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17) Max Liebster (1915 - 2008)
alst.org
paese: Germania
Riferimento nella letteratura Watch Tower: Torre di Guardia 1/4/1979 pag. 20-24
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A Max Liebster si fa spesso riferimento, oltre che come marito di Simone Arnold, forse la più celebre testimone di Geova vessata da regimi dittatoriali (insieme a Leopold Engleitner) e titolare dell'omonima fondazione, per la doppia condizione (comune ad altri cristiani) di perseguitato in quanto ebreo e in quanto testimone di Geova.
Figlio di un modesto ciabattino e devoto ebreo, finite le scuole era stato mandato dalla famiglia a lavorare nel negozio di abbigliamento dei cugini a Viernheim. Subito dopo la notte dei cristalli non era riuscito a seguire i cugini nella loro fuga verso gli Stati Uniti. Arrestato l'11 settembre del 1939, fu recluso in ben cinque diversi campi di sterminio: Sachsenhausen (ove suo padre sarebbe morto nel 1940), Neuengamme, Auschwitz, Buna e infine Buchenwald, dove conobbe la sua ultima prigionia prima della liberazione ad opera degli americani. I suoi compagni di detenzione testimoni di Geova (aveva conosciuto un fratello durante uno dei trasferimenti in treno verso i lager) gli diedero cibo, rifugio, soccorso, e, soprattutto, la speranza che più di ogni altra risorsa gli consentì di sopravvivere alle durissime condizioni di 'vita' a cui fu costretto durante i sei anni del suo calvario, che pure gli procurò danni fisici permanenti.
Questo è uno stralcio del resoconto del giorno della liberazione, estratto dalla Torre di Guardia 1/4/1979 a pag.21. L'articolo, riportato per intero più avanti in questa scheda, narra le disavventure sia di Liebster che della sua futura moglie Simone Arnold.
Il 12 aprile, quando infine Buchenwald fu preso, vi si trovavano solo venti o trentamila prigionieri, mezzo morti di fame. Uno spettacolo raccapricciante anche per dei soldati induriti fu quello che si presentò loro entrando in questo campo: i corpi morti ammucchiati come cataste di legna fuori delle baracche. Dentro c’erano dei ripiani, non dei letti, su cui giacevano le forme emaciate di quelli che riuscivano ancora a respirare. I visi e i corpi erano avvizziti e secchi, e molti erano così deboli che potevano appena girare gli occhi. Avevano subìto alcune delle più brutali torture. Harold Denny, corrispondente del Times di New York, dice che fu ‘informato di punizioni inflitte dalle SS così depravate e oscene che non potrei mai riferirle tranne che all’orecchio di altri uomini’.
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Max Liebster con la moglie Simone, mentre mostra il braccio con il proprio numero di identificazione come internato.
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Liebster è fra i testimoni di Geova più noti e riferiti a proposito della persecuzione nazista. Sotto si può vedere ad esempio un articolo del Viernheimer Tageblatt del 29 luglio 2008 (l'anno della sua morte), con una sua foto da ragazzo.
alemannia-judaica.de
E' anche fra i fedeli ai quali la Watch Tower ha dedicato maggiore spazio nella propria letteratura: è citato almeno sei volte fra il 1979 ed il 1996. Nel 2003 ha dato alle stampe un libro autobiografico: Crucible of Terror: A Story of Survival Through the Nazi Storm ( link).
Pagina sul sito dell' United States Holocaust Memorial Museum:
encyclopedia.ushmm.org/content/en/id-card/max-liebster
Pagina del sito Triangoli Viola:
www.triangoloviola.it/maxstor.html
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Esperienza di Max Liebster (Torre di Guardia dell'1/4/1979 pagg. 20-24) - CLICCA PER VISUALIZZARE
Grati della liberazione
Narrato da Max Liebster
FU ALL’IDDIO di Abraamo che gridai dal profondo della mia angustia quando, a 24 anni, mi trovai privo della libertà per la sola ragione che ero ebreo. Nella cella della prigione di Pfortzheim nella Foresta Nera, in Germania, mi ponevo ogni sorta di domande sul genocidio degli ebrei che stava avvenendo nella Germania nazista.
