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[fanfiction] Il contest di G

Ultimo Aggiornamento: 25/01/2019 18:56
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Post: 3.284
Giudice*****
08/09/2018 22:48
 
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Accettazione di mikki~ (athenachan)


Valutazione


Titolo:
“Accettazione” è una parola importante, e usarla come titolo per una storia che parla di bambini è stata secondo me una scelta coraggiosa perché avrebbe potuto risultare anche troppo ingombrante col suo significato profondo.
Invece l’ho trovata perfetta: l’accettazione è il vero cuore pulsante di questa storia, e il fatto che si capisca soltanto alla fine rende il titolo assolutamente perfetto.



Caratterizzazione dei personaggi:
Nonostante i personaggi della tua storia siano tutti bambini, e quindi ben diversi da quelli che conosciamo, li hai caratterizzati tutti davvero molto bene, appoggiandoti al poco che ci è stato concesso di vedere della loro infanzia per sviluppare delle personalità a tutto tondo.


Todoroki è il protagonista assoluto ed è anche quello attraverso i cui occhi il lettore segue l’intera vicenda.
Ho trovato molto verosimile la sua paura iniziale per il primo giorno di scuola, perché sappiamo – e lo ricordi anche tu nella storia – che suo padre gli ha sempre impedito di giocare con gli altri bambini, – per proteggere loro ufficialmente, ma probabilmente per non fargli “perdere tempo” e costringerlo ad allenarsi – quindi non ha nessuna idea di come ci si debba relazionare con i coetanei.

Inoltre, alla paura per l’ignoto si aggiunge quella per suo padre: Endeavor pretende da suo figlio una disciplina ferrea e un carattere forte, e purtroppo trovo assolutamente verosimile che sia arrivato addirittura a picchiarlo per “educarlo” in tal senso.


La madre di Todoroki invece è dipinta come una figura dolce e comprensiva, che lo consola quando piange e lo coccola per farlo calmare e infondergli coraggio.
Una donna che ama alla follia il proprio bambino e vorrebbe proteggerlo da tutto e da tutti… ma non ci riesce. Non da suo marito.


Anche da fuori della porta Todoroki sente un sacco di rumore, e non appena entra in classe eccolo di fronte a una scena che non aveva mai visto né immaginato, e qui ho trovato la sua reazione davvero IC: il Todoroki che abbiamo imparato a conoscere è un tipo timido e pacato che mal sopporta sia i prepotenti che gli esibizionisti… e in questo caso Bakugo è entrambe le cose, dal suo punto di vista.

Senza contare che quel suo esaltare tanto le Unicità, quando Todoroki avrebbe volentieri fatto a meno della sua per poter giocare come tutti gli altri bambini e smettere di far spaventare la madre, glielo fa probabilmente rimanere subito antipatico a pelle.


Mi è particolarmente piaciuto come hai saputo gestire proprio Bakugo, nonostante in questa fic sia un personaggio secondario: entra in scena prendendo in giro Midoriya perché è un “Deku inutile e senza Unicità”, ma perde subito interesse per lui non appena arriva un bambino nuovo con cui comincia a vantarsi della propria Unicità e, al contempo, sonda il terreno per scoprire se il nuovo arrivato potrebbe essere qualcuno “alla sua altezza”. Qualcuno con cui confrontarsi e, forse, da inserire nella sua cerchia di seguaci.

Mi è piaciuto perché – anche se è un po’ triste da dire – per lui punzecchiare Midoriya è ormai tanto banale da essere quasi noioso, un qualcosa con cui ammazzare il tempo ma che non ha una reale attrattiva, e quindi ho trovato azzeccata la tua scelta di farlo desistere non appena ha trovato un’alternativa più intrigante.


Tornando al protagonista, non dimentichiamoci che nella tua storia Todoroki è un bambino solo e impaurito, anche se cerca di non darlo a vedere, e in quel bambino isolato e preso in giro da tutti gli altri ha trovato uno spirito affine.

Non solo, probabilmente, in maniera più o meno inconscia, ha anche pensato che dal momento che erano entrambi senza amici potevano essere l’uno l’amico dell’altro e farsi forza a vicenda.


E ora veniamo a Izuku: è assolutamente naturale che si sia messo a piangere quando tutti gli altri lo prendevano in giro, soprattutto perché colpivano un tasto dolente… ma mi è piaciuto tantissimo che poi si sia preso la sua rivalsa.

Magari potrebbe sembrare una cosa di poco conto, ma in quel suo ribadire che “sono ancora piccolo” ho visto sia la forza che nasconde dietro un’apparenza di fragilità, sia soprattutto la volontà di non arrendersi mai: sa che probabilmente gli altri hanno ragione, che lui non avrà mai un’Unicità, ma ammetterlo ad alta voce equivarrebbe ad arrendersi e Midoriya è un tipo che non si arrende mai. Neppure quando dovrebbe.


Rivalsa spalleggiata proprio da Todoroki, che – come ci si aspetta da qualcuno con la sua spiccata intelligenza – usa a proprio vantaggio le informazioni che aveva ottenuto in un contesto completamente diverso, così da ribaltare la situazione e “salvare” Midoriya dai bulli come si conviene a un vero eroe.

Molto tenera la scena di lui che si accuccia davanti a Midoriya e gli tende la manina per presentarsi, sorridendogli incoraggiante: è vero che Todoroki è una persona timida e introversa, ma è anche dolce e sensibile e non è difficile immaginare che da bambino – senza quel gravoso carico emotivo che gli è calato sulle spalle dopo l’incidente con sua madre – fosse disponibile ad avvicinarsi così a qualcuno, anche se appena conosciuto.


Il modo spontaneo con cui Midoriya chiama il suo nuovo amico “Shou-chan” è davvero adorabile, oltre che coerente con il suo personaggio, e la postilla del “anche Kacchan si arrabbia quando lo chiamo così” è la cosiddetta ciliegina sulla torta per siglare una caratterizzazione assolutamente perfetta.


Come perfetta – e adorabile – è la reazione di Todoroki, che arrossisce per la timidezza ma nonostante questo non si tira indietro, grato per l’opportunità di avere finalmente qualcuno che non lo temesse per via del suo aspetto, qualcuno che sapeva guardare al di là delle apparenze… qualcuno come un amico, come Izuku, capace di fargli capire con un unico abbraccio quanto possa essere bello sentirsi accettati.



Stile e trama:
Qualche appunto tecnico prima di passare alla valutazione vera e propria:
- Ci sono svariati casi in cui non hai utilizzato correttamente la virgola per chiudere gli incisi, e questi errori intaccano la fluidità della lettura. Un esempio tra tutti: […] la sua mamma gli sorrideva dolcemente, gli accarezzava le guance, asciugandogli le lacrime e lo faceva sentire meglio […] --> “asciugandogli le lacrime” è una frase incisiva e quindi ci vuole la virgola dopo “lacrime”, oppure va tolta quella prima di “asciugandogli”.
Se il problema è la presenza della “e” (anche se non tutti gli errori sono come questo), sappi che – a differenza di quanto insegnavano alcuni anni fa – non è sbagliato a prescindere inserire una virgola prima delle congiunzioni, perché ci sono alcuni casi in cui non solo la virgola è tollerata, ma addirittura obbligatoria.
Per ulteriori chiarimenti ti rimando alla mia pagina giudice, dove ho stilato un prontuario per il corretto utilizzo della virgola.
- Quando un discorso diretto è seguito da una frase indiretta con verba dicendi et declarandi, il discorso diretto non deve mai terminare con un punto fermo (e la reggente inizia per minuscola, ma questo già lo fai); invece segni come punto interrogativo o esclamativo o puntini di sospensione possono essere usati tranquillamente.
- Quando cambia il soggetto di un discorso diretto è obbligatorio andare a capo, anche se le due parti di dialogo sono separate da una frase indiretta.

Bene, e adesso cominciamo.

Lo stile della tua storia è molto introspettivo, con pochissimi dialoghi e ancor meno descrizioni a intervallare una lunghissima immersione nei pensieri di Todoroki… eppure, nonostante questo, la lettura non è mai pesante: scorre fluida dall’inizio alla fine, con una sintassi semplice e ben curata e un linguaggio quotidiano che rimane sempre a un livello quasi basilare.

E questo… questo l’ho apprezzato moltissimo. Dico davvero: hai raccontato qualcosa dal punto di vista di un bambino come Todoroki, e l’hai fatto con le stesse parole che potrebbe aver utilizzato un bambino, senza innalzare l’asticella verso una vetta che avrebbe reso il tutto forse più altisonante e magari più grammaticalmente appropriato, talvolta… ma sicuramente meno indicato per il motivo per cui era stato creato.

Magari il mio ti sembrerà uno sproloquio senza senso, ma per riuscire ad immergermi fino in fondo in una storia con narratore selettivo io ho bisogno che questa utilizzi il modo di parlare e pensare del narratore stesso… e tu lo fai, e questo – sì, mi ripeto – mi è piaciuto moltissimo.


La trama non è molto articolata di per sé, – e questo è quasi ovvio in una storia che punta moltissimo sull’introspezione – ma l’idea di raccontare proprio il primissimo giorno di scuola è davvero carina, e volente o nolente scatena fin da subito un effetto nostalgia che aleggia nell’aria fino alla fine, mescolandosi alle altre emozioni che suscita la storia.


La prima parte della fic è un excursus su Todoroki, sulla sua paura e sul rapporto con i genitori; qui, porti alla luce con delicatezza una situazione familiare davvero poco felice – per utilizzare un eufemismo – e trovo adeguato il tuo sottolineare più volte che Todoroki si impone di essere forte per non far arrabbiare suo padre: quell’uomo ha condizionato la sua vita fin da piccolissimo, ed è ovvio che gran parte dei suoi comportamenti, soprattutto da bambino, fossero volti non tanto a renderlo orgoglioso – questo sarebbe anche una bella cosa – quanto a non voler scatenare la sua ira.


Per quanto riguarda invece quello che potremmo definire “l’episodio scatenante”, diciamo che il fatto che Bakugo abbia sempre preso in giro Midoriya per il suo essere senza Unicità è stato rimarcato più volte nel canon, e l’ho trovato un espediente plausibile da utilizzare anche in questo contesto.

Sì, magari non è il massimo dell’originalità, ma è comunque una scena di forte impatto che sicuramente comporta interessanti spunti di azione e riflessione, soprattutto in una storia prevalentemente introspettiva come la tua.

Senza contare che abbiamo sempre visto tutto questo dal punto di vista di Midoriya o di Bakugo, vittima e carnefice, e osservare invece il tutto attraverso gli occhi di una terza persona, in questo caso Todoroki, è stato decisamente interessante.


Infine, arriviamo al vero fulcro di tutta la storia, il cuore pulsante che batte sotto al titolo e che arriva in punta di piedi, quasi nascosto nella nuvola di fumo alzata da quell’episodio di bullismo: l’incontro con Izuku.

In realtà ho già detto quasi tutto nel punto di sopra, ma ci sono rimaste alcune questioni in sospeso.

Una tra tutte: Aveva gli occhi davvero grandi e davvero verdi. --> La dolcezza di questa frase è qualcosa che non riesco a descrivere a parole. Quel “davvero” reiterato a così breve distanza rende perfettamente l’idea dell’innocente stupore tipico dei bambini, ed è un perfetto esempio di ciò che ti ho detto all’inizio, e che mi è piaciuto da morire. Insomma, ma quanti pizzicotti verrebbe voglia di dare a un baby!Shouto che pensa una cosa così adorabile? Quanti?

Ok, sto delirando. Chiedo scusa.

Tornando a noi, anche questo dialogo, come il precedente con Bakugo, è ben costruito e molto realistico: è facile immaginarsi dei bambini così piccoli parlare tra loro rivolgendosi esattamente le parole che hai scritto tu, e questo è sempre una cosa positiva per la storia perché favorisce non poco l’immedesimazione del lettore.


Oh, e poi c’è il momento di stupore in cui Todoroki si rende conto che quello che Izuku chiama “Kacchan” è il bambino prepotente di prima, e davvero è una cosa impagabile: sembra che sia combattuto tra pensieri del tipo “quel tipo è troppo cattivo per avere un soprannome così carino” e “questo bambino ha qualche rotella fuori posto per dare un nomignolo del genere a qualcuno che lo tratta così male”… e la cosa mi ha fatto morire dal ridere, soprattutto perché rimarcata da “preso da un pensiero folle, realizzò: Kacchan era quel tizio.”


Concludo dicendo che personalmente adoro i what if, e anche se mi rendo conto che una cosa del genere avrebbe a dir poco stravolto la trama di BNHA l’idea che quei due si siano incontrati da bambini mi intriga moltissimo: se fosse davvero successo sono sicurissima che avrebbero finito con lo stringere subito amicizia – forse proprio per il motivo che hai raccontato tu – e allora… chissà. Forse la vita di entrambi sarebbe stata più semplice, sapendo di poter contare l’uno sull’altro.



Gradimento personale:
Forse si è già capito, ma la tua storia mi è piaciuta davvero molto: mi piace il personaggio di Todoroki e adoro il modo in cui l’hai reso nella tua storia.
E poi c’è la scena finale, con quell’abbraccio spontaneo che mi ha fatto quasi piangere dalla tenerezza e che è il perfetto suggello della loro neonata amicizia.






La mia pagina EFP
La mia pagina giudice

Tratto da "Cara Mathilda" di Susanna Tamaro

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Post: 3.284
Giudice*****
08/09/2018 22:49
 
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Il dipinto sul muro di Hotaru_Key22


Valutazione


Titolo:
Un titolo semplice ma significativo, che consente al lettore di capire fin da subito quale sia l’argomento della storia stuzzicando al contempo la sua curiosità per scoprire di che tipo di dipinto potrebbe trattarsi.



Caratterizzazione dei personaggi:
Il protagonista della tua storia è senz’altro Percy, e mi piace come tu abbia mantenuto in linea generale la caratterizzazione che già conosciamo avendo però cura di smussarne gli angoli più aspri, così da adattarla al bambino che era… ma mi spiegherò meglio dopo.

Fin da subito, infatti, sottolinei come già da bambino fosse ligio al dovere, – basti pensare che, prima di ritenersi effettivamente “libero”, passa in rassegna tutti gli eventuali lavoretti con i quali potrebbe rendersi utile in casa – ma poi entra in gioco una parte di lui che purtroppo nei libri è molto bistrattata: il suo rapporto con i fratelli, in questo caso con Charlie.

Nella tua storia infatti leggiamo di un Percy molto attaccato a suo fratello maggiore, tanto da spremersi ben bene le meningi per riuscire a mantenere il suo segreto, pur facendo comunque la cosa giusta – eh, qui non si può mica sgarrare!

Mi è piaciuta molto questa precisazione, perché ciò che ne viene fuori è un affetto profondo e sincero che il bambino si tiene ben stretto, sforzandosi più che può per non tradire la fiducia che il suo fratellone ha riposto in lui.

L’ho trovata una cosa al contempo molto tenera e anche molto verosimile, perché nonostante la sua maschera da perfettino Percy vuole davvero un gran bene alla sua famiglia, e se da grande c’è stato un periodo in cui ha cercato di mascherare questa cosa per orgoglio e un pizzico di stupidità, è logico pensare che invece da bambino non si facesse di questi problemi.


Anche il piccolo Charlie l’ho trovato ben caratterizzato, nonostante il poco spazio in cui compare.

Davvero carina l’idea di tirare in ballo la sua conosciuta passione per i draghi – è sempre un piacere leggere tratti noti dei personaggi adulti anche nelle loro versioni infantili – e ho apprezzato anche l’espediente del disegno sul muro: di Charlie non sappiamo molto, è vero, ma non sembra proprio un tipo che si farebbe problemi a commettere qualche marachella come dipingere sul muro, soprattutto se fatta in nome della sua ossessione!

La sua esitazione prima di far entrare in camera Percy l’ho trovata molto realistica, così come la sua paura non appena il piccolo si è accorto del suo disegno: Charlie sa di aver fatto qualcosa che la mamma non avrebbe certo approvato, ma nonostante questo decide di fidarsi del suo fratellino e metterlo a parte del proprio segreto.

Ho trovato questa scelta molto realistica, anche e soprattutto per la spiegazione che si legge tra le righe: Charlie ha diviso con Bill sia la stanza che probabilmente anche gran parte del tempo libero da che a memoria, ed è normale che adesso senta molto la sua mancanza, così come è normale che cerchi qualcun altro con cui condividere tempo, passioni e segreti come prima faceva con Bill.

Può sembrare un discorso un po’ egoista detto così, ma i bambini sono egocentrici di natura e un ragionamento del genere è del tutto naturale e privo di malizia.


Inoltre, per lo stesso ragionamento, trovo verosimile che Percy, anziché offendersi per essere considerato un “rimpiazzo”, si senta invece orgoglioso perché nella sua ottica è stato come “promosso a nuovo Bill”, il che significa che adesso è molto più importante.


Ultima nota di merito per la signora Wesley, che si lascia “abbindolare” dalle parole del suo angioletto con una facilità che solo le mamme super orgogliose possono avere, e gli dà subito il suo permesso per far ridipingere la camera a Charlie.

Anche se, secondo me, lei si era già accorta del disegno, e se la ride sotto i baffi nel vedere i finti complotti dei suoi bambini… dopotutto si sa che le mamme sanno sempre tutto, e mamma Wesley è una super mamma, quindi sa ancora più cose.



