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Maschere alla moda

Ultimo Aggiornamento: 07/02/2007 21:05
07/02/2007 21:05
 
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Il carnevale è la festa più colorata e vivace dell'anno, dove ci sono concesse tante piccole grandi follie e ogni tipo di stravaganza. I veglioni nei locali, la musica e gli spettacoli nelle strade, i baccanali, la baldoria, i tripudi, l'allegria più sfrenata, ci portano a vivere momenti di rara ebbrezza. E' questo, il tempo dei divertimenti pubblici, delle sfilate, dei carri allegorici, dei balli mascherati e delle sue multicolori maschere. Chi non conosce una, di queste innumerevoli maschere classiche, confluite nei nostrani carnervali antichi e moderni ? Venezia si potrebbe definire senza ombra di dubbio la città della maschera; nota in tutto il mondo per la sua inimitabile bellezza architettonica, il carnevale rappresenta per la città lagunare un patrimonio estetico inscindibile per il suo caratteristico folklore e per il gioioso travestimento.
Giandomenico Tiepolo - Minuetto
L'origine della maschera si perde nella notte dei tempi. Gli antichi la usavano per celebrare i propri trionfi; nei loro banchetti i pagani celebravano il fiorire della primavera mascherati, con la libertà di rappresentare chiunque a proprio piacimento. Poi, nel Medioevo, le maschere comparvero per lo più come raffigurazione del buffonesco. Nel periodo rinascimentale assunsero solo carattere artistico, e nei secoli successivi, divennero un mezzo per coprire scandali ed intrighi. Ma sarà il teatro, con la Commedia dell'Arte, a rappresentare il più singolare fenomeno della storia, da dove nacquero le famose maschere italiane. La Commedia dell'Arte è la denominazione con la quale era più generalmente noto il teatro degli attori italiani tra XVI e il XVIII secolo. La sua origine è dovuta forse alla degradazione della commedia erudita, oppure da una derivazione dalle feste popolari e dai saltimbanchi che si esibivano nelle piazze o da un'improbabile discendenza dai mimi romani, attraverso i loro clandestini successori medievali. Le prime notizie di compagnie professionistiche itineranti risalgono attorno alla metà del Cinquecento, però si dovrà arrivare alla fine del secolo per trovare le grandi storiche formazioni dei Gelosi - Desiosi - Confidenti - Uniti - Accesi - Fedeli - ecc ...
Mantova fu la loro prima sede, poi seguita da Modena e da Parma. Le prime richieste arrivarono presto, con le tournées di Parigi a consacrare le gesta di quei comici, diventando per loro una seconda patria. Finalmente attori veri, diventati professionisti ( arte aveva il significato medievale di mestiere ) uomini e donne, per la prima volta facevano del teatro la loro unica occupazione, e non più membri di occasionali gruppi ambulanti da strada o di gentiluomini che recitavano ogni tanto nelle corti e nei palazzi. Antoine Watteau - Commedianti italiani


PER ALTRI MOTIVI


Ah! questa poi
sento di star per vivere
e nello stesso momento
tremila riluttanti
col lunghissimo mento
e i denti scricchiolanti avidamente
tremila debuttanti sfondano
contemporaneamente
le quattro pareti
nemmeno tanto ingenuamente
perché non c'erano segnali
di divieti.



