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Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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I Vizi Capitali di Don Giuseppe Tomaselli

Ultimo Aggiornamento: 10/06/2017 09:44
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10/06/2017 09:41


IRA

Il quarto vizio capitale è l'ira o collera, che può definirsi, in senso stretto, come il desiderio disordinato della vendetta. Considerata in senso largo, la collera è una viva commozione dell'animo, che ci fa respingere con forza e sdegno ciò che ci dispiace.

Qualche volta la collera non è peccato; questo avviene quando è conforme alla retta ragione. Un esempio l'abbiamo nel Vangelo. Gesù trovò nel Tempio i profanatori; allora prese il cingolo, ne fece come un flagello e con esso battè i profanatori, mandandoli fuori dalla Casa di Dio.

Anche quando la collera è conforme alla retta ragione, potrebbe divenire peccato, più o meno grave, per quello che si fa durante l'ira o per il modo con cui si fa. Nella collera infatti si può peccare o perché si punisce chi non merita, o perché si punisce più gravemente che non comporti la colpa, o perché si ha di mira più la vendetta anzichè la correzione del colpevole, o perchè si esagera nella maniera di adirarsi.

Da ciò ne segue che è meglio non arrabbiarsi mai, piuttosto che arrabbiarsi giustamente, poichè è difficile mantenersi nei giusti limiti.

 

Simile alla pazzia.

Chi è pazzo, parla ed opera senza riflettere; può recare del male a se ed agli altri. Non è però responsabile del suo agire. Chi si lascia dominare dalla collera, finché è in preda alla passione, è come un pazzo: non sa ciò che dice o fa. Quante stranezze si commettono nella rabbia! Si battono i piedi, si tirano i capelli, si mordono le mani, si bestemmia, s'impreca, si getta addosso al primo che capita ciò che si ha fra le mani, sì ferisce il prossimo e si può anche dargli la morte. Cessata la rabbia, il collerico suole restare umiliato e dice a se stesso: Ma cosa ho fatto?... Guarda un po' a che estremi sono arrivato!... Ah! questi nervi! Invece di pentirsi dopo, è meglio pensarci prima e non montare in collera.

Il collerico è di tormento agli altri ed a se. Guai a contrastarlo! Ne sanno qualche cosa le spose ed i figli, quando hanno da fare con il capo di famiglia assai nervoso. Sono ingiurie, minacce e botte! La presenza del collerico in casa tronca il sorriso dei familiari.

Chi facilmente monta sulle furie, vive nell'inquietudine, credendo che tutte le cose avverse capitino proprio a lui; pensa e ripensa i torti ricevuti, torti che a volte sono immaginari; suole avere la mente eccitata, per cui si rende inquieto lo stesso sonno.

Questi caratteri sono simili alle pentole in ebollizione; basta un poco più di calore ed ecco saltare il coperchio e riversarsi l'acqua; è necessario togliere legna dal fuoco, oppure aggiungere nella pentola un poco d'acqua fresca.

Al collerico si devono togliere le occasioni che possano eccitarlo; gli si fa così un vero atto di carità.

Quando si mantiene il dominio di se, si vede meglio la situazione delle cose e si possono prendere delle decisioni prudenti.

Invece il nervoso, alterandosi, non può vedere chiaramente, non è in grado di valutare le circostanze e facilmente può sbagliare negli affari d'importanza.

La nervosità è madre della precipitazione. Si sa per esperienza che la precipitazione è causa di tanti e tanti sbagli.

Il danno maggiore che arreca questo vizio, è quello spirituale, perché durante la collera si sogliono commettere diversi peccati, con i pensieri, con le parole e con le azioni.

 

PAZIENZA

La virtù della pazienza è molto magnificata dal Signore. Infatti Gesù dice: Beati i mansueti, poichè essi possederanno la terra!

Queste parole significano che chi è paziente può divenire padrone del cuore degli uomini, è stimato dagli altri e benedetto da Dio.

Inoltre Gesù vuole mettersi a modello della pazienza e proclama a tutti gli uomini: Imparate da me, che sono mite!

 

Pazienza con se stessi.

La pazienza è necessaria a tutti e sempre. Non mancano le occasioni in cui essa viene messa alla prova. Si deve esercitare questa virtù prima di tutto con noi stessi. Essere pazienti significa frenare la commozione dell'animo o mantenere in calma le potenze spirituali e sensitive. Non è sempre facile conservare il dominio di se stessi e mostrarsi sereni quando avviene qualche contrarietà. La padronanza di se si acquista con un continuo esercizio e con l'aiuto della preghiera.

