@Aoi_chan
Aoi, e meno male che eri solo un po’ alterata… Tenterò di spiegarti il perché della valutazione.
Siamo d’accordo, la frase: “tutto ciò che brilla sotto la luce del sole.” non ha errori grammaticali e la parola “sotto” è una tua legittima scelta. Te l’ho segnalata perché in un testo molto corto, una dicitura “diversa” salta all’occhio. Così è successo a me e sono ancora convinta che “alla” sia la scelta più corretta. Forse il mio italiano è limitato ma “sotto la luce del sole” non si brilla, “alla luce del sole” sì; le frasi, per quanto simili, sono diverse nel contenuto. A maggior ragione se, come mi spieghi, Padmé rappresenta tutto quello che hai scritto.
Assolutamente d’accordo con te nello stabilire che la tua scelta (e/o stilistica, funzionale, dialettale, ecc.) non sia un errore grammaticale, ma non si vive solo di quelli e benché sia piuttosto naturale pensarlo, quando si parla di errori non sempre ci si riferisce alla grammatica.
A proposito dell’ossimoro scrivi: “il concetto che volevo esplicitare era che, appunto, per quanto sia così immenso e pieno di forme diverse, l'universo ha in sé una sua ragion d'essere, e comunque un suo ordine che io ho collocato nella Forza, l'energia che sarebbe tessuto stesso di questo cosmo, che unisce in sé ogni cosa. Lo scopo era di sottintendere questo concetto con poche parole,” che è quello che hai scritto nella flash: “Lo spazio è un guazzabuglio di forme, colori e identità differenti. È irregolare, asimmetrico – eppure perfetto.
Il tessuto della realtà è pregno di Forza, questa dà senso e ordine ad un universo disarmonico e disarticolato; [tutto è Forza].” dove l’ossimoro non solo non serve, ma crea un momento d’interruzione nel filo del discorso: proprio per la sua peculiarità di essere una contraddizione in termini che crea un paradosso, il cervello del lettore si ferma a ragionarci sopra distraendosi. Il risultato finale è stato leggere una frase che sarà pure un ossimoro quanto gli pare, ma è un ossimoro che non serve a niente perché non fa il proprio lavoro (hai già scritto il significato) e, perdendo la sua funzione, si riduce a una frase che non ha senso ed è per questo che è un errore.
Mi fai presente che: “anche quella frase che tu reputi impropria, non ha grammaticalmente NESSUN errore, e in teoria andrebbe intesa retoricamente.”, ma, in teoria, dovresti essere tu che scrivi a farmela intendere come vuoi che venga intesa, non sono io lettore che devo andare il cercare il significato di quello che volevi dirmi; e, per chiarezza, ho scritto “impropria” (e ti ho spiegato il perché) non “errore grammaticale”.
Qui mi scrivi: “E non capisco neanche perché quella frase, interrotta, non ha senso. È chiaro che siano comunque un'unica frase che va presa nella sua interezza, tu non fai mai delle pause quando parli?” e ti rispondo che sì, le faccio le pause quando parlo… ma qui stiamo scrivendo e non parlando e m’insegni che il linguaggio parlato convenzionale (a volte con vizi dialettali, verbi coniugati semplicemente, diverso approccio in base a chi abbiamo di fronte, ecc.) è ben diverso dal linguaggio scritto, anche quando si tratta di discorsi diretti.
Che la frase fosse unica l’avevo già detto, ma quando si scrive una frase in più parti non si tronca mai con la virgola e non si comincia mai l’accapo con la lettera minuscola. Tu puoi intenderle intere quanto vuoi, ma se le tronchi con la virgola e le riprendi con l’accapo minuscolo commetti degli errori di punteggiatura.
Hai ragione, spezzare le frasi è normale (che non trovi, come sostieni con assoluta certezza, “in qualsiasi testo” – io tendo a non metterle, ad esempio), certo, ma va fatto nel modo corretto; non puoi aspettarti che le regole delle virgole e delle maiuscole si pieghino a tuo favore perché hai deciso che è giusto come pensi tu.
La frase è interessante e secondo il mio parere spezzarla l’ha indebolita molto, non ha la resa e l’importanza che dovrebbe avere e, che a te piaccia o no, fa risaltare la virgola e la minuscola ancora di più.
La frase: “Non ho mai rimpianto, neanche una volta, d'averti incontrata,” scritta così ha senso ma fino a un certo punto perché non avendo un proseguo il tutto diventa aleatorio. L’altra: “perché in realtà, per tutta la mia vita, non ho fatto altro che aspettarti.” mi lascia comunque in difficoltà: la minuscola non va bene, la frase è accapo, da sola senza contesto, il collegamento è qualche riga sopra; insomma, non trovo un grande senso in tutto questo.
Troncarle e riprenderle con virgola e minuscola ha ridotto la frase in frasi più piccole che non hanno il senso che dovrebbero avere. Gli errori di punteggiatura sono stati fatti e non ho un modo diverso per dirlo.
Ho fatto riferimento alle note in fondo alla storia perché quello che hai scritto di Anakin e del suo amore è spiegato più approfonditamente e meglio lì che non nel testo.
La scelta del titolo ti è stata suggerita da un’associazione di idee: Apollo, Sole, Luce, Lato Chiaro e ci sta, ma è una deduzione che può non risultare immediata (“Apollo” apre troppe strade davanti a sé) e ciò espone il titolo ad essere interpretato dopo aver letto la storia e non prima come dovrebbe.
Secondo me, la scelta di usare poche parole (119) ti ha penalizzato e, non scherziamo, non ho mai messo in dubbio la conformità della tua flash; non l’ho scritto da nessuna parte.
Come non ho scritto da nessuna parte “errori grammaticali” anche se ciò ti ha personalmente offeso. In uno scritto esistono vari tipi di errori, non solo quelli grammaticali, e tu, secondo me, li hai commessi.
Renditi conto che non ti ho mai dato della sgrammaticata, anche perché non l’ho scritto da nessuna parte, e che non ho mai messo in dubbio la legittimità della tua flash, che è un’altra cosa che non ho scritto da nessuna parte.
Credo che non aspettandoti quel risultato tu abbia reagito in modo forte: “errore grammaticale” ripetuto tante volte, lettere maiuscole che se non sbaglio sono grida, un atteggiamento reiterato di lesa maestà, addebito improprio di bollatura (perché mai avvenuta); palesi scherno chiedendomi, ironicamente o meno, se conosco gli ossimori, se faccio pause quando parlo; metti in dubbio le mie capacità cognitive quando “accetti che io non abbia capito cosa volevi dire”, presupponendo, senza ombra di dubbio, che l’errore sia mio.
So che non ce l’hai con me personalmente, non mi conosci, ma è pur vero che ti sei rivolta a me. La mia valutazione non accenna ai tuoi errori in modo polemico, mai, e credo che la verve con la quale hai risposto e con la quale chiedi spiegazioni sia immotivata. È un peccato, davvero, perché ti sei sentita offesa e non ne avevi motivo. Mi dispiace che il lavoro che ho fatto non ti sia tornato utile, ma non so cos’altro dire.
Not yet, maybe tomorrow.