Fondamentale in questo genere di commedia, era l'uso della maschera, e quindi della mimica. Ogni attore era una maschera,vale a dire un tipo sostanzialmente immutabile che poteva essere mascherato o no, ma che doveva portare invariabilmente in ogni commedia. Ogni compagnia che si rispetti - ancor oggi - ne comprende una decina, più qualche attore per le parti di contorno. I più classici risultano il veneziano Pantalone, padre avarissimo, moralista insopportabile e sbertucciato cacciatore di gonnelle - il servo sciocco in multicolore, Arlecchino - il servo furbo vestito di bianco che potrebbe essere Brighella - ma anche Pulcinella - la servetta Colombina, vispa e impicciona, sempre pronta a favorire gli intrighi amorosi della padrona - il capitano eroico, codardo e sbruffone, dal nome altisonante di Spaventa o Spezzaferro.
Maschere ironiche e beffarde dai mille risvolti umani, che lasciano ancor ora nel pubblico, sentimenti d'ilarità e spesso accompagnate da risate dolci - amare. Con i loro volti contraffatti, le caricature del naso, le fronti e i denti aguzzi, le parrucche, le calvizie, le orecchie larghe, i menti lunghissimi, talvolta storpi di gambe, tanto erano compatibili e commiserabili nel vero, tanto erano ridicoli nella finzione. Nella Commedia dell'Arte non si recitavano copioni
scritti, ma si lavorava su di un canovaccio che poteva essere tratto da un testo letterario o scritto per l'occasione e dovutamente ridotto, poichè era compito dell'attore riempirlo di parole, di gesti, di movimenti e di lazzi. Si passava spesso allo stravolgimento dell'uso delle parole, lasciando alla propria immaginazione il compito di dare all'oggetto un valore nuovo. Un piccolo esempio può essere quello di Totò - grande maschera della Commedia dell'Arte - quando su di un isola, rivolto ai suoi abitanti , una volta, egli li chiamò Isolani, una seconda volta, Isolazionisti .


Ah! questa poi
sento di star per vivere
e i villini camminano
dopo i pranzi con l'inquilino
in bocca stuzzicante
anzi tutte le belle pancione
dovrebbero fregiarsi
di un balcone.



Un paragone burlesco, che si potrebbe ricomporre così nel suo giusto verso: i villini dovrebbero fregiarsi di un balcone e un inquilino, mentre i golosi, con la stuzzicante acquolina in bocca, dopo i pranzi, camminano con le loro rigonfie belle pancione. Una pancia assomigliante ad un balcone, tipica degli obesi. Attori imprigionati nei loro costumi, per trattenere gobbe e pancioni, recitano parodie agrodolci:riusciranno gli ingordi e voraci avventori a tenere a bada i loro irrefrenabili languori ? Il teatro rivela molte sorprese e colpi di scena, battute che divertono e stupiscono. Si ride grasso, ma nell'amarezza cosciente delle proprie debolezze e nella sconfitta degli ideali, sopraffatti dai desideri e dai bisogni più futili.


Ah! come sono triste mi mangerei
oltre il pasto le liste dei vini
se fossero di sfoglie coi croccantini
al posto delle scritte.



La scenografia e la parola hanno la preminenza sulla musica, ridotta il più delle volte a semplice sottofondo. I temi conduttori sono quasi sempre la fame e il sesso, e le vicende si articolano su situazioni continuamente ripetute, come le astuzie di una giovane moglie per sfuggire alla tirannide di un marito geloso, o il servo che sostituisce temporaneamente il giovane padrone per favorirne gli intrighi amorosi. Oppure le coppie degli innamorati, dai nomi preziosamente letterari,
( Lelio e Flaminia - Leandro e Florinda ) belli, giovani, eleganti, nei loro sgargianti costumi, alternano trepidi sospiri a fervide dichiarazioni d'amore, monologhi di elaborata disperazione a sfoghi del pari raffinati di un'incontenibile felicità.


Avrei una voglia,
un taglietto d'affetto.
Cosa sento ma niente.
Un affetto non si prova
s'indossa direttamente.



Gli attori spesso devono mantenere una certa duttilità e reagire con prontezza alle sollecitazioni del pubblico o escogitare seduta stante i mezzi per scuoterne l'apatia.


Ah! come siamo vivi
come tutto accade
per tutt'altri motivi.



