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Il ragazzo dalle Ali di Cristallo

Ultimo Aggiornamento: 16/06/2020 17:12
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Giudice*
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21/04/2015 22:46
 
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Originale slash ambientata nei palazzi del potere.
Questa storia è un po' diversa dalle solite.
Perché? Perché i personaggi protagonisti non sono come gli altri.
E soprattutto, non sono in un posto dove l'amore è la prima cosa che nasce. Perché a Palazzo Montecitorio, a Roma, il primo istinto sembra essere quello di sopravvivenza.
E forse sarà difficile per un ragazzo come Michele, finito lì quasi per caso, con un passato buio alle spalle, riuscire a farsi spazio lì dentro. E nulla c'è di più diverso da lui di Nicolò Andreani, un giovane uomo sicuro di sé e della sua vita.
Da due persone così diverse e di schieramenti così diversi non potrà che nascere un odio quasi a pelle. Eppure le situazioni cambiano, si modificano, e qualcosa, inaspettatamente e improvvisamente, cambierà in modo radicale la loro relazione e creerà non pochi scompigli in tutta la sfera dei palazzi del potere.

Link: www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3073589&i=1
[Modificato da Elena Frigerio 18/06/2015 17:50]
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Giudice*
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18/06/2015 17:55
 
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Aggiornata / Capitolo 9: Maschere di carta
Tratto dal capitolo:


“Hai mentito”
Era questo tutto quello che era rimasto? Una bugia?
Era solo questo il valore delle sue parole?
Si sentiva ferito. Frustrato.
Gli era successo molte volte nella sua vita di ricevere odio senza un particolare motivo o giustificazione. Ma questa volta era diverso: un uomo lo stava odiando per qualcosa di falso, che centrava con una strategia politica e non con lui.
Arturo lo aveva avvisato che stare lì dentro non sarebbe stato semplice, che avrebbe incontrato ostacoli di ogni tipo, ma era ben diverso essere odiati per le proprie idee piuttosto che essere odiati per idee che non aveva mai avuto.
Eppure sapeva che, nonostante questo, avrebbe continuato a farlo, se necessario.



***


Notò Andreani e Chiarelli in piedi, nel pieno centro di tutto lo spicchio di banchi, come dei generali prima della battaglia. Soprattutto Andreani si divertiva a fare gesti plateali e a mandare cenni ad alcune persone a caso nel suo gruppo.
Gli piaceva farsi vedere. Era solo quello.
Michele sorrise. Si vedeva chiaramente che il capogruppo degli indipendenti non sapeva niente di politica.
Non sapeva che in politica non vince chi si fa vedere di più.
Le vere battaglie si fanno nelle segrete stanze, a bassa voce. Non fanno notizia, non hanno foto scandalose e titoli enormi.
I veri uomini di Stato, i veri autori delle leggi, i veri pilastri del governo, non avevano bisogno di farsi vedere, di manifestarsi al mondo. Stavano al loro banco e votavano, magari senza neanche parlare.
Era quella la politica, quella vera.

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Giudice*
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02/07/2015 09:48
 
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Aggiornata/Capitolo 10: Essere uomini
Tratto dal capitolo:

Michele sapeva giocare bene a scacchi. Gliel'aveva insegnato Arturo, quando avevano iniziato la campagna elettorale. Gli aveva detto che gli sarebbe servito, una volta in Parlamento, perchè quello era il gioco perfetto per capire la regola fondamentale: solo se capisci bene le mosse dell'altro puoi rendere più efficaci le tue.
Questo però funziona se l'altro si attiene alle regole del gioco. E la regola principale è che tu giochi allo scopo di fare scacco matto. Solo così le tue mosse possono rientrare in una logica.
Ora era come se stesse giocando a scacchi, ma con un avversario che non era intenzionato a fare scacco matto.
E qualsiasi altra intenzione avesse, il suo gioco non l'aveva ancora rivelata.


***


Era peggio di un'offesa, peggio ancora di un'umiliazione.
Era come ricordargli che non era cambiato niente, non era finito niente.
Spense il PC. Tanto, in ogni caso, non avrebbe lavorato.
Si buttò sul letto, svestendosi con una fretta eccessiva, come se desiderasse solo liberarsi da quegli abiti che erano rimasti lì, a fare niente, mentre un uomo gli stava facendo rivivere il suo incubo peggiore.

