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La caldaia delle Streghe

Ultimo Aggiornamento: 16/07/2017 10:05
16/07/2017 10:05
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LA CALDAIA DELLE STREGHE
Pasubio, 1916. I due eserciti contrapposti non riescono a scalzarsi a vicenda. Sulle cime del Massiccio, la guerra si è incagliata e le truppe italiane accusano varie perdite conseguenti anche ad azioni di cecchinaggio. Un tiratore in particolare, tremendamente preciso nel colpire a freddo, sta seminando autentico terrore.
Al sergente Luigi Bicchi viene affidata una missione speciale con ampia discrezionalità. Egli sente il peso insopportabile di un passato da cui vuole liberarsi e sa che dall’esito delle sue azioni dipenderà molto del suo futuro e del destino dei suoi compagni.
“La caldaia delle streghe” di Saverio Mirijello (AttilioFraccaro Editore, Bassano del Grappa) è un romanzo d’azione che ha per sfondo la Grande Guerra.
“Un tiratore passa molto tempo in compagnia di sè stesso. Deve stare seduto, accucciato o sdraiato, molto a lungo, ha tempo per pensare a tante cose, se vuole. I suoi occhi devono alternativamente fungere da spie animali di un essere concentrato e sospettoso. Deve impadronirsi dell’attesa per evitare che essa diventi distruttiva. Una disattenzione, seppur breve, può risultare irrimediabile.”
In una lunga caccia all’uomo che finirà col riguardare anche lui, il tiratore scelto del Regio Esercito trascorrerà molto tempo in compagnia dei pensieri, soprattutto quando la vita sembrerà sfuggirgli. Chiamato a dare il meglio delle sue capacità per riuscire nel compito ricevuto, prima del nemico Bicchi dovrà fare i conti con un altro antagonista.
“Fu lassù che mi convinsi definitivamente di come la montagna non si sia mai assoggettata agli uomini, ma ne abbia sempre evidenziato i
limiti e premiato le capacità.”
Aggirandosi tra le quinte minerali del Pasubio, il cecchino italiano conoscerà un ambiente estremo in cui prima dei fatti bellici contano la sopravvivenza e l’equilibrio tra la natura e ogni individuo.
“Le forze della natura si abbattevano sulla montagna con inaudita potenza, annunciandosi col suono di rulli giganteschi. Mentre i profili del Pasubio assumevano una sinistra tonalità e il vento impetuoso prendeva a scorrere sollevando o abbattendo qualsiasi ostacolo, ci sentivamo sempre più indifesi. Non c’era nulla che sovrastasse la pietra, soltanto la nostra illusione di riuscire a dominare gli eventi.”
Nei tragici mesi della Grande Guerra, anche sul Massiccio la vita di tutti i combattenti è appesa a un filo molto sottile.
“La montagna non divide gli uomini, ma li unisce nella sofferenza e li migliora nell’introspezione di sé e della vita. E’ con la montagna che ci si confronta veramente. Vivendo quel paesaggio, compresi che ci sono tante cose da imparare su noi stessi, non soltanto contemplando dall’alto suggestivi panorami, ma osservando anche gli spigoli delle rocce più aguzze. La montagna forma un modo di guardare, di ascoltare, di sentirsi; restituisce esattamente la misura di ciò che si è. Lassù incontrai ciò che più aveva senso per la mia esistenza. Lassù, prima ancora dei miei compagni, prima ancora di coloro contro i quali ero stato chiamato a combattere, conobbi me stesso.”
L’esperienza in quota del protagonista maturerà attraverso tutti gli eventi che si succederanno e che metteranno a dura prova la sua resistenza fisica e psicologica.
Sarà così la guerra, e tutto ciò che essa smuove, ad attraversare Luigi Bicchi, che misurerà sé stesso incontrando l’umanità di tanti uomini con la vita tragicamente in sospeso, come la sua.
“La prossimità dell’azione spaventava per lo snervamento prodotto dall’attesa che, essendo noi tutti esasperati, avremmo voluto riempire con qualunque tipo di espediente. Nonostante questo, nei profondi e lugubri silenzi dei trinceramenti, i problemi essenziali della vita si imponevano come un’esigenza immediata. Quel dover lottare ogni istante contro la morte, quel dover sopravvivere per mesi e mesi sull’orlo di un insondabile mistero, se da una parte acuiva l’istinto di conservazione che giungeva talvolta alla disumanità, dall’altra avvicinava ogni uomo alla comprensione dei veri valori della vita. Si trattava di una forte affinità con gli altri combattenti che nasceva da un dolore comune: sia il supremo egoismo, sia l’estrema generosità erano condizionati da uno spietato realismo che ci trasformava di volta in volta in traditori o in eroi.”

vedi l'articolo in La Domenica di Vicenza
http://ladomenicadivicenza.gruppovideomedia.it/a_ITA_6612_1.html
[Modificato da Gira60 18/09/2017 18:38]
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"Sarai mondo..se monderai lo mondo!"
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