Stile e trama:
Prima di iniziare, ti faccio notare alcuni errori che ho riscontrato nella storia:
- Quando cambia il personaggio protagonista di un discorso diretto è obbligatorio andare a capo, anche se il secondo discorso è diviso dal primo da una frase indiretta.
Dato che tu li unisci spesso con frasi che anticipano direttamente la seconda battuta, dovresti modificare anche queste così da osservare la regola.
- Quando un discorso diretto è introdotto da verbi come “rispondere” o “aggiungere”, dopo il suddetto verbo devono essere inseriti anche i due punti.
Es: […] così chiese «Cos’altro sai sull’Opa…Opale…sul drago delle valli della Nuova Zelanda?» --> diventa “[…] così chiese: «Cos’altro sai […]”
- Va benissimo inserire il punto fermo all’esterno delle virgolette (anche se, in caso di discorsi diretti non introdotti né seguiti da frasi indirette, sarebbe preferibile metterlo all’interno delle virgolette), ma quando un discorso diretto finisce con un segno di punteggiatura semi-forte (come punto interrogativo, punto esclamativo e puntini di sospensione) la frase può e deve concludersi così, perché un ulteriore punto fermo è superfluo.
Per ulteriori chiarimenti ti consiglio di visitare questa pagina.
- Dopo i puntini di sospensione è obbligatorio inserire uno spazio (a meno che non si chiuda il discorso diretto con le virgolette, che giustamente hai lasciato attaccate al segno di punteggiatura che le precede).

Il tuo è uno stile piuttosto vario, che alterna una buona dose di introspezione a svariati discorsi diretti, condendo il tutto con qualche descrizione qua e là.

Mi è piaciuto tutto questo, perché ha dato alla storia un buon ritmo senza mai velocizzarlo troppo, tuttavia in alcuni punti ho trovato la sintassi un po’ troppo “statica”, per quanto ben curata.
Intendo dire che ci sono pezzi in cui si susseguono proposizioni create con lo stesso schema: inizio, una/due/tre coordinate per asindeto e fine.
Come detto non è sbagliato, ma l’effetto che ne viene fuori non è particolarmente bello perché si ha in retrogusto una lieve sensazione di “elenco” che non favorisce il piacere della lettura.

Mi riferisco in particolare all’inizio – da “Erano” fino a “Charlie” – e ad uno subito dopo la scena nella camera – da “il minore annuì e sorrise” fino a “tavola”.


Passando alla trama, immaginarsi un piccolo Percy annoiato è qualcosa che di primo acchito un po’ stranisce, ma è uno stupore positivo che fa sorridere non appena ci si rende conto che si annoia soltanto perché ha già compiuto tutti i suoi “doveri”, e non ha nessun altro lavoro da fare.


Ti ho già detto che mi è piaciuta la sua scelta di andare da Charlie, ma quando entra in scena lui c’è un appunto che vorrei farti: non mi entusiasmano termini come “il maggiore” o “il più piccolo” per distinguere di quale personaggio si sta parlando perché – per quanto mi riguarda – rallentano il ritmo della lettura; personalmente credo che in una storia sia molto meglio utilizzare nomi o soprannomi anche se così vengono ripetuti più volte.

Dopotutto le ripetizioni di nomi propri – o soprannomi – non stonano mai, tant’è che gli autori famosi lo fanno sempre nei propri libri (anche la stessa Rowling, tanto per restare in tema di Harry Potter).


Il modo in cui Charlie interagisce con il suo fratellino è davvero adorabile, e mi piace anche come hai descritto la curiosità di Percy: anche se è titubante perché sa che Charlie ha fatto qualcosa di sbagliato, è un bambino molto intelligente e curioso, quindi per un momento la sua smania di sapere ha il sopravvento su tutto il resto.


Ho cercato “Opaleye degli Antipodi” su internet perché non ne avevo mai sentito parlare, e ho trovato un articolo su di lui su Potterpedia.

Leggere quell’articolo e scoprire quindi che prima di citarlo nella storia hai svolto delle ricerche in proposito mi ha fatto davvero molto piacere, perché è anche attraverso cose del genere che si nota la cura che un’autrice mette in ciò che scrive ed è una cosa che apprezzo sempre moltissimo.

Soprattutto perché, oltre ad essere bello dal punto di vista personale, una cosa del genere aggiunge molti punti in fatto di realismo e aiuta il lettore ad immedesimarsi nel racconto.


Ora però vorrei farti un appunto un po’ antipatico: in questa storia Percy e Charlie – che non va ancora ad Hogwarts e quindi ha certamente meno di undici anni – sono soltanto bambini, quindi piuttosto che parlare di “autorità” – nella frase “se c’è una cosa che a Percy non sta bene è fare le cose senza il consenso delle autorità” – sarebbe più appropriato usare il termine “genitori”.

È vero che nella loro concezione il padre e la madre sono figure di autorità, ma è anche vero che sono le prime e per ora uniche con cui si sono confrontati; per questo
usare proprio il termine “autorità” è improprio in questo contesto, perché sottintende un significato più ampio – ad esempio quello legale o anche solo degli insegnanti – che al momento non fa parte del loro mondo.


Mi collego a questa cosa per aggiungere una considerazione più generale: fatta eccezione per qualche piccolo errore il tuo stile mi piace e lo trovo molto scorrevole, ma purtroppo non mi sembra molto indicato per una storia scritta dal punto di vista di un bambino (Percy) con alcune sporadiche incursioni nella testa di un altro bambino (Charlie).

Mi riferisco principalmente al fatto che il lessico utilizzato, pur non essendo aulico e quindi sempre di immediata comprensione per un adulto, è troppo ricercato per il linguaggio di un bambino.
Parlo della frase che ho citato prima, anche, ma ti faccio un altro paio di esempi:
- Improvvisamente un’idea balenò in testa al terzogenito di casa Weasley […]
- Percy tentò di accantonare tutti i suoi tormenti e sbirciò il libro che il maggiore aveva aperto dinnanzi a sé.

Come dicevo, non sono frasi eccessivamente complesse e infatti si leggono tranquillamente, ma la terminologia utilizzata mi ha personalmente reso difficile l’immedesimarmi nel protagonista, e quindi anche il lasciarmi coinvolgere appieno nel racconto.

Ad ogni modo è solo un parere totalmente soggettivo e quindi lascia il tempo che trova.


Di contro, tutti i dialoghi presenti nella storia – e ce ne sono diversi – mi sono sembrati naturali e verosimili: non è difficile immaginarsi un bambino dire quelle cose con quelle parole, e quando si parla di discorsi diretti questo è un fattore a dir poco fondamentale, soprattutto per il realismo complessivo che dà alla storia.


Adesso vorrei spendere due parole per parlare della frase “Poi si ricordò del delitto che quest’ultimo aveva commesso e sul suo viso comparve nuovamente un’espressione di pura angoscia.”

Bene, in effetti volevo solo dire che mi sono rotolata dalle risate, perché immaginarsi uno scricciolo come Percy che addirittura si angoscia perché convinto che disegnare un drago su un muro della cameretta sia un vero e proprio “delitto”… niente, non ce la posso fare, è più forte di me.

Con questo non intendo assolutamente dire che la sua reazione non è verosimile, tutt’altro: è assolutamente plausibile che un bimbo così piccolo ingigantisca le cose al punto da farne quasi una questione di stato, ed è proprio questa la cosa che mi ha fatto sorridere, perché riesco benissimo a immaginarmelo e viene voglia di strapazzarlo di coccole.

Per questo dico che anche la signora Wesley secondo me già lo sapeva e ha fatto finta di niente: quando fanno così i bambini sono dannatamente adorabili, non si può resistere!


Personalmente avrei visto bene un’interruzione di paragrafo per staccare la scena della cameretta da quella della cena, così da rendere anche visivamente l’idea del tempo passato; stesso discorso tra la cena e la sera, quando Percy e Charlie si trovano di nuovo in camera.

Comunque si tratta solo di un’inezia, e in generale ho apprezzato sia il cambio di scena cameretta-sala da pranzo-cameretta sia la soluzione che hai fatto trovare a Percy: pur così piccolo, il tuo Percy si è dimostrato molto più maturo di quello che conosciamo nei libri (con le dovute sporadiche eccezioni di cui la fine del settimo è la più eclatante, ovvio) ed è riuscito a conciliare il suo amore per la famiglia con quello per il rispetto delle regole.

Non è mica da tutti, sai, quindi tanto di cappello al piccolo Percy!



Gradimento personale:
Della tua storia mi è piaciuto soprattutto il modo in cui hai descritto il rapporto tra Charlie e Percy. In particolare, ho amato la scena in cui gli mostra il suo libro sui draghi: pur essendo un bambino lui stesso, in quel momento Charlie è “l’adulto” tra i due, e si sente galvanizzato e intenerito dal modo in cui Percy pende dalle sue labbra, curioso di sapere sempre più cose.
Davvero adorabili, nient’altro da dire.






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Tratto da "Cara Mathilda" di Susanna Tamaro

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Post: 3.284
Giudice*****
08/09/2018 22:49
 
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Your Angel in Call di Laodamia94 (Manto)


Valutazione


Titolo:
Tendenzialmente preferisco i titoli in italiano, ma una delle poche eccezioni che apprezzo davvero è quella delle citazioni di canzoni significative per la storia, come il tuo caso.
Premesso questo, il titolo è molto dolce ed evocativo, e credo che rispetti alla perfezione sia il tema che l’atmosfera generale della tua storia.



Caratterizzazione dei personaggi:
Sia Hughes che Nina sono protagonisti di uguale importanza, nella tua storia, ma dal momento che è la bimba ad entrare in scena per prima comincerò col parlare di lei.


Mi piace come hai saputo catturare anche le più piccole sfumature dei suoi pensieri e comportamenti, perché alla fine sono quelle che fanno la differenza: non ti sei limitata a dire che Nina era una bimba felice, ma l’hai dimostrato con le sue risate, e le corse sfrenate con Alexander, e quell’immensa gioia di vivere che traspare da ogni singola cosa che faccia e la porta a conoscere sempre più cose, e luoghi, e persone.

Sì, Nina è una bambina allegra e vivace esattamente come l’abbiamo conosciuta nel fandom, sempre felice di fare nuove conoscenze e che guarda al mondo con fiducia e speranza.

Tuttavia la sua felicità è oscurata talvolta da un’ombra che la piccola non comprende… e anche questa scelta l’ho trovata particolarmente azzeccata: la storia di Nina è straziante, e sicuramente uno degli argomenti più controversi di tutto il manga/anime. Oltre che difficilissimo, sarebbe stato forse anche fuori luogo parlare di una bambina che ricorda un dolore così grande, soprattutto considerato il posto in cui la storia è ambientata.

Quindi, sì, forse è stata una scelta “facile” quella di farle dimenticare i dettagli della sua morte, ma più di tutto è stata una scelta ben ponderata che personalmente condivido in pieno; soprattutto, trovo molto realistico questo “rumore di fondo” che Nina avverte di tanto in tanto, come un qualcosa che spicca per la sua assenza e che le adombra il viso, seppur per pochi secondi.

Lo apprezzo perché credo che un trauma così grande abbia sicuramente avuto dei riverberi anche a livello inconscio, e pur cancellato dalla memoria “da una mano pietosa” è ovvio che non sia sparito nel nulla.

Il suo incontro con la madre è molto toccante, e ho trovato la reazione di Nina molto verosimile: ha capito che le mancava qualcosa – qualcuno – solo quando se l’è trovata di fronte, ed è assolutamente naturale che sia rimasta travolta da quei ricordi improvvisi di tristezza e solitudine… e anche che si sia fiondata tra le braccia della sua mamma, lasciandosi coccolare e proteggere da quella verità difficile da affrontare.
Difficile, ma non impossibile: ormai il peggio è passato, e il passato non può più farle male… non lì.
Ormai non è più sola.


La madre di Nina è un personaggio perlopiù sconosciuto di cui personalmente ho pochissimi ricordi molto frammentati (e legati perlopiù alla sua trasformazione in chimera), ma tra questi c’è la vivida certezza che fosse una madre buona e affettuosa.

Questa immagine di lei l’ho ritrovata chiaramente anche nella tua storia, sia nella tenerezza di quel primo incontro che, più tardi, nelle parole che dice a Hughes; quando gli parla del padre di Nina, e commenta che la piccola è troppo pura per odiare, e che” voleva tanto bene a quel mostro, e lui l’ha ripagata in questo modo”.

Quest’ultima frase specialmente credo sia molto azzeccata: è vero che in Paradiso l’odio non dovrebbe esistere, ma al cuore non si comanda – figuriamoci al cuore di mamma – e il disprezzo che si avverte in quelle parole fintamente pacate è quanto di più naturale possa esserci nell’animo umano.


Hughes è secondo me uno di quei personaggi fondamentali cui però non è mai stato dato spazio “sotto i riflettori”: qualcuno che agisce quasi nell’ombra, ai margini dell’azione, ma da cui l’azione stessa è influenzata più di quanto si possa immaginare.

Tutto questo per dire che mi piace averlo visto protagonista, per una volta, e mi piace soprattutto che tu abbia reso giustizia alla sua complessa caratterizzazione, ricca di innumerevoli sfumature.

Innanzitutto, vediamo che nonostante si trovi in Paradiso Hughes non ha ancora raggiunto la pace, non davvero, e questo lo trovo particolarmente calzante: la sua è stata una morte improvvisa e non era assolutamente preparato a perdere i suoi cari… non lo si è mai, vero, ma a maggior ragione quando la loro assenza ti colpisce senza preavviso – anche se in questo caso è stato lui a lasciarli, in un certo senso.

È ovvio quindi che senta la loro mancanza tanto da star male anche dove il male in teoria non dovrebbe esistere: sì, Hughes durante il giorno è felice e sa che quello è un bellissimo posto in cui trascorrere il resto dell’esistenza… ma la notte la malinconia arriva anche da lui.
La notte non può fare a meno di pensare a quelli che sono “rimasti indietro”, ed è un dolore dolce e straziante al tempo stesso. Tanto straziante che Hughes inizia a cercare un modo per guarire… per trovare la pace.

Emblematico a questo proposito il suo dialogo con il militare senza nome, che per primo gli parla della “grazia del mare”: lui lo aiuta ad aprire il cuore e la mente a risposte che ancora Huges non comprende del tutto, ma in cui si ritrova a sperare, aspettando giorno dopo giorno che quel dolore che gli attanaglia il cuore finalmente riesca a fiorire.

Piccola parentesi: ho amato alla follia quel piccolo cenno a Roy tra le righe nel “anche io una volta ho ascoltato, aiutato e sorretto un amico”, perché il loro rapporto era davvero molto stretto ed è bello e naturale che ripensi anche a lui ogni tanto, non solo alla moglie e alla figlia.

Passando al suo incontro con Nina, ho davvero adorato la scena in cui “il mondo si ferma, anche solo per un istante”, e Hughes vede il lei il viso della sua piccola Elicia. L’ho trovato molto commovente e dannatamente realistico, perché Hughes è un padre cui la figlia manca tanto da star male, e credo sia naturale che riveda il suo viso ovunque, tanto più in quello di una bambina che ha più o meno la sua età.

Mi piace anche che tu abbia costruito il suo rapporto con Nina incentrandolo inizialmente su questo punto, per poi farlo evolvere pian piano: se inizialmente si era affezionato a lei perché gli ricordava sua figlia, col succedersi dei giorni – mesi? – smette di sovrapporre le due immagini e inizia ad amarla sinceramente come persona a sé stante… quasi come una seconda figlia, da guidare, coccolare e proteggere da quel passato oscuro che non ricorda ma che comunque la fa soffrire.


Dall’altra parte, è anche naturale che Nina veda in quel signore dal cuore grande un qualcuno che non sa descrivere, qualcosa che le manca a livello inconscio ma cui non riesce a dare un nome: come ha detto anche sua madre, Nina voleva un gran bene a suo padre e una cosa del genere lascia il segno, nel bene e nel male; così come quei sentimenti negativi, anche il ricordo di questo profondo amore alberga nel suo inconscio, macchiando i suoi sorrisi di malinconia e spingendola a cercare ancora e ancora, proprio come cercava senza saperlo la figura di sua madre.

Lei è riuscita a trovarla davvero, mentre mi piace l’idea che in Hughes alla fine abbia trovato non tanto un riflesso di quella figura che non ricorda più, ma un vero e proprio padre da amare, ammirare… e “perseguitare” con insistenti richieste di attenzioni e di “ancora una storia, per favore!”


Non che a Hughes tutto questo dispiaccia, beninteso, perché grazie a quella bambina è riuscito a ritornare il vero se stesso, e così come era in vita anche qui ha trovato una ragione più grande per lottare e andare avanti: fino a che ricercava la pace per un ritorno personale non era riuscito a fare progressi, ma ora… ora deve essere forte per qualcun altro che da solo non ce la farebbe, ed è in momenti come questi che persone come lui danno il meglio di sé, ergendosi sulle difficoltà non per se stessi ma per essere di supporto agli altri.


Ultimo d’ordine, ma non d’importanza, una speciale menzione va al dolcissimo Alexander: dopotutto è il migliore amico di Nina, e rientra di diritto tra i personaggi principali della storia.

Non c’è che dire, hai saputo ricreare alla perfezione il suo atteggiamento affettuoso e fedele, e la cosa che più ho apprezzato è che il tuo narratore non si è mai addentrato troppo a fondo nella sua mentalità.

Intendo dire che mi è piaciuto che tu non abbia fatto “parlare” direttamente lui tramite pensieri diretti, – va bene che siamo in Paradiso, ma la storia ha comunque un certo realismo che sarebbe stato intaccato negativamente da una cosa del genere – preferendo circonlocuzioni del tipo “sembrava volesse dire” o “come se pensasse”: così facendo dai un’idea ben precisa di lui, ma lo fai interpretando le sue azioni e mantenendo quindi intatta la verosimiglianza della storia.



