Nuova Discussione
Rispondi
 
Stampa | Notifica email    
Autore

PdV Quinta partita

Ultimo Aggiornamento: 29/03/2016 14:16
26/01/2015 07:13
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 167
Registrato il: 04/02/2010
Età: 32
Sesso: Maschile
Lord Alfiere
Beh mi sembra doveroso fermarmi a parlare di quello che seguì il nostro ultimo giorno di marcia, non fu una cosa di grande rilevanza per la guerra, per almeno non immediatamente.
La notte era calata e un leggero vento fretto scuoteva alberi e uomini, stanchi da giorni di marcia forzata per muoverci da quel luogo pericoloso in cui eravamo accampati.
Quando diedi ordine di fermarci mancavano poche ore a mezzanotte e la truppa era stanca, aveva fame e voleva riposarsi a modo.
Fin dal primo giorno che sono diventato comandante ho sempre voluto che non più di una clessidra fosse impiegata per tirare su tende, scavare le latrine e per erigere la palizzata esterna.
Prima di salpare con gli ufficiali rimasti in oriente si era deciso di investire una gran parte dei fondi della compagnia per ammodernare l’equipaggiamento della compagnia, e non in maniera superficiale come molte compagnie hanno il brutto vizio di fare.
Negli annali della compagnia mai si era visto uscire così tanto denaro in così poco tempo, la bellezza di quaranta milioni di pezzi d’oro in armi, armature tendaggi e rifornimenti di ogni genere. Ma ora la truppa non dormiva sotto gli alberi ma in grandi tende di stoffa color oro, non si combatteva con acciaio raccolto a terra, ma con acciaio delle migliori fucine di Myr Lys e Volantis. I mastri fabbri al seguito della compagnia erano i migliori che le città libere avevano da offrire. Tutto era stato preso per tre volte il numero degli uomini della compagnia. Un terzo agli uomini, un terzo come rifornimento e un terzo rimase in oriente per tirare su nuove truppe.
Era pensando a tutto questo che ispezionando il campo mi resi conto del luogo in cui avevo deciso di accamparmi era un luogo di rara bellezza. O almeno quella sera era tale.
Erano giorni che seguivamo un piccolo torrente verso est, un bosco lo aveva raggiunto su una delle sponde, mentre sull’altra una strada percorsa ogni tanto da carri di mercanti diretti verso fiere locali e cavalieri con vessilli che sbattevano nel vento dalla fretta dei cavalli e dei loro padroni.
Vidi due uomini diretti verso est che portavano il metà lupo degli Stark, vidi una decina di cavalieri diretti verso sud con una bandiera viola a palle gialle.
Era una strada semplice.
Ma quella radura no, era qualcosa di più, era un luogo di rara bellezza e perfezione sotto una luna di primavera. Molti alberi erano dei sempreverde, il piccolo torrente scorreva con la sua naturale fretta, quasi ansioso di unirsi ad un corso più grande per continuare la sua corsa verso il mare.
Una piccola torre in pietra si ergeva slanciata verso l’alto quasi a voler vedere dove il torrente che le passava sotto si sarebbe unito all’oceano.
Una torre rotonda di modesto diametro ma di notevole altezza, svettava sopra i pini di molti piedi, ma essi la nascondevano dagli sguardi indiscreti che dalla strada giungevano.
Una radura, un torrente e una vecchia torre di guardia, a incorniciare il tutto c’era la luna piena, che scintillava quasi d’argento e illuminava quel piccolo angolo di paradiso.
Il tutto a pochi passi da una strada che ben presto eserciti ben più numerosi della compagnia avrebbero calcato.
I pensieri furono interrotti da un ufficiale che mi consegnò una lettera; il sigillo era un blu scuro, e pensai che il re della montagna avesse risposto, ma era impressa una trota nella ceralacca.
Lord Hoster, un nuovo vecchio amico; a quei tempi era sempre bello ricevere e scrivergli delle lettere.
Continuai a camminare nei dintorni del campo e della torre. Era bello avere un po’ di tempo per pensare, per far correre liberi i pensieri.
Per tornare con la mente ai tempi della giovinezza e della adolescenza, tempi in cui tutto era più semplice, dove il nemico era sempre il cattivo e sempre sarebbe morto per mano degli eroi.
I pensieri volavano da Terrence Toyne a Strickland, quanto avrei voluto vedere il mio vecchio amico quella sera, avrei dato di tutto per due parole davanti a della birra scura.
Lessi la lettera molte volte prima di tornare alla tenda e una frase mi colpì sempre: “Mi sembra quasi di non scrivere ad un mercenario, devo essere sincero. Probabilmente sareste migliore di molti Lord nel governo di una Terra. Se non altro vedo in voi la volontà di pensare al bene dei vostri sottoposti, prima che al vostro.”
E fu proprio guardandosi i piedi per rileggere la lettera che mi accorsi di due fiori che avrei poi deciso di mandare alle figlie di Lord Hoster.
Tornai al campo e nella tenda si erano riuniti i capitani e gli ufficiali, la preoccupazione era ben leggibile sui volti di tutti.
“Comandante, ci sono tre nuovi Re nel reame, un Protettore e un Lord che ha preso le distanze dalla corona” l’ufficiale pagatore era tornato dalla valle con buone notizie e ora era in piedi all’altro capo della tenda.
“Dobbiamo decidere come muoverci comandante” Nestor e la sua voce possente erano inconfondibili, il capitano degli arcieri era un uomo alto, grosso e senza troppi peli sulla lingua.
“Mio signore, ben presto dovremo schierarci” ‘ufficiale spione era quello che più di tutti avrebbe potuto intuire la mia strategia quella notte, ma non disse nulla, non li quanto meno.
“Signori miei, la compagnia ben presto farà sapere all’occidente al fianco di chi combatterà questa guerra, ma prima del lavoro ci serve una strategia per comunicare con gli ufficiali rimasti dall’altro lato del mare stretto. Quando scoppierà la guerra saranno sempre meno le navi che faranno porto in occidente. E i prezzi per l’attraversata diverranno appannaggio di pochi ricchi.”
Si discusse molto di questo problema, comprare una nave, costruirla, affidare i messaggi alle spie della compagnia o fidarsi di vecchi amici mercanti. Le nere ali dei corvi furono le prime ad essere scartate; era necessario sentire tutti gli ufficiali anche quelli che erano rimasti in Essos.
Era da poco passata mezzanotte quando uscii dalla tenda, mi fermai a mangiare con un manipolo di cavalieri. Erano con me da ben otto anni, mi dissero che si erano uniti per avventura e nella speranza di tornare a casa. Erano fuggiti dalle loro case per cercare salvarsi la pelle, erano dell’altopiano, e tutti e tre erano cavalieri consacrati dai sette, ma il destino li aveva fatti scontrare con un alfiere Tyrell, il quale convinse Lord Luthor Tyrell ad esiliarli. Come molti membri della compagnia cercavano di riscattare il proprio nome e quello delle loro famiglie.
Erano molte le storie simili a quelle tra i soldati della compagnia.
Quella sera sarebbe successa una cosa ancora più strana, una cosa del tutto inaspettata.
Avevo finito di leggere alcuni documenti quando una figura incappucciata entrò nella tenda. Mi girai e vidi un logo che non si vedeva da almeno vent’anni in occidente.
Non servirono parole ma bastò uno sguardo a quei vecchi occhi per raccontare le avventure di una vita.
La figura mi consegnò una lettera, mi guardò dritto negli occhi da dietro le pieghe del pesante cappuccio e poi sparì nella notte così come era comparsa.
Mi addormentai.
La mattina seguente scoprii con enorme stupore che la lettera era ancora sul mio tavolo, non era stato un sogno, un’allucinazione o un parto della mia mente stanca; il sigillo era di un rosso scarlatto che non avevo mai visto così vivido.
Negli annali della compagnia non erano molte le lettere che portavano quel marchio. Sigilli spezzati, solo sigilli spezzati e sbiaditi avevo visto; ma quello era intero, era nuovo.
Fui io a spezzare quel sigillo di ceralacca, sperando che mai nessun altro comandante avrebbe dovuto farlo.
Lessi la lettera,
aprii il libro della compagnia,
segnai la data
e infilai la lettera in una vecchia scatola di mogano.
Il cofanetto un tempo era stato finemente lavorato e dipinto, quelli che un tempo erano stato maglifici intarsi erano ora solamente piccoli rilievi e il colore era stato corroso dal tempo e dalle intemperie.
All’epoca solamente la scritta incisa presentava il colore originale, essa citava:
“Sotto l’oro l’acreacciao”.
All’interno c’erano altre cinque lettere contenenti lo stesso sigillo, lo stesso messaggio. Li da tempo immemore immerse in un velluto rosso che le avrebbe protette per sempre.
Un’altra scritta meno vistosa e più cupa era cucita nel morbido velluto scarlatto
“Io sono la custode dell’eredità dei Grandi Bastardi”.
Uscii e sotto la gentile pioggia che cadeva guardai i teschi dei miei predecessori, e la mente volò indietro nel tempo fino ai tempi in cui il vecchio comandante parlava della guerra senza fine tra Myr Lys e Tyrosh, e altre mille delle sue avventure.
La pioggia scendeva e i ricordi scorrevano come scorrevano le acque di quel torrente, quasi ansioso di perdersi nell’immensità dell’oceano.
Quello fu uno degli episodi che più mi avrebbe segnato, e che più avrebbe segnato il destino della compagnia.
Quel giorno stetti li, sotto quella gentile pioggia che sapeva di ricordi amari mentre i pensieri volavano verso altre terre e altri tempi ormai perduti.