San Francesco di Sales aveva un'indole rabbiosa; sin da fanciullo si propose di correggersi e riuscì ad avere un grande dominio di se.

La pazienza deve farci sopportare i nostri stessi difetti. Tutti abbiamo delle deficienze e per conseguenza cadiamo in molti mancamenti. Anche quando commettiamo uno sbaglio, non dobbiamo arrabbiarci. Del resto, cosa giova adirarci quando lo sbaglio è avvenuto? Invece, dopo un mancamento, dobbiamo con calma dirci: Questa volta ho sbagliato; starò più attento in seguito.

E' bene comportarsi così anche quando si commettono gravi colpe morali, poiché taluni, facendo il proposito di non cadere più in un dato vizio, si ritengono sicuri di sé, e, se per casa mancano, s'indispettiscono, perdono il coraggio e forse depongono il pensiero di migliorarsi.

 

Pazienza. col prossimo.

Il pretendere che nessuno manchi verso di noi, è assurdo. Coloro con i quali abbiamo da trattare, sono come noi ripieni di difetti e conseguentemente ci dispiacciono in molte cose. Ognuno ha i propri gusti e le proprie vedute, ed è difficile trovare due che se la intendano perfettamente. A questo si aggiunge anche l'antipatia, che suole ingrandire i difetti del prossimo.

Dato questo, è necessario avere una buona dose di pazienza, per vivere in discreta armonia in famiglia ed in società. Per riuscire, è bene partire da questo principio di carità cristiana: Come voglio essere io sopportato e compatito nei miei difetti, così devo sopportare e compatire il prossimo.

 

I pensieri.

Giova fare qualche riflessione d'indole pratica.

Tu, ad esempio, provi risentimento e rabbia interna verso una persona per il suo fare scortese e nervoso. Per compatirla, tieni conto dell'indole sua forse irascibile, dei dispiaceri, che forse avrà avuto in famiglia per cui è esasperata; tieni conto pure della sua età, perchè ad un certo periodo della vita l'organismo è logoro ed il sistema nervoso ne risente gli effetti; tieni ancora conto dell'educazione che avrà avuto nell'infanzia. Insomma hai da tenere presenti tante cose, per non arrabbiarti nella tua mente contro il prossimo.

 

Le parole.

Quando si perde la pazienza, è la lingua a prendere il sopravvento. E' necessario perciò frenarla, tenendo, se fa bisogno, la bocca chiusa quando si è trattati male e si sente già la fiamma della collera. Di certo questo è ottimo rimedio! Si cominci a parlare quando, passata la prima eccitazione interna, si riconosce di poter conservare la calma nelle parole e nelle opere.

L'Imperatore Augusto era d'indole collerica; avendo da trattare con ogni categoria di persone, era sovente nell'occasione di perdere la pazienza. Conosceva la necessità di dominare i nervi, ma non sempre vi riusciva. Domandò consiglio al filosofo Atenodoro. Questi gli rispose: Imperatore, se tu senti la rabbia e vuoi subito parlare, comincia a recitare le lettere dell'alfabeto greco; quando avrai finito, comincerai a parlare; ti troverai bene.

Il rimedio era molto buono, poiché recitando lentamente le lettere dell'alfabeto, la mente si distraeva un poco, il sangue circolava con più regolarità, i nervi si calmavano e così dopo era facile dominare la lingua e parlare con serenità e prudenza.

A tutti sarebbe utile questo rimedio. Però i Cristiani, invece di recitare le lettere dell'alfabeto, farebbero bene a dire lentamente il « Padre Nostro » o « 1'Ave Maria »; in questo modo, oltre a calmarsi prima di parlare, si può pregare per chi ha mancato.

 

Un Parroco.

Celebrandosi qualche Matrimonio, era solito un Parroco rivolgere la parola ai novelli sposi, raccomandando l'accordo ed il compatimento vicendevole. In particolare diceva: Ogni volta che tra voi due sta per avvenire qualche contesa o diverbio dovete subito dire: « Rimandiamo la contesa a domani! Per ora non ne parliamo affatto! ». La mattina seguente, o sposi, voi non penserete più alla contesa, oppure se vi penserete, farete tutto con calma.

Non solo gli sposi, ma tutti dovrebbero seguire questa norma. Quanti dispiaceri e quanti peccati si potrebbero evitare!

 

La risposta dolce.

La risposta dolce rompe l'ira. Parlando aspramente a chi è in collera, non si ottiene niente, anzi lo si irrita di più. Se gli si parla dolcemente e con garbo, naturalmente il collerico resta disarmato. Viene a proposito il proverbio: Si prendono più mosche con una goccia di miele, anziché con un barile di aceto.