Stile e trama:
Sebbene io in linea generale preferisca il narratore interno e soggettivo, in questo caso quella del narratore onnisciente è stata quasi una scelta obbligata: in questa storia hai trattato molte tematiche importanti, alcune anche parecchio delicate, e il narratore onnisciente ti ha permesso di mantenere un livello stilistico elevato sia dal punto di vista grammaticale che sintattico, utilizzando vocaboli e periodi anche complessi che però non hanno assolutamente intaccato la verosimiglianza della caratterizzazione dei personaggi.

Mi riferisco in particolare alla piccola Nina: è vero che hai usato “le parole dei grandi” per descrivere pensieri e sentimenti di una bambina, ma l’hai fatto dando voce a un personaggio esterno che la conosce alla perfezione, e non alla bambina stessa.
Forse sembra un’inezia, ma secondo me invece questa precisazione fa una gran differenza per la fluidità del racconto.


La tua è una storia estremamente introspettiva, che sviscera pensieri, desideri e paure – appena accennate, ma sempre di paure si tratta – dei personaggi così da mettere la loro anima completamente a nudo di fronte al lettore.

Eppure, nonostante questo, la lettura non risulta mai (quasi mai in effetti, ma ci torniamo dopo) pesante, e la storia mantiene un’atmosfera onirica che conquista fin dalle prime parole e conduce il lettore per mano, con ferma delicatezza, senza mai lasciarlo solo in questo viaggio surreale e al contempo dal sapore molto realistico.


La trama è senza dubbio originale, nonostante sfrutti “il cliché” della vita dopo la morte, soprattutto perché affianchi a cose già note – come i prati pieni di fiori e vecchi amici che si ritrovano – altre invece più controverse, forse, ma anche per questo più verosimili.

In particolare, parlo di quella malinconia di cui soffrono le persone, soprattutto i primi tempi: è naturale sentire la mancanza di coloro che si è più amato in vita, ed è anche naturale che questa sofferenza diminuisca col tempo; non sparisce mai, quello no, ma i suoi angoli vengono smussati dal passare dei giorni e degli anni, e alla fine resta solo una malinconia di fondo, la consapevolezza di un’assenza che però non fa più male. Non troppo, almeno.


Mi è piaciuto molto l’escamotage di Alexander come motore di tutta la storia: è facile associare il suo riconoscere quali siano le anime con cui la sua padroncina potrebbe legare di più con un qualche “istinto animale” che in Paradiso si è semplicemente acuito a dismisura, e questo rende i vari incontri spontanei e naturali.

Vorrei però farti un piccolo appunto: proprio perché la presenza di Alexander è così importante nella storia, ho trovato strano che fosse l’unico animale del Paradiso, e mi sarebbe piaciuta l’introduzione di altri animali anche solo di sfuggita, messi in mezzo magari insieme ai loro padroni o padroncini in un girotondo tutti insieme con Nina e Alexander.

C’è da dire che forse, nella tua interpretazione, Alexander è l’unico animale ad aver avuto accesso al Paradiso perché al momento della morte era legato inscindibilmente a Nina. Potrebbe essere, in effetti, ma anche in questo caso quest’assenza sospetta – sempre secondo il mio modestissimo parere personale – non avrebbe dovuto passare sotto completo silenzio.
Avresti, per esempio, potuto fare in modo che Nina trovasse strano che non ci fossero altri amici animali… anche solo la considerazione di un momento, magari accompagnata da una di quelle ombre che durano solo una manciata di secondi prima di tornare da dove sono venute.


E adesso veniamo a quel “quasi” di cui ti ho parlato prima.
Sono stata a lungo indecisa se farti questo appunto qui o in “caratterizzazione dei personaggi”, ma dato che di base prendo in esame un discorso diretto ho optato per questa soluzione.

Quello di cui voglio parlarti è il lunghissimo monologo di quel militare senza nome cui Hughes si è rivolto in cerca di consigli su come trovare la pace.
Non fraintendermi: è un discorso davvero molto bello, e se l’avessi inserito nella narrazione indiretta non avrei avuto nulla da ridire… ma una volta che viene pronunciato da qualcuno le cose cambiano.

E questo lo sai bene, visto che tutti gli altri dialoghi sono altamente realistici e naturali, con una punteggiatura adeguata che sottolinea le pause e le intonazioni e qualche frase indiretta di tanto in tanto per spiegare le sfumature che altrimenti potrebbero sfuggire al lettore.

In questo caso, invece, hai lasciato una riflessione tanto profonda e complessa venir fuori dalla bocca di un uomo qualunque come se stesse leggendo un trattato di filosofia.
Sì, è vero che magari potrebbe essere una di quelle “anime antiche” a cui hai fatto cenno nella storia, ma in ogni caso è comunque un essere umano: questo suo parlare e parlare di argomenti così intensi senza mai un dubbio o un incertezza, senza mai nemmeno fare una pausa, o un colpo di tosse, o un qualunque gesto che possa aver interrotto il flusso costante di parole… l’ho trovato innaturale.

Innaturale e un po’ troppo pesante, a dire il vero: una riflessione difficile da “digerire” tutta insieme per il lettore, soprattutto considerando che il resto della storia si mantiene su un livello medio-alto ma sempre di immediata comprensione.

Comunque sia, come ti ho già detto, ho trovato la metafora della “grazia del mare” veramente molto bella, e mi è piaciuto moltissimo che tu l’abbia citata più volte dopo la sua comparsa, inserendola in vari punti della storia così da farla assimilare ben bene al lettore – cosa che ho apprezzato particolarmente perché appunto ad una prima lettura è difficile poterla comprendere in pieno.

Questa tecnica, alla fine, ti ha permesso di spianare la strada verso un finale forse un po’ malinconico, ma straordinariamente poetico… proprio come il mare.



Gradimento personale:
Di questa storia ho particolarmente apprezzato l’atmosfera ovattata e onirica che si respira in ogni frase, e che riesce senza apparente sforzo a farti estraniare dal mondo per catapultarti proprio lì, in quel luogo dove le anime buone trovano sempre la pace… anche se magari hanno bisogno di una piccola spintarella, prima di poterci riuscire.






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Tratto da "Cara Mathilda" di Susanna Tamaro

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08/09/2018 22:49
 
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The boy and the beast di Fuuma


Valutazione


Titolo:
Ormai conosci la mia ritrosia per i titoli inglesi, ma anche io ho le mie eccezioni… e questo, con il suo evidente richiamo al celebre “The beauty and the beast”, ci rientra di diritto.
È un titolo semplice ma pregno di significato, evoca un’atmosfera favolistica che ritroviamo in tutta la parte del flash-back e sicuramente attira l’attenzione del lettore, stuzzicando la sua curiosità.



Caratterizzazione dei personaggi:
Per potermi spiegare al meglio, ho deciso di suddividere la caratterizzazione tra passato e presente, oltre che per personaggi, quindi tratterò prima tutta la parte flash-back e poi il resto.


Partiamo quindi dall’inizio, col piccolo Phil, e lo conosciamo mentre tutto orgoglioso dice il suo primo “non” senza neppure comprenderne fino in fondo il significato, forse.
Mi è piaciuta questa scelta perché, oltre che molto carina dal punto di vista stilistico, è anche realmente plausibile: un bambino pende dalle labbra dei genitori, e se suo padre ripete “non” ad ogni piè sospinto non c’è da meravigliarsi che Philip assimili proprio quella parola per prima, tra tutte le altre.

Senza contare che il fatto che “madre” e “padre” siano venuti dopo insinua anche molti dubbi su quanto scarso potesse essere il livello di affettività presente in famiglia.
Non che Philip venisse fisicamente maltrattato, ovviamente, ma già in quel semplice “non” è presente un velo di malinconia che lo seguirà ovunque, anche da grande.

Onestamente però mi fa un po’ strano immaginarmi Philip come un bambino così precoce e intelligente come l’hai descritto tu. Non che sia uno stupido, assolutamente, ma nel film lo abbiamo conosciuto come un giovane uomo con milioni di buone qualità, certo, ma i suoi continui fallimenti per il dramma che aveva messo in scena non ne danno l’idea di qualcuno particolarmente brillante.

Ma questa ovviamente è solo una mia idea, può benissimo essere che Phil è davvero super intelligente e ha avuto solo sfortuna in quel campo, oppure che è “nella media” ma da piccolo aveva così tanta voglia di compiacere i genitori da sforzarsi all’inverosimile per essere “la piccola, perfetta copia di suo padre”, come tutti si aspettavano da lui.
Sì, forse quest’ultima opzione è la più plausibile (me la suono e me la canto, vabbè).

Invece, quello che è certo – o almeno certo per me, e immagino anche per te – è che Philip è sempre stato attratto dall’ignoto, da quel “salto nel buio” per scoprire cose nuove… e soprattutto da tutto ciò che gli potesse dare anche solo una parvenza di libertà dalla gabbia dorata in cui era rinchiuso, per quanto effimera potesse essere.

Per questo, trovo assolutamente perfetto un piccolo Phil che prende di nascosto la bacchetta di suo nonno e si lascia vincere dalla curiosità, uscendo ad esplorare il bosco.

Eppure, per quanto curioso e smanioso di esplorare, Philip è solo un bambino, e ho apprezzato moltissimo che tu abbia sottolineato l’inquietudine che strisciava in sottofondo… e anche che usasse la bacchetta a mo’ di spada come amuleto contro la paura: dannatamente tenero e anche molto verosimile.

Come verosimile è, a mio modesto parere, il suo scoppiare a piangere all’apparire della “bestia”, nonostante la regola di suo padre.
Indicativo a tal proposito che, nonostante il terrore – perché di sicuro era terrorizzato, povero piccolo – comunque sia nella sua mente trova ancora un angolino da dedicare al padre e ai suoi insegnamenti: anche da cose come queste si vede quanto a fondo, nonostante la giovanissima età, erano già penetrate le regole e i pregiudizi della sua famiglia, in primis proprio di suo padre.

Che poi i pregiudizi ha saputo per fortuna metterli da parte, probabilmente anche proprio grazie a P.T., ma è facile immaginare che abbiano condizionato a lungo la sua esistenza (esattamente come vediamo nel canon).

E poi, devo dirtelo, ho adorato il punto in cui immediatamente dopo il pianto disperato Philip “dovette coprirsi la bocca con entrambe le mani per ricacciare indietro la risata”: può sembrare folle dall’esterno, ma è indubbio che i bambini – come dici tu stessa nella storia – sono un agglomerato di emozioni intense, e riescono a passare dalla disperazione più nera al divertimento in un battito di ciglia.
Soprattutto se si trovano davanti una “bestia feroce” che cade goffamente a terra, perdendo di colpo tutta l’aria minacciosa di poco prima.

Altrettanto verosimile (ma stavolta mi ha fatto male al cuore leggerlo) che Philip riesca solo a dire alla “bestia” di non piangere perché “non c’era conforto in quelle parole, ma era tutto quello a cui era abituato”… ma poi – e qui viene fuori tutta la bontà d’animo di Philip – continua a parlarle e a consolarla, facendosi forza per farne anche al suo nuovo amico peloso. Adorabile. Adorabile e basta.

Mi è anche piaciuto che, una volta deciso che “dato che non vuoi mangiarmi, possiamo diventare amici”, Philip si sia rassettato ben bene così da potersi presentare come si conviene a un Carlyle – come gli ha insegnato suo padre.

Quindi, senza più traccia alcuna di paura, si arrampica tra le sue zampe come se fosse un peluche troppo cresciuto, e continua quel dialogo a senso unico che in realtà a senso unico non è, perché a modo suo la volverina risponde sempre e Philip riesce a capirla – e se non capisce finge di farlo, proprio come se stesse giocando con un cagnolino a “facciamo finta che”.

Altra noticina realistica e strappalacrime, il pensiero fugace che attraversa la mente di Philip quando sente la “risata” del suo amico, paragonandola a quella dei bambini che vedeva a volte da lontano, che suo padre gli aveva insegnato a ignorare perché inferiori… che però Philip invidiava per quella loro spensieratezza che a lui invece era sempre stata negata.

L’immagine di Philip che si addormenta “addossandosi completamente a quella bestia gentile” è davvero dolcissima e naturale: la sensazione di fiducia assoluta che emana un bambino quando si addormenta tra le tue braccia non si può descrivere a parole… ma qui ci sei andata molto vicina.


Due parole sul padre di Philip: pur non comparendo mai direttamente, la sua è una presenza costante in tutto il flash-back. Costante e ben strutturata, perché attraverso le sue regole e credenze – che Phil ha diligentemente assimilato – ritroviamo un uomo aristocratico e superbo, consapevole di essere “una spanna sopra agli altri” e fiero di sottolinearlo ogni volta che ne capita l’occasione.

Un uomo che, invece di “perdere tempo” a giocare con il proprio bambino, gli insegna invece a “comportarsi come si deve”, non tanto per essere fiero di lui quando per non esserne deluso.

Può sembrare una differenza sottile, eppure c’è ed è lampante: ogni volta che Philip richiama le regole del padre o le infrange, nella sua testa non c’è il pensiero di farlo felice o al contrario di deluderlo, ma solo la consapevolezza che ubbidire è un suo preciso obbligo, e la conseguente paura del padre quando non rispetta tale imposizione.


E infine veniamo a P.T. versione wolverine volverina.
Pur non avendo ovviamente la possibilità di parlare nel senso stretto del termine, sei riuscita a renderlo altamente espressivo attraverso gli occhi e quei versi ora rauchi e tristi, ora così simili a una risata.

Sì, è vero che è necessaria la spiegazione finale per capire appieno questi indizi, ma riguardandolo a posteriori direi che è ben descritta la sua angoscia per quella trasformazione a dir poco inaspettata.

Mi è anche piaciuto il modo in cui riesca a calmarsi grazie a quel bambino sconosciuto che nonostante tutto riesce a vedere oltre la sua apparenza di “bestia”, trattandolo come un amico e non qualcuno da temere.

Infine, la delicatezza con cui trascina Philip fino ai gradini di casa e gli struscia il muso sulla guancia è probabilmente uno dei più famosi marchi di fabbrica di Phineas, secondo solo al suo amore per il freak… e per tutto ciò che va oltre le regole e la morale comuni.


Adesso, passiamo alla parte “presente” della storia.

Inizia con un dialogo tra Philip e Charles, e nelle parole che si scambiano – veloci, ironiche e talvolta pungenti – ho rivisto per filo e per segno i personaggi che abbiamo imparato ad amare in TGS: Charles, scontroso e sarcastico, e Philip che rinuncia alla propria cena tranquilla – o meglio, alla propria cena in generale – per cercare di smorzare la tensione del suo amico.

Emblematico quel “Solo un orso? Solo?” con cui Charles lo sfotte perché, in effetti, nessun adolescente con un senso del pericolo adeguato alla media direbbe “solo un orso” della bestia che passeggia allegramente nei giardini della sua scuola.
Nessun adolescente che non sia abituato alle pazze avventure in cui P.T. lo coinvolge una settimana sì e l’altra pure, probabilmente.

Oh, e c’è quel “Per te è Signorina Wheeler!” urlato sguaiatamente da Lettie dall’altra parte della sala che mi ha fatto morire dal ridere e che è così da lei da sentire la sua voce mentre la stavo leggendo.


E poi entra in scena Barnum, con gli occhi gonfi e arrossati, e ovviamente Philip si preoccupa. E, ovviamente, lui sdrammatizza con una battuta (“fortunatamente il rosso mi dona”… che faccia da schiaffi!).

Mi piace la reazione che a quel punto ha avuto Philip: sa che c’è qualcosa che non va ma non insiste per non essere invadente, preferendo aspettare che sia Barnum a parlargliene con i suoi tempi. Una delicatezza che rivela al tempo stesso tutta la sensibilità di Phil e tutto l’enorme affetto che prova per Barnum.

Più di tutto, però, mi è piaciuto quel “se proprio morissi dalla voglia di disobbedire, almeno fai attenzione”, perché in queste poche parole si vede sia la sincera preoccupazione per lui, che la consapevolezza che comunque sia, regole o non regole, P.T. Barnum farà sempre e comunque quello che gli pare.


Così come è assolutamente realistico, da parte sua, pensare che P.T. voglia cercare appositamente l’orso per poterlo ammaestrare. Folle, vero… ma è proprio quello a renderlo così plausibile, parlando di Barnum.


Davvero molto dolce e IC il modo in cui Anne cerca di rassicurare Philip che “se Barnum ha qualcosa in mente, sarai il primo da cui andrà a chiedere aiuto”, e anche e soprattutto il suo “affondare le unghie nella sua camicia, affinché ne sentisse la presenza” mentre cerca di consolarlo che, no, di sicuro Charity e Barnum non stanno parlando proprio di quello e sono loro ad aver capito male.
Una bugia bianca poco convinta e convincente, ma assolutamente realistica e in linea con il personaggio.

Proprio come la cocente delusione che nasce in Philip a quella scena, perché è vero che lui e P.T. non stanno insieme, ma è lui ad essere il suo confidente… lo era sempre stato, e ora Charity gli ha rubato anche quello – almeno dal suo punto di vista.
È ovvio che ci sia rimasto male, insomma, sarebbe stato strano il contrario!


Veniamo poi alla scena delle scale, e… niente, P.T. è un Idiota, con la “I” maiuscola.

Adorabile, eh, ma sempre di idiota si parla, perché nonostante sia parecchio intelligente ha il brutto vizio di pensare solo dopo aver agito, e si ritrova a fare cose folli come mettere in pericolo la vita di una delle persone a cui tiene di più solo perché non ha riflettuto che, magari, avrebbe potuto cercare un modo più consono di attirare la sua attenzione.

