Per curare una lieve forma di paranoia nei Reparti Mobili
E’ difficile, anche per chi scrive, che a colpi di ottimismo riesce a rendere rette anche le strade più tortuose, non farsi prendere la mano dalle manie di persecuzione tipiche di quella patologia conosciuta come “paranoia”.
E’ un dato di fatto, però, potendolo rilevare dalle dozzine di notizie che mi raggiungono provenienti dai vari Reparti Mobili d’Italia, che a questo punto “paranoici” lo siamo un po’ tutti gli appartenenti ai reparti in parola avendo rilevato ed osservato gli stessi fatti.
Quello che mi viene riferito, con dati oggettivi, altro non è che lo specchio su di cui si riflette la considerazione generale dell’Amministrazione (centrale o periferica) secondo cui quella che una volta era la colonna portante della Polizia di Stato sia di fatto scomparsa perfino dai discorsi ufficiali.
L’ultima festa della Polizia è l’esempio lampante dell’evanescenza con cui è stata offuscata, silenziandola, l’attività di tutti i Reparti Mobili.
Da nessuna parte abbiamo avuto il piacere di leggere o ascoltare parole d’elogio nei confronti di quelle migliaia di ragazzi che, freccia alata al braccio, corrono in lungo ed in largo per il Paese, macinando migliaia di chilometri su mezzi ruotati che non sono idonei ai lunghi viaggi, al fine di mantenere l’Ordine Pubblico talvolta a prezzo di grandi sacrifici personali. Non ci è pervenuta notizia nemmeno su nessun microscopico commento sull’elevata aliquota di feriti che il personale dei Reparti Mobili apporta alle statistiche ministeriali in conseguenza di quel < < Lavoro Sporco > > che agli stessi è demandato. Proprio come se ci si vergognasse ad ammettere che, se in conseguenza dei predetti servizi occorrono episodi violenti in cui rimangono coinvolti quei colleghi, non sia a causa del fallimento di tanti “gestori” dell’O.P.
Una sottospecie di vergogna che ci vorrebbe, tutti quanti, eredi di quei “celerini” e per cui non vale la pena spendere una parola in più. Eredità che, seppur talvolta con deludenti esagerazioni, siamo tutti orgogliosi di raccogliere sentendocene… degni.
Eppure non c’e’ stata una sola Festa della Polizia in cui, se non fosse stato per l’inserimento dei nuclei dei Reparti Mobili e dei loro mezzi (talvolta davvero speciali), non si siano trovate schierate grosse aliquote di quel personale a far fare belle e grasse figure ai Questori o agli organizzatori delle stesse che sembrano avere ancora vive le vestigia dell’epoca militare con le loro belle sciabolette luccicanti e le loro indicative sciarpe azzurre.
Su quei piazzali siamo sempre stati numerosi e mi verrebbe da chiedere a quanti di voi può venire in mente un solo episodio in cui si sia parlato di noi.
Proprio noi che portiamo spesso a casa le ossa rotte e le carni contuse a causa dell’inadeguatezza delle legislazioni in materia di O.P. ed a causa dell’indecisione e/o della mancanza di coordinamento di taluni Sigg. Funzionari.
Proprio noi che ci ritroviamo a fare da mamma, papà, dottore, infermiere e consulente coniugale agli “ospiti” in giro per le dozzine di Centri d’accoglienza o di permanenza sparsi per il paese. Nessuna parola spesa in nostro favore quando siamo ingiustamente calunniati di essere i truci e sadici “secondini” di quelle sfortunate frotte di migranti quando invece, spesso, di tasca nostra provvediamo anche ad acquistare qualche piccolo genere di “conforto” per gli stessi.
Eppure… noi siamo sempre presenti. Più o meno silenziosamente ma… presenti ed ordinati. Composti nel nostro sentirci fieri appartenenti ad un Reparto che è stato la storia della Polizia di Stato e che, con buona ragione, rappresenta l’indice dell’equilibrio democratizzatore.
Vorremmo quel pizzico in più di considerazione nei nostri confronti e desideriamo che “qualcuno” prenda davvero a cuore, ministerialmente, le nostre problematiche di non poco conto chiedendoci almeno una volta < < Come va? > >.
Per esempio, giusto per non andare troppo lontano nel tempo, il vestiario idoneo al servizio di O.P. strapubblicizzato ma che ancora nessuno ha avuto il piacere di vedere nei magazzini. Vestiario quasi sempre inidoneo a causa delle diverse condizioni climatiche del paese come per esempio nella regione di chi scrive (Sicilia) ove d’estate le temperature superano serenamente i 40 gradi all’ombra e ci ritroviamo costretti a grondare di sudore e rischiare qualche “colpetto”. Prendiamo anche l’esempio dei mezzi con cui veniamo comandati di servizio. Vorrei “rubare” la battuta di un collega ispettore quando guardando le modifiche ai Land Rover per renderli “sicuri” nei servizi di O.P. esclamò < < Un mezzo buono finalmente l’avevamo… adesso cosa è diventato? > >.