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Giudice*
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26/07/2015 09:42
 
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Aggiornata/Capitolo 11: Oscurità
Tratto dal capitolo:

Eppure, quando visualizzava quello schiaffo vedeva solo lui che colpiva qualcosa di fragile, molto fragile, tipo un bicchiere di vetro.
Qualcosa che non poteva difendersi, né ribellarsi, ma solo subire.
Se Martino avesse anche solo provato a rispondere a quello schiaffo, ora lui si sentirebbe meno in colpa. Non poteva pensare di aver davvero colpito qualcuno di indifeso.
Così non era alla pari, così non c'era giustizia.
Prese il cellulare. Non se la sentiva di chiamare, di sentire la sua voce.
Però scrivere era più facile, giusto?



***




Michele mosse la schiena, nell'intenzione di tirarsi su, ma quel semplice movimento gli costò uno sforzo immane, e comunque fu inutile perchè una mano lo fece stare fermo.
“Forse ho dell'acqua”
Non aveva alcun colore quella frase, alcuna espressione. Come se Andreani l'avesse detta per se stesso e basta.
Il momento dopo la plastica di una bottiglia premeva contro la sua bocca. Aspirò un po' di acqua, e per un attimo sembrò calmarsi. Sentiva dei forti battiti del cuore premergli nel petto, ma almeno erano regolari.
Probabilmente era appena svenuto, e doveva essere sembrato ridicolo. Ma in quel momento era come se non gli importasse. Non gli importava nemmeno che tutto questo fosse successo davanti a quell'uomo, che fuori di qui avrebbe sicuramente raccontato la cosa ai suoi compari del partito, ridendoci su.
Anche se ora lo stava semplicemente guardando, con quello sguardo strano, con due occhi verdi inespressivi.
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Giudice*
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10/08/2015 21:12
 
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Aggiornata/Capitolo 12: Cannoli, sigarette e sfumature
“Aspetta.. sei rimasto chiuso con lui dentro un ascensore?” chiese, ancora incredulo.
“Già” rispose Nicolò con indifferenza, mentre faceva a pezzettini una fetta di carne.
“E.. l'hai aiutato?”
“Eh già” affermò con un sorriso.
Giorgio sorrise in silenzio di nascosto, mentre affondava i denti nella carne tenera.
“E allora la cattiva notizia?”
Nicolò masticò a lungo.
Molto a lungo.
Per una volta non aveva la battuta pronta.
“Niente, solo che.. la cosa mi ha un po' sconvolto” concluse sbrigativo, mentre si impegnava per tenere la bocca occupata.



***




“Quindi tu non ne sapevi niente dell'emendamento Marchesi” sussurrò infine.
Non era una domanda, ma Michele rispose lo stesso.
“No, non lo sapevo”
“Avresti potuto dirmelo”
“Se ricordi bene, ho cercato di dirtelo..” mormorò lui, che ricordava ogni singola parola di quella discussione sulle scale.
Anche se avrebbe tanto voluto dimenticare.
Andreani sospirò.
“Lo so. Ma capisci che.. se tu avessi votato contro saresti risultato più credibile. Invece non l'hai fatto”
Michele morse il labbro, sentendo una specie di dolore all'altezza del petto, come se nello stomaco gli si stesse accumulando tutto quello che aveva vissuto in quelle ormai lontane ore travagliate: il voto, la fuga nei bagni, la discussione con Marchesi, e poi lo schiaffo..
“.. ma comunque non ha più importanza, sono io ad aver sbagliato. Credo di non essermi mai ancora scusato di persona”
Ora lo stava fissando negli occhi.
Michele avrebbe tanto voluto rispondergli che non l'aveva denunciato e non l'avrebbe fatto in futuro, ma si rese conto che non era furbo distruggere l'unica arma che gli permetteva di mostrarsi forte davanti a quell'uomo.
Non disse niente e distolse lo sguardo.
Non era ancora pronto a guardarlo negli occhi, non così a lungo.


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Giudice*
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23/08/2015 12:11
 
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Aggiornata / Capitolo 13: Nostalgie
Tratto dal capitolo:



Thomas fissava lo schermo, assorto nei suoi pensieri.
“Non fraintendermi, Artù. È un bravo ragazzo, ma.. deve crescere”
“Crescerà”
“Non puoi caricargli troppo peso sulle spalle”
“Non intendo farlo”
“Sei sicuro che..”
“Thomas” lo fermò. “Lui ha bisogno anche di te. Del vero Thomas. Sai cosa intendo”
Il giovane uomo arrotolò un ricciolo biondo nell'indice.
Dentro lo schermo, il ragazzo dai capelli scuri aveva sorriso alla giornalista, e Thomas non riusciva a fare a meno di pensare, ogni volta, che quel sorriso aveva sempre qualcosa di anomalo.