BRYNDE TULLY - THE BLACK FISH
Protettore della marca meridionale, castellano di Delta delle Acque










NEL GIOCO DEL TRONO:
Ex Victarion Greyjoy comandante della flotta di ferro, Lord di Tharth, ammiraglio della flotta del Nord
Styr, Maknar dei Thenn, Signore di Promontorio dei Thenn, un uomo nato libero, morto con dignità e ora governa il promontorio dall'alto del cielo azzurro
Lord Myles Toyne, erede di Acreacciaio Lord Comandante della Compagnia Dorata
26/01/2015 15:22
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 2.155
Registrato il: 23/08/2006
Sesso: Maschile
Signore della Guerra
LEWYN

Il Torneo di Harrenal era concluso. Era iniziato con trombe, vessilli e risate ed era finito tra fuoco, sangue e grida.
La delegazione dorniana aveva levato le tende e si era allontanata da Harrenal il più velocemente possibile, evitando l'incendio che era divampato nel campo.
Erano riusciti a tenersi lontani dalle fiamme, ma Lewyn era certo che non sarebbero riusciti ad evitare la tempesta che avrebbe investito i Sette Regni.

Quale follia ha portato Aerys allo stupro della moglie di uno dei Lord Protettori? E le voci che erano circolate al torneo... eserciti in movimento verso sud e verso ovest, per colpire i Lannister e il Dorne. Senza che noi facessimo nulla per far dubitare il sovrano della nostra lealtà.
Il Principe Lewyn si era allontanato dalla strada e osservava pensieroso un fiumiciattolo che si gettava nel ben più ampio Tridente, arrivato quasi alla fine della sua corsa verso il Mare Stretto.
Non sarebbe dovuto andare in questo modo. Doran, io ho tentato... ma ormai era troppo tardi.

“Mio Principe” una voce alle sue spalle lo riportò alla realtà. Fece voltare il suo cavallo e vide uno dei suoi due scudieri, Quentyn Uller, che gli veniva incontro. “Il campo è stato montato. Gli altri nobili dorniani si stanno radunando in una delle tende. Nella vostra tenda ho fatto preparare l'abito adatto.”
“Molto bene. Gerold dov'è?” Quentyn Uller era un bravo ragazzo. Aveva un pizzico della stravaganza tipica degli Uller, ma era ligio al dovere e di buon cuore. Lewyn non poteva dire lo stesso dell'altro suo scudiero. Gerold Dayne, dei Dayne di Alto Eremo, era un ragazzo abile e orgoglioso, fin troppo svelto di lingua e con un indole che Lewyn non avrebbe esitato a definire crudele.
“Ad accertarsi che le guardie erigano la palizzata difensiva e pattuglino il perimetro, come hai ordinato.”
“Ottimo. Anche se ufficialmente siamo in territorio amico è meglio non correre rischi.” Lewyn spinse il suo cavallo al trotto in direzione dell'accampamento, mentre Quentyn lo seguiva.
“Quentyn, cosa pensi riguardo alla guerra?”
“Guerra? Ci sarà una guerra? Potrò combattere al vostro fianco, mio Principe? Vi prego, non lasciatemi nelle retrovie.”
Giovane e desideroso di dimostrare il proprio valore. Vede solo ciò che cantano i bardi... ma prestò sarà costretto ad aprire gli occhi.
“Non ho detto questo. E se si arriverà a tanto... sì, il tuo posto è al mio fianco.”
La luce negli occhi del suo scudiero tradì la soddisfazione che provava, mentre cercava di darsi un tono e di ergersi sulla sella, inorgoglito dalle parole del principe.
“Cerca Gerold e fatevi trovare nella mia tenda quando avrò finito con gli altri nobili.”
Senza aspettare risposta spronò il cavallo al galoppo.



Fece il suo ingresso nella tenda dei nobili dorniani dopo essersi cambiato d'abito ed essersi rinfrescato per togliersi la polvere della cavalcata. Era vestito nei colori rosso e arancio della sua casata.
“Zio, mancavi solo tu.” Oberyn Martell era semi sdraiato su una pila di cuscini e aveva in mano una coppa di vino, sicuramente rosso dorniano.
“Principe Lewyn” Lord Yronwood era seduto al tavolo, su cui erano disposte alcune mappe. Alla sua destra c'era suo nipote, ser Deziel che lo salutò chinando leggermente il capo.
“Nipote, milord, ser.” salutò velocemente tutti e si diresse al tavolo.
“Una vera tragedia che la situazione sia precipitata in questo modo.” osservò il giovane Dalt.
“Una vera tragedia avere Aerys come Re” commentò con un ghigno Oberyn.
“Lord Arryn, anzi Re Arryn ora, potrebbe aver dato il via a una vera e propria valanga. La situazione cambia velocemente. Dobbiamo prestare molta attenzione.” Lewyn avvicinò a sé una mappa e la osservò per un momento.
“Ho mandato un corvo a mio fratello per avvisarlo di quanto è successo.” Oberyn si decise ad alzarsi e a venire al tavolo “Se lo conoscessi anche solo la metà di quanto lo conosco, saprei che starà già facendo chiudere i passi montani, cauto e timoroso come sempre.”
“Saggio e assennato, io direi.” lo corresse Lewyn.
“Le sue decisioni sono illuminate dalla lanterna della Vecchia.” proclamò Lord Yronwood.
“Se sarà guerra, dovremo farci trovare pronti.” Ser Dalt doveva ormai avere un'idea più precisa di cosa significasse la guerra, ma Lewyn percepiva che in qualche modo anche il giovane cavaliere smaniava come i suoi scudieri di scendere in battaglia.
“Che i Sette possano mostrarci la via.” invocò Lord Ormund.
“Temo che i Sette abbiano ben poco a che fare con la guerra e le decisioni che prendiamo.” tagliò corto Lewyn. “Avete visto tutti che tipo di Re sia Aerys.”
“Se è davvero colpevole di quanto è stato accusato, è un atto indegno per un Re unto dal Sommo Septon.” sentenziò Yronwood.
“Non è solo questo... Le avete udite anche voi le voci: piani di guerra per attaccare noi e l'Ovest. Mentre noi lavoravamo per la pace, lui in segreto tramava per la guerra.” Lewyn picchiò un pugno sul tavolo.
“Tu conosci bene Jon Arryn, che ne pensi della sua ribellione?” Deziel sembrava timoroso di porre la domanda.
“È un caro amico. Non lo vedevo da tanto, ma ad Harrenal ho ritrovato l'uomo che conoscevo. Forse addirittura più saggio. Se ha scelto la strada della rivolta non è per semplice sete di potere. Parole come onore e giustizia valgono qualcosa per uomini come lui.”
“Quindi abbiamo almeno due casate in rivolta, Arryn e Greyjoy... Lord Tywin si è tenuto lontano dal torneo. Che avesse fiutato qualcosa?” Oberyn sembrava sospettoso.
“Stark e Tully sono stati chiamati come giudici per quel processo farsa. Anche loro non devono essere molto contenti del tiro mancino del Re. Che il Padre di lassù possa trovare e giudicare colpevole il responsabile dello stupro.” Yronwood accompagnò le parole con un movimento della mano verso il cielo.
“Una cosa è certa. I Sette Regni così come li conoscevamo stanno per cambiare per sempre.” Lewyn concesse di nuovo uno sguardo alla mappa. Dove molti vedevano solo fiumi, colline e montagne lui vedeva posizioni di vantaggio, centri strategici, guadi da presidiare, vie per gli approvvigionamenti. Per un attimo, alla luce tremolante delle candele e dei bracieri, Lewyn ebbe l'impressione di vedere uomini e cavalli in movimento attraverso la cartina.
"Credo che quello che si è svolto ad Harrenal non sia stato semplicemente un gioco. Qualcosa mi dice che quello che abbiamo visto nella grande mischia possa essere l'anticipazione di quanto accadrà. Targaryen, Baratheon e Tyrell si sono trovati spesso fianco a fianco... e noi dorniani siamo stati uno dei loro primi obiettivi." Lewyn avrebbe giudicato stupido un presentimento di questo tipo, ma un brivido lungo la schiena gli impedì di liquidare il tutto come una semplice fantasia.

