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American newspaper - Las Vegas. January 26 / February 23, 1970

Ultimo Aggiornamento: 27/07/2023 21:52
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INGAGGIO A LAS VEGAS, NEVADA, DAL 26 GENNAIO AL 23 FEBBRAIO 1970.
ARTICOLO DI Albert Goldman ("Life").
TITOLO: "A Gross top-grosser - Elvis Presley at Las Vegas" ("Un grande incasso - Elvis Presley a Las Vegas").
Articolo pubblicato il 20 marzo 1970.


«"Splendido!" è l'unico modo per descrivere l'ultima esibizione di Elvis Presley a Las Vegas. Era dai tempi di Marlene Dietrich che un artista non sbalordiva la platea con la vista di quelle gambe avvolte dai fianchi alle caviglie in un abito trasparente, che un'apparizione personale non elettrizzava così tanto questa città sbiadita.
Senza far tintinnare una corda, far risuonare una nota o offrire un accenno di anca. Elvis ha affascinato un pubblico di scribacchini e intrattenitori, semplicemente salendo sul palco con il costume dell'anno.
Cosa indossava? Niente di sfarzoso, solo una tuta bianca da urlo, tagliata fino allo sterno e amorevolmente aderente alle sue spalle larghe, al suo ventre piatto, ai suoi fianchi stretti e, beh, alla sua vestibilità. E poi ci sono le sue perle: tantissime perle lucenti, non cucite sul costume ma indossate senza ritegno come ornamento del corpo. Le perle sono raccolte in fitti mazzi intorno al collo, le perle cingono la sua vita affusolata in una favolosa cintura da karate: corde di perle alternate a corde d'oro, l'intera fascia legata su un fianco con le estremità che sfiorano il ginocchio sinistro.
Con i suoi massicci diamanti che baluginavano rosa e viola dalle sue dita e il suo sorriso da ragazzo che baluginava peccaminoso attraverso la sua enorme zazzera di capelli ormonali neri e lucenti, Elvis sembrava un'abbondante porzione di cheesecake maschile matura per i denti degli occhi delle centinaia di donne che lo guardavano attraverso gli occhiali da opera.

La superstar è così abbagliante, il suo narcisismo immacolato è così irresistibile che quasi non ci si accorge delle enormi forze che ha radunato per sostenerlo: l'orchestra di 38 elementi impilata come la Filarmonica di Las Vegas, la prima fila di mafiosi di Memphis vestiti di nero e armati di chitarre e tamburi e il coro laterale di otto voci integrate (le Sweet Inspirations e le Imperials).
Elvis dà il via al suo spettacolo in stile James Brown, prendendo il microfono e scuotendolo al ritmo di "I'm All Shook Up", mentre l'orchestra di tamburi scuote il suo enorme corpo dietro di lui. Arrivando al break di chitarra, strimpella lo strumento acustico bianco al collo con la noncuranza di un fingitore esperto. Il numero termina bruscamente con Presley che scatta di profilo e infila la chitarra a baionetta nel coro.

Il resto della serata trascorre senza intoppi, mentre la star scivola in medley di vecchi brani o si adagia in elaborati arrangiamenti dei suoi nuovi inni. Ogni numero termina con un profilo classicamente colpito - Elvis come il Discus Hurler, Elvis come il Sagittario. Elvis come il Gallo morente.
Tra una posa e l'altra, offre scorci del suo umorismo ironico: "La mia bocca è così secca che sembra che Bob Dylan ci abbia dormito dentro tutta la notte".
Non è proprio il politico erotico che Jim Morrison ha dimostrato di essere quando si è spogliato sul palco. Elvis gestisce molto bene il suo elettorato afferrando di tanto in tanto una signora dai capelli blu a bordo ring e baciandola con decisione sulla bocca. Guardare le donne del pubblico affacciarsi verso il palco come salmoni su una cascata diventa il vero sollievo comico dello spettacolo.
Il culmine del monodramma di Presley è un tremendo tableau alla Cecil B. DeMille. L'orchestra si staglia su un ciclorama blu ceruleo mentre i suoi membri sono trasfigurati da una ricca luce dorata che entra dalle quinte. Quando i musicisti in massa sostengono un possente accordo da cattedrale, la Grande Speranza Bianca cade su un ginocchio nella classica posa da Jolson-gladiatore, salutando le migliaia di persone presenti - salutando, forse, la casa, con i suoi putti tridimensionali che infilano metri di chifflon arruffato tra le colonne classiche di plastica.

Più grande del "Fountainblue", più grande del Grossinger's, l'International Hotel, il motel per antonomasia, con 1.500 camere che ricordano più Howard Johnson che Howard Hughes, è diventato un'"attrazione" abbastanza magnetica da spingere la generazione chiusa degli over 30 a lasciare le case dei ranch e a salire su jet senza scalo per raggiungere la Valle dell'Oro Sciolto, dove il Re degli Oldy-Moldy-Goldy presiedeva il suo popolo con eterna giovinezza, gioia e allegria»
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27/07/2023 21:31
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Solito articolo becero di Goldman. Era il suo stile...
Non parla di musica (evidentemente ne mastica poco). Riempe l'articolo di sarcasmo spesso fuori luogo che non fa altro che denigrare in modo gratuito chinque sia "trattato" da lui.
[Modificato da marco31768 27/07/2023 21:56]
27/07/2023 21:52
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