“Lo so Arturo” rispose, a voce bassa. “Lo so bene”




***


“Vedi quello scaffale là? Lì c'erano tutti i libri di Gramsci, di Mao, di Marx.. Ognuno di noi ne leggeva uno, e poi partivano le discussioni.. Senza rendermene conto, prima della laurea finii per leggerli tutti”
Michele seguì gli occhi dell'anziano ex parlamentare cercando di immaginare quel posto, ormai così vuoto e privo di vitalità, popolato solo qualche rado studente ammassato di libri per un esame impegnativo, colmo invece di ragazzi che dibattevano su Gramsci.
Avvertì una sensazione strana. Non era nostalgia, poiché non poteva essere nostalgico di qualcosa che non aveva mai vissuto.
No, era più una malinconia insolita, una specie di senso di colpa per non aver mai vissuto quell'esperienza.
E in quel momento credette davvero di aver capito alla perfezione cosa provava Arturo Costa.

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Giudice*
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27/08/2015 16:52
 
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Aggiornata / Capitolo 14: Ostruzionismo
Tratto dal capitolo:

"Avrebbe volentieri spaccato tutto.
Tutti quei mobili pregiati, i lampadari, i divanetti di pelle, le piante, i muri decorati, le porte di legno massiccio.

Avrebbe distrutto quel mondo costruito di falsità e mandato tutti a quel paese.

Ma non poteva.
Serrò i pugni, strinse i denti e uscì dal corridoio.

Non aveva voglia di tornare in quell'aula.
Non ora.
Anzi, per un po' non ci avrebbe messo piede.

Alla fine, di chi poteva fidarsi lì dentro? Tutti pronti a dire quanto fosse bravo, quanto parlasse bene, quanto si impegnava.. per poi ricordargli - ma solo quando gli faceva comodo - che era inesperto, che non sapeva niente, che era stupido.
Non voleva più stare dietro a quell'insulso gioco idiota."

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Giudice*
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03/09/2015 13:01
 
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Aggiornata / Capitolo 15: Poco prima dello schianto
Tratto dal capitolo:


“Pronto? Martino?”

Michele strinse forte un angolo della coperta, mentre un sorriso sollevato piegava di poco le sue labbra sottili.
“Ehi.. Come va lì, state ancora votando?”
Lo poteva capire da solo, in effetti. In sottofondo si sentiva una voce al microfono, anche se non riusciva a distinguere le parole.
“Eh già! Ogni tanto i tuoi colleghi fanno i nervosetti e vengono da noi minacciando di venire a prenderci a casa se non ci fermiamo, ma capirai se mi fanno paura.. Comunque, in quanto a numeri siete ancora sopra di una cinquantina, purtroppo per noi” sospirò.
Michele sorrise, in qualche modo consolato nel sentire qualcosa di familiare in quello che sembrava essere diventato un mondo troppo ostile.
“Auguri.. temo che Villa non si stancherà facilmente” commentò.
“Vedremo, vedremo..! Ma tu? Stai meglio?”
Il giovane fece per rispondere di sì..
..ma poi si ricordò che non l'aveva chiamato per mentire ancora.

“...no”

“Che hai? Ancora mal di testa?”
“...”

Era troppo difficile rispondere a quella domanda.
La mano si chiuse in un pugno, mentre in un secondo si rese conto di quanto doveva sembrare ridicolo.

[Modificato da Elena Frigerio 30/09/2015 09:20]
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14/09/2015 16:14
 
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Aggiornata / Capitolo 16: Fuggire dalla realtà
Tratto dal capitolo:

Le ore passarono abbastanza in fretta. Circa a metà mattina, ricacciò nello zaino i libri di scuola e tirò fuori il libro preso dalla libreria.
Era un libro di poesie di Pascoli. A suo padre piacevano molto le poesie, e anche a Michele non dispiacevano, e forse questa era l'unica cosa che aveva in comune con suo padre.
Tutte quelle parole gli facevano venire in mente tanti pensieri che si accavallavano l'uno sull'altro, ma che poi gli rendevano più piacevole il viaggio di ritorno verso casa sua, come se al posto delle gambe gli fossero cresciute delle ali, e spesso quelle ali riuscivano a scacciare anche la paura di essere scoperto da qualcuno.
E poi, tutti quei poeti sembravano spesso tristi nelle loro poesie, e quel pensiero un po' lo consolava. Se, nonostante tutte le disgrazie, quelle persone erano riuscite a diventare poeti famosi, allora lui avrebbe potuto fare chissà quali grandi cose, visto che non aveva perso alcun familiare e non aveva vissuto la guerra.

