L'assenza - Tom Riddle Sr/Merope Gaunt
Dalle stradine di campagna si alzava una nube di polvere mentre gli abitanti di Little Hangleton rientravano per mangiare, alla ricerca di frescura. Gli allevatori mettevano al sicuro alle loro greggi, gli agricoltori sarebbero tornati solo nel tardo pomeriggio, o di sera, per lavorare. Non pioveva da giorni e l'aria era irrespirabile. Quella doveva essere l'estate più calda degli ultimi trent'anni.
"Fa troppo caldo!" lamentava l'anziana signora Jones al nipotino, un bimbo paffuto che, dal canto suo, non trovava l'afa tanto opprimente ed attendeva solo il momento in cui la nonna avrebbe proclamato l'ora del riposino per sfuggire al suo controllo e tornare a giocare con gli amici.
I signori Robertson e Smith, vicini di casa, nel frattempo si scambiavano notizie sui loro giardini e previsioni del tempo: entrambi infatti speravano piovesse il prima possibile poichè quel sole inclemente stava seccando tutte le piante. Tuttavia entrambi erano compiaciuti, nel loro intimo, osservando come il proprio prato sembrasse stare meglio rispetto a quello dell'altro. Entrambi stavano adottando, inoltre, ogni sorta di trucco per mantenere le siepi, gli arbusti e i gerani nelle loro aiuole al meglio, utilizzando la poca acqua che, a causa della siccità, era loro concessa. Trucchi che, certamente, non avrebbero mai detto all'altro.
Nulla sembrava poter risvegliare la vita a Little Hangleton ed oramai i pettegolezzi sul figlio dei Riddle, scappato con Merope (erano sicuri si chiamasse così?) Gaunt, la figlia del vagabondo pazzo, si erano esauriti.
Marvolo Gaunt era un vecchio di cui molti ridevano di giorno e avevano paura di notte, a causa delle sue continue assurde minacce ed aggressioni verso gli altri abitanti del villaggio, che lui chiamava "babbani". Gli uomini preferivano così nascondere la paura in sorrisi, da ubriachi. Quell'uomo era notoriamente pericoloso, insultava ed alzava le mani contro chiunque avesse l'audacia di avvicinarsi alla sua catapecchia. Nonostante tutto questo, non si riusciva a cacciarli via, lui e i suoi figli.
I bambini erano abituati a sentire fiabe sull'Uomo Nero, il quale, nelle loro fantasie, aveva le stesse fattezze del figlio di Marvolo, Orfin, con la sua aria folle e il suo parlare in una strana lingua. Mary Mills aveva giurato che una volta in cui, per penitenza, si era dovuta avventurare nel terreno dei vagabondi, di aver udito Orfin parlare, facendo strani versi e sibili. Quell'uomo parlava con i serpenti , lo avrebbe giurato sulla vita di sua madre, e loro, questo era lo straordinario, sembravano capirlo.
Nonostante tutte le storie che circolavano su quella famiglia, era una sorta di macabra curiosità a spingere i bambini ad avvicinarsi, sempre molto timorosi, alla catapecchia: quello che vedevano li ricompensava, in un certo modo, e da quel momento nessuno osava spingersi più oltre il cartello che avvertiva la minuscola terra di proprietà dei Gaunt.
Di Merope nessuno parlava: nessuno la notava veramente, non metteva mai nemmeno il naso fuori di casa, era sempre lì , piccola fragile vittima delle pazzie e degli abusi del padre e del fratello.
Il pastore del paese aveva tentato mesi prima di avvicinarsi alla catapecchia, sperando di riuscire a portare pace tra quelle mura. Era entrato dal cancelletto, fatto di assi di legno oramai marce, e percorso il vialetto, senza avere il sentore di un pericolo. Infine, era arrivato alla porta e mentre stava per bussare, vide un fantasma.
O meglio quello che a lui sembrò, a prima vista, un fantasma, come spiegò successivamente alla moglie, e che invece era la giovane Merope: il volto bianco, terreo, i capelli grigi,gli occhi oramai spenti. Le sue mani, sottili e bianchicce, gli facevano segno di allontanarsi. Da dentro sentì le urla del vecchio, il rumore di un mobile pesante che viene rovesciato, la risata del figlio, e così decise di ascoltare il consiglio della ragazza e andarsene, terribilmente impaurito.
Così non vi fu mai uno scandalo più grande, sia nel paese che nella città vicina, quando il giovane Riddle, così avvenente, fuggì con la figlia del vagabondo.