Ma vabbè, lui è fatto così… e Philip lo sa. Lo sa, lo capisce e lo perdona. Sempre.

… anche se una postilla acida ci sta, vista la delusione cocente ancora fresca, e a tal proposito quel “sei sicuro che non preferisci parlarne con Charity” l’ho trovato un po’ infantile, forse, ma assolutamente perfetto per quel preciso contesto.

Dopotutto, andiamo, chi non ha mai lanciato una frecciatina del genere in preda alla gelosia?


La reazione di Philip alla notizia che P.T. è un animagus è assolutamente stupenda e dannatamente realistica: oltre alla ovvia iniziale confusione, c’è quel moto di stizza per non averlo capito prima, per non aver collegato gli indizi alla consapevolezza assoluta che “se era impossibile, Barnum ci sarebbe riuscito”.
(Dio, ma quanto amore e devozione trasuda da questa singola frase?)

Dolcissima anche l’insistenza con cui P.T. lo rassicura sul fatto che è lui e lui soltanto quello a cui voleva rivelare il proprio segreto, che Charity l’ha visto per sbaglio e si è trovato costretto a parlarne con lei.

E poi, l’ultima parte… credimi, sto facendo uno sforzo sovraumano per riuscire a mettere insieme un giudizio che esuli da “ommioddio ma quanto sono belli insieme!”, ma non garantisco niente.

Scherzi a parte, ormai non so più in che salsa dirti che questi due li muovi a meraviglia, che se presi singolarmente rispecchiano alla perfezione il carattere che abbiamo conosciuto nel film, quando sono insieme le due perfezioni si elevano al quadrato, e ogni gesto, parola o pensiero risulta così naturale da sembrare quasi inevitabile.


Ultima menzione d’onore per:
«Innanzitutto, se l’avessi scelto io, sarei stato un –»
«Non dire drago.»
«…Ok.»
Tipico.

Poche parole in cui sei riuscita a riversare il fulcro di tutta la loro relazione, con P.T. che è adorabilmente folle e Philip che capisce le sue follie anche prima che lui stesso le abbia pensate – e che poi vi si ritroverà inevitabilmente coinvolto, perché in fondo sa anche che non può mai dirgli di no… e soprattutto non vuole.




Stile e trama:
Prima di cominciare, ti faccio notare un paio di errori che ho riscontrato nella storia:
- Dì, andare all’avventura con Barnum […] --> , con l’accento, significa “giorno”; l’imperativo di dire, quello che ti occorre in questo caso, è di’, con l’apostrofo.
- Il tentativo di castare un gratta&netta era fallito miseramente --> Non sono ancora certa se definirlo errore oppure no, ad ogni modo “castare” è un verbo piuttosto controverso da utilizzare in una storia scritta in italiano: ho trovato solo un paio di esempi che riportano questo verbo italianizzato dall’inglese “to cast”, ma sono tutti in ambito molto informale all’interno di dialoghi su videogiochi (anche se in effetti almeno uno si riferisce specificatamente ad un incantesimo); per il resto, in nessun dizionario che ho consultato ho trovato questo vocabolo.
Per questo ti consiglierei per una migliore fluidità di lettura di modificarlo con un sinonimo più standard come “provare” o simili… oppure potresti ovviare al problema con un semplice “Il suo tentativo di gratta&netta era fallito miseramente”.

Un ultimo piccolo, puntiglioso appunto tecnico: molti dei termini del mondo di Harry Potter inventati dalla Rowling vanno scritti con la maiuscola (come fa lei stessa nei romanzi): Babbani, Mezzosangue, Grifondoro (e tutte le Case), Prefetto ecc.
Forse sembrerà un’inezia, ma è comunque una delle regole del fandom e personalmente credo che una storia che rispetti anche questa parta di base con almeno un punto in più.


Detto questo, veniamo a noi.

Il tuo stile mi ha sempre affascinato, perché mantieni un livello sia stilistico che sintattico nella media e con un vocabolario quasi quotidiano, e poi di tanto in tanto inframmezzi il testo con piccole perle di pura poesia che, oltre a non stonare assolutamente nel contesto, arricchiscono la lettura rendendola ancora più piacevole.

Oltre a questo, ho particolarmente apprezzato il cambio stilistico che si avverte tra flash-back e presente.

Parlo soprattutto per quanto riguarda il flash-back, dove una sintassi più semplice e accorgimenti come “manine” o “boccuccia” o in generale termini che si usano prettamente per parlare di bambini, aiutano non poco il lettore a immergersi nella testa del piccolo Philip, a sentire sulle spalle il peso delle aspettative paterne e ad andare all’avventura insieme a lui, con la bacchetta del nonno usata alla stregua di un semplice bastoncino perché, in fondo, ai bambini non serve la vera magia per creare un mondo più magico, basta l’immaginazione.

In questo flash-back hai lasciato da parte tutto il sapere degli adulti per mostrare la storia con gli occhi di un bambino, ed era esattamente quello che io ricercavo in questo contest.


Ovviamente ho apprezzato anche la parte al presente, che differisce dall’altra non solo per lo stile più “adulto”, farcito di battute pungenti e riflessioni malinconiche, ma anche per la presenza di più personaggi, tutti trattati egregiamente.

Un altro punto che contraddistingue questa seconda parte è da riferirsi al gran numero di discorsi diretti: mentre nel flash-back abbiamo un solo “dialogo” a senso unico, qui i personaggi interagiscono spesso tra loro, e lo fanno – giustamente – con le parole, oltre che con le azioni.


A proposito del “dialogo a senso unico” tra il piccolo Philip e P.T. versione volverina, l’ho trovato veramente realistico e ben strutturato, e ho apprezzato l’escamotage delle intuizioni infantili di Philip per mandarlo avanti: ovviamente P.T. in quello stato non può rispondergli a parole, ma Philip usa la forza dell’immaginazione per non lasciarsi abbattere e continuare a fare la conoscenza con il suo nuovo amico peloso.


Tornando ad Hogwarts, mentre la parte al passato risulta più introspettiva e volta a studiare le reazioni di Philip in quella piccola, grande avventura, qui abbiamo un ritmo più veloce, che procede spedito tra dialoghi, dubbi e incidenti più o meno voluti, per poi arrivare dritto dritto a quel “mistero” che mistero in realtà tecnicamente non era.

Mi spiego meglio: Philip non ha mai messo in dubbio che l’animale da cui il preside li aveva messi in guardia fosse un orso vero, ma il lettore – a differenza sua – ha potuto raccogliere gli indizi dal titolo, dal flash-back e da quelle espressioni strane di P.T. messe ad hoc in punti strategici… e lui, il lettore, sì che si era insospettito, e si è ritrovato a sorridere nel trovarsi finalmente di fronte alla soluzione dell’enigma.


Prima di concludere, vorrei parlare un momento di una cosa che mi chiedo fin da quando ho letto che Philip, parlando di Anne, pensa che “lei avrebbe avuto i baci del ragazzo e i suoi abbracci, ma a lui, a Phillip, sarebbero rimasti i segreti e le confidenze”.

Da questa frase sembra quasi che P.T. e Charity abbiano una relazione, e anche se alla fine scopriamo che non è così resta comunque il fatto che P.T. e Philip sono solo amici – beh, più o meno.

E, ok, magari è un po’ OT, ma ho letto anche l’altra tua storia ambientata in questo universo e lì invece hanno una relazione – o almeno così pare – quindi mi chiedevo: le due storie sono scollegate, pur trovandosi nello stesso AU, oppure questa è una sorta di prequel dell’altra? O sono io a non aver capito niente e in realtà anche in questa storia stanno insieme ed è solo Philip a farsi un sacco di paturnie per niente?


E, soprattutto: Philip, tesoro… per quale dannatissimo motivo hai voltato la testa alla fine?
Dimmelo, perché!?

Ok, ok, giuro che mi riprendo… anche se è stata una bella delusione, eh.


Tornando seri, immaginare P.T. che si trasforma in una volverina, piccola, pelosa e dolcissima, è davvero IL fluff più estremo, e non mi stupisce che Philip si arrenda all’evidenza e ci caschi con tutte le scarpe.

In fondo, alla fine, quel segreto che aveva rischiato di dividerli adesso è diventato loro, qualcosa che li unisce ancora di più – come se ce ne fosse bisogno – e che probabilmente diventerà un ingrediente fondamentale per le loro prossime avventure.

Dopotutto, Philip e Phineas sono partners in crime, no?



Gradimento personale:
Credo di aver espresso il concetto abbastanza chiaramente, ormai, ma in ogni caso io ho amato alla follia questa tua storia: la parte flash-back per la tenerezza e la cura con cui hai saputo parlare di Philip bambino, quella al presente per l’estremo dosaggio di fangirlismo (?) che hai scatenato prima con P.T. che prende al volo Philip e lo stringe tra le braccia stile damigella in pericolo (pericolo causato proprio da lui, ma dettagli) e poi alla fine, con quella canzone sussurrata a fior di labbra che… no, non ce la faccio. Meglio chiudere qui.






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Tratto da "Cara Mathilda" di Susanna Tamaro

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08/09/2018 22:50
 
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Non tutti sanno di Rinalamisteriosa


Valutazione


Titolo:
Un titolo breve e sibillino che mira a stuzzicare la curiosità del lettore… riuscendoci egregiamente: fa davvero venire voglia di aprire la storia e scoprire, finalmente, cos’è quella cosa – o quelle cose, in questo caso – che “non tutti sanno”.



Caratterizzazione dei personaggi:
Anche in questo caso, per praticità, voglio suddividere la caratterizzazione tra Pichit “adulto” e Pichit bambino.


Partendo dall’inizio, nella prima parte della storia abbiamo una panoramica generale sul personaggio che già conosciamo: sappiamo che è allegro e amichevole, espansivo ai limiti dell’invadenza, affettuoso con gli amici e affabile con i fan… e basta.

Probabilmente non è così, ma ho avuto come la sensazione che stessi solo facendo una specie di riassunto della sua personalità già nota per poi passare alla parte principale della storia, quella ambientata nella sua infanzia.


Il Pichit bambino, come la sua versione più grande, è rispettoso e vivace, amante delle foto e sempre sorridente.

Ho apprezzato che tu abbia parlato della macchina fotografica prestatagli dai genitori, con la quale ha iniziato la sua “carriera” di fotografo: sappiamo che Pichit adora fotografare se stesso, gli amici o anche i luoghi, e mi piace pensare che tale passione possa essere nata in un contesto del genere.

Mi piace anche come hai sottolineato che, durante la sua malattia, il film Il Re e il Pattinatore “l’aveva affascinato davvero, più di un qualunque anime per bambini”: è una cosa abbastanza fuori dall’ordinario da stupire, ma allo stesso tempo è anche abbastanza frequente (capita più spesso di quanto si pensi che i bambini preferiscano film “da adulti” perché parlano di un argomento che amano in particolar modo piuttosto che dei semplici cartoni animati) da risultare facilmente credibile.

Il piccolo Pichit è quindi un bambino indipendente e determinato, tanto da imparare da solo a pattinare, e soprattutto è capace di sorridere in ogni momento, dopo ogni caduta… un dono raro, che – per fortuna – è riuscito a tenersi stretto anche negli anni a venire.


Una cosa che non mi ha convinto, tuttavia, è la quasi totale mancanza di introspezione della tua storia: vediamo Pichit sempre e solo dall’esterno, senza mai intuirne emozioni o pensieri, e questo ha fatto sì che la sua caratterizzazione rimanesse sempre a un livello superficiale.

Sì, capiamo abbastanza cose di lui, soprattutto di lui da bambino, da avere un buon quadro generale, ma è come se ti fossi limitata a grattare la superficie di questo personaggio, senza indagare in profondità.

Il che mi è sinceramente dispiaciuto, perché Pichit è un bellissimo personaggio che però rimane sempre ai margini nel fandom, e sarebbe stato davvero interessante potersi immergere per una volta nella sua mente.



Stile e trama:
La tua storia, più che un racconto, ha il sapore di un documentario. Uno di quelli che vengono realizzati talvolta sulle persone famose, anche gli sportivi, per raccontare – proprio come hai fatto tu – la storia di come sono diventati quella star che i fan amano.

Questo non è necessariamente un male, non fraintendermi, e infatti la lettura è molto piacevole, grazie anche a una sintassi molto fluida e ricca di coordinate che mantiene sempre un livello di comprensione immediato, così da consentire al lettore di non perdere mai il filo del discorso.


Anche il lessico utilizzato l’ho trovato adeguato al contesto: semplice ma non banale, si mantiene su un vocabolario di uso quotidiano che arriva dritto al punto, adatto a qualunque tipo di pubblico.


Invece una cosa che non mi è piaciuta particolarmente è la tendenza a sovrabbondare con le coordinate per asindeto: è vero che i periodi restano sempre facilmente comprensibili, ma è anche vero che talvolta risultano davvero troppo lunghi, e alla fine è come se per un momento mancasse virtualmente il fiato.

Ti riporto quello che è probabilmente l’esempio più emblematico della storia:
Quando i genitori lavoravano, il piccolo passava le giornate a casa dei suoi nonni, dove era abituato ad ascoltare le storie tramandate dagli avi, ad aiutare con le faccende domestiche, a recitare con loro le preghiere rivolte a Buddha, a studiare, dopo aver prima imparato a leggere e a scrivere, a giocare con uno skateboard artigianale, imparando così a mantenere l’equilibrio, e a sorridere spesso e volentieri. --> In un unico periodo ci sono ben dieci coordinate per asindeto… e secondo me sono davvero troppe.

Senza contare che ho notato svariate occasioni in cui alcune virgole potrebbero tranquillamente essere omesse.
Riferendomi al periodo di prima, per esempio, c’è quella subito dopo “lavoravano” (opinabile in quanto la frase già inizia con una congiunzione temporale) e quella subito dopo “studiare” (anche in questo caso, la presenza del “dopo” rende la virgola superflua).

Capisco che le virgole sono funzionali a creare degli incisi, ma secondo il mio modesto parere eccedere con questo artificio rallenta la lettura.

Non eccessivamente, bada bene, ma sono comunque “stonature” che si potrebbero evitare senza sforzo.


Per il resto, mi è piaciuto l’excursus sull’infanzia di Pichit, in particolare i due aneddoti della gita e della malattia.

Il primo mi ha proposto un piccolo Pichit che esplora entusiasta la città, immortalando ogni particolare in foto su foto per non rischiare di perdersi nemmeno un pezzettino di quell’esperienza… e oltre che essere perfettamente compatibile col suo personaggio, è davvero un’immagine tenerissima.

Il secondo, invece, è quello più importante di tutti, ai fini della storia. Quello da cui ha avuto inizio, tutto.
Ne ho già parlato nel punto precedente, quindi mi limiterò a dire che ho trovato questo stratagemma davvero astuto e intrigante, per “giustificare” la nascita dell’amore per il pattinaggio in un paese dove tale sport non è praticato quasi per niente: sarebbe stato un po’ forzato farlo assistere a un’esibizione “vera”, e anche se avesse visto per caso qualcuno che praticava questo sport (non è come il calcio o il basket che puoi vedere anche nei campetti a bordo strada), mentre è altamente plausibile che un bambino malato passi il suo tempo a guardare la TV, e per caso incroci un film che parli di pattinaggio.


Ma, forse, ciò che mi ha maggiormente colpito della tua storia è la cura dei dettagli che hai messo nella descrizione di luoghi, usi e costumi tailandesi: in ogni singola frase si avverte un attento lavoro di ricerca e un profondo amore per questa terra meravigliosa, e una passione del genere aggiunge sempre quel “qualcosa in più” ad una storia, appassionando il lettore di riflesso.



Gradimento personale:
La tua è stata una storia breve ma molto piacevole da leggere, e anche se avrei preferito una caratterizzazione più approfondita devo ammettere che è stato comunque molto interessante trovarmi a fare un tuffo nel passato di Pichit e “ascoltare” la tua teoria su come sia nata la sua enorme passione per il pattinaggio.






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08/09/2018 22:51
 
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E niente, abbiamo finito.

Mi sono voluta ritagliare questo spazietto per potervi ringraziare infinitamente sia per le vostre bellissime storie, con cui abbiamo festeggiato insieme uno degli avvenimenti più importanti della mia vita, sia per la pazienza con cui avete atteso queste benedette valutazioni.

In tutta onestà, spero proprio che ne sia valsa la pena... ma incrocio le dita e mi rimetto al vostro giudizio.

Quindi, a voi la parola.

A presto!
rhys89

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09/09/2018 09:45
 
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Re:
rhys89, 08/09/2018 22.49:

Your Angel in Call di Laodamia94 (Manto)


Valutazione


Titolo:
Tendenzialmente preferisco i titoli in italiano, ma una delle poche eccezioni che apprezzo davvero è quella delle citazioni di canzoni significative per la storia, come il tuo caso.
Premesso questo, il titolo è molto dolce ed evocativo, e credo che rispetti alla perfezione sia il tema che l’atmosfera generale della tua storia.



Caratterizzazione dei personaggi:
Sia Hughes che Nina sono protagonisti di uguale importanza, nella tua storia, ma dal momento che è la bimba ad entrare in scena per prima comincerò col parlare di lei.


Mi piace come hai saputo catturare anche le più piccole sfumature dei suoi pensieri e comportamenti, perché alla fine sono quelle che fanno la differenza: non ti sei limitata a dire che Nina era una bimba felice, ma l’hai dimostrato con le sue risate, e le corse sfrenate con Alexander, e quell’immensa gioia di vivere che traspare da ogni singola cosa che faccia e la porta a conoscere sempre più cose, e luoghi, e persone.