Quando tornò nella sua tenda, come aveva ordinato, trovò i suoi due scudieri ad attenderlo. Era ormai piuttosto tardi e i due erano seduti su delle sedie, mezzi addormentati.
Quando il Principe entrò, si alzarono subito in piedi, sfregandosi gli occhi e rimettendosi in ordine.
“Quentyn, Gerold, prendete tre spade da allenamento. Stanotte non dormirete, ma vi allenerete con me. Domani avremo un altro giorno di marcia. Il primo che si addormenta sulla sella verrà punito. Muoversi, ora.”
I due scudieri quasi inciamparono l'uno sull'altro mentre uscivano dalla tenda per andare a prendere le spade e le imbottiture per il combattimento.
Se sarebbe stata davvero guerra, al suo fianco voleva due giovani uomini, non ragazzi con la testa piena di sogni.


Ser Arthur Dayne
The Sword of the Morning


«Tutti i cavalieri devono sanguinare.
È il sangue il sigillo della nostra devozione.»
26/01/2015 23:22
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 259
Registrato il: 28/01/2013
Età: 28
Sesso: Maschile
Lord Feudatario
Hoster II

Il viaggio procedeva, seppur a rilento. Tanto erano belli i fiumi sotto un cielo sereno, tanto potevano essere minacciosi sotto una pioggia incessante. Per tutta la notte aveva piovuto di continuo, e ormai perfino le sponde dei più piccoli ruscelli erano talmente fangose da bloccare l'avanzata dei carri. Quella che fino a pochi giorni prima era una verdeggiante pianura si stava trasformando in un mare di fanghiglia sporca ed appiccicaticcia.

Hoster cavalcava lentamente, per non distanziarsi troppo dalla colonna di carri che troppo spesso si impantanava. Sebbene le condizioni del viaggio non fossero le più rosee, i suoi uomini stavano affrontando la situazione egregiamente. L'avanguardia esplorava le condizioni delle miglia successive, tornando ad avvisare il Reggente e i comandanti ogni tre ore per segnalare quale percorso fosse il pi agibile. Nel mentre, i soldati più indietro non si facevano problemi a rotolarsi nel fango pur di liberare i carri da un terreno che sembrava fatto di sabbie mobili. Erano stati lontani da casa per più di un mese e sapevano benissimo che la guerra, se fosse iniziata, sarebbe durata ben di più. Volevano rivedere le loro donne e i loro figli almeno un'altra volta.

Nel pomeriggio inoltrato erano quasi arrivati alla loro meta giornaliera, un piccolo villaggio di contadini che stava lottando contro l'esondazione di un canale che era stato costruito con lo scopo di irrigare i campi circostanti. Non appena i soldati misero piede all'interno del piccolo paesino, lasciarono da parte i cavalli ed i carri per dare una mano agli abitanti. Costruirono dappirima una palizzata alta cinque spanne per deviare il corso dell'acqua verso la campagna, poi rinforzarono la piccola costruzione con dei sassi e della paglia. Un argine rudimentale ma efficace: se prima del loro arrivo il villaggio era allagato da qualche pollice di acqua, verso sera rimaneva solo l'odiatissimo fango.
I contadini furono felicissimi dell'aiuto ricevuto e si proposero di ospitare i soldati, che in fin dei conti non erano poi così tanti, sotto i loro tetti. Almeno per una notte avrebbero dormito al coperto, e non sotto il fragile velo di una tenda.

Hoster prese posto con gli altri ufficiali in un granaio posto al centro del piccolo villaggio. Vicino alla sua branda c'era quella di Brynden, suo fratello, che al momento aveva approfittato della breve tregua della pioggia per guidare l'avanguardia in una veloce ricognizione.
Il granaio ospitava anche una specie di sottotetto, che venne lasciato interamente a disposizione delle fanciulle Tully. Non era certo una residenza degna del loro rango, ma le ancelle riuscirono a rendere il posto molto più confortevole di una tenda: le due poltrone vennero disposte vicino ad un piccolo tavolino per creare un soggiorno improvvisato, e furono portate vicino ai due soffici letti da viaggio le due toelette personali di Lysa e Cat e la loro vasca da bagno.

Quando tutto fu disposto e la carovana fu posta al sicuro sotto i tetti del villaggio, Hoster chiamò a sé Shila, la giovane ancella delle sue figlie. La ragazza arrivò da lui correndo, con il vestito rosa che le svolazzava ancora tra le ginocchia.
“Shila, chiama ma figlia Lysa e dille di vestirsi comodamente per la nostra lezione quotidiana. Sarà breve, intanto prepara anche un bagno per la mia figliola.”
L'ancella titubava. Sembrava sul punto di andarsene per riferire il messaggio di Hoster alla giovane figlia, quando prese il coraggio a due mani e disse: “Ieri Lady Lysa si è procurata numerose vesciche alle mani per colpa della spada di legno. Le sue mani non sono abituate ad un compito del genere... Forse sarebbe opportuno aspettare qualche giorno prima della prossima lezione, mio Signore.” Quando finì la frase, un sospiro tradì la sua agitazione.
“Falla cambiare e mandamela lo stesso, Shila. Vorrà dire che oggi non useremo la spada, ma è importante che non ci siano interruzioni nella sua formazione.”

Venti minuti più tardi, sua figlia arrivò al luogo da lui scelto per l'esercitazione. Era un fazzoletto di terra appena fuori dal limite del villaggio, circondato da alcuni alberi. Il terreno, evidentemente ricco di radici, era stato in parte risparmiato dal fango.
Lysa indossava un vestito azzurrino, aderente al suo piccolo corpo e molto semplice. Il suo ventre era stretto dal corsetto di cuoio che il padre le aveva regalato per l'equitazione. Hoster apprezzò il vestiario semplice della figlia, che aveva lasciato giustamente collane ed anelli nella toeletta.

Notò subito le bende che la ragazza aveva tra le mani. Aveva portato le spade di legno per ogni evenienza, ma non appena posò lo sguardo sulle braccia della figlia decise che davvero non le avrebbero usate in quella giornata.
“Per oggi niente spade, Lysa. Ci occuperemo di altro. Vedi, quando si è in una situazione di pericolo le abilità di scherma sono assolutamente secondarie, la cosa più importante diventa l'atteggiamento mentale: bisogna mantenere la calma ed il controllo delle proprie azioni.”
Si avvicinò alla figlia, e toccandole il fianco sinistro con la mano le disse: “Chiudi gli occhi e non muoverti finché non te lo dirò io.”
Lei, obbediente, abbassò le palpebre.

Il padre si preparò al colpo, un semplice pugno diretto sul mento della giovane. Dopo qualche istante la sua mano si mosse, diretta verso il volto che aveva di fronte.
Naturalmente si sarebbe fermata appena prima di toccare il mento della ragazza, ma questo Lysa non lo sapeva. Sentendo il movimento d'aria e sapendo benissimo che il padre non si era fatto scrupoli la sera precedente a colpirla anche con forza, Lysa si ritrasse di colpo, prima aprendo gli occhi per osservare cosa stesse accadendo e poi richiudendoli d'istinto per avere almeno l'illusione di essersi protetta da quelle nocche così pericolosamente vicine. Naturalmente il tutto fu accompagnato da un urlo.