Furono i bambini, che stavano giocando a palla in piazza, i primi ad accorgersi dell' uomo che stava percorrendo la strada principale, gli abiti sporchi ed impolverati, i capelli sporchi e disordinati, il volto tirato, pallido e stanco, come qualcuno che ha dovuto percorrere a lungo sentieri campagnoli e dormire all'addiaccio: Tom Riddle sembrava l'ombra di sè stesso.
Nonostante gli anziani signori Riddle cercarono in tutti i modi di arginare le fughe di notizie, presto tutto il paese seppe che, dopo quasi un anno di matrimonio, Tom aveva lasciato Merope sola a Londra.
Questa notizia, però, già si sapeva.O meglio, nonostante non giungessero molti giornali a Little Hangleton, tuttavia arrivavano i maggiori quotidiani londinesi, ed in uno era apparso un annuncio di matrimonio con due nomi molto familiari. Tuttavia il paese, almeno inizialmente e di fronte agli anziani signori Riddle, preferì credere che si trattasse di uno scherzo o di uno strambo caso di omonimia, piuttosto che fosse avvenuto l'incredibile.
Ma nei loro salotti, nell'intimità di una cena in famiglia, oppure ancora tra amici, non si parlava di altro, formulando le più varie ipotesi, una più fantasiosa delle precedenti.
Così accade anche riguardo il ritorno del giovane Riddle, senza sua moglie. Il giardiniere Frank Bryce, che conosceva Tom da quando era un neonato, giù al pub raccontò quello che aveva sentito raccontare alla magione, aggiungendo ogni volta un particolare o un dettaglio in più che, probabilmente, doveva essergli sfuggito prima -ah, brutta cosa l'età! - e che soddisfava certamente la fantasia del suo uditorio, per quanto si discostasse dalla realtà.
Tom dal canto suo, circondato dagli innumerevoli amici, raccontava la sua versione. Raccontò che la storia del matrimonio era una bugia costruita ad arte dalla figlia del vagabondo pazzo e che lei l'aveva costretto, con artifici di strega, a convivere per un anno intero, in una condizione di semi prigionia, costretto a soddisfarla in tutti i suoi desideri. Poi, finalmente, Tom era riuscito a fuggire ed ad riacquistare la libertà tanto agognata. Dopo aver viaggiato, percorrendo sempre e solo strade secondarie, dormendo all'aperto senza una coperta, mangiando ciò che riusciva a rubare dai frutteti - tanta era la paura che quella donna riuscisse a rintracciarlo - ed era finalmente tornato, sperando di riacquistare un posto nella stima dei genitori e nell'affetto dell'adorata, bella Cecilia.
Quello che Tom preferì non dire mai era che lui, per un anno, Merope l'aveva amata, nonostante non sapesse nè il come nè il perchè. Poi, improvvisamente, gli si erano aperti gli occhi e l'amore era svanito. Non sapeva spiegarsi come avesse potuto provare un amore sì profondo, ma al contempo freddo, che non gli apparteneva realmente. Eppure, come una calamita, egli non riusciva a staccarsi da Merope, voleva rimanere accanto a lei, in maniera ossessiva, patologica, così ora si rendeva conto. Sentiva di aver bisogno che lei gli desse in continuazione prove del suo amore, e sentiva di doverglielo provare a sua volta. Era profondamente insicuro di quella relazione, eppure non avrebbe mai abbandonato sua moglie - la si poteva definire così, dato che una celebrazione c'era stata, i documenti erano stati firmati, nonostante volesse negarlo al paese e ad i suoi conoscenti - ed era stato così fino a quando non aprì gli occhi, quella benedetta mattina. Ricordò di come Merope lo guardasse speranzoso, le braccia strette attorno al suo corpo, i lunghi capelli malamente acconciati, le parole tenere di lei, ed infine gli insulti di lui, le sue grida, la sua fuga precipitosa da Londra...
"Pensavo, Tom... che ora.. sposati, con un figlio in arrivo, tu finalmente provassi dei sentimenti per me."
Aveva confessato la realtà della loro unione solo ai suoi genitori, e temeva che qualcuno della servitù avesse origliato la conversazione e che presto avrebbe cercato di fare il possibile affinchè quel matrimonio venisse reso nullo.
Soprattutto, non volle mai dire che quando l'aveva abbandonata, sua moglie Merope era incinta. E allora? A lui che interessava? Quel matrimonio valeva meno di niente. Sarebbe riuscito presto ad annullarlo e a sposare chi lui desiderava realmente. Merope poteva anche morire, e loro figlio con lei, e lui non se ne sarebbe nemmeno accorto.