Giunse poi il gennaio del 1940. I miei compagni di prigionia ed io fummo trasferiti in treno al campo di sterminio di Sachsenhausen-Oranienburg. Fummo ammassati in carrozze trasformate in molte piccole celle per due. Spinto a calci in una di esse, mi trovai di fronte un prigioniero dagli occhi pieni di serenità. Era lì per il suo rispetto verso la legge di Dio, avendo scelto la prigione e forse la morte piuttosto che spargere il sangue di altri uomini. Era un testimone di Geova. Gli avevano portato via i figli, e sua moglie era stata giustiziata. Si attendeva di condividerne la sorte.
Durante quel viaggio di 14 giorni le mie preghiere furono esaudite, poiché fu proprio durante quel viaggio verso la morte che trovai la speranza della vita eterna. Ma quasi miracolosamente non morii! Nei successivi cinque anni e quattro mesi sopravvissi alle torture di cinque diversi campi della morte, incluso quello spaventoso di Auschwitz, in Polonia.
In funzione giorno e notte, le camere e i forni a gas di Auschwitz assassinarono ed eliminarono oltre 10.000 vittime al giorno! Si calcola che nel breve tempo di funzionamento del campo furono uccise 4.000.000 di persone o più, per la maggior parte ebrei. Quando vi arrivai nel 1943, Auschwitz funzionava già come campo di sterminio.
Sotto la direttiva del campo principale di Auschwitz funzionavano una trentina di campi di lavoro. Certi giorni quando arrivavano i prigionieri, le SS sceglievano uomini giovani per rifornire questi campi. Io fui scelto e inviato a Buna dove si stava costruendo una fabbrica per la produzione di gomma artificiale. Da questo campo di lavoro, ogni mattina quelli che non ce la facevano più a lavorare erano condotti alle camere a gas per lo sterminio.
BUCHENWALD
Infine, nel gennaio del 1945 fui trasferito a Buchenwald, un campo situato in mezzo ai boschi, cinque chilometri a nord-ovest di Weimar, in Germania. All’approssimarsi delle truppe americane il comandante del campo decise di sterminare tutti gli ebrei. Dovevano essere trasportati in treno fino a una fossa comune, quindi fucilati dopo averla scavata. Nel mio convoglio c’era un altro ebreo di nome Heikorn, che a Buchenwald aveva accettato le verità bibliche insegnate dai testimoni di Geova.
Nel trambusto che ci fu sulla banchina della stazione, ci ritirammo dietro una catasta di legna per leggere e meditare sulle poche pagine del libro biblico di Rivelazione che erano in possesso di Heikorn. E benché sembri incredibile, nello scompiglio che seguì le guardie si dimenticarono di noi!
Stemmo lì fino al calare delle tenebre. All’improvviso giunse un annuncio da un altoparlante: ‘Tutti i testimoni di Geova vadano all’Isolato N. 1’. Ubbidimmo alla chiamata e vi trovammo 180 Testimoni. Alcuni giorni più tardi fummo liberati dalle truppe americane.
Liberazione! Com’era meraviglioso essere liberi! Quelle ore della nostra liberazione furono davvero memorabili. Consolazione, come si chiamava prima Svegliatevi!, narra a questo riguardo nel numero del 19 dicembre 1945:
“Il 12 aprile, quando infine Buchenwald fu preso, vi si trovavano solo venti o trentamila prigionieri, mezzo morti di fame. Uno spettacolo raccapricciante anche per dei soldati induriti fu quello che si presentò loro entrando in questo campo: i corpi morti ammucchiati come cataste di legna fuori delle baracche. Dentro c’erano dei ripiani, non dei letti, su cui giacevano le forme emaciate di quelli che riuscivano ancora a respirare. I visi e i corpi erano avvizziti e secchi, e molti erano così deboli che potevano appena girare gli occhi. Avevano subìto alcune delle più brutali torture. Harold Denny, corrispondente del Times di New York, dice che fu ‘informato di punizioni inflitte dalle SS così depravate e oscene che non potrei mai riferirle tranne che all’orecchio di altri uomini’”.
La mia salute rimase danneggiata permanentemente, ma ero grato d’essere vivo. La lunga prova in un campo della morte dopo l’altro mi aveva solo rafforzato nella mia precedente risoluzione. Allora avevo detto: ‘Se Dio mi fa uscire da questa fossa di leoni servirò esclusivamente lui’. Così, subito dopo la liberazione, mentre ero ancora a Buchenwald, fui battezzato insieme a Fritz Heikorn. Da quel giorno a oggi mi sono sforzato d’essere fedele a Geova. Da quando mi sono sposato nel 1956, questa è stata la risoluzione mia e di mia moglie, Simone.
