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01/09/2017 11:45 | |
BellaLuna
Game of Survival
[Primo classificato]
100/100
Grammatica e stile: 23/25
Lo stile di questa storia è estremamente elegante, ha una semplicità tremendamente efficace, è diretto e incisivo, impreziosito da elementi molto curati. Ho apprezzato molto l’uso del presente, sono dell’idea che per l’angst sia il tempo migliore, perché permette meglio l’immedesimazione e i continui e fugaci salti nel passato, elemento irrinunciabile di una buona introspezione. Descrivere al presente uno scenario cupo e devastato come quello del Mirai permette di respirare quell’aria, di guardare in giro insieme ai protagonisti, come se si fosse presenti lì, intrappolati in un’attualità soffocante, in cui tutto è morto e non si sa se, nel futuro, ci saranno possibilità di redenzione.
Mi è piaciuto il modo in cui due frasi ritornino ossessivamente nel testo con alcune variazioni: «Ha visto in un campo di battaglia guerrieri senza nome morire senza fare rumore su cumuli di macerie» e «[...]una stanza vuota, vicino alla sua, alle fine del corridoio del secondo piano, lì dove una volta un principe ramingo, venuto dallo spazio, aveva finalmente trovato il suo posto». Queste frasi si ripetono, in un loop che non sembra avere mai fine, in frasi diverse, in momenti molto diversi del tempo. La ripetizione, alla lunga, può suonare fastidiosa ma è proprio per questo che ne ho apprezzato così tanto l’uso, perché riproducono alla perfezione la potenza disturbante dei pensieri intrusivi, che si ripresentano all’infinito riuscendo sempre a ferire, trovando sempre il modo di accoltellare con il dolore che provocano.
Mi sono molto piaciuti i due pensieri iniziali di Bulma, espressi fra parentesi, sono stati molto intensi e sono suonati, nel loro essere separati dallo scorrere normale della narrazione, come delle vere e propria urla gridate sott’acqua.
Lo stile è perfetto, vivido nei punti giusti, perfetto nel fornire descrizioni realistiche del mondo distrutto che è il Mirai, ancora migliore nel sottolineare i pensieri dei personaggi.
Ho apprezzato particolarmente anche l’uso del corsivo per evidenziare parole importanti o per dare un’intonazione sarcastica, si è rivelato molto efficace.
Ci sono alcune imprecisioni, abbastanza giustificabili data l’elevata lunghezza del testo, che ti segnalo: «Non gli lascerò prendere anche lui!» >> «Non lascerò che prendano anche lui»; «Non c’è rimasto più niente.» >> «Non è rimasto più niente.»; «masse di gente che, come animali in preda al panico, si riversava nei supermercati» >> sostituire con «riversavano», il soggetto è plurale; «camminava verso di lui» >> sostituire con «cammina» errore di tempo verbale; «È un flacone di Biochetina Z-122 ha darle l’idea.» >> togliere quell’H immediatamente!!; la maiuscola in “Jeans” non dovrebbe esserci; «neve che scende giù a lievi, sì, ma comunque gelide ondate» è un po’ troppo colloquiale dato il resto del testo, così come «qualcosa che ha a che fare le auree saiyan e blablabla»; «e pure» >> «eppure»; «su» >> “su”; «Finché avrò vita... non gli permetterò di vincere» >> «non permetterò loro di vincere»; «mischiandosi con in loro» >> volevi dire forse «mischiandosi con il suo»?; «unisolo» >> «unisono»; in «un origine» >> manca l’apostrofo.
In generale comunque, lo stile di questa storia è bellissimo, evocativo al punto giusto e allo stesso tempo tagliente, non si perde in eccessive digressioni ma avanza come un treno in corsa, creando un substrato perfetto per il genere angst. Veramente perfetto.
Uso della traccia: 15/15
L’uso della traccia si è rivelato molto particolare, nel senso che hai compiuto una scelta parzialmente diversa da altri autori, non hai implementato la traccia riproducendo nel testo le varie frasi e agganciandole ad un contesto che fornisse loro un senso nella storia, ma tutta la tua storia è una riproduzione dell’estratto, ampliato, portato alla vita in un modo nuovo. Mi è piaciuto particolarmente perché la tua storia, anche per la lunghezza, diventa una creatura a sé stante, con una proprie identità, ma che nonostante questo è intessuta dello stesso mood malinconico e colmo di forza di Ghosttown, del suo ritmo circolare e triste, ma soprattutto dei suoi concetti.