Erano quelle le vere tragedie, in fondo. Non quattro bulletti a scuola che gli davano fastidio.


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Giudice*
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30/09/2015 09:19
 
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Aggiornata / Capitolo 17: Parole e promesse
Tratto dal capitolo:


“A che serve lottare? Avete mai ottenuto qualcosa?” gridò Nicolò.

Odiava essere preso in giro in quel modo. Lavorava sei giorni su sette, a volte i sabati faceva volontariato, era un uomo onesto, pagava le tasse, cos'altro doveva fare nella sua vita?

“Mmmhh..” l'uomo si grattò la testa. “In effetti sì. Qualche anno fa, in consiglio comunale abbiamo bloccato l'ordinanza di sgombero dei centri sociali della città”
Nico sgranò gli occhi. Lui li aveva frequentati, i centri sociali. Sapeva bene cosa voleva dire venire sgomberati diverse volte in un mese. Probabilmente aveva ancora da qualche parte i segni dei manganelli.
“Oh” mormorò. “Non l'avrei mai detto”
L'uomo sorrise di nuovo. Il ragazzo invece gli rivolse un altro sguardo fulminante, e poi tornò a occuparsi di sistemare i moduli.

Nico restò come incantato a osservarlo. Come mai un ragazzo così giovane si dava così tanto da fare? Era quasi impossibile che sarebbero riusciti a tirare su tutte le firme necessarie per il referendum, erano veramente in pochi dentro quel partito, perchè erano sempre stati pochi..

Perchè combattere, sapendo già di avere perso?
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14/10/2015 13:54
 
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Aggiornata / Capitolo 18: Non guardare
Tratto dal capitolo:



Poi comparve di nuovo Marchesi.
Un sorriso arrogante.
Uno sguardo di disprezzo.
Una mano che prendeva la sua.

“Aiutami..”

Stava cercando aiuto, stava quasi urlando, e Andreani era vicino ma non lo sentiva, restava lì immobile con il giornale che gli nascondeva il viso.
Perchè non lo vedeva?

“Ti prego, non voglio andare con lui. Aiutami, per favore. Ti posso aiutare in aula, lo prometto..”

Erano parole al vento. Una porta si aprì e si ritrovò nell'ufficio del suo segretario.
Da solo. Con lui.


Era stato buttato per terra con poca gentilezza, e il pavimento sporcava i suoi vestiti mentre le sue mani venivano bloccate dietro la schiena.

“Ehi.. non puoi farlo..”
“Sì, posso. Potrò sempre, finchè tu me lo lasci fare”

[Modificato da Elena Frigerio 14/10/2015 13:54]
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Giudice*
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27/10/2015 13:45
 
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Aggiornata / Capitolo 19: Quella piccola luce
Tratto dal capitolo:

“Ti da fastidio, mi sbaglio?” chiese il capogruppo.
“Certo che ti sbagli. Dovrei essere geloso di quel ragazzino?”
Non lo chiamava mai per nome, non davanti ad altri. Michele per lui era solo e sempre “il ragazzino”.
“Considerando che l'hai molestato dentro quest'ufficio.. mi era un po' sorto il dubbio”

Marchesi versò il vino dentro due calici con molta attenzione, lasciando che il liquido vi scivolasse dentro con il minimo rumore possibile.

“Stavo giocando e basta. E ti assicuro che si è divertito anche lui, anche se non lo ammetterà mai”
La sua risata per niente divertita risuonò tra le pareti mentre il liquido scuro gli scivolava dentro la bocca a piccoli sorsi.
“Ne sei sicuro?” indagò il capogruppo, scettico.
“Non preoccuparti per me”

Marchesi ritappò la bottiglia di vino e l'abbandonò sulla scrivania, più tardi l'avrebbe offerta alle sue segretarie. Ma il segnale principale era per il capogruppo: voleva dire “conversazione chiusa”
D'altra parte, alcune cose nessuno poteva conoscerle.
Nessuno poteva capirle.