SOPRAVVISSUTI ALLA PERSECUZIONE NAZISTA
Simone era cresciuta in Alsazia, provincia della Francia orientale, vicino al confine con la Germania. I suoi genitori divennero testimoni di Geova poco prima che l’opera di predicazione dei Testimoni vi fosse proibita nel 1939. Simone fu battezzata da suo padre, Adolphe, nel 1941, quando aveva solo 11 anni. In seguito, il 4 settembre 1941, il padre fu prelevato dalla Gestapo sul luogo di lavoro e la famiglia non lo rivide che quasi quattro anni dopo, nel 1945.
Adolphe sopportò ogni sorta di prove durante la sua prigionia. Per esempio, gli dissero che se firmava una lettera di ripudio della sua fede gli avrebbero dato un ottimo impiego di disegnatore, e gli avrebbero restituito la moglie e la figlia. Ma se rifiutava, sua moglie sarebbe stata arrestata e la figlia portata in una casa di correzione. In seguito, fu percosso selvaggiamente fino a perdere i sensi e ci vollero parecchie ore prima che si riprendesse.
Simone e sua madre, Emma, non furono arrestate immediatamente, e continuarono l’opera clandestina di testimonianza. “Insieme al fratello Koehl”, mi spiegò Emma, “andavamo a ritirare La Torre di Guardia alla nuova frontiera fra l’Alsazia e il resto della Francia. Quindi era tradotta in tedesco e infine ciclostilata. In questo modo i fratelli di lingua tedesca dell’Alsazia e di Friburgo, in Germania, ricevevano il cibo spirituale”.
Tenuto per breve tempo nella prigione di Mulhouse, verso la fine del 1941 Adolphe fu quindi trasferito nel campo di concentramento di Schirmeck, in Alsazia. Quindi fu portato nell’infame campo di concentramento di Dachau vicino a Monaco, in Germania. A partire dal 1943 la situazione di tutti i prigionieri di Dachau migliorò e fu loro permesso di ricevere pacchi di cibo.
“Un giorno mangiavo dei biscotti inviatimi da Emma”, mi disse una volta Adolphe. “Notai che erano stranamente duri. All’improvviso capii che stavo masticando della carta; nei biscotti erano nascosti dei messaggi!”
Emma attendeva con impazienza di ricevere la lettera trimestrale di Adolphe di appena 12 righe. Come fu sollevata e felice di udire che aveva ricevuto le “vitamine”!
Adolphe disse che poté sopravvivere perché la situazione dei testimoni di Geova era migliorata. Ma poi ricevette un altro colpo. Gli giunse la notizia che Simone ed Emma erano state arrestate. “Ero profondamente preoccupato”, mi disse. “Poi un giorno, mentre facevo la fila per la doccia, udii una voce che citava Proverbi 3:5, 6: ‘Confida in Geova con tutto il tuo cuore e non t’appoggiare al tuo proprio intendimento. In tutte le tue vie riconoscilo, ed egli stesso renderà diritti i tuoi sentieri’. Sembrava l’eco di una voce proveniente dal cielo. Era proprio quello che mi ci voleva per riacquistare l’equilibrio”. In effetti la voce era quella di un altro prigioniero che citava questa scrittura.
Pur essendo ancora molto giovane, anche Simone dovette affrontare dure prove. Avendo difeso i principi cristiani fu espulsa dalla scuola superiore. Fu interrogata sotto luci accecanti. Due “psichiatri” tentarono di procurarsi informazioni riguardo al luogo da dove veniva La Torre di Guardia e dov’era la macchina da stampa clandestina. Essa lo sapeva, per cui pregò Geova con fervore di aiutarla a non tradire. Quando stava sul punto di crollare, l’acuto squillo del telefono interruppe bruscamente questa difficile seduta.
Infine, il 9 luglio 1943, Simone fu arrestata da due assistenti sociali e portata alla casa di correzione nazista di Wessenberg, a Costanza, in Germania. La madre, Emma, riuscì a prendere lo stesso treno per accompagnarla. Ma poi, nel settembre del 1943, anch’essa fu arrestata.
Emma fu messa nel campo di concentramento di Schirmeck in Alsazia. Al suo arrivo le ordinarono di rammendare degli indumenti militari, ciò che rifiutò di fare. Fu gettata in segregazione cellulare nel seminterrato della prigione dove rimase sette mesi. Ne era uscita solo da breve tempo quando vi fu riportata per aver dato testimonianza ad altre detenute. Trascorse altri tre mesi in quel posto terribile. Ma durante tutto questo rimase ferma nella fede.