Sì, Nina è una bambina allegra e vivace esattamente come l’abbiamo conosciuta nel fandom, sempre felice di fare nuove conoscenze e che guarda al mondo con fiducia e speranza.

Tuttavia la sua felicità è oscurata talvolta da un’ombra che la piccola non comprende… e anche questa scelta l’ho trovata particolarmente azzeccata: la storia di Nina è straziante, e sicuramente uno degli argomenti più controversi di tutto il manga/anime. Oltre che difficilissimo, sarebbe stato forse anche fuori luogo parlare di una bambina che ricorda un dolore così grande, soprattutto considerato il posto in cui la storia è ambientata.

Quindi, sì, forse è stata una scelta “facile” quella di farle dimenticare i dettagli della sua morte, ma più di tutto è stata una scelta ben ponderata che personalmente condivido in pieno; soprattutto, trovo molto realistico questo “rumore di fondo” che Nina avverte di tanto in tanto, come un qualcosa che spicca per la sua assenza e che le adombra il viso, seppur per pochi secondi.

Lo apprezzo perché credo che un trauma così grande abbia sicuramente avuto dei riverberi anche a livello inconscio, e pur cancellato dalla memoria “da una mano pietosa” è ovvio che non sia sparito nel nulla.

Il suo incontro con la madre è molto toccante, e ho trovato la reazione di Nina molto verosimile: ha capito che le mancava qualcosa – qualcuno – solo quando se l’è trovata di fronte, ed è assolutamente naturale che sia rimasta travolta da quei ricordi improvvisi di tristezza e solitudine… e anche che si sia fiondata tra le braccia della sua mamma, lasciandosi coccolare e proteggere da quella verità difficile da affrontare.
Difficile, ma non impossibile: ormai il peggio è passato, e il passato non può più farle male… non lì.
Ormai non è più sola.


La madre di Nina è un personaggio perlopiù sconosciuto di cui personalmente ho pochissimi ricordi molto frammentati (e legati perlopiù alla sua trasformazione in chimera), ma tra questi c’è la vivida certezza che fosse una madre buona e affettuosa.

Questa immagine di lei l’ho ritrovata chiaramente anche nella tua storia, sia nella tenerezza di quel primo incontro che, più tardi, nelle parole che dice a Hughes; quando gli parla del padre di Nina, e commenta che la piccola è troppo pura per odiare, e che” voleva tanto bene a quel mostro, e lui l’ha ripagata in questo modo”.

Quest’ultima frase specialmente credo sia molto azzeccata: è vero che in Paradiso l’odio non dovrebbe esistere, ma al cuore non si comanda – figuriamoci al cuore di mamma – e il disprezzo che si avverte in quelle parole fintamente pacate è quanto di più naturale possa esserci nell’animo umano.


Hughes è secondo me uno di quei personaggi fondamentali cui però non è mai stato dato spazio “sotto i riflettori”: qualcuno che agisce quasi nell’ombra, ai margini dell’azione, ma da cui l’azione stessa è influenzata più di quanto si possa immaginare.

Tutto questo per dire che mi piace averlo visto protagonista, per una volta, e mi piace soprattutto che tu abbia reso giustizia alla sua complessa caratterizzazione, ricca di innumerevoli sfumature.

Innanzitutto, vediamo che nonostante si trovi in Paradiso Hughes non ha ancora raggiunto la pace, non davvero, e questo lo trovo particolarmente calzante: la sua è stata una morte improvvisa e non era assolutamente preparato a perdere i suoi cari… non lo si è mai, vero, ma a maggior ragione quando la loro assenza ti colpisce senza preavviso – anche se in questo caso è stato lui a lasciarli, in un certo senso.

È ovvio quindi che senta la loro mancanza tanto da star male anche dove il male in teoria non dovrebbe esistere: sì, Hughes durante il giorno è felice e sa che quello è un bellissimo posto in cui trascorrere il resto dell’esistenza… ma la notte la malinconia arriva anche da lui.
La notte non può fare a meno di pensare a quelli che sono “rimasti indietro”, ed è un dolore dolce e straziante al tempo stesso. Tanto straziante che Hughes inizia a cercare un modo per guarire… per trovare la pace.

Emblematico a questo proposito il suo dialogo con il militare senza nome, che per primo gli parla della “grazia del mare”: lui lo aiuta ad aprire il cuore e la mente a risposte che ancora Huges non comprende del tutto, ma in cui si ritrova a sperare, aspettando giorno dopo giorno che quel dolore che gli attanaglia il cuore finalmente riesca a fiorire.

Piccola parentesi: ho amato alla follia quel piccolo cenno a Roy tra le righe nel “anche io una volta ho ascoltato, aiutato e sorretto un amico”, perché il loro rapporto era davvero molto stretto ed è bello e naturale che ripensi anche a lui ogni tanto, non solo alla moglie e alla figlia.

Passando al suo incontro con Nina, ho davvero adorato la scena in cui “il mondo si ferma, anche solo per un istante”, e Hughes vede il lei il viso della sua piccola Elicia. L’ho trovato molto commovente e dannatamente realistico, perché Hughes è un padre cui la figlia manca tanto da star male, e credo sia naturale che riveda il suo viso ovunque, tanto più in quello di una bambina che ha più o meno la sua età.

Mi piace anche che tu abbia costruito il suo rapporto con Nina incentrandolo inizialmente su questo punto, per poi farlo evolvere pian piano: se inizialmente si era affezionato a lei perché gli ricordava sua figlia, col succedersi dei giorni – mesi? – smette di sovrapporre le due immagini e inizia ad amarla sinceramente come persona a sé stante… quasi come una seconda figlia, da guidare, coccolare e proteggere da quel passato oscuro che non ricorda ma che comunque la fa soffrire.


Dall’altra parte, è anche naturale che Nina veda in quel signore dal cuore grande un qualcuno che non sa descrivere, qualcosa che le manca a livello inconscio ma cui non riesce a dare un nome: come ha detto anche sua madre, Nina voleva un gran bene a suo padre e una cosa del genere lascia il segno, nel bene e nel male; così come quei sentimenti negativi, anche il ricordo di questo profondo amore alberga nel suo inconscio, macchiando i suoi sorrisi di malinconia e spingendola a cercare ancora e ancora, proprio come cercava senza saperlo la figura di sua madre.

Lei è riuscita a trovarla davvero, mentre mi piace l’idea che in Hughes alla fine abbia trovato non tanto un riflesso di quella figura che non ricorda più, ma un vero e proprio padre da amare, ammirare… e “perseguitare” con insistenti richieste di attenzioni e di “ancora una storia, per favore!”


Non che a Hughes tutto questo dispiaccia, beninteso, perché grazie a quella bambina è riuscito a ritornare il vero se stesso, e così come era in vita anche qui ha trovato una ragione più grande per lottare e andare avanti: fino a che ricercava la pace per un ritorno personale non era riuscito a fare progressi, ma ora… ora deve essere forte per qualcun altro che da solo non ce la farebbe, ed è in momenti come questi che persone come lui danno il meglio di sé, ergendosi sulle difficoltà non per se stessi ma per essere di supporto agli altri.


Ultimo d’ordine, ma non d’importanza, una speciale menzione va al dolcissimo Alexander: dopotutto è il migliore amico di Nina, e rientra di diritto tra i personaggi principali della storia.

Non c’è che dire, hai saputo ricreare alla perfezione il suo atteggiamento affettuoso e fedele, e la cosa che più ho apprezzato è che il tuo narratore non si è mai addentrato troppo a fondo nella sua mentalità.

Intendo dire che mi è piaciuto che tu non abbia fatto “parlare” direttamente lui tramite pensieri diretti, – va bene che siamo in Paradiso, ma la storia ha comunque un certo realismo che sarebbe stato intaccato negativamente da una cosa del genere – preferendo circonlocuzioni del tipo “sembrava volesse dire” o “come se pensasse”: così facendo dai un’idea ben precisa di lui, ma lo fai interpretando le sue azioni e mantenendo quindi intatta la verosimiglianza della storia.



Stile e trama:
Sebbene io in linea generale preferisca il narratore interno e soggettivo, in questo caso quella del narratore onnisciente è stata quasi una scelta obbligata: in questa storia hai trattato molte tematiche importanti, alcune anche parecchio delicate, e il narratore onnisciente ti ha permesso di mantenere un livello stilistico elevato sia dal punto di vista grammaticale che sintattico, utilizzando vocaboli e periodi anche complessi che però non hanno assolutamente intaccato la verosimiglianza della caratterizzazione dei personaggi.

Mi riferisco in particolare alla piccola Nina: è vero che hai usato “le parole dei grandi” per descrivere pensieri e sentimenti di una bambina, ma l’hai fatto dando voce a un personaggio esterno che la conosce alla perfezione, e non alla bambina stessa.
Forse sembra un’inezia, ma secondo me invece questa precisazione fa una gran differenza per la fluidità del racconto.


La tua è una storia estremamente introspettiva, che sviscera pensieri, desideri e paure – appena accennate, ma sempre di paure si tratta – dei personaggi così da mettere la loro anima completamente a nudo di fronte al lettore.

Eppure, nonostante questo, la lettura non risulta mai (quasi mai in effetti, ma ci torniamo dopo) pesante, e la storia mantiene un’atmosfera onirica che conquista fin dalle prime parole e conduce il lettore per mano, con ferma delicatezza, senza mai lasciarlo solo in questo viaggio surreale e al contempo dal sapore molto realistico.


La trama è senza dubbio originale, nonostante sfrutti “il cliché” della vita dopo la morte, soprattutto perché affianchi a cose già note – come i prati pieni di fiori e vecchi amici che si ritrovano – altre invece più controverse, forse, ma anche per questo più verosimili.

In particolare, parlo di quella malinconia di cui soffrono le persone, soprattutto i primi tempi: è naturale sentire la mancanza di coloro che si è più amato in vita, ed è anche naturale che questa sofferenza diminuisca col tempo; non sparisce mai, quello no, ma i suoi angoli vengono smussati dal passare dei giorni e degli anni, e alla fine resta solo una malinconia di fondo, la consapevolezza di un’assenza che però non fa più male. Non troppo, almeno.


Mi è piaciuto molto l’escamotage di Alexander come motore di tutta la storia: è facile associare il suo riconoscere quali siano le anime con cui la sua padroncina potrebbe legare di più con un qualche “istinto animale” che in Paradiso si è semplicemente acuito a dismisura, e questo rende i vari incontri spontanei e naturali.

Vorrei però farti un piccolo appunto: proprio perché la presenza di Alexander è così importante nella storia, ho trovato strano che fosse l’unico animale del Paradiso, e mi sarebbe piaciuta l’introduzione di altri animali anche solo di sfuggita, messi in mezzo magari insieme ai loro padroni o padroncini in un girotondo tutti insieme con Nina e Alexander.

C’è da dire che forse, nella tua interpretazione, Alexander è l’unico animale ad aver avuto accesso al Paradiso perché al momento della morte era legato inscindibilmente a Nina. Potrebbe essere, in effetti, ma anche in questo caso quest’assenza sospetta – sempre secondo il mio modestissimo parere personale – non avrebbe dovuto passare sotto completo silenzio.
Avresti, per esempio, potuto fare in modo che Nina trovasse strano che non ci fossero altri amici animali… anche solo la considerazione di un momento, magari accompagnata da una di quelle ombre che durano solo una manciata di secondi prima di tornare da dove sono venute.


E adesso veniamo a quel “quasi” di cui ti ho parlato prima.
Sono stata a lungo indecisa se farti questo appunto qui o in “caratterizzazione dei personaggi”, ma dato che di base prendo in esame un discorso diretto ho optato per questa soluzione.

Quello di cui voglio parlarti è il lunghissimo monologo di quel militare senza nome cui Hughes si è rivolto in cerca di consigli su come trovare la pace.
Non fraintendermi: è un discorso davvero molto bello, e se l’avessi inserito nella narrazione indiretta non avrei avuto nulla da ridire… ma una volta che viene pronunciato da qualcuno le cose cambiano.

E questo lo sai bene, visto che tutti gli altri dialoghi sono altamente realistici e naturali, con una punteggiatura adeguata che sottolinea le pause e le intonazioni e qualche frase indiretta di tanto in tanto per spiegare le sfumature che altrimenti potrebbero sfuggire al lettore.

In questo caso, invece, hai lasciato una riflessione tanto profonda e complessa venir fuori dalla bocca di un uomo qualunque come se stesse leggendo un trattato di filosofia.
Sì, è vero che magari potrebbe essere una di quelle “anime antiche” a cui hai fatto cenno nella storia, ma in ogni caso è comunque un essere umano: questo suo parlare e parlare di argomenti così intensi senza mai un dubbio o un incertezza, senza mai nemmeno fare una pausa, o un colpo di tosse, o un qualunque gesto che possa aver interrotto il flusso costante di parole… l’ho trovato innaturale.

Innaturale e un po’ troppo pesante, a dire il vero: una riflessione difficile da “digerire” tutta insieme per il lettore, soprattutto considerando che il resto della storia si mantiene su un livello medio-alto ma sempre di immediata comprensione.

Comunque sia, come ti ho già detto, ho trovato la metafora della “grazia del mare” veramente molto bella, e mi è piaciuto moltissimo che tu l’abbia citata più volte dopo la sua comparsa, inserendola in vari punti della storia così da farla assimilare ben bene al lettore – cosa che ho apprezzato particolarmente perché appunto ad una prima lettura è difficile poterla comprendere in pieno.

Questa tecnica, alla fine, ti ha permesso di spianare la strada verso un finale forse un po’ malinconico, ma straordinariamente poetico… proprio come il mare.



Gradimento personale:
Di questa storia ho particolarmente apprezzato l’atmosfera ovattata e onirica che si respira in ogni frase, e che riesce senza apparente sforzo a farti estraniare dal mondo per catapultarti proprio lì, in quel luogo dove le anime buone trovano sempre la pace… anche se magari hanno bisogno di una piccola spintarella, prima di poterci riuscire.









Credo che questa sia una delle più splendide valutazioni che abbia mai ricevuto; è completa, sentita, lucida... tanto che non ho davvero nulla da aggiungere, hai messo in luce ogni punto fino a fondo e niente, non posso non ringraziarti per il grande e intenso lavoro che hai speso per noi; nel bando c'è scritto che l'unico premio sia la valutazione, e per me è già abbastanza.
Vorrei tanto averla come recensione alla storia, se è possibile! Mi farebbe un piacere immenso ^^
Grazie per l'opportunità che mi hai concesso: era da tempo che volevo scrivere di Nina e Hughes, e anche tu me lo hai permesso **
Un abbraccio commosso,
Laodamia [SM=g27998]
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09/09/2018 12:40
 
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Re: Re:
Laodamia94, 09/09/2018 09.45:



Credo che questa sia una delle più splendide valutazioni che abbia mai ricevuto; è completa, sentita, lucida... tanto che non ho davvero nulla da aggiungere, hai messo in luce ogni punto fino a fondo e niente, non posso non ringraziarti per il grande e intenso lavoro che hai speso per noi; nel bando c'è scritto che l'unico premio sia la valutazione, e per me è già abbastanza.
Vorrei tanto averla come recensione alla storia, se è possibile! Mi farebbe un piacere immenso ^^
Grazie per l'opportunità che mi hai concesso: era da tempo che volevo scrivere di Nina e Hughes, e anche tu me lo hai permesso **
Un abbraccio commosso,
Laodamia [SM=g27998]



Grazie per aver risposto ^^

Sono davvero felice che la valutazione ti sia piaciuta, anche se hai dovuto aspettare un bel po' per poterla leggere ^^"

Lascerò subito la valutazione come recensione alla storia, e grazie a te per aver partecipato: non avevo mai letto nulla su Nina e Hughes, e probabilmente - conoscendomi - neppure l'avrei cercata se fosse dipeso da me... e invece sono felice che tu mi abbia dato questa possibilità.

Un abbraccio e a presto!
rhys89

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Re:
rhys89, 08/09/2018 22.49:

The boy and the beast di Fuuma





Intanto vorrei iniziare con il ringraziarti per la valutazione e per l'impegno che ci metti sempre. Ho partecipato a due tuoi contest ed in ognuno di essi ho apprezzato il fatto che tuti prenda il tempo che ti serve per poter analizzare ogni storia quanto più dettagliatamente possibile. Sarà una cosa scontata dato che si tratta di un contest, ma non lo è.
Ma veniamo alla mia valutazione - e pure qui i ringraziamenti si sprecano.
Intanto:


Onestamente però mi fa un po’ strano immaginarmi Philip come un bambino così precoce e intelligente come l’hai descritto tu. Non che sia uno stupido, assolutamente, ma nel film lo abbiamo conosciuto come un giovane uomo con milioni di buone qualità, certo, ma i suoi continui fallimenti per il dramma che aveva messo in scena non ne danno l’idea di qualcuno particolarmente brillante.

Ma questa ovviamente è solo una mia idea, può benissimo essere che Phil è davvero super intelligente e ha avuto solo sfortuna in quel campo, oppure che è “nella media” ma da piccolo aveva così tanta voglia di compiacere i genitori da sforzarsi all’inverosimile per essere “la piccola, perfetta copia di suo padre”, come tutti si aspettavano da lui.
Sì, forse quest’ultima opzione è la più plausibile (me la suono e me la canto, vabbè).