Nemmeno il suo migliore amico.

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Giudice*
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17/11/2015 00:04
 
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Aggiornata / Capitolo 20: imparerò a vivere
Tratto dal capitolo:


Restò in piedi, appoggiato alla sua moto.
Anche Michele restò fermo sulla soglia di casa.

Sembrava a entrambi che ci fosse una cosa da dire, in quel momento. Qualcosa che entrambi si erano dimenticati di chiarirsi.


“Ti fidi davvero di me”

Era il modo di Andreani di fare una domanda. Lui non chiedeva mai, faceva un'affermazione, come se un qualsiasi interlocutore non potesse non essere d'accordo con lui.
Ma in questo caso, Michele non ebbe bisogno di contraddirlo.

“Sì” rispose in un fiato, senza espressione.

Andreani sfoderò il suo solito sorriso di soddisfazione, e Michele il suo consueto sorriso insicuro, forzato e titubante.
Era il segnale che non c'era più niente da dirsi.

Il rombo della moto risuonò per la strada deserta, mentre si allontanava alla velocità della luce, e Michele non potè evitare di puntare lo sguardo, un'ultima fugace volta, sulla fonte di quel sorriso di cui, da tempo, si era dimenticato persino il sapore.
[Modificato da Elena Frigerio 17/11/2015 00:05]
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Giudice*
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26/11/2015 22:43
 
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Aggiornata / Capitolo 21: Neve di colore nero
Tratto dal capitolo:

Spalancò le braccia nella neve e allargò le gambe, muovendo le prime dal basso verso l'alto e le seconde a destra e sinistra.
Lo aveva visto fare nei film, e anche se lui l'aveva sempre vista come una cosa stupida che non aveva un senso, in quel momento pensò scioccamente che forse avrebbe funzionato, forse facendo così qualcuno sarebbe venuto a salvarlo, a portarlo via da quella città che per ora gli aveva riservato solo un'immotivata e spietata violenza.

Sarebbe dovuta uscire disegnata la figura di un angelo, ma mentre Michele chiudeva lentamente gli occhi, vinto da quell'insolita stanchezza, pensò che era impossibile che uno come lui potesse essere capace anche lontanamente di assomigliarci.

Perchè gli angeli non finiscono nudi nella neve.
Non vengono chiusi negli sgabuzzini.
Non piangono le notti in preda agli incubi.

Gli angeli sono luminosi, e lui invece era fatto di buio.
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Giudice*
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15/12/2015 19:43
 
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Aggiornata / Capitolo 22: "Segni scuri, sfondi bianchi"
Tratto dal capitolo:

Adesso era in un vicolo cieco.
Irritato, completamente nel panico e rosso in viso, sbottò un “perchè dovresti?”
Poi però si morse subito la lingua. Stava sembrando un maledetto ingrato, ma non pensava niente di tutto ciò.
Era semplicemente nervoso e stanco, e l'ultima cosa che desiderava era tirare fuori quei residui di passato che con tanta fatica stava tenendo al loro posto, confinati nei ricordi.
Andreani però gli rispose calmo, quasi stupito di quella domanda.
“Di solito si fa così quando si vede una persona vicina avere un problema di qualunque tipo. Non ci vedo nulla di così strano”
“Nessuno mi ha mai fatto queste domande” rispose secco Michele, biascicando le parole per la troppa stanchezza.


E quella era la verità.
La crudele, tragica e inammissibile verità.
Per metà poteva essere colpa sua, che non l'aveva mai detto a nessuno.
Per metà era colpa di tutti gli altri, che non si erano mai accorti dell'inferno che stava vivendo.

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17/01/2016 00:36
 
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Aggiornata / Capitolo 23: Come un mare in tempesta
Tratto dal capitolo:


“Non ti curar di loro, ma guarda e passa, diceva un poeta” sussurrò.
Gli accarezzò la mano. Il suo tocco era insolitamente dolce.
“Non possono farti del male, se tu non gliene dai occasione. Devi essere forte”

Devi essere forte.
Quante volte gli avevano detto quella frase nella sua vita, e quante volte aveva dovuto ingoiare quell'assurda imposizione che mai avrebbe realizzato.
Non era forte. Come faceva ad esserlo?
Perchè tutti credevano che dipendesse da lui?
Perchè nessuno capiva? Che senso aveva quella frase, poi?
Non lo avrebbe aiutato. Non avrebbe sconfitto i suoi mostri. Non gli avrebbe impedito di essere ferito.
Lo avrebbe solo fatto sentire in colpa, perchè la colpa era solo sua, che non riusciva a ribellarsi.