Le trame dello spettacolo sono catturate dagli astanti in un clima di reale attesa e sospensione. Spettatori e attori non sono più divisi dal buio o dalla distanza:
il successo di una commedia è giocato soprattutto sull'animazione estremamente vivace e dinamica degli attori. Gli spettatori sono così proiettati, ancora a un livello incosciente, al centro di un gioco in cui si sentiranno protagonisti tanto quanto gli attori.


Mettiti nei tuoi panni
dove sei più aleatoria.
Siamo nella preistoria
ecco una frase che durerà.



L'atmosfera che si respira è decisamente d'altri tempi, ma ancora straordinariamente viva. Nonostante siano mutati usi e costumi - basti pensare alla moderna
cinematografia o alla Tv satellitare - assistendo agli spettacoli di queste antiche maschere avvolte nel mistero, si ha quasi l'impressione di rivivere in epoche passate, nello sfarzoso Settecento, che ha fatto di questa arte un'icona intramontabile.Gli imprevedibili sviluppi, i travestimenti, i colpi di scena, le beffe, gli equivoci e le burle, i scambi di persona, sono gli elementi base. Si recita dietro ad un secondo volto, dentro il quale sussiste il rapporto ambiguo di un'identità che si può ora annullare ora ristabilire nel contesto di un gioco convenzionale delle parti; le maschere non sono altro che un finto volto, dietro il quale si celano le vere fattezze di un altro viso.
Maschere della Commedia dell'Arte


Sapessi tu come me ne ricordi
un'altra della quale non ho
alcun ricordo
perché non avemmo
motivi nemmeno di disaccordo
anzi, come i lati di un triangolo isoscele
non avemmo motivo di conoscerci.



Un naso che potrebbe scappare, come Il naso di Gogol, che un bel giorno decise di andarsene via dalla faccia del suo proprietario, lasciandola sola e istupidita. Una parodia questa, che ricorda molto da vicino un grottesco e divertente racconto dello scrittore russo. Ne Il naso, l'altezzoso protagonista, si accorge una mattina, specchiandosi, di aver perso il naso. L'avvenimento condizionerà tutta la sua vita pubblica e privata, gettandolo nel più assoluto sconforto. Nel frattempo il naso cercherà di condurre una sua vita autonoma, ma alla fine, tornerà sulla faccia del legittimo proprietario, calmandone i turbamenti. Questo racconto è diventato spunto d'ispirazione per numerose compagnie teatrali e viene spesso riproposto in chiave farsesca, tipica della Commedia dell'Arte.Provocando l'ilarità generale, il naso viene ora riattaccato alla faccia del suo proprietario da un provvidenziale saldatore, con tanto di fiamma ossidrica .
Il naso di Gogol

Ma sento un tepore carnale
che cresce, sarà un saldatore
che al naso mi unisce.



Personaggio essenziale in questo tipo di commedia è il Mimo. Un carattere molto forte e vitale il suo; le sue doti acrobatiche e interpretative straordinarie, la sua gestualità, il sorriso, il pianto, che da sempre ha contaddistinto la sua arte, condìta alla poesia, conduce lo spettatore alla ricerca delle semplici emozioni e della
spontainetà in lui innate.


Ah! come sono vivace
come uno che tace.
E ci si domanda chi ha fiatato
ed ognuno si voltò dall'altro lato,
credendo di aver pronunciato
lui stesso quella frase.
Chi ha parlato è l'autista che pronuncia
il discorso più lungo che esista.