Potremmo, senza timore di errare, rappresentare come la media di età degli appartenenti ai reparti mobili neo-trasferiti si sia notevolmente innalzata con tutte le conseguenze professionali che esso ha comportato. Ovviamente, ce lo siamo sentiti dire migliaia di volte, ciò sarebbe stimolato dai compensi che “lautamente” ci vengono elargiti e che attirerebbero personale la cui unica motivazione sembra essere il solo lucro. Trasferimenti a cui nessuno si oppone ricercando, in altri richiedenti il trasferimento, una sana motivazione o uno stimolo professionale per cui entrare a far parte dei R.M.. Tutto ciò a causa del mancato riconoscimento della “specialità” tanto e da troppo tempo anelata.
Vorrei anche portare ad esempio la “questione palermitana” e non perché mi interessi direttamente, che sta avendo tanti cloni nazionali, ove si assiste ad una ingiustificata inversione di compiti e dove personale racimolato e non specificamente addestrato dai vari uffici della locale Questura, ha composto una squadra chiamata “nibbio” che altro non fa che fare quello che l’XI Reparto Mobile, presente territorialmente, dovrebbe fare e che invece viene lasciato in caserma a macerare in noiosissimi servizi di riserva. E’ pure successo che questo personale non addestrato all’O.P. e strappato dai suoi uffici o commissariati naturali le abbia prese di santa ragione e siano stati “costretti” a ricorrere al personale del Reparto. Succede anche che mentre il personale dei R.M. continua ad aggiornarsi ed addestrarsi continuamente venga messa sotto tono e senza alcun riconoscimento la loro specifica competenza professionale. Personale motivatissimo che assolve anche ai compiti di vigilanza ad un impianto presso cui trovano sede numerosi altri uffici e divisioni della Questura mentre altro personale potrebbe senza alcuna sofferenza lasciare che si possano ricoprire i ruoli che spettano per natura ed istituzione.
Anche questo sembra essere diventato così diffuso da ingenerare, negli operatori dei R.M., la lecita domanda < < Verso dove stiamo andando? > >.
Così, proprio per portare un esempio di cui mi giunge fresca ed allarmante notizia, come presso il Reparto Mobile di Bari sull’orlo di un ammutinamento a causa di una gestione dirigenziale bisognevole di una qualche verifica ispettiva.
E’ così anche in tanti altri reparti mobili.
Nonostante tutto… i colleghi dei Reparti Mobili, di ogni dove, restano al loro posto e meriterebbero molto più che una semplice frasetta “dovuta” durante una festa della Polizia per la tenacia e dignità con cui continuano ad assolvere ai loro doveri pagando prezzi altissimi.
Meriterebbero una medaglia al loro valore ed ancora più di loro la meriterebbero quelle madri e quelle mogli che accolgono, al loro rientro, i congiunti contusi e spesso frustrati da tanta incomprensione.
Ecco che è quasi automatico, se non fisiologico, sentirsi dei “paranoici” e chiedersi per quale motivo siano scomparsi i Reparti Mobili dalle menzioni ufficiali senza sentire altra necessità, fiduciosa e speranzosa, che aspettare giorni migliori.
In verità, perché è un nostro dovere rendere a Cesare quel che è di Cesare, qualche Questore il metodo lo conosce e nutre, nei confronti del personale dei Reparti Mobili, sentimenti che vanno oltre la stima come nel caso del Questore di Trapani, Dott. Pinzello, il quale ammette, senza ipocrisie di sorta, che senza il Reparto Mobile non saprebbe come fare segnalando, tra l’altro, personale dell’XI Reparto Mobile quali destinatari di riconoscimenti e premi pur non essendone direttamente il Dirigente attestandone l’abnegazione in un contesto difficile e complesso quale può essere il CPTA “Serraino Vulpitta” di quel capoluogo.
Allora… perché non far sì che anche altri possano seguirlo ed imitarlo? Perché dimenticarsi di noi!?!? Come far partire lo stimolo giusto per invertire questa tendenza?
Non si “campa” di solo stipendio, lo sappiamo, ed il nostro senso d’appartenenza e l’orgoglio di indossare quella “freccia alata” necessita di piccole gocce di ottimismo affinchè possano lubrificare quegli ingranaggi interni che ci consentano di andare avanti senza doverci sentire tanti piccoli paranoici.
Rosario Orlando
Email: orlando.rosario@tiscali.it
[Modificato da bitonale 12/05/2006 1.48]
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"Un uomo fa quello che è suo dovere fare, quali che siano le conseguenze personali, quali che siano gli ostacoli, i pericoli o le pressioni. Questa è la base di tutta la moralità umana."
(J. F. Kennedy)
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