Il Santo Curato d'Ars aveva convertito alla fede cattolica una donna ebrea. Il marito di essa, pure ebreo, montò sulle furie e si presentò al Santo con un coltello in mano, minacciando:

Siete voi, gli disse, colui che ha pervertito mia moglie? Sono stato io a convertirla! ... Cosa volete adesso? Son venuto per strapparvi un occhio con questo coltello! Quale volete strapparmi, il destro o il sinistro? Vi strappo l'occhio destro. Allora mi resterà il sinistro per guardarvi ed amarvi! Vi strapperò anche il sinistro! Mi resterà il cuore per amarvi e vi aiuterò in ciò che potrò!

A queste parole, improntate a calma e dolcezza, l'ebreo da leone diventò agnello e sentì il bisogno d'inginocchiarsi davanti al Santo Sacerdote per chiedergli perdono.

La pazienza cristiana non solo modera la lingua, ma tiene a freno tutti i sensi del corpo. Cosa vale non aprire bocca quando si è arrabbiati, se poi si alzano le mani, oppure si scaraventano a terra sedie, bottiglie od altro?

Bisogna sforzarsi di non apparire arrabbiati, anche quando l'animo è turbato assai. Il fare certi gesti sgarbati e sprezzanti, il guardare con occhio bieco, il sorridere sarcasticamente ... sono cose contrarie alla virtù della pazienza.

 

Norme pratiche.

Credo di fare cosa utile ai lettori, presentando norme pratiche da seguire in famiglia e fuori. Metterò sott'occhio alcune categorie di persone. Voglio sperare di contribuire in tal modo alla pace domestica di certe famiglie ed al loro bene spirituale.

 

Gli sposi.

La convivenza dell'uomo con la donna nei primi mesi dopo la celebrazione del Matrimonio, non è difficile; il loro affetto in quel primo tempo suole essere grande e quindi facilmente si compatiscono. Coll'andare del tempo, gli sposi manifestano apertamente il loro carattere e per conseguenza cominciano le dolenti note; l'uomo vuole comandare e la donna pure; l'uno vuol sempre ragione e l'altra non vuole mai torto; lo sposo alza la voce e la sposa grida; lui minaccia e lei si avventa.

Se non c'è pazienza, la vita degli sposi diviene un purgatorio e qualche volta un vero inferno. I fiori dei novelli sposi diventano spine e forse anche chiodi. Questa è la ragione per cui si domanda da taluni la separazione legale.

Perchè ci sia la pace, è necessario che gli sposi conoscano il vicendevole carattere; conosciutolo, facciano di tutto per non toccare i lati deboli.

Tu, o donna, sai che il marito non vuole essere contrariato? Cedi subito, anche con tuo sacrificio! Sai che egli ha un dato gusto e gli piace quel modo di pensare e di agire? Fa' di tutto per accontentarlo, prevenendo anche i suoi desideri! Se tu agisci così, lo sposo ti apprezzerà di più ed anch'eglì si sforzerà di fare altrettanto con te.

Tu, o sposo, ti accorgi che la consorte qualche giorno ha la luna a traverso? Sai che quando si altera non vede più dagli occhi? Compatiscila in quel giorno, non irritarla di più, togli ogni occasione di contrasto! Tu forse dici: Ma io sono il capo di casa! Io devo comandare ... e la donna mi deve stare soggetta! Hai ragione; però non dimenticare che la sposa è compagna e non serva e tanto meno schiava. Ama la tua donna come te stesso e perciò compatiscila!

Ci vuole lo spirito di sacrificio e l'aiuto del Signore. è bene quindi che gli sposi, dicendo le preghiere del mattino o della sera, recitino anche un Padre Nostro con questa intenzione: « Per la pace in famiglia ». Chi persevera in tale preghiera, presto ne vedrà i buoni frutti.

 

Correzione fruttuosa.

Un operaio aveva il vizio di bere troppo, specialmente il sabato sera. La moglie era stanca di convivere con lui. A vederlo ritornare barcollante in casa, a sentirlo bestemmiare e vomitare ingiurie e parolacce ... provava i brividi. Questo non era tutto. Sovente il marito nell'ubriachezza rompeva qualche cosa e rovesciava le sedie; alla fine si sdraiava e si addormentava a terra.