Ghosttown parla della persistenza dell’amore in un mondo ostile, di un sentimento che sfida l’apocalisse e vince sulla morte, che sopravvive in ogni circostanza. Nella storia questo concetto viene incarnato da più personaggi: sono Bulma, Trunks e Gohan ad essere una famiglia, isolati in un mondo in cui non esiste più nulla, in cui il dolore e la miseria hanno spazzato via l’umanità. Sono loro le anime vive in un mondo di fantasmi, ancora profondamente vivi, con un barlume di speranza di poter un giorno riscattare l’umanità intera. Sono Bulma e Trunks, sopravvissuti alla morte di Gohan, che si stringono ancora di più nel loro legame, la speranza sempre più vivida, resa anche oggetto dalla creazione della Macchina del Tempo.
E nel finale, in senso lato, sono anche Bulma e Vegeta, i cui spiriti si ritrovano su quel campo di battaglia in cui tutto è finito, per un ultimo, straziante, saluto.
Trama: 20/20
Da un punto di vista teorico la trama si colloca come un Missing Moment di ciò che abbiamo visto nello speciale di Dragon Ball dedicato alla storia di Mirai Trunks, si appoggia ad eventi classici per stravolgerli, illuminarli in una nuova veste, una veste realistica, fatta di carne, di sangue, di lacrime e della infinita devastazione di un mondo in cui tutto è stato veramente distrutto.
Non sembra affatto un cartone animato, mi ha molto colpito il realismo della tua rappresentazione, al punto che ne sono rimasta impressionata: per la prima volta mi è sembrato di vedere davvero l’orrore della dimensione Mirai, inaccettabile sulle prime, perché siamo abituati a vedere un Dragon Ball in cui alla fine va sempre tutto bene, gli erori uccidono i cattivi e i morti vengono resuscitati.
Qui, invece, tutto è al contrario. L’immagine di Bulma che seppellisce a mani nude i corpi dei morti è veramente intensa ed è molto azzecato il suo sporcare di fango e sangue il completo firmato di Trunks: è una metafora azzeccata della decadenza, della fine del lusso, il suo status, la ragazza viziata e presuntuosa fissata con l’aspetto fisico e la bellezza hanno smesso di esistere su quel campo di battaglia.
Lo stesso campo in cui il suo cuore si è spezzato e al suo posto è sorta una spada, un’altra metafora del suo nuovo stato: non vi è più spazio per le frivolezze, tutto è divenuto veramente un gioco di sopravvivenza, un gioco in cui non può più permettersi di fallire. Sono tutti morti, morti di fronte alla sua impotenza, compreso l’uomo che amava e non c’è modo di tornare indietro. Solo di andare avanti, riponendo la speranza in Trunks.
La descrizione della decadenza della città, dello stato in cui si trovano i pochi superstiti, è veramente efficace e mi è rimasta in testa come un tarlo, me lo sono immaginato come uno scenario cyberpunk, marcio e devastato.
È bellissimo anche il modo in cui Bulma ritrova la speranza, un incontro fortuito che cambierà tantissime vite, per tutta la cascata di conseguenze che avranno la costruzione della Macchina del Tempo e la guarigione di Goku nella dimensione parallela: non è stata una riflessione morale fatta a tavolino, l’esito di una masturbazione etica, ma la constatazione pratica che l’umanità esiste ancora, che commuove ancora nelle sue potenzialità, che merita ancora di essere salvata, che c’è ancora del bene sepolto sotto tutta quella devastazione, che c’è ancora un futuro che vale la pena di essere salvato.
La scena della chitarra è qualcosa di meraviglioso, un momento dolce in un mare di angst, un momento di distorta vita quotidiana in cui non si fa che evidenziare che nella dimensione Mirai tutta la gioia è stata risucchiata via, come fatta a pezzi, la gioia di essere vivi, di cantare e di suonare, di divertirsi insieme, al punto che Trunks non sa neppure che cosa sia. La scelta di introdurre questo momento in cui Bulma e Gohan cantano insieme una canzone di fronte allo sguardo estasiato di Trunks, insieme a quello della fotografia polaroid, momenti sentimentali e a tratti comici, tinti di quella risata liberatoria che si fa dopo aver pianto, è veramente struggente e non spezza il ritmo dell’angst, ma al contrario lo aumenta, moltiplicandone la potenza. Perché sappiamo com’è andata a finire, sappiamo che anche Gohan alla fine è morto, togliendo un’altra gamba all’instabile famiglia di Bulma.
Il finale della storia è uno dei più belli che io abbia mai letto, un incontro veramente emozionante, vivido in un modo che non avrei mai creduto possibile. Era necessario, per il personaggio di Bulma, chiudere anche quella parentesi prima di poter finalmente andare, poter finalmente dire ciò che si è tenuta dentro per tutta la vita, ciò che non ha mai dimenticato. Non so come esprimere la mia ammirazione per questo bellissimo finale.