“Lysa, devi imparare a governare questi istinti! L'importante non è fuggire dai colpi ma saper resistere! Forza, chiudi di nuovo gli occhi.”
“Ma padre...”
“Fallo.”
Chiuse ancora gli occhi, e Hoster non le aveva detto che in realtà non intendeva colpirla con il pugno. Quindi, non appena la sua mano fu di nuovo vicinissima al volto della ragazza, questa si ritrasse per la seconda volta.
Al quarto tentativo finalmente non si mosse. Era molto sveglia e Hoster pensò che avesse capito il suo gioco. Con il primo pugno non la sfiorò neppure, ma con il secondo arrivò a posare le nocche sul volto della figlia. Ancora restò ferma, e allora Hoster le concesse di aprire gli occhi.
“Molto bene, Lysa. Anche nelle situazioni più difficili non devi mai farti governare dall'istinto, devi studiare ogni mossa. E' meglio perdere qualche secondo a pianificare le proprie mosse, piuttosto che la vita per essere stati incauti.”

Dopodiché le insegnò qualche rudimento della lotta a mani nude, non tanto perché si aspettasse che potesse averne bisogno, quanto perché i principali movimenti che la spada doveva seguire in un combattimento derivavano proprio da lì. Il pugno che poi sarebbe diventato affondo, le parate alta, laterale e bassa, il colpo di taglio da fare con la mano aperta. Ancora più importante, le mostrò dove colpire: la gola, la bocca dello stomaco o anche tra le gambe dell'avversario. Questo naturalmente se fosse stato senza armatura; in quel caso conveniva puntare ad altri punti come la giuntura dell'elmo al resto dell'armatura o l'incavo dietro al ginocchio.

Non la colpì mai forte in tutto ciò, ma non evitò neppure di toccarla. In meno di un'ora le sue braccia erano ricoperte di lividi, ed Hoster fu felice di vederla incassare ogni colpo. Stava crescendo.
Aveva intenzione di continuare ad allenarla in questo modo anche nei giorni successivi, e di aumentare l'intensità dei colpi pian piano. Voleva vedere fino a che punto poteva spingersi, prima che la ragazza desse raggiungesse il suo limite. Solo allora avrebbe saputo davvero che cosa fare, in base al risultato.
Quando il sole tramontò, interruppe l'allenamento.
Guardò la figlia, sorridendo. Lei di rimando sorrise forzatamente, un po' dolorante.
“Lysa, sei stata brava anche oggi. Continueremo con allenamenti così intensi fino a che non riuscirò a capire che cosa posiamo pretendere dal tuo corpo. Ricordati che io faccio ben poco qui, guardo solo come ti muovi di fronte alle situazioni che ti presento. La vera allenatrice sei tu.”
Il sorriso della ragazza si distese un pochino, e la figlia allungò la mano per raggiungere quella del padre.
Sentendo le bende, il cuore di Hoster parve fermarsi per qualche istante. Sapeva di seguire la volontà della figlia, ma non era certo piacevole vederla soffrire. Avrebbe invece di gran lunga preferito vederla vicino a sua sorella, mentre parlavano di chissà quale giovane cavaliere che un giorno le avrebbe portate via da lui.

Alzò la mano della figlia lentamente, fino a portarla all'altezza delle sue labbra. La baciò e, riabbassandola, disse: “ L'uomo che ti sposerà sarà molto fortunato. Saprai come renderlo orgoglioso di te, esattamente come fai con tuo padre.”

Quando infine si salutarono, lasciò che la figlia raggiungesse il granaio senza di lui. La seguì con lo sguardo fino a che non fu raggiunta da un'ancella, poi si diresse verso una casa a un isolato dal granaio. Sapeva che il fabbro da cui si era fatto accompagnare ad Harrenal sarebbe alloggiato li quella notte e che avrebbe iniziato il lavoro che gli aveva commissionato qualche giorno prima.
Era stato piacevolmente sorpreso dalla meravigliosa armatura che Re Arryn aveva sfoggiato nella sua tenda nei presi di Lord Harroway's Town, ed era arrivato anche per i Tully il momento di possederne una. Per ora aveva detto al fabbro di cominciare dall'elmo, e aveva visto i disegni preparatori che aveva preparato nei giorni precedenti.
Il risultato sarebbe stato un elmo non solo bellissimo ma anche portentoso in battaglia. In acciaio rivestito da una sottilissima lamina più scura, era stato progettato appositamente per deflettere i colpi in arrivo al viso del cavaliere che l'avrebbe indossata. E cosa ancora più importante, era stato inventato un prototipo nuovo per la giuntura che avrebbe collegato l'elmo alla corazza per il torso. Nulla era più importante di coprire le giunture, o almeno di rinnovare per lasciare spiazzati gli avversari.
Anche dal punto di vista estetico era formidabile: la trota argentata, pur non essendo un animale realmente pericoloso, sembrava estremamente minacciosa. La bocca del pesce si apriva in un sorriso a dir poco inquietante, che senza dubbio avrebbe catturato gli sguardi durante uno scontro armato. Un ghigno che non avrebbe fatto altro che preannunciare l'arrivo di una spadata dalla forza devastante. Ed il fatto che l'elmo fosse completamente nero lasciava presagire che l'inferno per i nemici fosse alle porte.

Si immaginò il cavaliere che sarebbe apparso con quell'armatura sul campo di battaglia. I Tully avrebbero avuto il loro ispiratore. Oh, Brynden sarebbe diventato davvero capace di ispirare le truppe con quell'armatura indosso. Era perfetta per lui.


++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++




Re Jon Arryn


In passato:
- Pincipe Doran Nymeros Martell, Principe di Dorne e Lord di Lancia del Sole. Per colpa di Mace Tyrell il Bellissimo rimane solo un ricordo
- Lord Hoster Tully, Protettore del Tridente e dell'Ovest
- Tormund, Veleno di Giganti, Pugno di Tuono, Soffiatore di Corno, Marito di Orse, Grande Affabulatore, Distruttore del Ghiaccio, Voce degli dei, Re dell'Idromele di Ruddy Hall, Padre delle Armate del Popolo Libero, Scalatore della Barriera, Reietto nei Sette Regni
28/01/2015 12:30
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 15
Registrato il: 05/12/2014
Età: 29
Sesso: Maschile
Paggio
Catelyn Tully I -In vista dell'imminente partenza


Catelyn spinse il grande portone di ferro che conduceva all'esterno del castello.

Aveva ottenuto il permesso di suo padre, purché accettasse di essere accompagnata dalla scorta che da qualche giorno non lasciava mai sole le due sorelle Tully.
Tuttavia la giovane Tully aveva espressamente ordinato alle guardie di attenderla fuori da un simile luogo, mostrando forse per la prima volta il tono duro e autorevole che si addice a una donna del suo rango.

Rimasta finalmente sola, Catelyn si avviò lungo il sentiero di ciottoli bianchi che conduceva sinuoso all'unico luogo in cui Catelyn avrebbe desiderato trovarsi in quel momento: il Parco degli Dei del castello di Harrenal.

Ogni castello ne aveva uno, o quasi. In ogni terra in ogni castello il Parco degli Dei assumeva una forma caratteristica. Catelyn sapeva che nella terra dei fiumi quasi tutti i Parchi degli Dei erano ampi, ariosi, verdi, grondanti luci da ogni albero, foglia o fiore. Tale caratteristica si doveva al grande numero di fiumi presenti, poichè l'acqua risplendeva riflettendo la luce del sole in ogni parte.
Al nord invece, sua madre Minisa le aveva raccontato che quando aveva visitato ancora tempo addietro quei luoghi, gli uomini erano legati ancora ad antiche tradizioni, a quelle che lei definì la religione degli Dei Antichi. Chi fossero esattamente Catelyn non l'aveva mai capito. Sua madre però le aveva raccontato il legame che univa questi antichi dei e gli alberi diga presenti in molti Parchi degli Dei.
Erano alberi di corteccia chiara quasi bianca al centro della quale veniva intagliato un viso. Questo univa gli dei e gli uomini: attraverso il viso e lo sguardo, gli dei potevano osservare la terra e il mondo.

Ed anche a Harrenal non appena si entrava nel giardino, spiccava un grande albero proprio al centro. I rami si protendevano alti verso il cielo quasi volessero abbracciarlo, aprendosi a ventaglio tutto attorno al grande tronco centrale, bianco come la neve, con qualche striatura marrone. Al centro il volto intagliato, che mostrava all'osservatore uno sguardo più deciso e determinato piuttosto che malinconico come spesso lo era lo sguardo degli alberi diga a nord.
Tutti intorno si apriva un ampio prato verde, abitato da aiuole di fiori colorati dal blu al rosso al giallo al viola, che tingevano quel panorama di tante tonalità differenti. Cespugli di rovi ed edere rampicanti sorgevano dal terreno accanto agli altri alberi del Giardino. Sinuoso come un serpente, un ruscelletto serpeggiava tra il verde per poi immergersi in un lago dorato che rifletteva la luce del sole rivestendo il Giardino della tipica veste di luce.