La signora Moore, vedova del sergente Moore, eroe nella Grande Guerra, dirigeva da anni una pensione a Londra. Il quartiere in cui si trovava, certo, non era dei migliori, ma la signora teneva moltissimo all'ordine e pulizia del suo piccolo albergo, al decoro delle "ragazze" (un minuscolo gruppo di giovani , spesso orfane, che avevano trovato impiego lì piuttosto che finire, come ragionava la signora, in postacci come accadeva a molte loro coetanee) e che i suoi clienti fossero brave persone.
Non che, ovviamente, potesse sempre capire se chi aveva davanti era una persona onesta ma la vedova aveva grande fiducia nel suo giudizioed era certa di essersi sbagliata rare volte.
La strana coppia che tempo prima si era presentata da lei non l'aveva, ad esempio, convinta del tutto , ma aveva deciso di lasciar correre ed i recenti avvenimenti avevano confermato la sua prima impressione.
Si ricordava la sera in cui era arrivato quel giovane tanto affascinante chiedendole una camera.
"Per due", aveva precisato. La signora Moore lo aveva guardato di traverso. Aveva dichiarato subito che la sua era una pensione rispettabile e mai avrebbe permesso che avvenisse qualcosa di poco lecito.
-Oh, ma non c'è nulla di sbagliato- aveva risposto il giovane scuotendo la bella testa riccioluta -sono qui con mia moglie.
Aveva lasciato cadere sul tavolo i documenti e un certificato che attestava il matrimonio, avvenuto quella mattina, tra Tom Riddle e Merope Gaunt.
La signora Moore si era congratulata con il giovanotto, lui sorridente - "sembrava il ritratto della felicità", aveva sospirato quella sera alla cuoca Marthe, "proprio come io ed il mio Edward"- aveva ringraziato e chiesto il permesso di congedarsi per andare a prendere la giovane sposa, la quale lo stava attendendo fuori.
L'anziana signora disse che mentre attendevano che una camera venisse riordinata per loro, potevano accomodarsi nella sala da pranzo e cenare.
L'uomo era uscito, ringraziando per la disponibilità la signora, e rientrando accompagnava una ragazza giovanissima,ed osservandola la signora non potè non pensare che erano la coppia peggio assortita nel mondo: mentre lui era molto attraente, alto, pieno di vitalità, elegante e raffinato -un giovane, insomma, che ha vissuto sempre nell'agiatezza - lei era terribilmente pallida, aveva i capelli molto lunghi e malamente acconciati in una treccia, e portava un abito grigio e sformato. Era palese che la sua infanzia era stata radicalmente diversa da quella del marito, e Madre Natura era stata molto poco gentile con lei, tuttavia non si poteva non notare, il suo largo sorriso, gli occhi resi brillanti dall'emozione e il leggero rossore sulle gote, che la rendevano quasi bella, quando lui le rivolgeva un sorriso, un gesto dolce o altre piccole attenzioni.
La signora Moore ricordò lei ed Edward, la loro vita matrimoniale prima che lui partisse per la guerra e si trasformasse in un essere fatto di lettere brevi e poi, tragicamente, di cenere; così sorrise ai due sposi, augurando loro ogni felicità.
Quello che sarebbe accaduto, discusse con la cuoca, non se lo sarebbe mai aspettato da quella coppia così profondamente innamorata.
Merope rimase stesa sul letto, priva di ogni forza. La pancia ora le era cresciuta e spesso la rendeva impacciata nei movimenti. Rose, una cameriera della pensione, lentigginosa poco più giovane di lei, si era assunta il compito di portarle in camera i pasti e di provare a convincerla a sistemarsi ed uscire in città. Era un compito che portava avanti felicemente dato che Merope era così fragile, una bambina insomma. La signora Moore non l'avrebbe mai fatto, lei scuoteva la testa, borbottava qualcosa riguardo il defunto marito e "quell'incresciosa vicenda": la partenza, poco prima, del bellissimo marito di Merope tuttavia lasciava che Rose prestasse le sue cure ed attenzioni alla ragazza - soprattutto per lo stato in cui si trovava, di cui odiava vi si facessero accenni...
Quella mattina Rose era salita con la colazione: un bicchiere di latte, delle fette di pane e un uovo, appena deposto dalla gallina, giù nel pollaio; insieme ad una brocca d'acqua calda, affinchè si potesse lavare.
La stanza della signora Riddle era, come sempre, avvolta nell'oscurità. Merope giaceva nel letto, le lenzuola tirate fino a coprirle il viso.
-Tom, sei tu?
Questa domanda veniva posta a Rose ogni mattina, il tono della donna aveva un qualcosa di speranzoso, il corpo accennava a tirarsi su ed una mano bianca si alzava nel buio, verso dove pensava fosse il marito...