Mi piace perchè sì, hai fatto tutto da sola e sì, non è Phillip ad essere particolarmente sveglio (poverino, non è stupido, ma non credo abbia capacità intellettuali oltre la media) è semplicemente devoto e molto ligio al proprio dovere. Lui non è il bambino che capisce tutta la lezione al volo, ma quello che studia chino sui libri e raggiunge comunque buoni risultati... poi cresce, guarisce e diventa un alcolizzato. XD


Stile e trama:
Prima di cominciare, ti faccio notare un paio di errori che ho riscontrato nella storia:



Grazie per le correzioni che sto già risistemando nella storia.
Per il verbo "castare"... ahahahah... ah... fuck. Me l'ha fatto notare anche qualcun altro - ma ormai avevo consegnato la fic, quindi volevo aspettare la fine del contest, prima di modificare. La mia conoscenza di HP viene prima dalle land in cui ruolavo e poi dai film, e sì, quando in una role scrivi "castare" (esattamente da to cast) significa "fare un incantesimo/magia". Mi sfugge spesso, senza che manco me ne accorga e mi frega anche il fatto che in italiano non ci sia un equivalente decente, però giuro che proverò a stare più attenta in futuro XD

E per i termini potteriani... sono stupida. Mi sono SFORZATA di metterli tutti in minuscolo perché tendo a mettere la maiuscola in troppe parole che non dovrebbero averla e per una volta era giusto... oww T_T
Comunque ho corretto anche quello, grazie.


Da questa frase sembra quasi che P.T. e Charity abbiano una relazione, e anche se alla fine scopriamo che non è così resta comunque il fatto che P.T. e Philip sono solo amici – beh, più o meno.

E, ok, magari è un po’ OT, ma ho letto anche l’altra tua storia ambientata in questo universo e lì invece hanno una relazione – o almeno così pare – quindi mi chiedevo: le due storie sono scollegate, pur trovandosi nello stesso AU, oppure questa è una sorta di prequel dell’altra? O sono io a non aver capito niente e in realtà anche in questa storia stanno insieme ed è solo Philip a farsi un sacco di paturnie per niente?



Yup prequel!
All'inizio ovviamente ero partita con tutt'altra idea, poi, al solito, i piani sono cambiati in corso d'opera. Se entri nel link della serie, l'ho inserita per prima, perché aveva più senso fosse precedente a "It's like hanging out...". Volevo anche inserire la numerazione nel titolo, ma col fatto che è probabile ne scriva un'altra, aspetto di vedere dove infilare la prossima XD

Grazie ancora per la tua valutazione, l'ho davvero molto apprezzata. (e sono felice di sapere che la caratterizzazione dei pg sia stata buona e pure quella dei pg secondari ç_ç)
Ovviamente, appena puoi, mi piacerebbe averla come recensione!
[SM=g27998]
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09/09/2018 21:25
 
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Re: Re:
Fuuma, 09/09/2018 13.56:



Intanto vorrei iniziare con il ringraziarti per la valutazione e per l'impegno che ci metti sempre. Ho partecipato a due tuoi contest ed in ognuno di essi ho apprezzato il fatto che tuti prenda il tempo che ti serve per poter analizzare ogni storia quanto più dettagliatamente possibile. Sarà una cosa scontata dato che si tratta di un contest, ma non lo è.
Ma veniamo alla mia valutazione - e pure qui i ringraziamenti si sprecano.


Mi piace perchè sì, hai fatto tutto da sola e sì, non è Phillip ad essere particolarmente sveglio (poverino, non è stupido, ma non credo abbia capacità intellettuali oltre la media) è semplicemente devoto e molto ligio al proprio dovere. Lui non è il bambino che capisce tutta la lezione al volo, ma quello che studia chino sui libri e raggiunge comunque buoni risultati... poi cresce, guarisce e diventa un alcolizzato. XD


Grazie per le correzioni che sto già risistemando nella storia.
Per il verbo "castare"... ahahahah... ah... fuck. Me l'ha fatto notare anche qualcun altro - ma ormai avevo consegnato la fic, quindi volevo aspettare la fine del contest, prima di modificare. La mia conoscenza di HP viene prima dalle land in cui ruolavo e poi dai film, e sì, quando in una role scrivi "castare" (esattamente da to cast) significa "fare un incantesimo/magia". Mi sfugge spesso, senza che manco me ne accorga e mi frega anche il fatto che in italiano non ci sia un equivalente decente, però giuro che proverò a stare più attenta in futuro XD

E per i termini potteriani... sono stupida. Mi sono SFORZATA di metterli tutti in minuscolo perché tendo a mettere la maiuscola in troppe parole che non dovrebbero averla e per una volta era giusto... oww T_T
Comunque ho corretto anche quello, grazie.




Grazie per aver risposto ^^

Mi fa davvero piacere che tu abbia apprezzato la valutazione... sì, io preferisco prendermi magari più tempo di quello che mi spetterebbe e darvi delle valutazioni che soddisferebbero me per prima, se le ricevessi, piuttosto che farvi aspettare di meno ma con dei giudizi poco approfonditi.
E, davvero, sapere che anche qualcun altro condivida questo pensiero mi fa sentire meno sola ^^"

Grazie anche per aver partecipato - le tue barlyle sono sempre una gioia da leggere! - e per aver risposto al mio dubbio amletico sulla faccenda Charity/P.T./Philip: giuro, ho dovuto scrivertelo nella valutazione perché stavo uscendo di testa xD

Inserirò subito la valutazione come recensione [SM=g27988]

A presto!
rhys89
[Modificato da rhys89 09/09/2018 21:37]

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09/09/2018 21:47
 
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Ciao!
Grazie per la valutazione, sono davvero contenta che la storia ti sia piaciuta :)
Per quanto mi riguarda, aspettare un po' di tempo in più per ricevere le valutazioni non mi dispiace, soprattutto quando queste risultano essere così approfondite e dettagliate. E' sicuramente più piacevole rispetto a ricevere in breve tempo valutazioni superficiali e frettolose.

Mio padre mi ha spesso confessato cose che avrei preferito non sapere sulla sua vita privata, quindi l'idea di genitori non troppo sensibili non credo sia così strana, soprattutto perché ho ripreso quella scena direttamente dai libri (il padre di Peeta ha davvero raccontato al bambino di essere (stato?) innamorato della madre di Katniss)... però sì, Peeta è troppo piccolo, più che altro ora che me lo hai fatto notare non credo che a quella età avrebbe potuto comprendere ciò che il padre gli stesse davvero dicendo.

Per quanto riguarda il sistema scolastico hai di nuovo perfettamente ragione. Mi vergogno un po' ad ammettere di non averci neanche pensato, davo per scontato esistessero delle classi “ricreative”, perché nei libri si parla della classe di musica e canto, quindi una classe di arte non mi sembrava incoerente... E poi sì, se penso ai bambini e alla scuola non posso fare a meno di pensare anche al disegno, alla musica, allo sport... Sono contenta quindi di non essere l'unica a pensare che tutto ciò sia essenziale per la crescita di un bambino, mi fai sentire meno sola.

Cercare di rendere la storia credibile dal punto di vista stilistico è stato un incubo. I dialoghi sono più semplici da gestire, ma la parte introspettiva è un vero disastro. Come pensano i bambini? Ho cercato di rendere la sintassi il più semplice possibile, ma mi rendo conto che la storia da questo punto di vista è ben lontana dall'essere credibile.

Credo che la passione per il disegno sia una parte fondamentale del carattere di Peeta, non riuscirei mai a scrivere di questo personaggio senza parlare anche di questo aspetto. Spero di essere riuscita a interpretarlo decentemente, dato che io non so disegnare per niente, quindi ho dovuto improvvisare xD

Grazie ancora e alla prossima!
(Scusa per eventuali errori ma non ho tempo per rileggere e correggere tutto)
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10/09/2018 09:16
 
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Re:
__cory__, 09/09/2018 21.47:

Ciao!
Grazie per la valutazione, sono davvero contenta che la storia ti sia piaciuta :)
Per quanto mi riguarda, aspettare un po' di tempo in più per ricevere le valutazioni non mi dispiace, soprattutto quando queste risultano essere così approfondite e dettagliate. E' sicuramente più piacevole rispetto a ricevere in breve tempo valutazioni superficiali e frettolose.

Mio padre mi ha spesso confessato cose che avrei preferito non sapere sulla sua vita privata, quindi l'idea di genitori non troppo sensibili non credo sia così strana, soprattutto perché ho ripreso quella scena direttamente dai libri (il padre di Peeta ha davvero raccontato al bambino di essere (stato?) innamorato della madre di Katniss)... però sì, Peeta è troppo piccolo, più che altro ora che me lo hai fatto notare non credo che a quella età avrebbe potuto comprendere ciò che il padre gli stesse davvero dicendo.

Per quanto riguarda il sistema scolastico hai di nuovo perfettamente ragione. Mi vergogno un po' ad ammettere di non averci neanche pensato, davo per scontato esistessero delle classi “ricreative”, perché nei libri si parla della classe di musica e canto, quindi una classe di arte non mi sembrava incoerente... E poi sì, se penso ai bambini e alla scuola non posso fare a meno di pensare anche al disegno, alla musica, allo sport... Sono contenta quindi di non essere l'unica a pensare che tutto ciò sia essenziale per la crescita di un bambino, mi fai sentire meno sola.

Cercare di rendere la storia credibile dal punto di vista stilistico è stato un incubo. I dialoghi sono più semplici da gestire, ma la parte introspettiva è un vero disastro. Come pensano i bambini? Ho cercato di rendere la sintassi il più semplice possibile, ma mi rendo conto che la storia da questo punto di vista è ben lontana dall'essere credibile.

Credo che la passione per il disegno sia una parte fondamentale del carattere di Peeta, non riuscirei mai a scrivere di questo personaggio senza parlare anche di questo aspetto. Spero di essere riuscita a interpretarlo decentemente, dato che io non so disegnare per niente, quindi ho dovuto improvvisare xD

Grazie ancora e alla prossima!
(Scusa per eventuali errori ma non ho tempo per rileggere e correggere tutto)



Grazie per aver risposto ^^

E grazie anche per quel "E' sicuramente più piacevole rispetto a ricevere in breve tempo valutazioni superficiali e frettolose.", perché confesso di averlo pensato anche io più di una volta purtroppo, e non è una bella sensazione, anche perché ho provato solo in due casi a parlarne con la giudice in questione... e non è andata bene <.<

Tornando a noi, come ti ho accennato nella valutazione la mia conoscenza dei libri è un po' arrugginita, quindi mi scuso se ti ho fatto notare errori che in realtà erano giustificati da qualcosa che hai letto lì dentro (in effetti mi hai fatto venire voglia di rileggermeli, e sappi che ti odio perché so già che piangerò come una disperata... ma vabbè).

Fammi sapere se vuoi la valutazione come recensione: nei contest passati la mettevo automaticamente, ma siccome le persone avevano iniziato a non rispondere alla valutazione perché tanto la recensione l'avrebbero avuta lo stesso, ho deciso di lasciarla solo su richiesta.

A presto!
rhys89

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10/09/2018 10:53
 
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Re: Re:
rhys89, 10/09/2018 09.16:



Grazie per aver risposto ^^

E grazie anche per quel "E' sicuramente più piacevole rispetto a ricevere in breve tempo valutazioni superficiali e frettolose.", perché confesso di averlo pensato anche io più di una volta purtroppo, e non è una bella sensazione, anche perché ho provato solo in due casi a parlarne con la giudice in questione... e non è andata bene <.<

Tornando a noi, come ti ho accennato nella valutazione la mia conoscenza dei libri è un po' arrugginita, quindi mi scuso se ti ho fatto notare errori che in realtà erano giustificati da qualcosa che hai letto lì dentro (in effetti mi hai fatto venire voglia di rileggermeli, e sappi che ti odio perché so già che piangerò come una disperata... ma vabbè).

Fammi sapere se vuoi la valutazione come recensione: nei contest passati la mettevo automaticamente, ma siccome le persone avevano iniziato a non rispondere alla valutazione perché tanto la recensione l'avrebbero avuta lo stesso, ho deciso di lasciarla solo su richiesta.

A presto!
rhys89




Ti capisco, personalmente ho smesso di partecipare ai contest (con eccezioni, ovviamente) perché non mi stimolava più. Sono arrivata diverse volte prima a contest gestiti male, con valutazioni di due righe e molto superficiali. Per cosa, poi? Ricevere cinque recensioni premio uguali di due righe, che sembravano un copia-incolla.
Non so, sarò strana io ma preferisco partecipare a pochi contest gestiti bene, anche se non ci sono recensioni premio in ballo.

In ogni caso, mi piacerebbe moltissimo ricevere la valutazione come recensione alla storia.

Per quanto riguarda gli eventuali errori della storia non saprei cosa dirti, nel senso che io ho introdotto quegli elementi riprendendoli dai libri, più o meno, ma le cose che mi hai fatto notare sono molto più che giustificate, quindi non so. Sono confusa xD
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10/09/2018 21:07
 
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Re: Re: Re:
__cory__, 10/09/2018 10.53:



Ti capisco, personalmente ho smesso di partecipare ai contest (con eccezioni, ovviamente) perché non mi stimolava più. Sono arrivata diverse volte prima a contest gestiti male, con valutazioni di due righe e molto superficiali. Per cosa, poi? Ricevere cinque recensioni premio uguali di due righe, che sembravano un copia-incolla.
Non so, sarò strana io ma preferisco partecipare a pochi contest gestiti bene, anche se non ci sono recensioni premio in ballo.

In ogni caso, mi piacerebbe moltissimo ricevere la valutazione come recensione alla storia.

Per quanto riguarda gli eventuali errori della storia non saprei cosa dirti, nel senso che io ho introdotto quegli elementi riprendendoli dai libri, più o meno, ma le cose che mi hai fatto notare sono molto più che giustificate, quindi non so. Sono confusa xD



Ho appena inserito la valutazione come recensione ^^

E sappi che quando rileggerò i libri starò attenta a ogni sillaba sulla parte dell'istruzione del distretto 12, perché ora sono confusa anche io... boh, staremo a vedere.

A presto!
rhys89

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Giudice***
13/09/2018 01:38
 
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Ciao! Ci ho messo un po' a rispondere perché volevo trovarmi nel momento ideale per riordinare le idee e avere un quadro completo della valutazione, di cui ti ringrazio infinitamente e che vorrei come recensione alla storia, se riesci. ♥

Sono sempre molto scettica riguardo ai titoli: ho molta difficoltà a sceglierli e, spesso e volentieri, sono l'ultima cosa che faccio e su cui “perdo” più tempo. Resto dell'idea che una storia, per quanto possa essere bella, se non ha il titolo giusto che le renda in qualche modo giustizia, perde valore.
Questo titolo, in particolare, è stato un parto: non perché non sapessi cosa volevo esprimere nella storia (che era già conclusa nel momento della scelta), ma perché avevo il timore che fosse troppo semplice. Ho la tendenza – che dovrei correggere – a voler sempre un titolo che mi soddisfi a pieno, quando so benissimo che potrei avere un titolo che si adatta perfettamente, ma che a me non piacerà mai completamente. Sono quindi contentissima che tu lo abbia trovato azzeccato e perfetto per la storia – per quanto ancora io non ne sia soddisfatta, ma è un problema che ho in quasi tutto.

Non posso fare a meno che esserti grata per come sei stata chiara nell'esprimere le tue motivazioni circa il perché consideri i personaggi IC, è una cosa che davvero mi piace tantissimo poiché ho spesso molte remore circa il mio modo di interpretare i personaggi e considerato anche che questa era una delle prime storie scritte nel fandom, avevo il triplo dei dubbi.
Sei riuscita a estrapolare e mettere in luce aspetti su cui persino io non avevo dato così tanta importanza – il fatto della perdita di interesse di Bakugou, che è stata una cosa istintiva scrivere proprio perché quando ho in mente una cosa e ho un'idea del personaggio, finisco per farla in maniera quasi automatica, senza chiedermi davvero la motivazione, ma dandomi la risposta in modo del tutto inconscio.
Todoroki è il personaggio che avevo più paura a “fare mio” in questo contesto, proprio perché noi lo conosciamo come ragazzo emotivamente pieno di un trauma infantile di cui, per quanto possa essere superato, non è mai stato davvero tale – non lo sarà mai sul serio. L'idea però che potesse essere molto più dolce e disponibile, mi piaceva talmente tanto ed era perfetta per questo genere di storia, per il messaggio che volevo trasmettere, che non ce l'ho fatta a dire “facciamo il Todoroki che ha appena perso sua madre e qualcosa di importante”, perché non avrebbe avuto lo stesso impatto e le stesse reazioni dinanzi a una scena del genere.
Izuku paradossalmente è stato il più semplice da muovere, perché la sua personalità è cristallina, anche grazie al fatto che la storia principale lo rende davvero protagonista e dunque siamo spesso dal suo lato.
Uno dei miei timori, quando ho scritto questa storia, era di far passare Katsuki come “il cattivo” insieme agli altri bambini; chi ha a che fare con bambini in ambienti di aggregazione, sa benissimo come sono, specie durante l'età che va dai sei fino alla fine delle elementari: schietti, talmente tanto da essere crudeli e non lo fanno con cattiveria (non tutti almeno, ma a quell'età è un comportamento talmente comune che non si può fare una distinzione). Il mio intento era dunque trasmettere il messaggio di quanto quel comportamento fosse sbagliato, ma allo stesso tempo di far riflettere che la motivazione di Bakugou non fosse la cattiveria in se stessa, quanto piuttosto il mezzo per far prevalere (e farsi bello) agli occhi degli altri.
E volevo, ovviamente, trasmettere il senso dell'accettazione. Il “calore” che dà la consapevolezza di essere qualcuno, a prescindere dal proprio aspetto, dalle proprie caratteristiche interne ed esterne, che è una delle cose che ai bambini riesce meglio proprio in virtù della loro natura cristallina.