Accanto all'albero diga, un altare e una panchina di pietra.
Lì Catelyn si recò, come fece la prima volta quando sua madre l'aveva accompagnata nel Parco degli dei di Delta delle acque avviandola ai misteri dei Sette Dei.

Come ogni volta che si recava in un Parco degli dei, il ricordo di quella giornata s'imprimeva nella mente di Catelyn per qualche minuto. La giovane si abbandona dolcemente a quel ricordo, forse il più bello che conservava della madre. L'ultimo giorno che avevano passato insieme. Dopo di che Minisa era morta portandosi via ogni carezza ogni bacio ogni abbraccio...per sempre .


Il sole filtrava dalle vetrate colorate della camera che Lord Tully y Minisa Whent avevano riservato per la loro primogenita.
Sembrava una mattina come tante quando Catelyn - all'epoca una bambina - aprì i piccoli occhietti stropicciandoli con le dita, ma lo spettacolo che si trovo di fronte era diverso.
Una mano le accarezzava lentamente la fronte, scostandole dolcemente i capelli rossi dal viso.

"Buongiorno piccola mia"
Sua madre.

Ricordando Catelyn poteva ancora sentire e assaporare il tocco di quelle morbide dita sulla sua pelle.

"É ora di svegliarsi piccola mia, oggi tu non lo sai, ma é una giornata importante. Tua madre ha in serbo per te una piccola sorpresa. Ormai sei abbastanza grande. É giunto il momento."
"Il momento per cosa mamma?" Catelyn dimenticò di essersi appena svegliata mostrando tutto il suo entusiasmo e alzandosi così velocemente da finire tra le braccia della madre che cadde insieme a lei sul letto, entrambe racchiuse in un abbraccio.
"Piccola Cat! Piano! La tua mamma porta in grembo il tuo fratellino o la tua sorellina!" Minisa rise. "è giunto il momento amor mio di visitare un luogo segreto del castello, un luogo dove finora non ti ho ancora portato" .
Catelyn non stava più nella pelle.

Minisa uscì dalla stanza lasciando la piccola ancora seduta nel suo letto.
Poco dopo rientrò insieme a Shila una giovane ragazza che la loro madre aveva scelto tra tante perché facesse loro da tutrice insieme alla Septa Lea del Castello. A Cat, Shila piaceva, era molto bella per essere una serva ma la cosa importante era che mostrava una gran gentilezza e delicatezza che nessuna altra aveva avuto per le sue piccole fanciulle.
"Ti aspetto, non appena sei pronta, all'inizio dello scalone principale" Detto questo Minisa uscì definitivamente.

Shila ci mise qualche minuto per preparare la giovane lady, lavandola e vestendola per la giornata. Non appena fu pronta e i capelli rosso fuoco furono intrecciati, Cat scivolò via dalle mani della tutrice e corse fuori dalla stanza per raggiungere le scale.

La madre era lì che l'aspettava. "Vieni Cat andiamo!"
Prese la figlia per mano e la condusse per i corridoi del castello, fino a che non raggiunsero un'ala che Catelyn e i suoi fratelli Lysa ed Edmure non avevano ancora esplorato durante le loro cacce al tesoro o i vari nascondini .

Catelyn seguiva a stento il passo veloce della madre, aggrappata alla mano di Minisa mentre osservava con occhi aperti quei nuovi corridoi, quelle nuove stanze alcune chiuse che chissà dove conducevano e alcune che lasciano intravedere ampie stanze.

Finalmente giunsero a destinazione: un grande portone di ferro con vetrate colorate che rappresentavano degli uomini e degli alberi. Cat non ebbe tempo di comprendere le varie scene rappresentate perché la madre si fermò e le disse: "Cat, piccola mia, siamo davanti al cancello che conduce al Parco degli Dei del nostro castello. Devi sapere che il nostro mondo è retto da realtà superiori agli uomini, che nessuno di noi può conoscere fino in fondo, ma sappiamo che ci sono e per questo gli uomini hanno deciso di creare questi luoghi sacri, dove ognuno di noi può rapportarsi a queste forze come crede. Tali forze, piccola Cat, sono divinità e il nostro pantheon è abitato dai Sette Dei, chiamati anche Nuovi Dei.”

E fu così che Catelyn quel giorno venne a conoscenza dei più remoti misteri della religione dei Sette Regni; sua madre fu molto attenta ad usare le parole giuste per quella che era ancora una bambina, ma allo stesso tempo riuscì a spiegarle tutto dai Sette Dei agli Antichi Dei, alle religioni degli altri luoghi più lontani.
Catelyn ascoltava attentamente, con una concentrazione da adulta nonostante la sua giovane età.
Non appena ebbe finito, Minisa le chiese se avesse qualche domanda.
Catelyn pensò in silenzio, poi rispose di no con la testa.Sentiva una nuova energia dentro di sè, qualcosa di indescrivibile, la gioia di chi ha trovato la risposta alle sue domande e l'emozione di chi entra a far parte di qualcosa di più grande di lei.

Minisa allora frugò con la sua mano sotto la veste, fino a che non afferrò qualcosa che tirò fuori e porse alla figlia.
Un regalo? Pensò sorpresa Catelyn. Era un oggetto misterioso, di forma rettangolare e di piccole dimensioni; era impacchettato accuratamente con carta rossa, il suo colore preferito.
“Avanti piccola mia, aprilo! Dopo tutto quello che ti ho spiegato, questo è il giusto regalo per te”
Catelyn non se lo fece ripetere due volte.
Scartò a gran velocità il pacchetto per ritrovarsi tra le mani un libro.Era piccolo, ma aveva molte pagine.
Sulla copertina spiccava lo stemma della trota d’argento su sfondo rosso e blu insieme ad un altro simbolo, che Catelyn ricondusse subito ai Sette Dei. Aprì la copertina e sulla prima pagina una scritta:

“Alla mia piccola Cat,
Perché gli Dei possano sempre essere con te e tu con loro.
Per trovare sempre la forza di andare avanti.
Con affetto, la tua mamma Minisa”


Catelyn lesse la dedica e sorrise. Abbracciò sua madre anche se non era ancora sicura di che cosa fosse quel libro.
“Vedi Cat, questo è il libro della "Stella a Sette Punte". È uno dei libri sacri con i quali si pregano i Sette Dei. Ne ho fatto stampare a posta un’edizione da il maestro libraio Jona, quel vecchio signore nella biblioteca hai presente? L’ho fatto così che potesse personalizzarla con lo stemma della nostra casata, in modo che potessi ricordati sempre chi sei e da dove vieni. Ovunque ti troverai, piccola mia.”
Minisa strinse a sé la piccola.

E Catelyn quell’abbraccio poteva ancora sentirlo.

Le mani che le accarezzavano la schiena come per proteggerla.
Mani che – Catelyn ne era sicura – ancora adesso la stavano abbracciando, sempre e comunque.
E tra le proprie mani ancora - dopo quasi dieci anni ormai - lo stesso libro. Il libro che le aveva regalato sua madre e da cui mai si sarebbe allontanata. Lo portava sempre con lei, nascosto dentro la tasca interna delle sue vesti, come un portafortuna. E proprio di fortuna aveva bisogno in quel momento.
Tutto quello che conoscevano stava per cambiare, Catelyn avrebbe lasciato la sua famiglia per recarsi a Nord dagli Stark. Una nuova avventura l’aspettava. Era doloroso lasciare Lysa e suo padre, ma doveva farlo. Questo è il suo dovere e il suo modo di rispettare la volontà paterna e di aiutare la sua famiglia
“Famiglia , dovere , onore” sempre.

Un ultimo pensiero prima di lasciare quel luogo di preghiera lo rivolse di nuovo a sua madre e una lacrima scivolò piano lungo la guancia di Catelyn. Era molto tempo che non piangeva per sua madre; erano passati anni ormai e si era bituata alll'idea di averla persa per sempre... o almeno così credeva. Forse certe ferite non si rimarginano mai.
Ogni volta che si recava in un Parco degli Dei, Catelyn poteva ancora sentirla. Lei era lì. Sapeva che anche in questo nuovo viaggio non l’avrebbe abbandonata, lei avrebbe protetto tutti loro, ne era sicura.