Come l'arte di parlare senza muovere le labbra. Nulla è più teatrale di un ventriloquo che finge contemporaneamente il proprio silenzio e la voce altrui. Il mimo è il poeta del gesto, il ventriloquo il prestigiatore della parola. Molte volte non servono le parole per comunicare, come in questo allegorico frangente, dove tutto sembra svolgersi all'insegna del più assoluto mutismo, e dove assoluta protagonista ritorna ad essere la strada, punto d'incontro dell'antico teatro itinerante. Le arti circensi incantarono il pubblico fin dai tempi remoti, catturandolo dentro un magico sogno. Con i suoi buffoni - le boutades dei guitti e dei suoi valletti - i danzatori - i musicanti e i giocolieri - i mangiafuoco - i trampolieri - i saltimbanchi e gli acrobati - la piazza rimase fino ai primi decenni del Seicento, lo spazio scenico ideale per questo genere di spettacoli. Senza parlare, senza utilizzare linguaggi convenzionali, senza bisogno di parole, la loro arte parlava da sola.
Pablo Picasso - I saltimbanchi

Un po' come succede in questa surreale scenetta: è l'autista - artista, con la sua presenza quasi silenziosa ma fortemente dotato di uno stupefacente linguaggio espressivo, a condurre gli spettatori - turisti in un lungo e sognante viaggio. Parlare per comunicare può risultare inutile per un grande artista. Eduardo de Filippo, era solito frantumare il suo linguaggio, parlava a saltello, era incomprensibile e nello stesso tempo fortemente comprensibile.
Come l'operazione che fece poi Troisi, quella di parlare per sillabe e monosillabi, mischiate a ispirazioni, espirazioni e mezze frasi. Erano attori dotati di un loro singolare linguaggio, nelle movenze, nelle espressioni facciali e nella mimica. Un insieme di elaborazioni fantasiose degli antichi testi della Commedia dell'Arte, era il Grammelot. Un linguaggio teatrale questo, composto da un impasto linguistico, in cui il giullare non pronunciava parole reali, ma emetteva suoni che imitavano, nell'intonazione e nel ritmo, un idioma esistente ( francese - inglese ) in un dialetto padano inesistente. E la gente, come per incanto, riusciva a comprendere ugualmente. Nell'olimpo della moderna Commedia dell'Arte, un posto d'onore spetta di diritto al maestro e premio Nobel, Dario Fo. Negli anni Sessanta, grazie al sodalizio con Franca Rame, venuta da una famiglia di commedianti itineranti (possedenti ancora di vecchi canovacci) riuscì ad adattarli alle nuove esigenze creando una serie di commedie e di monologhi,tra cui il celebre e dissacrante Mistero Buffo.
Dario Fo e Franca Rame


Al ritorno la strada restò sola
e le corsie incontrandosi
non dissero nemmeno una parola.
Ah! questa poi
sto per vivere di fresco
e me ne esco
uno da una parte uno dall'altra
la Commedia dell'Arte.
Ah! come sono vivace
come uno che tace
.


Davanti ai nostri occhi di partecipi spettatori, si consuma l'ultimo atto. Si avvicina il prologo, qualcuno fa l'inchino, si muovono ora sulla scena per il dovuto omaggio i protagonisti, e insieme a loro i fantasmi di storie inverosimili. Si consuma l'ultimo applauso, qualcuno si defila e poi riappare sul palco per raccogliere un fiore. La commedia all'italiana è un patrimonio che tutto il mondo ci invidia. Le sue radici si riallacciano a una cultura profonda del nostro paese, linfa vitale per la Commedia dell'Arte, i cui personaggi s'irradiarono dall'Italia, alla Francia, alla Germania, alla Spagna, fecondando altrove quelle drammaturgie in una instancabile lezione di estro, di fantasia e di tecnica. Con il loro lavoro e l'avventuroso girovagare nelle piazze e alle corti di tutta Europa, diedero nuovi impulsi inaspettati alla cultura teatrale occidentale, influenzando fortemente i più grandi drammaturghi europei, da Shakespeare a Molière, a Lope de Vega. Le commedie di Carlo Goldoni, i drammi di Luigi Pirandello e di Eduardo De Filippo, le intuizioni di Giorgio Strehler - con il celebre allestimento di Arlecchino Servitore di due Padroni che nel dopoguerra ne fece una bandiera della rinascita della cultura italiana - sono tutt'ora esempi in tutto il mondo dell'inesauribile talento italiano.




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