-No, signora, sono solo Rose, la cameriera. Vi ho portato la colazione.
Di nuovo il corpo si buttava sul letto, la mano ricadeva sul fianco, sgraziata.
Rose posò il vassoio sul tavolino ed aprì gli scuri alla finestra.
-Signora, dovreste proprio alzarvi ed uscire a fare una passeggiata in città: oggi è una giornata splendida!- le avvicinò la tazza e il pane - E dovreste proprio mangiare. Fatelo per la creatura, per favore, signora! - Rose, era evidente, si faceva meno scrupoli della signora Moore a parlare della gravidanza.
E continuava con un chiacchiericcio che sapeva già essere inutile, intervallato da alcuni singhiozzi di Merope, sperando sempre di tirarle su il morale. Mise l'acqua in un accanto al caminetto, avvicinò a Merope la tazza di latte e raccolse il vaso da notte dal pavimento.
-Egli tornerà, ne sono certa. - disse infine. - I litigi tra innamorati sono molto frequenti, sa? Io ho un amico e litighiamo spesso, tuttavia io gli voglio molto bene.
Merope la guardò come se non l'avesse mai vista, come se quella non fosse la giovane che ogni mattina le portava i pasti, la maggior parte dei quali ritornava intatto in cucina. Bevve un sorso di latte, poi allontanò la tazza.
-Sul serio tornerà di nuovo? E mi avrà perdonata?
Rose dubitava che, qualunque cosa fosse accaduta tra i due, lui potesse tornare. Quando l'aveva visto andare via era assolutamente infuriato, mai si era visto un uomo così. Era sceso giù, gridando parole incomprensibili, era confuso ed irato, agitava le braccia tanto da spaventare l'anziana signora Rikes, che stava sempre nel salotto a lavorare all'uncinetto. Era uscito con il soprabito, non aveva nemmeno il cappello, ed il colletto alzato. Non aveva salutato nessuno e non aveva udito nemmeno la vedova che gli aveva chiesto che fosse successo. Era molto diverso dall'uomo che era venuto, quasi un anno prima, chiedendo una stanza per sè e per la moglie, dicendo che avevano pochissimo da offrire ma che avrebbero fatto del loro meglio.
-Lui deve tornare - riprese Merope, un occho rivolto verso il muro di fronte, l'altro da tutt'altra parte, ma senza riferirsi a qualcuno in particolare - deve tornare per il nostro bambino, io.. io non posso dargli un futuro, non ho denaro, niente. E Tom deve perdonarmi. Io lo amo così tanto.
Accanto a lei c'era un cappello marrone, da uomo, che prese tra le mani ed iniziò ad accarezzare con dolcezza.
-Ti amo così tanto, Tom, perdonami, se puoi. Per l'amore del cielo, fallo! Io non ho niente... niente per questo figlio. Ho solo il medaglione di famiglia, affinchè egli sappia quali sono le sue origini, le più nobili. Egli è destinato ad essere grande, è l'erede di Serpeverde e soprattutto è figlio tuo. Ha bisogno dell'amore di un padre. Oh, Tom!....
Rose non seppe più che fare. Il discorso si fece sempre più incoerente. Riusciva solo a pensare che quella donna sembrava tutto tranne l'erede di una famiglia importante, come invece diceva. Probabilmente era diventata completamente pazza a causa della solitudine.
Infine, Merope nascose nuovamente il viso sotto le lenzuola.
-Tornerò... tornerò più tardi, con il pranzo e il vostro vaso da notte pulito - farfugliò Rose, socchiudendo gli scuri. Ed uscì nuovamente.
Rimasta sola nella stanza scura Merope raggiungeva quasi un mondo da sogno. Le arrivavano i rumori dalla strada, talvolta anche dalla casa, ma aveva imparato ad ignorarli. I momenti in cui entrava quella figura, una giovane come lei, erano gli intervalli tra un sogno ed un altro. Solo quando se ne andava Merope riusciva ad alzarsi, sbocconcellare una fetta di pane, lavarsi. Vedeva Tom lì accanto a lei, tornato, finalmente, di nuovo innamorato di lei. Era come quando lui l'aveva lasciata: bello, alto, i bei riccioli castani e la rughetta al centro della fronte.
"Mangia, amore" gli diceva lei "devi aver fatto un lungo viaggio per essere tornato tanto velocemente a Londra" Sistemava i cuscini su una vecchia poltrona "Mettiti qui, così starai finalmente comodo" . Lo accarezzava, nel buio.