Si alzò dalla panchina di pietra vicino all’albero-diga dove si era seduta a pregare non appena entrata.
Il paesaggio risplendeva della solita luce e la stessa Catelyn risplendeva ora di quella luce.
Diede un ultimo sguardo al Giardino, poi aprì il cancello e tornò da dove era venuta.
C’era molte cose da preparare in vista della partenza.
Prima fra tutte, una riunione l’aspettava.
[Modificato da YGRITTE95 28/01/2015 12:30]


Catelyn Tully, primogenita di Hoster Tully, Lord di Delta delle Acque





28/01/2015 23:57
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 3.205
Registrato il: 30/01/2008
Età: 38
Sesso: Maschile
Signore della Guerra
Timidone del Westeros
Aerys I


Qualche giorno dopo la partenza precipitosa da Harrenhal, Aerys Targaryen cavalcava a cavallo tutto impettito ed orgoglioso alla testa della sua scorta.

Due cavalieri in armatura e cappa bianca procedevano con le loro cavalcature ai lati del Sovrano.

"Hahahahahaha" la risata isterica del Re Folle rieccheggiava lungo la strada.
"Quegli stolti dei Ribelli verranno bruciati dal Fuoco del Drago.
Presto grazie a Lord Rossart ed ai suoi piromanti diventerò un drago...".
Gli occhi di Aerys luccicavano di follia mentre spiegava alle due cappe bianche i suoi piani per trasformarsi in drago, riprendendo gli studi di Aerion Chiarafiamma.
"... poi condurrò gli uomini personalmente in battaglia!"

Ser Arthur e Ser Jon si guardarono negli occhi.
Lo sguardo del dorniano era duro, inflessibile ed alla fine l'altro fu costretto, con un sospiro rassegnato, ad abbassare lo sguardo.

"No, ciò non accadrà".
La voce della Spada dell'Alba era secca.
Il corteo si fermò.
Ma non il Re.
Aerys il Folle andava avanti a sproloquiare su draghi, altofuoco, fantasiosi progetti sul tramutare il Dorne in una piana fertile.
Ci mise un attimo a capire che tutti intorno a lui si erano fermati e che la Spada dell'Alba era sguainata.
Anche Jon Darry aveva sguainato la sua arma.

Per un attimo il Folle pensò che fossero stati attaccati.
Solo quando non vide vessilli nemici in vista e vide le due cappe bianche prendere le redini del suo cavallo si rese conto che qualcosa non andava.

"Smontate e non vi faremo del male. Ho giurato di proteggervi, Sire, e vi proteggerò, anche da voi stesso."
Ed eviterò che i nostri soldati vengano mandati al macello da questo folle!
Il tono era fermo, lo sguardo fisso... negli occhi venati dalla pazzia di quello che era comunque il suo Sovrano.

E che da qualche momento, forse, non lo sarebbe stato più.



Io sono Balon Greyjoy, il Coraggioso, il Benedetto, il Creatore di Vedove, il Figlio del Vento Marino e l'Erede di Pyke.

E pago il prezzo di ogni cosa con il ferro.







*** TIME LINE ***
nella seconda partita (entrato in corso): Arianne Martell
nella terza partita: Lord Randyll Tarly
nella quarta partita: Gran Maestro Pycelle
nella quinta partita (fino al turno 18): Re Aerys il Folle
31/01/2015 14:55
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 62
Registrato il: 26/11/2014
Età: 30
Sesso: Femminile
Cavaliere
Lysa Tully - Essere Lady
Sulla strada per Delta delle Acque, carovana Tully presso un villaggio, 281 AC


Fu il secondo giorno di addestramento per Lysa, ma alla giovane sembrò un’eternità da quando aveva iniziato con gli insegnamenti impartiti da suo padre. Non era stato indifferente dover accettare i muscoli che facevano male, i lividi un po’ in tutto il corpo, le mani doloranti. La ragazza però non aveva timore di queste piccolezze perché la sua determinazione andava ben oltre quegli irrisori infortuni.

Suo padre l’aveva appena lasciata nei pressi del granaio nel quale avrebbe alloggiato per quella notte. L’idea di avere quattro mura attorno dopo molto tempo la confortava anche se sul primo momento le sembrò qualcosa di veramente strano, tanto si era abituata a vivere in una tenda. Le tenebre stavano lentamente scendendo sulla Valle, coprendo con il loro scuro mantello il paesaggio.

Sebbene il granaio fosse una struttura semplice e modesta, le ancelle erano riuscite a renderlo il più possibile confortevole. L’ambiente era assolutamente essenziale: alcuni contadini aiutati da una manciata di soldati Tully avevano radunato la paglia e le scorte di grano lungo la parete di destra mentre l’area di sinistra era stata pulita, lavata, ricoperta di tappeti e tessuti. L’odore del fieno, quell’odore rustico e leggermente pungente di cui tutta l’aria era inebriata, rendeva quell’alloggio improvvisato molto confortevole.
Lysa venne raggiunta da Shila, la quale notò immediatamente che la sua padrona stava molto meglio rispetto alla sera precedente.
La giovane lady entrò nell’edificio dal quale già provenivano i dolci odori dei fiori essiccati messi nell’acqua bollente del bagno.
Le parve di annusare il profumo di casa sebbene Delta delle Acque fosse ancora troppo distante.

Lentamente si avvicinò alla vasca da bagno e si specchiò sulla superficie dell’acqua.
L’immagine sfocata e incerta di una ragazza dai capelli rossi le apparve provata dalla fatica. Lysa sorrise a quell’ombra, che le rimandò indietro lo stesso gesto.
Infine si spogliò e s’immerse nel liquido caldo.
Aveva sempre trovato confortante il contatto della sua pelle con l’acqua.

Del resto una Rosa dei Fiumi dove può stare a suo agio se non in acqua?

Lysa appoggiò la testa sulla parete della vasca tenendola appena sopra la superficie dell'acqua e chiuse gli occhi per riuscire a godersi pienamente il momento.
Una volta immersi, i suoi capelli ramati avevano acquistato una tonalità più scura che li faceva assomigliare al sangue. L’effetto che avevano era ipnotico. Fluttuavano come se fossero stati mossi da una brezza leggera, come se eleganti piante marine danzassero nella corrente.

Quante cose erano accadute negli ultimi giorni. Le tetre nuvole che avevano coperto Harrenhal con il buio dell’inganno ora sembravano solo un evanescente ricordo che lentamente stava scomparendo, proprio come la nebbia che il mattino si dirada permettendo ai primi raggi di sole di colorare le terre del reame. La vedeva spesso, dalla finestra della biblioteca nella quale aveva passato intere mattinate tra tomi polverosi assieme a Maestro Wyman che impartiva a lei e ai suoi fratelli tediose lezioni che non avevano mai fine.

In soli due giorni la giovane aveva ricevuto una proposta di matrimonio e l’invito a partecipare a un Concilio religioso. Era davvero così la normale vita di un nobile?

La fanciulla aprì gli occhi e guardò verso il soffitto.
Le possenti travi di legno che sostenevano l’edificio avevano un’aria molto antica, come se fossero appartenute a qualcos’altro prima e poi fossero state prese e usate per il sottotetto del granaio. Non era inusuale per gli abitanti di un villaggio utilizzare per qualche nuova costruzione qualche pezzo di una più vecchia o in disuso. Lysa giocò mentalmente con le venature del legno, come se al momento fosse la cosa più divertente del mondo. Presto si erano già create delle figure: insolenti occhi che sbriciavano in basso, la sagoma di un uccellino, alcuni cuori… e più tornava su quelle immagini più le sembravano vere.
Con la coda dell’occhio vide una figura che si avvicinava. Si trattava di Shila.
“Gradite un aiuto per lavarvi, mia signora?”.
“Non serve, grazie. Stasera posso riuscirci da sola. No anzi, resta e dedicati ai miei capelli. Hanno bisogno di essere coccolati”
. Lysa sistemò la folta chioma ramata dietro le spalle per facilitare il lavoro della serva.

Mentre veniva pettinata e la sua testa veniva massaggiata con olii speziati provenienti dai territori di Essos, la giovane lady cominciò a rimuginare sui pensieri che più l’avevano assillata in quei giorni.
E più Shila le lisciava le ciocche ramate più lei si perdeva in reconditi angoli della mente.

