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Il genitore che denigra l’insegnante deve risarcirgli i danni

Ultimo Aggiornamento: 13/04/2018 20:31
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stop della Cassazione alla denigrazione degli insegnati da parte dei genitori. La Suprema corte con la sentenza 9059, accoglie il ricorso di una maestra messa sotto “tiro” dal padre di un alunno, al quale si erano uniti altri genitori. Una campagna denigratoria in seguito alla quale la maestra, descritta come un “mostro”, era stata sottoposta a visita psichiatrica e ad un procedimento penale per maltrattamenti e lesioni, uscendo indenne da entrambe le prove.

La vicenda era finita anche nelle pagine dei giornali locali che avevano dato ampio risalto alla guerra tra l’insegnante e i genitori. Le aggressioni verbali, che avvenivano anche nel corso delle riunioni genitori-insegnanti, erano culminate con l’invio di un fax, firmato dal bambino ma attribuito al padre, in cui l’alunno accusava la maestra di avergli dato del pazzo, di dire parolacce e di essere bugiarda. Tutto questo non era bastato ai giudici di merito per accogliere la richiesta di risarcimento danni della maestra, respinta sia in primo grado sia in appello, per l’assenza della prova della lesione alla reputazione dell’insegnante. Di diverso avviso la Cassazione che non solo vede la campagna denigratoria nello specifico, ma la vede anche generalizzata nell’attuale momento storico.

L'ALLEGATO
La sentenza
I giudici della terza sezione civile, pur precisando che non è loro compito, sindacare «sul piano etico e sociale, il comportamento dei consociati in una determinata epoca storica», qualche considerazione la fanno, anche ai fini dell’entità del risarcimento. Il giudice civile ricorda che la dimensione della giurisdizionale non è asettica nè avulsa dalla realtà, per questo il giudice civile non può ignorare »il preoccupante clima di intolleranza e di violenza, non solo verbale, nel quale vivono oggi coloro a cui è demandato il processo educativo e formativo delle giovani e giovanissime generazioni». Per la Cassazione il danno c’è e va ora liquidato tenendo conto del «grave e duraturo sentimento sul piano emotivo e relazionale, di disistima, di vergogna e di sofferenza del soggetto leso». La maestra vince dunque l’ultimo grado di giudizio e la Cassazione bacchetta, al suo posto, i giudici di merito che avrebbero dovuto condannare il genitore e non lo hanno fatto.



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