifuoco a Bagdad e in altre due province irachene per prevenire l'escalation di violenza che potrebbe prodursi dopo la sentenza nei confronti di Saddam Hussein. La misura straordinaria e' stata annunciata oggi da un responsabile del governo iracheno. ''Il Governo dell'Iraq imporra' il coprifuoco a Baghdad e nelle province di Diyala e di Salaheddine, a nord della capitale'', ha dichiarato Mouaffaq al-Roubai, consigliere per la sicurezza nazionale, senza pero' fornire dettagli sulle modalita' della misura. ''Altre misure di sicurezza sono allo studio'', ha aggiunto il responsabile iracheno. Gia' in allerta anche l'esercito, mentre il ministero della Difesa ha sospeso tutte le licenze ai militari e ha richiamato in servizio chi si era allontanato negli ultimi giorni. Saddam Hussein, insieme ad altri sette coimputati, e' sotto processo per la strage di 148 sciiti. Rischiano tutti la pena capitale
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