Grazie per avermi fatto notare gli errori. Per quanto riguarda le virgole sono un disastro e l'ho sempre saputo, con gli anni sto cercando di limitarmi e correggermi – perché ho avuto un periodo in cui ne usavo davvero tante, ignorando gli altri segni di interpunzione. Guarderò sicuramente la tua pagina, anche perché non ero a conoscenza della regola sulla “e”, sono ancora della scuola in cui la virgola prima della “e” non andava messa... Mi hai davvero aperto un mondo!

Non so se sia merito del fatto che amo scrivere missing moment/what if tra bambini, ma sono davvero felice che il modo in cui ho trattato la narrazione ti sia piaciuto. Come ho già detto, quando scrivo tendo a mia volta a immergermi completamente nella storia e questo mi porta a scrivere/far reagire/pensare un personaggio in un determinato modo in modo del tutto istintivo.
Il fattore adorabilità è dato dal fatto che sono bambini e concordo pienamente con te: voglio un baby!Shouto a cui pizzicare le guanciotte; per quanto mi riguarda le storie con protagonisti bambini sono le cose più belle del mondo. Hanno un fascino, ai miei occhi, tutto particolare.
Possono essere momenti che non sono stati rappresentati, spiegazioni improbabili a cose mai avvenute o di cui si è solo accennato, o addirittura un mezzo per rendere chiaro e conciso un messaggio che magari è nascosto dietro al comportamento di un personaggio.
Dunque niente, sono contentissima che il mio modo di affrontare la storia e i personaggi ti sia piaciuto, perché ammetto che le fic in cui parlo di bambini mi restano sempre più dentro di tutte le altre e proprio per la loro natura innocente e apparentemente senza troppi sviluppi – spesso – non vengono molto calcolate.

Quindi niente, ti ringrazio tantissimo per avermi dato la possibilità di partecipare a questo contest e di avere una tua valutazione così esaustiva e completa, in cui sei stata chiarissima e mi hai detto troppe cose carine (che non penso di meritare, ma porto a casa comunque), ma hai anche dato molti spunti su cui devo correggermi e migliorare.
Grazie molte e spero davvero di partecipare a qualcos'altro di tuo. L'attesa è stata davvero ripagata, quindi grazie per aver “perso” il tuo tempo a leggere la mia storia e a darle così tanto.
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Post: 3.284
Giudice*****
13/09/2018 18:21
 
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Re:
mikki~, 13/09/2018 01.38:

Ciao! Ci ho messo un po' a rispondere perché volevo trovarmi nel momento ideale per riordinare le idee e avere un quadro completo della valutazione, di cui ti ringrazio infinitamente e che vorrei come recensione alla storia, se riesci. ♥

Sono sempre molto scettica riguardo ai titoli: ho molta difficoltà a sceglierli e, spesso e volentieri, sono l'ultima cosa che faccio e su cui “perdo” più tempo. Resto dell'idea che una storia, per quanto possa essere bella, se non ha il titolo giusto che le renda in qualche modo giustizia, perde valore.
Questo titolo, in particolare, è stato un parto: non perché non sapessi cosa volevo esprimere nella storia (che era già conclusa nel momento della scelta), ma perché avevo il timore che fosse troppo semplice. Ho la tendenza – che dovrei correggere – a voler sempre un titolo che mi soddisfi a pieno, quando so benissimo che potrei avere un titolo che si adatta perfettamente, ma che a me non piacerà mai completamente. Sono quindi contentissima che tu lo abbia trovato azzeccato e perfetto per la storia – per quanto ancora io non ne sia soddisfatta, ma è un problema che ho in quasi tutto.

Non posso fare a meno che esserti grata per come sei stata chiara nell'esprimere le tue motivazioni circa il perché consideri i personaggi IC, è una cosa che davvero mi piace tantissimo poiché ho spesso molte remore circa il mio modo di interpretare i personaggi e considerato anche che questa era una delle prime storie scritte nel fandom, avevo il triplo dei dubbi.
Sei riuscita a estrapolare e mettere in luce aspetti su cui persino io non avevo dato così tanta importanza – il fatto della perdita di interesse di Bakugou, che è stata una cosa istintiva scrivere proprio perché quando ho in mente una cosa e ho un'idea del personaggio, finisco per farla in maniera quasi automatica, senza chiedermi davvero la motivazione, ma dandomi la risposta in modo del tutto inconscio.
Todoroki è il personaggio che avevo più paura a “fare mio” in questo contesto, proprio perché noi lo conosciamo come ragazzo emotivamente pieno di un trauma infantile di cui, per quanto possa essere superato, non è mai stato davvero tale – non lo sarà mai sul serio. L'idea però che potesse essere molto più dolce e disponibile, mi piaceva talmente tanto ed era perfetta per questo genere di storia, per il messaggio che volevo trasmettere, che non ce l'ho fatta a dire “facciamo il Todoroki che ha appena perso sua madre e qualcosa di importante”, perché non avrebbe avuto lo stesso impatto e le stesse reazioni dinanzi a una scena del genere.
Izuku paradossalmente è stato il più semplice da muovere, perché la sua personalità è cristallina, anche grazie al fatto che la storia principale lo rende davvero protagonista e dunque siamo spesso dal suo lato.
Uno dei miei timori, quando ho scritto questa storia, era di far passare Katsuki come “il cattivo” insieme agli altri bambini; chi ha a che fare con bambini in ambienti di aggregazione, sa benissimo come sono, specie durante l'età che va dai sei fino alla fine delle elementari: schietti, talmente tanto da essere crudeli e non lo fanno con cattiveria (non tutti almeno, ma a quell'età è un comportamento talmente comune che non si può fare una distinzione). Il mio intento era dunque trasmettere il messaggio di quanto quel comportamento fosse sbagliato, ma allo stesso tempo di far riflettere che la motivazione di Bakugou non fosse la cattiveria in se stessa, quanto piuttosto il mezzo per far prevalere (e farsi bello) agli occhi degli altri.
E volevo, ovviamente, trasmettere il senso dell'accettazione. Il “calore” che dà la consapevolezza di essere qualcuno, a prescindere dal proprio aspetto, dalle proprie caratteristiche interne ed esterne, che è una delle cose che ai bambini riesce meglio proprio in virtù della loro natura cristallina.

Grazie per avermi fatto notare gli errori. Per quanto riguarda le virgole sono un disastro e l'ho sempre saputo, con gli anni sto cercando di limitarmi e correggermi – perché ho avuto un periodo in cui ne usavo davvero tante, ignorando gli altri segni di interpunzione. Guarderò sicuramente la tua pagina, anche perché non ero a conoscenza della regola sulla “e”, sono ancora della scuola in cui la virgola prima della “e” non andava messa... Mi hai davvero aperto un mondo!

Non so se sia merito del fatto che amo scrivere missing moment/what if tra bambini, ma sono davvero felice che il modo in cui ho trattato la narrazione ti sia piaciuto. Come ho già detto, quando scrivo tendo a mia volta a immergermi completamente nella storia e questo mi porta a scrivere/far reagire/pensare un personaggio in un determinato modo in modo del tutto istintivo.
Il fattore adorabilità è dato dal fatto che sono bambini e concordo pienamente con te: voglio un baby!Shouto a cui pizzicare le guanciotte; per quanto mi riguarda le storie con protagonisti bambini sono le cose più belle del mondo. Hanno un fascino, ai miei occhi, tutto particolare.
Possono essere momenti che non sono stati rappresentati, spiegazioni improbabili a cose mai avvenute o di cui si è solo accennato, o addirittura un mezzo per rendere chiaro e conciso un messaggio che magari è nascosto dietro al comportamento di un personaggio.
Dunque niente, sono contentissima che il mio modo di affrontare la storia e i personaggi ti sia piaciuto, perché ammetto che le fic in cui parlo di bambini mi restano sempre più dentro di tutte le altre e proprio per la loro natura innocente e apparentemente senza troppi sviluppi – spesso – non vengono molto calcolate.

Quindi niente, ti ringrazio tantissimo per avermi dato la possibilità di partecipare a questo contest e di avere una tua valutazione così esaustiva e completa, in cui sei stata chiarissima e mi hai detto troppe cose carine (che non penso di meritare, ma porto a casa comunque), ma hai anche dato molti spunti su cui devo correggermi e migliorare.
Grazie molte e spero davvero di partecipare a qualcos'altro di tuo. L'attesa è stata davvero ripagata, quindi grazie per aver “perso” il tuo tempo a leggere la mia storia e a darle così tanto.



Grazie per aver risposto ^^

Ti confesso che i titoli sono anche la mia croce, quindi ti capisco benissimo... comunque ribadisco che per me questo, nella sua semplicità è perfetto. Te lo ripeto perché così magari riesco a convincerti xD

Anche io ho una discreta esperienza con bambini più e meno piccoli, e so bene che possono essere amabilmente perfidi quando sono in gruppo... anche per questo ho trovato la tua storia altamente realistica e verosimile: è facile immaginarsi i tuoi protagonisti fare e dire le cose che racconti nella tua storia, perché sono proprio le cose che solitamente i bambini fanno e dicono. Non so se mi sono spiegata, spero di sì ^^"

E sappi che anche io sono della scuola de "la virgola prima della e non va messa mai e poi mai", probabilmente è per questo che ho afferrato al volo una delle cose che ti frenava.
Poi lascia stare che adesso, oltre a mettere la virgola prima della "e", io metto anche le congiunzioni a inizio periodo e in generale ignoro un buon venti percento delle regole della "vecchia scuola" che mi aveva insegnato la maestra e che adesso non valgono più.
Poverina, se leggesse quello che scrivo ora le prenderebbe un coccolone... probabilmente anche perché scrivo soprattutto storie a carattere omoerotico, ma questo è un altro discorso xD

Chiudo l'OT dicendoti che ho appena inserito la recensione come valutazione, e ringraziandoti di nuovo per aver partecipato. Spero di ritrovarti in un altro contest ^^

A presto!
rhys89

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Tratto da "Cara Mathilda" di Susanna Tamaro

26/09/2018 14:27
 
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Ehi, in questo periodo sono stata un po' impegnata e mi era passato di mente questo contest eh eh. Comunque ti ringrazio moltissimo per la tua valutazione che mi ha seriamente fatto sorridere. Farò tesoro dei consigli che mi hai dato e porterò sempre con me tutti i giudizi positivi sul piccolo Percy. Grazie ancora! Se ti è possibile, sarebbe carino inserirla come recensione della storia.
Grazie mille e a presto!
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Post: 3.284
Giudice*****
02/10/2018 01:30
 
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Re:
Hotaru_Key22, 26/09/2018 14.27:



Ehi, in questo periodo sono stata un po' impegnata e mi era passato di mente questo contest eh eh. Comunque ti ringrazio moltissimo per la tua valutazione che mi ha seriamente fatto sorridere. Farò tesoro dei consigli che mi hai dato e porterò sempre con me tutti i giudizi positivi sul piccolo Percy. Grazie ancora! Se ti è possibile, sarebbe carino inserirla come recensione della storia.
Grazie mille e a presto!



Grazie per aver risposto ^^

Ti chiedo scusa per il ritardo, ma gli avvisi del forum non mi arrivano e nell'ultima settimana non avevo più ricontrollato la discussione... sorry <.<

Comunque sia sono felice che la valutazione ti sia piaciuta, passo subito a lasciartela come recensione [SM=g27988]

A presto!
rhys89

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Tratto da "Cara Mathilda" di Susanna Tamaro

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Post: 3.284
Giudice*****
02/10/2018 01:50
 
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Messaggio per tutti
A questo punto lo ritengo improbabile, ma ci tengo comunque a sottolineare che se chi non ha ancora risposto volesse per caso farlo, io di tanto in tanto controllo sempre questa discussione e risponderò con piacere alle vostre eventuali domande ^^

Oh, e ricordatevi che la recensione verrà lasciata come valutazione solo su richiesta.

A presto!
rhys89

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Amor31
[Non Registrato]
15/10/2018 18:25
 
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In ritardissimo a causa di una cosa che si chiama tesi, finalmente riesco a rispondere in modo appropriato a questa discussione.
Innanzitutto complimenti per l'analisi approfondita di ogni singola storia: è un piacere leggere dei commenti così puntuali sui diversi aspetti della propria fiction.
Per quanto mi riguarda, sono d'accordo con le tue osservazioni praticamente su tutto, ma comunque risponderò punto per punto (e mi scuso già se, tanto per cambiare, scriverò un post chilometrico).
1) La notazione sulla percezione del denaro ci sta, soprattutto per la questione delle trottole;
2) a proposito del fatto che la mamma di Jean non gli corre dietro: sarà per esperienza personale (anche), ma in questo caso ho immaginato un contesto in cui più o meno la gente si conosce tutta e quindi, visto che comunque la mamma sa dove andare a cercarlo, si affretta a pagare per poi corrergli dietro. Diciamo che abbandonare i sacchetti e lasciare la spesa in sospeso mi sapeva troppo di drama. Senza contare che Jean è comunque grandicello;
3) di nuovo, riguardo la "calma" della sgridata: non è che sia tranquilla, è solo che, stando davanti a estranei, per evitare scenate non gli tira troppo le orecchie, rimproverandolo lo stesso perché ha disubbidito. Probabilmente, una volta arrivati a casa, avrà ripreso il discorso e avrà alzato la voce;
4) riguardo l'acquisto del giocattolo, non lo vedo affatto come un premio. Sì, è vero, la madre cede al desiderio del figlio, ma bisogna anche considerare che Jean è figlio unico e l'essere un po' viziato ci sta, posto che il giocattolo acquistato non è altro che un compromesso tra lui e la madre (una semplice trottola, che di certo non impoverisce la mamma, ma fa comunque felice il bambino);
5) non posso che ringraziarti della dritta sulla punteggiatura forte e semi forte alla fine dei dialoghi. Sono stata abituata a scrivere così come hai visto e negli anni ho sempre cercato una norma univoca per regolarmi, ma non trovandola ho continuato come abitudine;
6) guarda, sui giorni della settimana ho preferito andare sul classico. È vero, nell'opera originaria non si fa mai riferimento al tempo che passa (purtroppo), ma sinceramente spero per i personaggi che almeno i nomi di giorni e mesi siano uguali ai nostri. Un po' di normalità non farebbe loro male, visto il contesto in cui vivono XD
7) Il suggerimento sullo strizzare l'occhio al lettore me lo terrò stretto. Voglio solo precisare che quella sul mercato però non è una considerazione fatta da Jean, ma una semplice descrizione che ho voluto inserire per completezza del contesto;
8) idem come sopra per quanto riguarda la seconda parte della storia, dal momento della fuga in poi;
9) se il dialogo tra i genitori ti ha "spazientito", bene, ti sei sentita come Jean, per quanto lui comunque fosse focalizzato su Mikasa XD
10) anche il mio preferito è il pezzo finale. Per Jean e Mikasa muio dentro *-*
Bene, mi sembra di aver detto tutto. Ancora pardon per questo papiro, oltre che per il ritardo immane.
Ovviamente mi farebbe molto piacere ricevere il tuo commento come recensione alla storia (anche perché altrimenti ti avrei fatto fare un lavoro non solo lungo, ma perfino inutile e no, la tua analisi la voglio scolpita su pietra per la sua precisione *-*).
Grazie di tutto e alla prossima ^^
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Post: 3.284
Giudice*****
17/10/2018 21:26
 
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Re:
Amor31, 15/10/2018 18.25:

In ritardissimo a causa di una cosa che si chiama tesi, finalmente riesco a rispondere in modo appropriato a questa discussione.
Innanzitutto complimenti per l'analisi approfondita di ogni singola storia: è un piacere leggere dei commenti così puntuali sui diversi aspetti della propria fiction.
Per quanto mi riguarda, sono d'accordo con le tue osservazioni praticamente su tutto, ma comunque risponderò punto per punto (e mi scuso già se, tanto per cambiare, scriverò un post chilometrico).
1) La notazione sulla percezione del denaro ci sta, soprattutto per la questione delle trottole;
2) a proposito del fatto che la mamma di Jean non gli corre dietro: sarà per esperienza personale (anche), ma in questo caso ho immaginato un contesto in cui più o meno la gente si conosce tutta e quindi, visto che comunque la mamma sa dove andare a cercarlo, si affretta a pagare per poi corrergli dietro. Diciamo che abbandonare i sacchetti e lasciare la spesa in sospeso mi sapeva troppo di drama. Senza contare che Jean è comunque grandicello;
3) di nuovo, riguardo la "calma" della sgridata: non è che sia tranquilla, è solo che, stando davanti a estranei, per evitare scenate non gli tira troppo le orecchie, rimproverandolo lo stesso perché ha disubbidito. Probabilmente, una volta arrivati a casa, avrà ripreso il discorso e avrà alzato la voce;
4) riguardo l'acquisto del giocattolo, non lo vedo affatto come un premio. Sì, è vero, la madre cede al desiderio del figlio, ma bisogna anche considerare che Jean è figlio unico e l'essere un po' viziato ci sta, posto che il giocattolo acquistato non è altro che un compromesso tra lui e la madre (una semplice trottola, che di certo non impoverisce la mamma, ma fa comunque felice il bambino);
5) non posso che ringraziarti della dritta sulla punteggiatura forte e semi forte alla fine dei dialoghi. Sono stata abituata a scrivere così come hai visto e negli anni ho sempre cercato una norma univoca per regolarmi, ma non trovandola ho continuato come abitudine;
6) guarda, sui giorni della settimana ho preferito andare sul classico. È vero, nell'opera originaria non si fa mai riferimento al tempo che passa (purtroppo), ma sinceramente spero per i personaggi che almeno i nomi di giorni e mesi siano uguali ai nostri. Un po' di normalità non farebbe loro male, visto il contesto in cui vivono XD
7) Il suggerimento sullo strizzare l'occhio al lettore me lo terrò stretto. Voglio solo precisare che quella sul mercato però non è una considerazione fatta da Jean, ma una semplice descrizione che ho voluto inserire per completezza del contesto;
8) idem come sopra per quanto riguarda la seconda parte della storia, dal momento della fuga in poi;
9) se il dialogo tra i genitori ti ha "spazientito", bene, ti sei sentita come Jean, per quanto lui comunque fosse focalizzato su Mikasa XD
10) anche il mio preferito è il pezzo finale. Per Jean e Mikasa muio dentro *-*
Bene, mi sembra di aver detto tutto. Ancora pardon per questo papiro, oltre che per il ritardo immane.
Ovviamente mi farebbe molto piacere ricevere il tuo commento come recensione alla storia (anche perché altrimenti ti avrei fatto fare un lavoro non solo lungo, ma perfino inutile e no, la tua analisi la voglio scolpita su pietra per la sua precisione *-*).
Grazie di tutto e alla prossima ^^



Grazie per aver risposto! ^^

Ah, la tesi... croce e delizia dell'universitario medio! xD

E grazie anche per aver chiarito alcuni miei dubbi: fa sempre piacere quando si instaura un dialogo sulle valutazioni, anche e soprattutto perché è interessante vedere un punto di vista diverso dal proprio.