Cercava di ricreare il loro passato. Perchè un passato, tra loro due, c'era stato, un amore, c'era stato. Loro erano una famiglia, lo erano anche legalmente. Gliel'aveva spiegato Tom, gentilmente, prima che firmassero i documenti che avrebbero reso ufficiale la loro unione. Quel bambino che lei aspettava non aveva niente che non andasse: era frutto di un amore tanto puro quanto profondo. Merope sapeva che le parole, gli insulti che suo marito le aveva rivolto erano nati da un'incomprensione: Tom non pensava veramente quelle cose, il suo Tom soprattutto.
In quei momenti, la sua fantasia non aveva più limiti; diversamente succedeva quando vivevano ancora a Little Hangleton e lei era ancora soggetta alla furia di suo padre, nonostante a lungo immaginasse passeggiate e tenere parole appena sussurrate era limitata, guardava da lontano Tom e quell'altra ragazza, e capiva quale fosse il suo destino. Non poteva avvicinarsi a loro poichè lei non apparteneva al loro mondo.
Invece, quando vennero a prelevare suo padre e suo fratello per portarli ad Azkaban, tutto per lei era cambiato: erano finiti i divieti e gli abusi, le violenze, gli accenni a qualcosa per lei sgradevole; per una volta era stata felice del suo sangue magico, del creare un filtro d'amore potente tanto da spingere Tom ad abbandonare l'agio della famiglia e di una vecchia fiamma per lei, nonostante tutto ciò che aveva sempre creduto Marvolo riguardo le sue capacità.
Che valore poteva avere,realmente, quel filtro? Le aveva solo dato il Tom che lei voleva, quello vero, che non la guardava, arrogante e disgustato da lei, quello che l'amava. Somministrandoglielo, era sicura di fare la cosa giusta, e che l'amore che lei provava poteva essere sufficiente per entrambi. Ma poi si era lasciata inebriare dagli eventi e dalla gravidanza, ed aveva smesso di dargli da bere il filtro.
Così suo marito era fuggito, ma nonostante ciò, quello che era accaduto nei mesi passati era stato reale: ricordava il passato, ricreava a suo piacimento un presente e cercava di plasmare il suo futuro. Per quei brevi momenti viveva realmente, e viveva attendendo solo quei momenti. A scandire il tempo c'era solo l'arrivo della ragazza.
Tutto era possibile: Tom che tornava, ma perchè era partito? Ovviamente si era recato a Little Hangleton, ma non perchè di colpo non l'amasse più. Probabilmente aveva ricevuto una lettera dalla sua famiglia (doveva averla ricevuta per posta la mattina stessa in cui se n'era andato, ma non aveva voluto mostrarla alla moglie, vergognandosi della grettezza della sua famiglia), la quale fermamente si opponeva all'unione tra il rampollo della famiglia più in vista al paese e la figlia del vagabondo. Si, era andata così e Merope sapeva che l'antico lignaggio della famiglia, discendente da Salazar Serpeverde in persona, poteva essere al pari dei Riddle.
Si vedeva alzarsi e scrivere una lettera, indirizzata ai suoceri, in cui spiegava le sue origini e lo stato in cui si trovava. Si immaginava ritornare Tom, più innamorato ed appassionato. La sua famiglia ricomposta, finalmente e per sempre unita, protetta dalle sofferenze che avrebbero potuto causare Marvolo ed Orfin.
Magari sarebbe tornato l'indomani: invece della ragazza, a portarle la colazione sarebbe stato lui. Lei decise in quel momento non avrebbe mai più lasciato la sua camera, doveva attendere Tom. Perchè lui sarebbe tornato, avrebbe varcato di nuovo la soglia della loro camera in quella pensioncina londinese.
Dalla strada le giunse una musica prodotta da un organetto. Un motivetto allegro, un'ottima atmosfera per la ricongiunzione della sua famiglia. Aprì un poco la finestra per sentire meglio la musica, ma il musicista se ne stava già andando. Il suo sguardo spaziò sulla città e si soffermò dove sapeva si trovasse Diagon Alley.
"Che bella città, eh Tom? Che bel futuro ci aspetta..." sorrise.
Fu un sorriso fugace, prima che Merope si rinascondesse nell'oscurità, prima che il sole uccidesse quelle sue fantasie, che, come i sogni, si potevano concretizzare solo al buio - che diceva? Non erano fantasie, era un piccolo assaggio di un migliore avvenire, si ripetè.
"Sapevo che provavi dell'affetto per me, Tom"
Il sole fu lentamente oscurato da un banco di nuvole e una pioggia leggera cadde sulla città e poi ancora più giù, attraverso le crepe sul manto stradale ed i tombini, barriere che non le avrebbero impedito di fermarsi, e di scendere sempre giù, fino al più profondo cuore della Madre Terra.