Una domanda che mi è sorta spontanea è il perché tu non abbia incluso nei personaggi anche Chichi, che sappiamo essere viva nello speciale su Trunks, insieme allo Stregone del Toro: da cosa mi è sembrato di capire in questa storia Gohan, Trunks e Bulma sono una vera e propria famiglia, gli unici rimasti dell’originario gruppo. Questa è una piccola deviazione dall’opera originale, un piccolo What If, che si unisce al piccolo What If presente nel finale, quello che permette l’incontro finale fra Bulma e Vegeta. Questa tua visione personale dell’Inferno, in cui Vegeta essendo un’anima dannata è condannato a vagare in eterno nel luogo è stato ucciso, è veramente molto affascinante, straziante al punto giusto, mi ha emozionato profondamente. Queste due piccole... licenze esulano un po’ dalla dicitura Missing Moment e forse andavano accompagnate dall’avvertimento What If.
Caratterizzazione dei personaggi: 30/30
L’introspezione che hai realizzato di Bulma è qualcosa di stupefacente.
È realizzata in modo molto fine dal punto di vista psicologico e la rappresentazione che hai dato del trauma è veramente perfetta: Bulma rimane traumatizzata quel giorno, ciò che accade su quel campo di battaglia, dall’aver visto tutti i suoi amici e Vegeta morire senza aver potuto fare niente per impedirlo. Rinchiude metaforicamente tutto quel dolore nella stanza da letto di Vegeta, un dolore non risolto, che rimane come un bolo indigesto nella sua psiche, al punto che è incapace di ripulire quella stanza, di togliere gli oggetti da come sono stati lasciati. Bulma non può permettersi di vivere quel dolore, perché ha Trunks da crescere, perché c’è Gohan che è ancora un ragazzino, perché è l’unico adulto rimasto che possa prendersi cura dei due bambini e questa corazza infrangibile che Bulma costruisce intorno al proprio cuore, divenendo una donna più cinica e indifferente, le permette di sopravvivere ma al tempo stesso le impedisce di parlare a Trunks di suo padre e degli altri suoi amici caduti in battaglia, perché quel bolo è ancora lì, pieno di spine, da elaborare.
Trunks diventa così un vero e proprio simbolo di rivoluzione, l’unica ragione che mantiene in vita Bulma e Gohan: è veramente meraviglioso quando dici che loro sono già morti, caduti anche loro su quel campo di battaglia. Ed è ancora migliore il fatto che anche Trunks, infine, debba morire metaforicamente insieme a Gohan, per poi riuscire a raggiungere il massimo della propria forza, diventare fisicamente la speranza che darà origine ad un’altra linea temporale in cui tutte le disgrazie sono state corrette.
Hai caratterizzato benissimo anche Gohan, che nonostante tutto il marcio del mondo e il dolore di aver perso tutto rimane una persona buona e altruista, dal cuore pieno di amore verso il prossimo, ho apprezzato molto anche la sequenza in cui Bulma cerca di fermarlo, in cui viene sottolineato il di lei egoismo: è così dannatamente realistico questo punto di introspezione. E poi... l’incontro finale con Vegeta... l’unica occasione per dire all’uomo che ha sempre amato ma con cui non ha mai avuto una possibilità concreta che lei sapeva, che in un altro mondo sarebbero potuti essere una famiglia. Questo mi ha colpito molto, Bulma ha sempre creduto in lui, profondamente, anche quando nessuno voleva farlo, anche quando tutti si ostinavano a dirle che era pazza... e qui ha continuato a crederci per il resto della sua vita, traumatizzata nel ricordo di un uomo che sappiamo essere, in potenza, l’amore della sua vita, ma che ha perso prematuramente. Non rimane che una reunion veramente commovente, in cui Vegeta è caratterizzato perfettamente, nelle sue risposte secche, asciutte, nell’ombra di malinconia e solitudine nel suo sguardo... insomma, ho avuto l’impressione di trovarmi di fronte ad una perla rara, i personaggi sono tutti talmente ben approfonditi, talmente realistici nei loro dubbi e nelle loro contraddizioni, da diventare solidi, complessi, persone vere.
Titolo e impaginazione: 4/5
Troppi spazi fra i paragrafi, sarebbe stato meglio dividerli soltanto nei momenti veramente significativi perché risulta un po’ antiestetico.
Gradimento personale: 5/5
Ogni volta che ho letto questa storia ho pianto. E ti assicuro che non è per niente facile commuovermi, non piango per i film d’amore e la maggior parte delle volte anche quelli drammatici mi lasciano indifferente. Ma questa storia è qualcosa di più, ai miei occhi è una storia il cui angst è talmente potente da sconvolgermi e da emozionarmi, da farmi venire tante domande, tante considerazioni sulla vita. Ho molto da imparare da te, dalla tua capacità di emozionare così tanto, di commuovere nel profondo. Sono rimasta molto impressionata, specialmente dal finale. Inoltre volevo anche complimentarmi perché avevo già letto tue storie in passato, eri già brava ma trovo che tu sia migliorata enormemente.
Totale: 97/100
Bonus Ambientazione: +5 (Universo Mirai)
Punteggio definitivo: 100
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