“Sapete, mia signora, la moglie del fattore che abita qui davanti è arrivata da me con una brocca di latte di asina munto giusto quest’oggi, dicendomi che avrebbe fatto al caso vostro. Ne ho aggiunto metà nella vasca da bagno. Avrete una pelle magnifica, ve lo posso assicurare…”. Lysa però non la stava ascoltando.
Era intenta a rivangare le cause della notte insonne di due giorni fa. Si era vista costretta il mattino dopo a dormire in carrozza, sebbene fosse veramente scomodo, perché i pensieri non le avevano dato alcuna tregua.
Jon Arryn. Come quell’uomo avesse deciso di chiedere la sua mano per lei rimaneva ancora un mistero. Che avesse forse pensato il legame di amicizia che aveva con il Lord suo padre potesse aprirgli le porte della Famiglia Tully per un matrimonio?

Avrebbe dovuto avere un po’ più di senno prima di avanzare una simile proposta.

Lysa stava ragionando in modo razionale, pragmatico. Quell’uomo aveva quasi il quadruplo dei suoi anni. Poteva essere suo nonno a momenti.

Un uomo di quell’età non sarebbe potuto essere più saggio in una simile situazione?
Inoltre lo conosco appena. Come può essere stato attratto da me, dalla mia persona in quanto donna con delle qualità, delle caratteristiche che potrebbero rendere un uomo felice di stare con me? Davvero non contano nulla l’intelligenza, la moderazione, la saggezza, l’educazione, la grazia e i modi di fare? Non vorrò mai sposare un uomo che mi sceglierà per il mio rango o come semplice candidata a essere portatrice della sua prole. Valgo davvero solo per i figli che posso dare?


Quest’ultimo pensiero la fece rabbrividire nonostante dall’acqua continuasse ancora a salire un caldo tepore. Temeva più di ogni altra cosa un simile destino.

Ripensò al volto di Jon Arryn la notte che lei, Lord Hoster e Catelyn erano andati ad annunciargli il loro responso negativo. Non le era affatto sembrato turbato, solo leggermente rassegnato.
Di certo il suo obiettivo non era un matrimonio d’amore.

“Qui ho finito con i capelli, mia lady. Permettetemi di sciacquarli e poi potrete uscire. I vostri polpastrelli stanno segnalando che è quasi ora”.
Lysa tornò alla realtà e si guardò le mani. Era davvero il momento di uscire entro breve. Allungò il braccio per prendere il soffice panno che usava per lavarsi e cominciò a strofinarlo delicatamente sulla pelle. Partì dal collo, poi le spalle, i seni e continuò così per tutto il corpo fino a raggiungere le punte dei piedi.

La giovane interruppe di colpo la sua azione.
Guardò se stessa, nuda, immersa nella vasca. Alcuni lividi stavano spuntandole sulle braccia mentre altri ormai stavano sparendo, ma lei non se ne curò molto.
Se il Lord mio padre fosse stato un uomo diverso avesse deciso di darmi in sposa a quell’uomo ora sarei sua. Un’estranea in un letto di un estraneo che mi avrebbe avuta solo per aver un erede. Come può nascere amore da questo?

Chiuse gli occhi e si appellò alla Fanciulla, uno dei volti dei Sette, affinché potesse proteggerla da una simile sorte. E si sentì fortunata ad avere un padre come Lord Hoster.

In quell’esatto momento le vennero in mente l’amica Lyanna e le sue pene d’amore per il principe Rhaegar. Cosa starà passando lei in quel momento? Il padre del suo amato ha stuprato una donna durante il torneo, una donna che avrei potuto essere io, come mia sorella Cat, come lei stessa… Che il cieco seme della follia sia passato da padre in figlio?

La fanciulla si rattristò per ciò che il fato aveva riservato per la giovane Stark. Non meritava di soffrire così: lei era innocente.

Lysa cominciò lentamente ad alzarsi e uscire dalla vasca mentre Shila le porgeva un telo per asciugarsi. Decine di goccioline simili a piccoli diamanti le scivolarono lungo il corpo e i capelli per poi cadere a terra e infrangersi silenziosamente.

Eppure… un po’ la invidio Lyanna. È stata corteggiata, amata da un uomo che le ha pure dedicato dolci poesie. Oh cara amica, se solo potessi essere qui... quanto avrei voglia di poter parlare con te di ciò che mi tormenta… la mia non è un’invidia cattiva, solo un leggero fastidio. A te sono state donate dolci rime mentre a me solo una formale richiesta fattami recapitare da mio padre, neanche dall’interessato. Una richiesta pari alla vendita di una merce o di un capo di bestiame…

“Copritevi mia lady, non rimanete bagnata a lungo”.

Si ammantò del telo e cominciò ad asciugarsi.

A Jon Arryn non erano certo mancate le occasioni per far valere la propria galanteria. Era un caro amico di Lord Hoster e avrebbe per questo potuto trovare centinaia di scuse per poter avvicinarsi a lei e Catelyn. Invece nulla. La giovane si domandò a quante altre giovani lady quell’uomo avesse chiesto la mano nel disperato tentativo di trovar moglie.
Fece una smorfia indignata mentre, ormai presso il tavolo della toeletta, si stava sistemando per dormire. Indossò la delicata camicia da notte e chiese a Shila di sistemarle i capelli in una morbida treccia. Il mattino seguente chi doma questa chioma altrimenti…

Lei avrebbe tanto desiderato un corteggiamento degno di un uomo di nobili valori morali. Invece le era capitata quella fredda richiesta da parte di un anziano più interessato al suo corpo e a quello che poteva contenere un giorno. No… non poteva biasimare troppo Jon Arryn alla fine. Era un brav’uomo tutto sommato. Probabilmente troppo spaventato di lasciare un’antica Casa senza eredi…
Basta parlare di lui e delle sue pene amorose.

Prima di andare a letto Lysa voleva terminare ancora una faccenda spinosa.
Poco prima di iniziare l’allenamento con suo padre aveva ricevuto la missiva di Lord Yronwood in risposta alla sua, quella che aveva inviato proprio poco dopo aver avuto colloquio con il Re degli Andali. Il corvo e il saggio Lord erano entrambi stati prontamente veloci a recapitarle una risposta.

Cosa potrei mai proporgli per far rifiorire il nostro credo?

Più pensava e più non sapeva cosa scrivere. Si era seduta presso il tavolo e la candela che illuminava la pergamena ancora intonsa faceva piccoli e dispettosi crepitii che sembravano volerle togliere la concentrazione.

Cosa faceva lei per i Sette? Si rese conto che quelli che solitamente pregava erano la Madre, la Fanciulla e la Vecchia. Coloro che più sentiva l’accompagnavano nelle sue azioni.
Nella fuga da Harrenhal aveva a lungo pregato anche il Padre, chiedendogli che giustizia venisse fatta.

Non aveva mai dubitato del loro giudizio, nemmeno nel momento in cui si erano portati via sua madre. Aveva sempre confidato che se ciò era capitato era perché avevano un piano più alto per chi era rimasto. Ciò non era capitato per suo fratello Edmure, che per il primo periodo aveva incolpato gli Dei della sua perdita, del suo dolore.

Ma non era la sua storia che doveva comunicare a Lord Yronwood.
A lui avrebbe scritto del Padre, perché era di lui che in quel momento la fede aveva maggior bisogno. Molti dei suoi figli erano in pericolo.
Giustizia scrisse Lysa.
Il canto dei grilli che proveniva dall’esterno aiutava a ordinare le parole che la giovane Tully stava imprimendo sulla soffice carta da lettere. Non si sentiva l’odore di pioggia che aveva preceduto i due violenti temporali le notti precedenti. Sarebbe andata a dormire serena, proprio come il cielo stellato sotto il quale la Valle avrebbe presto dormito.


Lysa Tully di Delta delle Acque, secondogenita figlia di Lord Hoster Tully di Delta delle Acque

01/02/2015 00:10
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 269
Registrato il: 28/01/2013
Età: 28
Sesso: Maschile
Lord Feudatario
La serata per lui era appena iniziata, sebbene tutti i soldati che aveva intorno stessero iniziando a lavare le pentole per poi coricarsi in fretta. La giornata era stata lunga e faticosa e tutti volevano raccogliere le forze dato che era risaputo che nei giorni seguenti avrebbero percorso anocra moltissime leghe. Ma Hoster non si fermava, assolutamente no. Aveva organizzato un veloce incontro in un'abitazione al limitare del villaggio, e non voleva tardare. Squirrel probabilmente lo stava già aspettando, era sempre estremamente puntuale e diligente.
Gli abitanti della casa, non appena avevano sentito dell'importanza dei temi che si sarebbero dovuti discorrere, avevano offerto la loro dimora al Reggente con la speranza di donargli almeno la comodità di un tavolo su cui appoggiare le mappe per indicare agli ascoltatori il tragitto da percorrere.