La sposa sopportava sino ad un certo punto; ma dopo montava sulle furie e lo rimproverava aspramente. Finita la tempesta, quando cioè il marito si era addormentato a terra, con grande fatica lo prendeva di peso e lo metteva a letto; dopo rassettava la camera e finalmente si coricava. L'indomani riprendeva i rimproveri contro il marito per quello che aveva fatto la sera precedente. L'uomo, non ricordando niente perchè la sera era in balia del vino, non faceva caso dei rimproveri, anzi rispondeva con una risatina. La cosa non poteva più durare.

Un giorno la donna ebbe la felice idea di chiedere consiglio ad un Sacerdote; ebbe un buon suggerimento e si affrettò ad attuarlo.

La prima sera che il marito era rincasato ubriaco, non gli rivolse la parola, anzi lo lasciò libero di fare. Nel bollore del vino, il misero uomo afferrò il lume e lo buttò a terra; rovesciò il piccolo tavolo su cui era la cena e tutto andò a male, minestra, piatti e bicchieri; in ultimo, come al solito, si addormentò sul pavimento. Questa volta la moglie si contentò di guardare; subito dopo andò a letto, senza rassettare la camera e lasciando il marito a terra. L'indomani mattina si svegliò l'uomo ed a vedersi in quello stato, chiamò la donna; questa con calma gli disse: Dunque cosa desideri? Come mai mi trovo qui a terra?... Ho le ossa rotte! ... E questo tavolo perché è rovesciato? E questi, piatti ed i bicchieri?... Guarda quanta minestra per terra!... La moglie rispose: Sono i miracoli che fai tu quando ritorni a casa ubriaco! Sono stato io a fare questo? Proprio tu! ... Se vuoi continuare ad ubriacarti, continua pure; ma ti lascerò tutta la notte a terra.

Quando il marito constatò con i propri occhi il male che proveniva dall'ubriachezza. propose fermamente di correggersi e poco per volta ci riuscì.

Questo episodio insegna che tra gli sposi è necessaria la mutua correzione; questa però si deve fare con calma e prudenza; soltanto allora è fruttuosa.

 

I genitori.

Hanno i genitori la missione di educare i figlioli. Il compito dell'educazione è delicato e non tutti i genitori sono all'altezza di soddisfarlo. Tuttavia, chi desidera avere dei figli docili e virtuosi, faccia di tutto per bene educarli.

Taluni credono di educare bene i figliuoli rimproverandoli per ogni piccola cosa, alzando spesso la voce in atto di minaccia ed adoperando con frequenza la verga. Con i figliuoli, specialmente di tenera età, ci vogliono piccoli richiami; quando ciò non basta, si dà loro un piccolo castigo, consistente nel privarli di un atto di benevolenza o nel negare loro un piccolo piacere.

Quando ciò non fosse sufficiente, si ricorra a qualche piccola minaccia; in casi estremi si ricorra alla verga. Ma anche in questo caso procurino i genitori di essere giusti, cioe' proporzionino il castigo al grado di colpevolezza dei figli.

Molte mancanze dai bambini si commettono per irriflessione o per leggerezza. Dice San Paolo: Voi, o genitori, non provocate all'ira i vostri figliuoli! Quando un figliuolo si vede punito piu' del giusto, si arrabbia contro i genitori, dice loro parole ingiuriose e qualche volta si avventa.

Dunque i genitori siano pazienti, frenino la lingua non pronunziando ingiurie ed imprecazioni e moderino l'uso della verga o delle mani.

Non dimentichino che anche loro un tempo furono fanciulli e che forse mancanze ne fecero piu' dei loro figliuoli.

 

I figli

Iddio ha dato un comandamento> "Onora il padre e la madre". I figli hanno percio' il dovere di amare, ubbidire e amare i genitori.

Quando i figli sono piccoli, danno piccoli dispiaceri; divenuti grandi, danno grandi dispiaceri. Facciano di tutto per alleggerire al padre ed alla madre il peso della famiglia; usino con loro modi delicati e parole dolci.

Fanno tanto male quei figli che rispondono con insolenza ai genitori, o li trattano da uguali e peggio ancora.

La pazienza maggiore si deve avere con i genitori avanzati in età. Quando comincia la vecchiaia, sogliono essi divenire ciarlieri ed irrequieti; quando la vecchiaia è inoltrata, diventano alle volte come i bambini, per il modo di fare e di pensare; vogliono essere subito accontentati nei loro piccoli desideri e fanno anche dei capricci. In queste circostanze si riconoscono i buoni figliuoli, se cioè trattano con pazienza ed amore le due creature che rappresentano Iddio nella famiglia.