Nel frattempo, la sorella di Emma, Eugenie, rimase libera, e fece il possibile, rischiando la vita, per aiutare gli altri familiari. Mi disse: “Fu un privilegio provvedere all’invio a Dachau dei pacchi di cibo contenenti brani della Torre di Guardia, e una volta al mese far visita a Simone in Germania. Mi ero conquistata la fiducia dei direttori della casa di correzione e così ottenni per Simone il permesso di accompagnarmi a fare qualche passeggiata. Questo mi diede l’opportunità di studiare La Torre di Guardia con lei. Pareva che le autorità fossero state accecate da Geova, poiché erano del tutto ignare che avevo a che fare con i testimoni di Geova. Potei far visita a Simone 13 volte nei 22 mesi della sua detenzione. E feci giungere a Emma in prigione informazioni su come stava la figlia”.
Infine Adolphe fu trasferito nel campo di concentramento di Mauthausen, in Austria. Poi, nell’inverno del 1944-45, fu mandato a Mauthausen-Ebensee. I contatti con la famiglia all’esterno furono completamente interrotti. A questo riguardo, Simone osserva:
“Non soffrii mentalmente quando la nostra famiglia fu divisa. Tenevo presente l’esempio di integrità dei miei genitori. Spesso mi venivano in mente le parole della mamma: ‘La prova della nostra fede è un privilegio e un buon addestramento’. Non avevo mai visto i miei genitori perplessi davanti alle prove, né avevo mai visto la mamma piangere. Quando dovetti comparire ripetutamente dinanzi alle autorità, ricordai che i cristiani perseguitati sono uno spettacolo per le persone di fuori. Era come se, dietro i miei persecutori, vedessi degli angeli che mi incoraggiavano. Prima di lasciare la mamma pregammo insieme, poi cantammo un cantico alla lode di Geova. Sentivo su di me la forte mano protettiva di Geova.
“Sola nella gelida e severa atmosfera della casa di correzione, imparai a camminare con il solo appoggio di Dio. E quando pregavo, pensavo che anche le preghiere dei miei genitori salivano ai cieli, e mi sentivo come se pronunciassimo un’unica preghiera. Dentro di me sentivo lo stesso calore provato durante la mia infanzia, seduta sulle ginocchia di papà o rannicchiata vicino alla mamma. Da allora sono passati gli anni, ma Geova non cambia mai. È un Dio di salvezza”.
RIUNIONE E PERSEVERANZA
Fu davvero un’occasione commovente quando alla fine della guerra Simone e la famiglia si riunirono. Avvenne nel loro appartamento di Mulhouse. L’edificio era intatto mentre tutt’attorno era solo rovina e desolazione.
“La gratitudine che sgorgava dai nostri cuori per tale incredibile liberazione faceva passare in secondo piano le difficoltà materiali”, mi disse Emma. “Ritrovata la libertà di predicare la ‘buona notizia’ ci pareva di camminare — o piuttosto di pedalare — per aria, poiché non era insolito percorrere in bicicletta 60 chilometri per trovare le ‘pecore’ di Geova. Avevamo poco dell’essenziale, ma i nostri amorevoli fratelli degli Stati Uniti, per mezzo della filiale della Watch Tower Society a Parigi, ci provvidero abiti e altro aiuto materiale. Fu la prova di come l’organizzazione di Geova ha cura di noi, come farebbe una madre”.
Poco dopo la liberazione, quando Simone aveva solo 17 anni, rifiutò un ottimo lavoro di disegnatrice insieme al padre, per esser libera di fare la pioniera. Quindi, poco dopo essersi riunita alla famiglia, Simone ripartì per andare a predicare nel territorio assegnatole. Come sono felice del suo zelo cristiano, poiché per questo nel 1952 fu invitata a Galaad e io potei conoscerla e in seguito sposarla!
La nostra famiglia ha avuto ricche benedizioni. Abbiamo potuto aiutare più di 250 persone a schierarsi dalla parte di Geova. Alcuni sono ora anziani, altri prestano servizio in case Betel, come sorveglianti di circoscrizione, pionieri e missionari. Quindi insieme a molti altri possiamo far eco alle parole del salmista biblico: “Benedirò di sicuro Geova in ogni tempo . . . mi liberò da tutti i miei spaventi. . . . Oh magnificate con me Geova, ed esaltiamo insieme il suo nome”. — Sal. 34:1, 4, 3.
[Modificato da EverLastingLife 11/02/2019 11:17] |