Luigi Mignacco & Ugolino Cossu
Apro questa discussione destinata, per forza di cose, a non andare oltre questo messaggio. Dubito che ci saranno altri commenti e non mi sognerei mai di sponsorizzare l'acquisto.
Il Maxi, salvo sporadiche eccezioni, dopo la scomparsa di Segura ha perso molte delle ragioni d'esistere. Se non essere il luogo dove parcheggiare disegnatori che non si vuole proprio pensionare (Diso) o inadatti (Cossu).
Il che da una parte è un peccato, perché mi piacciono le storie corpose e potrebbe essere un luogo dove mettere alla prova nuovi sceneggiatori promettenti.
Venendo al punto, partirei da Cossu. Chiarisco subito che parlo del disegnatore Cossu e non della persona verso cui nutro il massimo rispetto.
Un disastro totale! Neanche si può dire che sia agli esordi, infatti ormai di tavole ne ha disegnate vagonate.
Personaggi che ora sembrano giganteschi, due pagine dopo affetti da nanismo. Figure che danno l'impressione assurda di appese nel vuoto. Cavalli che non ricordano neanche alla lontana gli splendidi equini realizzati da artisti come Ticci.
Assenza totale di movimento. Tutti statici o quasi. Anche nei momenti di massima azione Tex & co. appaiono bradipeschi.
Io mi domando e mi chiedo se davvero non sia possibile spostare Cossu su di un'altra testata. Una meno avventurosa intendo, dove di sicuro si troverebbe più a suo agio. E soprattutto non si beccherebbe sempre critiche feroci (e strameritate) da quasi tutti.
E Mignacco? In entrambi i racconti, già distrutti dal collega, fa un'operazione insolita. Almeno su Tex. Una specie di collage. O un medley se si preferisce.
Per capirci, una raccolta di scene già viste e riassemblate. Una spruzzata di Sangue Navajo, cui segue un goccio di Terra Promessa.
Citazioni sparse anche della Carovana dell'oro, gli Sterminatori, Una stella per Tex e molto altro.
Se nel primo caso (Il cavallo di ferro) l'effetto di deja vu è passabile e pur non reggendosi in piedi nel complesso
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io ad esempio non ho capito perché i complici del Dakota siano rimasti lì ad assistere agli eventi senza "disturbare" i pards
forse con altri disegni una quasi sufficienza l'autore se lo sarebbe meritato.
Questo perché formalmente è una storia corretta. Tuttavia manca di pathos. Fila come il treno lanciato verso la fine senza sussulti particolari.
La seconda parte invece è piuttosto bizzarra. E' una contraddizione continua. I coloni che stanno andando verso la terra promessa sono pellerossa (dell'est) e gli utes sono comandati da un indiano bianco che odia i visi pallidi.
Se l'idea poteva essere anche interessante, Mignacco la sviluppa nel modo sbagliato e a me ha dato la senzazione di un grande patrocchio.
Anche qui. Di per se nessuna stonatura da rilevare, se non che i tripli avvitamenti con doppia carpiatura non sollevano le sorti di una sceneggiatura piatta come un asse da stiro.
Però un albo di Tex deve emozionare e non tirare avanti a suon di sbadigli.
Forse Mignacco può essere adatto a brevi storie senza troppe pretese, ma certo quando si deve raccontare qualcosa di più di uno spunto (come nelle storie canoniche di almeno due albi) mi sembra un pesce fuor d'acqua.
Mi ha ricordato il Nizzi pre-400. Senonché il Degno Erede come sceneggiatore era più dotato. Diciamo che se Claudio era, nel suo periodo migliore, un buon artigiano, Mignacco è l'aiutante del suddetto.
Non c'è niente da fare. La scelta di inondare le edicole con albi di Tex, ormai l'unica testata che regge, produce queste pubblicazioni in sostanza inutili. Fesso io a insistere nell'acquisto.