Ad esempio, guardando la scena della mamma con quello che hai detto tu, mi sono resa conto che in effetti potrebbe essere un'interpretazione plausibile come un'altra, quindi ci può stare.

Per quanto riguarda il discorso sulle teorie di mercato, avevo capito che il punto di vista non era di Jean perché proprio nella storia dici "se Jean avesse avuto qualche conoscenza sulle leggi di mercato" (o qualcosa del genere)... quello che mi stona è appunto che il lettore fino a quel momento era totalmente immerso nella mente del bambino, e con quella considerazione lo catapulti fuori senza preavviso per dire qualcosa che ovviamente un bambino - come hai sottolineato tu - non può sapere.

E ok, se con il dialogo tra i genitori l'idea era di farmi sentire proprio come Jean, allora ben fatto! xD

La Jean/Mikasa non è la mia coppia preferita del fandom, però non mi dispiace affatto e sono felice di aver letto questa parentesi finale dolcissima su di loro ❤

Grazie di nuovo per la risposta e i chiarimenti, sono felice che la valutazione ti sia piaciuta... e vado subito a lasciartela come recensione alla storia 😄

A presto!
rhys89

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Post: 3.284
Giudice*****
17/10/2018 21:26
 
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Re:
Amor31, 15/10/2018 18.25:

In ritardissimo a causa di una cosa che si chiama tesi, finalmente riesco a rispondere in modo appropriato a questa discussione.
Innanzitutto complimenti per l'analisi approfondita di ogni singola storia: è un piacere leggere dei commenti così puntuali sui diversi aspetti della propria fiction.
Per quanto mi riguarda, sono d'accordo con le tue osservazioni praticamente su tutto, ma comunque risponderò punto per punto (e mi scuso già se, tanto per cambiare, scriverò un post chilometrico).
1) La notazione sulla percezione del denaro ci sta, soprattutto per la questione delle trottole;
2) a proposito del fatto che la mamma di Jean non gli corre dietro: sarà per esperienza personale (anche), ma in questo caso ho immaginato un contesto in cui più o meno la gente si conosce tutta e quindi, visto che comunque la mamma sa dove andare a cercarlo, si affretta a pagare per poi corrergli dietro. Diciamo che abbandonare i sacchetti e lasciare la spesa in sospeso mi sapeva troppo di drama. Senza contare che Jean è comunque grandicello;
3) di nuovo, riguardo la "calma" della sgridata: non è che sia tranquilla, è solo che, stando davanti a estranei, per evitare scenate non gli tira troppo le orecchie, rimproverandolo lo stesso perché ha disubbidito. Probabilmente, una volta arrivati a casa, avrà ripreso il discorso e avrà alzato la voce;
4) riguardo l'acquisto del giocattolo, non lo vedo affatto come un premio. Sì, è vero, la madre cede al desiderio del figlio, ma bisogna anche considerare che Jean è figlio unico e l'essere un po' viziato ci sta, posto che il giocattolo acquistato non è altro che un compromesso tra lui e la madre (una semplice trottola, che di certo non impoverisce la mamma, ma fa comunque felice il bambino);
5) non posso che ringraziarti della dritta sulla punteggiatura forte e semi forte alla fine dei dialoghi. Sono stata abituata a scrivere così come hai visto e negli anni ho sempre cercato una norma univoca per regolarmi, ma non trovandola ho continuato come abitudine;
6) guarda, sui giorni della settimana ho preferito andare sul classico. È vero, nell'opera originaria non si fa mai riferimento al tempo che passa (purtroppo), ma sinceramente spero per i personaggi che almeno i nomi di giorni e mesi siano uguali ai nostri. Un po' di normalità non farebbe loro male, visto il contesto in cui vivono XD
7) Il suggerimento sullo strizzare l'occhio al lettore me lo terrò stretto. Voglio solo precisare che quella sul mercato però non è una considerazione fatta da Jean, ma una semplice descrizione che ho voluto inserire per completezza del contesto;
8) idem come sopra per quanto riguarda la seconda parte della storia, dal momento della fuga in poi;
9) se il dialogo tra i genitori ti ha "spazientito", bene, ti sei sentita come Jean, per quanto lui comunque fosse focalizzato su Mikasa XD
10) anche il mio preferito è il pezzo finale. Per Jean e Mikasa muio dentro *-*
Bene, mi sembra di aver detto tutto. Ancora pardon per questo papiro, oltre che per il ritardo immane.
Ovviamente mi farebbe molto piacere ricevere il tuo commento come recensione alla storia (anche perché altrimenti ti avrei fatto fare un lavoro non solo lungo, ma perfino inutile e no, la tua analisi la voglio scolpita su pietra per la sua precisione *-*).
Grazie di tutto e alla prossima ^^



Grazie per aver risposto! ^^

Ah, la tesi... croce e delizia dell'universitario medio! xD

E grazie anche per aver chiarito alcuni miei dubbi: fa sempre piacere quando si instaura un dialogo sulle valutazioni, anche e soprattutto perché è interessante vedere un punto di vista diverso dal proprio.

Ad esempio, guardando la scena della mamma con quello che hai detto tu, mi sono resa conto che in effetti potrebbe essere un'interpretazione plausibile come un'altra, quindi ci può stare.

Per quanto riguarda il discorso sulle teorie di mercato, avevo capito che il punto di vista non era di Jean perché proprio nella storia dici "se Jean avesse avuto qualche conoscenza sulle leggi di mercato" (o qualcosa del genere)... quello che mi stona è appunto che il lettore fino a quel momento era totalmente immerso nella mente del bambino, e con quella considerazione lo catapulti fuori senza preavviso per dire qualcosa che ovviamente un bambino - come hai sottolineato tu - non può sapere.

E ok, se con il dialogo tra i genitori l'idea era di farmi sentire proprio come Jean, allora ben fatto! xD

La Jean/Mikasa non è la mia coppia preferita del fandom, però non mi dispiace affatto e sono felice di aver letto questa parentesi finale dolcissima su di loro ❤

Grazie di nuovo per la risposta e i chiarimenti, sono felice che la valutazione ti sia piaciuta... e vado subito a lasciartela come recensione alla storia 😄

A presto!
rhys89

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Tratto da "Cara Mathilda" di Susanna Tamaro

AcquaSaponePaperella
[Non Registrato]
25/01/2019 16:41
 
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Re:
[POSTQUOTE][QUOTE:136029875=rhys89, 08/09/2018 22.48][CENTER][FONT=Georgia][DIM=20pt][i][B]Compiere sei anni[/B][/i] di [i]AcquaSaponePaperella[/i][/DIM][/CENTER]

[DIM=16pt][CENTER][B]Valutazione[/B][/CENTER][/DIM]

[DIM=12pt][b][i]Titolo:[/b][/i]
Un titolo estremamente semplice ma pregno di significato, che si sposa alla perfezione con la tua storia e rende chiaro fin da subito l’argomento principale della stessa.



[b][i]Caratterizzazione dei personaggi:[/b][/i]
Nonostante tu abbia trattato prevalentemente di personaggi che nell’opera originale sono molto secondari, li hai caratterizzati davvero ottimamente.


Hugo, lo spiritosone del gruppo, è anche quello che più di tutti agisce d’istinto, senza riflettere.

Mi è piaciuto il suo continuo far battute per divertire gli altri, e ho apprezzato che all’arrivo di Quasimodo lui non solo si lascia quasi sfuggire quel “buon compleanno”, ma poi continua a rimarcare che gli sarebbe piaciuto tanto dirglielo davvero, per una volta.

Soprattutto mi piace che sia stato sempre lui, alla fine, a ricordarsi del volo dell’uccellino: può sembrare un sempliciotto, ma è molto sensibile e sinceramente affezionato a Quasimodo, per questo è sempre attento alle piccole cose importanti per lui.

Per questo vorrebbe tanto poterlo festeggiare come merita… come meritano tutti i bambini, dando la giusta importanza a quel giorno speciale.


Victor a confronto sembra quasi aristocratico, molto più riflessivo e attento a non parlare mai a sproposito per non rivelare verità scomode.

Anche lui ovviamente vorrebbe festeggiare il compleanno di Quasimodo, ma è ben consapevole dei problemi che ne deriverebbero e quindi non solo lascia perdere lui per primo, ma convince anche Hugo a desistere.


E poi c’è Laverne.

Lei è un po’ come la mamma del gruppo, molto affettuosa sotto la scorza dura e irascibile e sempre pronta a mettere il bene di chi ama di fronte al proprio.

Esattamente come fa con Quasimodo, quando seppur a malincuore fa notare a Hugo che se gli facessero gli auguri di buon compleanno poi il piccolo correrebbe a condividere la notizia con Frollo, finendo nei guai.

È davvero molto bello e incredibilmente IC il contrasto che vediamo tra la prima scena, quella in cui inveisce contro i piccioni che non le danno requie, e l’atteggiamento pacato e materno che adotta non appena entra in scena il piccolo Quasimodo.

In particolare, mi è piaciuto moltissimo quando inizialmente chiama il piccione tra le mani di Quasimodo “piccolo mostriciattolo”, e in seguito se ne pente, confrontandolo con Quasimodo stesso: aveva tanto criticato Frollo per essere così insensibile e poi, con quel commento cattivo, le sembra quasi di essersi abbassata al suo livello; il che non è vero, ovviamente, ma il fatto che se ne preoccupi denota una profonda sensibilità, e soprattutto un amore immenso per quel piccolino che è arrivato un giorno a riempire la loro vita “così… da statue.”


Infine, abbiamo Quasimodo. Un Quasimodo fisicamente molto diverso da quello che conosciamo, ma in cui ritroviamo la stessa dolcezza e sensibilità che abbiamo imparato ad apprezzare.

Anche da bambino, Quasimodo ama tutte le creature viventi, – e non viventi, come i suoi amici di pietra – e non è affatto difficile immaginarselo mentre cerca di fare coraggio al suo piccolo amico pennuto per spronarlo finalmente a volare.

Dolce e struggente la parte del suo breve monologo, quando racconta con ingenuo e genuino entusiasmo quanto sarà bello poter suonare le campane, da grande, e mi è piaciuto anche l’accenno alla Festa dei Folli, perché sappiamo dal film che Quasimodo ne è sempre stato affascinato.

Ma, soprattutto, stringe il cuore sentirlo parlare di quanto gli sarebbe piaciuto volare via, insieme al piccolino tra le sue mani: nonostante la giovanissima età, Quasimodo è ben consapevole di essere prigioniero di quelle mura, anche se cerca di non pensarci.

Anche se è felice con i suoi amici gargoyle, anche se vuole bene a quel mostro – mostro davvero, non come lui – che lo sta crescendo – e non lo lascerebbe mai… nonostante tutto questo, dentro di sé c’è già il seme di quella voglia di libertà che, tanti anni dopo, porterà anche lui ad abbandonare il suo nido.
Ad uscire da Notre Dame.



[b][i]Stile e trama:[/b][/i]
Per prima cosa, ti faccio un paio di appunti tecnici:
- Perchè, ripetè, ribattè, dopodichè, altrochè e via dicendo sono tutte parole che necessitano dell’accento aperto, quindi la scrittura corretta è perché, ripeté, ribatté, dopodiché, altroché eccetera.
- <i>"Ah, i piccioni..." intendette</i> --> intese, non indendette.
- <i> accarrezzò affettuosamente la testolina del piccolo.</i> --> refuso: accarezzò, non accarrezzò.
- Quando dopo un discorso diretto inizia a parlare un personaggio diverso dal precedente, è obbligatorio andare a capo, anche per non rischiare di confondere il lettore.

Lo stile di questa storia è fresco e leggero, costituito per la stragrande maggioranza da discorsi diretti che danno alla lettura un ritmo veloce e costante fin quasi alla fine.

Il “quasi” è dovuto a una sovrabbondanza di virgole, che in alcuni punti tendono ad appesantire il testo e rallentare la lettura. Ti faccio un paio di esempi:
- Un altro pugno di Laverne arrivò sull'occhio di Hugo, che cadde a terra, mentre Victor, preoccupato, fece cenno all'amico gargoyle di non dire quella parola.
- […] fu un'altra battuta di Hugo, che suscitò l'ilarità generale, tranne quella di Laverne, che disse […]

A parte questo, mi è piaciuto come alterni i discorsi diretti ad alcune frasi indirette in cui specifichi al meglio i pensieri e le azioni dei tuoi protagonisti, trovo che questa scelta eviti “l’effetto copione” senza però rallentare il ritmo narrativo, che come ti dicevo procede spedito dall’inizio alla fine.

I dialoghi in apparenza potrebbero sembrare semplici da scrivere, ma incentrare un’intera storia su di loro implica una profonda conoscenza dei personaggi, per poterli gestire al meglio e farli parlare a lungo senza risultare né pesanti né, soprattutto, OOC. Tu ci sei riuscita, e ti faccio i miei complimenti.


Ho anche apprezzato la parte introspettiva dei gargoyle, in particolare di Laverne: si viene a creare un bel contrasto tra la malinconia dei suoi pensieri e la forzata – ma nemmeno più di tanto – allegria che tutti esternano con Quasimodo.


La scena del primo volo del piccione non è propriamente originale dal momento che ne abbiamo vista una molto simile nel film, ma mi è piaciuta proprio per questo: osservando Quasimodo adulto che parla con affetto a quel piccolo pennuto spaventato, ho avuto chiaramente l’impressione che quella non fosse la prima volta che succedeva qualcosa del genere, e mi piace pensare che in qualche modo è una specie di tradizione che porta avanti fin da bambino.


Infine, mi è piaciuta davvero tantissimo l’evoluzione dell’atmosfera che si respira col procedere della storia: inizia in modo gioioso e goliardico con le battute di Hugo, si incupisce appena quando si rendono conto di non poter fare gli auguri a Quasimodo, lascia il posto a una breve parentesi idilliaca che si intravede tra le parole che il piccolo rivolge all’uccellino e infine si tinge di malinconia attraverso i pensieri di Laverne.

È come una musica che parte da un brano rock e finisce con un pezzo di sinfonia, ma i cambiamenti al suo interno sono così lineari e ben distribuiti che il lettore quasi non se ne accorge, ritrovandosi a canticchiare il pezzo successivo senza avere idea di quando gli è arrivato alle orecchie.



[b][i]Gradimento personale:[/b][/i]
La tua è una storia davvero molto dolce, che ha cavalcato la nostalgia dei miei ricordi d’infanzia proponendomi una scena struggente nella sua semplicità, che mi ha fatto sorridere tra i sospiri perché anche io, come Laverne e tutti loro, avrei voluto tanto poter urlare a Quasimodo: “buon compleanno!”



[/DIM]

[/FONT][/QUOTE][/POSTQUOTE]


Wow, sono proprio in super ritardo cronico, quando si dice "meglio tardi che mai"...
Ti chiedo infinitamente scusa, ma non mi ero resa conto che il contest era finito e che ancora non avevo risposto.
Che dire? Sono molto emozionata, hai azzeccato perfettamente tutto quello che volevo dire con questa mia storia e anche la tua valutazione è stata molto "dolce" da leggere, grazie davvero!!! :)
Sono d'accordo con tutto quello che hai detto tu e grazie per avermi lasciato questa bella valutazione.
Non so se l'hai già fatto o se è possibile, ma me la puoi lasciare pure come recensione, mi farebbe piacere. :)
OFFLINE
Post: 3.284
Giudice*****
25/01/2019 18:51
 
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Re: Re:
AcquaSaponePaperella, 25/01/2019 16.41:



Wow, sono proprio in super ritardo cronico, quando si dice "meglio tardi che mai"...
Ti chiedo infinitamente scusa, ma non mi ero resa conto che il contest era finito e che ancora non avevo risposto.
Che dire? Sono molto emozionata, hai azzeccato perfettamente tutto quello che volevo dire con questa mia storia e anche la tua valutazione è stata molto "dolce" da leggere, grazie davvero!!! :)
Sono d'accordo con tutto quello che hai detto tu e grazie per avermi lasciato questa bella valutazione.
Non so se l'hai già fatto o se è possibile, ma me la puoi lasciare pure come recensione, mi farebbe piacere. :)



Ciao e grazie per aver risposto! ^^
"Meglio tardi che mai" è uno dei miei motti preferiti, e sono felicissima di leggere la tua risposta anche a distanza di tempo... e mi fa ancora più piacere sapere che la valutazione ti è piaciuta. Vado subito a lasciartela come recensione alla storia ^_-


A presto!
rhys89

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