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09/02/2016 21:14
 
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Aggiornata / Capitolo 24: Presenze lontane
Tratto dal capitolo:

Michele stette a sentire con scarsa attenzione. La sua testa era un continuo vorticare di immagini, di sensazioni sgradevoli, di colori forti.
Quel bianco intenso che ricorreva sempre, e poi l'oscurità che ingoiava tutto.
Era l'alcool.
Sicuramente era l'alcool, nient'altro.
“Tu Michele?” chiese Giorgio, non notando il suo stato di confusione.
“Io... sì... anche io da ragazzo... un po' di volte... è capitato”
Non voleva parlare, non avrebbe voluto dire niente, ma le parole uscivano da sole, come se avessero il desiderio di liberarsi, finalmente, dalla gabbia della sua mente. Si prese la testa tra le mani, terrorizzato dal farsi sfuggire una parola di troppo.
Non erano mai state risse le sue. Lui non aveva mai picchiato nessuno.
Era solo bullismo, violenza gratuita, perpetuata per anni e anni fino a distruggerlo completamente.

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Giudice*
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29/02/2016 18:06
 
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Aggiornata / Capitolo 25: Silenzi e parole
Tratto dal capitolo:


Il rumore era un tonfo di qualcosa di pesante che cadeva per terra.
Si alzò di scatto, correndo a piedi nudi fino alla camera di Michele, ma fortunatamente non era stato lui a cadere, ma solo un raccoglitore pieno di fogli che ora erano sparsi in giro.
Lui, invece, era seduto sul materasso, con le lenzuola disfatte. Si teneva le ginocchia tra le mani e tremava, con lo sguardo fisso davanti a sé. Più che respirare, ansimava.
Quando notò Andreani, in piedi sulla soglia, i suoi occhi si spalancarono ancora di più, rivelandosi gonfi e lucidi.
“Cosa...che fai qui?”
“Non me ne sono mai andato...” mormorò Nicolò, abbassando lo sguardo.

Come poteva lasciarlo da solo, dopo quello che aveva letto?
Nonostante quella provocazione sullo schiaffo non se l'era sentita di andarsene. Era rimasto in pigiama, sdraiato sul divano della sala, senza neanche una coperta.
Non sapeva esattamente cosa fare, sapeva solo di non potersene andare e basta.
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Giudice*
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23/03/2016 22:12
 
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Aggiornata / Capitolo 26: La cosa giusta
Tratto dal capitolo:

La mano di Michele quasi stritolò quella del capogruppo del Fronte.
“Non ti obbligherò a fare nulla. Se vuoi fermarti, mi fermerò”

Come se potessero fermarsi.
Avevano già rotto ogni barriera. Potevano solo continuare.
Sentì quelle dita uscire dal suo corpo. Di nuovo, sapeva ciò che stava per accadere.

E, finalmente, sembrava che la paura stesse lasciando spazio a qualcos’altro.
Qualcosa di strano, di mai provato, che stava invadendo la sua mente, facendo a pezzi ogni altro pensiero.
D’un tratto, smise di pensare.
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Giudice*
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04/05/2016 23:00
 
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Aggiornata / Capitolo 27: fotoricordo.
Tratto dal capitolo:

“Non lo so. Forse è colpa mia se fai stupidaggini”
D’altra parte, era stato lui ad andare a casa sua, a spingerlo a raccontare il suo passato, a tenerlo abbracciato mentre dormiva.
Michele trattenne una risata che riuscì ad esprimersi solo con un buffo sorriso, e Nico lo fissò interrogativo.
Perché ora rideva?
Passò qualche secondo durante il quale si fissarono e basta, senza dirsi una parola.
Poi, Michele lo tirò verso di lui e si mosse deciso verso le sue labbra. Gli stampò un bacio che durò qualche secondo, con gli occhi socchiusi. La sua lingua assaggiò un po’ con la sua, assaggiandola poco per volta, come si fa con il vino buono.
Si staccò quasi subito ed espirò, cercando i suoi occhi.
Nicolò restò a fissarlo, non sapendo cosa dire. Gli accarezzò una mano, non sapendo cosa fare.
“Scusa. È che stamattina ho contato, eravamo ancora dispari”
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