Pazienza molto grande devono avere i figli, allorchè il padre e la madre si ammalano. I genitori sogliono assistere i figli ammalati con un amore particolare, sino all'eroismo; i figli invece perdono la pazienza, se hanno da assistere i genitori infermi e possono arrivare al punto di desiderare ad essi la morte.

 

I fratelli.

Amor di fratelli, dice un proverbio, amor di coltelli. Questo può avvenire quando si tratta di dividere i beni dei genitori. Tra fratelli e sorelle d'ordinario c'è la benevolenza, ma difficilmente c'è la pazienza. Si paragonano infatti i fratelli e le sorelle ai cani ed ai gatti, che si bisticciano di frequente.

Si dovrebbe fare di tutto perchè tra loro regni la pace, tenendo lontane le parole ingiuriose ed impedendo che alzino le mani.

 

Parenti e vicini.

La pazienza si suole perdere con le persone con cui si ha più da fare. Le relazioni tra parenti e vicini sogliono essere frequenti e per conseguenza si presentano spesso le occasioni di dissensi. Per conservare l'armonia, si stia attenti a non far conoscere le faccende intime della propria famiglia e nello stesso tempo non si metta il naso negli affari intimi altrui.

Quando sorge un contrasto, si faccia morire subito, non parlandone più. Ricevuto uno sgarbo oppure un'offesa, si ricambi il male con un favore, per fare comprendere che si perdona generosamente, vincendo il male con il bene. Questo sistema è fonte di merito e di pace.

 

Padroni e servi.

Grande carità e pazienza dovrebbe regnare tra padroni e persone di servizio. I padroni, pur esigendo il giusto servizio, trattino con garbo i dipendenti. è già un'umiliazione grande il dovere servire gli altri; non si aggravi quest'umiliazione con le maniere superbe e con le parole irritanti. Pensino i padroni: Se per un rovescio di fortuna dovessi andare io a servizio, come vorrei essere trattato? Dunque, è giusto che io tratti bene il personale dipendente! Quanti padroni purtroppo maltrattano i servi, strapazzandoli come se fossero delle bestie o degli stracci!

I servi siano sottomessi ai padroni per amore di Dio e si mantengano umili in tale stato, anche per scontare i peccati. Sopportino i difetti dei padroni specialmente se nervosi o vecchi, e siano loro di esempio nell'esercizio della pazienza. Una persona di servizio paziente è un rimprovero continuo ai padroni collerici e superbi; essa per la sua virtù vale molto di più dei suoi padroni, ai quali è inferiore solamente per il portafoglio.

 

Gl'insegnanti

Una particolare pazienza si richiede negli insegnanti. Se chi insegna è paziente, non si guasta il sangue, è più stimato dagli alunni e riesce con più frutto nell'istruzione. Se al contrario non sa dominare i nervi, è di cattivo esempio per le parole offensive che dice e fa progredire poco nello studio o nell'arte.

Per lo più gl'insegnanti sono nervosi, per effetto di stanchezza mentale; è perciò necessario che si facciano molta violenza per non perdere la pazienza. Per istruire i piccoli si richiede una pazienza superiore; con essi si adoperi il sistema della madre, che è sistema di amore, di comprensione e di grande compatimento.

 

Pazienza in tutti gli eventi.

Quando capita una disgrazia, una malattia, una perdita, ecc.... è inutile arrabbiarsi. Anche quando si desse libero sfogo alla collera, con bestemmie, parolacce ed imprecazioni, non si aggiusterebbe niente. Come comportarsi in simili eventi? Fare di necessità virtù! Dire subito con calma: La disgrazia è avvenuta; la croce l'ho addosso. Se mi arrabbio, la croce rimane lo stesso, anzi si fa più pesante; è meglio prendere tutto in pazienza ed a penitenza dei peccati. Signore, sia fatta la vostra volontà!

Si smarrisce un oggetto. Perché montare in collera? Forse facendo cosi', si troverà più presto? E' ridicolo il pensarlo. Cosa fare allora? Senza inquietarsi, fare di tutto per rinvenirlo e rivolgersi a Dio per aiuto. Un Padre Nostro recitato con devozione e con fede a Sant'Antonio spesso toglie dall'imbarazzo.

S'inciampa e si cade; ci pestano un piede; ci urtano per inavvertenza ... è il caso di arrabbiarsi? Cosa se ne guadagna? è meglio sopportare con merito quel poco di molestia.

Il sole dardeggia; un giorno piove a dirotto; il vento soffia con furia; le mosche od altri insetti ci danno noia ... Conviene perdere la pazienza? Forse imprecando contro il vento o le mosche, si riesce ad accomodare la partita? Oh, no certamente!



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