Stranamente quando Hoster raggiunse il luogo dell'incontro non era ancora arrivato nessuno. Né il capitano né gli altri che erano attesi. Il Reggente allora si accomodò con tutta calma, tirando fuori le mappe e distendendole bene sul tavolo posto al centro della stanza. Bloccò gli angoli con delle pietre, e ne pose altre per segnare i maggiori distaccamenti delle sue truppe. Aveva già ordinato parecchi spostamenti mandando corvi in giro per tutte le Terre dei Fiumi, e sperava che i suoi comandanti fossero stati abbastanza diligenti da mobilitarsi non appena avessero ricevuto l'ordine.
Stava osservando il confine Ovest delle sue Terre quando entrò una giovane ragazza. Era una delle ancelle delle sue figlie, e pochi secondi dopo la seguì Cat. Aveva uno splendido vestito verde acqua, che arrivava a lambirle le caviglie svolazzando dietro ai suoi passi. Stretto in vita da un nastro dello stesso colore, rivelava che ormai il corpo della giovane figlia di Hoster non era più quello di una ragazzina.

Il padre la guardò con tenerezza e la salutò con un cenno del capo. Non era di certo una serata gioiosa per loro, dato che di lì a pochi giorni avrebbero dovuto salutarsi. Il distaccamento proveniente da Delta delle Acque era in arrivo e non appena l'avessero avvistato Cat sarebbe partita con una scorta di cavalleggeri per unirsi ad esso. Con quei cavalieri al seguito, si sarebbe diretta verso Nord. Verso le Terre più sicure dei Fiumi, lì dove la guerra non avrebbe rischiato di nuocerle. E avrebbe anche parlamentato con gli altri Lords ribelli, con la speranza di rinforzare almeno un po' il fronte. Ogni uomo era vitale per la salvaguardia della loro casa.

“Eccomi, padre.”
“Vieni, Cat. Abbiamo ancora qualche istante prima di dover parlare del tuo tragitto.”
Lei si avvicinò.
“Ricordati, all'infuori della nostra Famiglia nessuno ci è davvero amico. Possono averci giurato fedeltà sugli Dei Vecchi e Nuovi, possono aver preso in sposa una nostra parente, ma nessun altro oltre a noi è un Tully. Siamo fatti per stare in gruppo, proprio come i pesci del mare. Ci sono troppi squali... E sono ovunque. Ma sono certo che riuscirai a badare a te stessa, me l'hai già dimostrato parecchie volte. L'unica raccomandazione che ti faccio è quella di pensare prima a te stessa che agli altri, almeno per questo viaggio. Gli uomini della tua scorta impugnano una spada da quando erano bambini in fasce, tu invece sei una ragazza fragile e meravigliosa. Non tutti gli uomini sono come me. Tienilo a mente.”
Ormai erano così vicini che Hoster prese una mano della figlia tra le sue, e la baciò sulla fronte.

Proprio in quell'istante la porta sbatté un'altra volta, ed entrarono due persone che la ragazza non aveva mai visto.
Una era una ragazza dalla pelle olivastra, vestita in maniera abbastanza particolare. Aveva i capelli corvini raccolti in una coda, gli occhi di un castano intenso e le labbra carnose. Il viso non era un ovale perfetto come quello della classica principessa delle fiabe, anzi era leggermente squadrato. Di statura media, vestiva un corpetto in cuoio e dei pantaloni rinforzati che erano chiaramente progettati per l'equitazione. Non era esattamente bellissima, ma il suo corpo atletico e snello avrebbe di sicuro fatto perdere la testa a molti uomini. Si vedeva chiaramente che aveva circa 25 anni, ma sarebbe stato impossibile fare una stima più precisa.
La seconda figura che entrò fu un giovane uomo. I capelli biondo cenere che gli arrivavano fino alle spalle, gli occhi verdi e la barba incolta lasciavano presagire che fosse un abituale viaggiatore. Era leggermente più alto di Hoster, ma non lo si sarebbe mai potuto paragonare alla Montagna che Cavalca. Indossava un'armatura semplice, composta da una placca addominale in acciaio, da dei coprispalle e delle protezioni sommarie per le gambe. Sul petto, una ghianda, forse il simbolo della sua casata.

“Cat, questi saranno i tuoi compagni di viaggio. Lei è Mirasa, e sarà la tua ancella durante il viaggio. Ci sono poche donne che riescono a sostenere lunghi viaggi a cavallo durante il giorno ed i lamenti di una lady stanca ed afflitta alla sera. E' originaria di Nightsong, ma puoi fidarti di lei. E' al servizio di Lord Whent tuo nonno da quasi dieci anni. Purtroppo dovrai salutare per qualche tempo le tue ancelle, converrai con me che un viaggio così pesante non fa per loro. Ma sono sicuro che con Mirasa ti troverai benissimo.”

Cat non lo era altrettanto, a giudicare dalla sua espressione. Avrebbe senza alcun dubbio preferito Shila a quella mezza dorniana mascolina. Ma c'era un motivo ben più importante per cui Hoster aveva deciso di affiancare Mirasa alla sua figliola per quel lungo viaggio. Forse non sarebbe stata altrettanto brava nel consigliare a Cat quale fragranza di profumo scegliere nella giornata, ma non era di certo una servetta inerme. All'occorrenza avrebbe difeso la sua lady senza pensarci due volte.

“E lui è il Capitano Squirrel, di Bosco Umido. E' un piccolo castello nei pressi di Acorn Hall, e come di certo avrai studiato la sua famiglia ci è fedele da quindici generazioni. Può sembrarti giovane ed inesperto ma ti assicuro che così non è. Ha combattuto nell'Essos, partendo alla ventura come mercenario, e da meno di un anno è tornato a casa. Fortunatamente non tutte le compagnie richiedono il servizio a vita, così quando suo padre è venuto a mancare e suo fratello ha ereditato il castello ha deciso di tornare nelle Terre dei Fiumi.”

Avvicinatosi al tavolo ricoperto di mappe, indicò loro alcuni sassolini piazzati su un ideale tragitto verso Nord.

“Non appena saremo raggiunti dal distaccamento di cavalleria proveniente da Delta, partirete per Lord Harroway's Town. Da lì poi andrete verso nord, facendo tappa alle Twins. Lì consegnerete il messaggio a Lord Frey...” un attimo di silenzio, durante il quale si scambiò uno sguardo d'intesa con Squirrel “...e, sempre in zona, dovreste incontrare le delegazioni Lannister, Stark ed Arryn. In questo momento, sebbene il viaggio sia appena iniziato, potrai iniziare a tessere la diplomazia con gli altri ribelli. Ricordati, l'importante è chiamare al fronte più uomini possibile. Gli Stark faranno di certo resistenze, visto che a nord i bruti avanzano. Ma quattro pezzenti vestiti di stracci sono ben meno minacciosi della Guardia Reale. E, per di più, non minacciano la nostra casa. Così dovrai fare anche con la delegazione Arryn, dato che si sa che gli uomini della Valle hanno nel sangua la deprecabile tendenza a nascondersi nella loro tana al di là della Porta Insanguinata. Con Re Jon ci parlerò io, ma è importante che anche gli altri nobili sentano dalla tua voce la descrizione del pericolo incombente. Per di più, potrai anche dialogare con Cersei Lannister. Potrebbe essere un aggancio prezioso per arrivare al padre. Ed avere dalla nostra Tywin Lannister significa avere non solo un confine sicuro, ma anche il supporto della Casa più ricca dei Sette Regni.
Si sono già ribellati ufficialmente tutti, ma le loro potrebbero rimanere semplici parole. Per noi, invece, la situazione è ben diversa. Siamo gli unici ribelli a confinare con le Terre del Drago, e dobbiamo assicurarci degli alleati che ci proteggano dalle sue mire espansionistiche. E, nel caso, anche degli avamposti per contrastare la sua possibile avanzata.
E' per questo che ho bisogno di te, Cat. Sei l'unica della famiglia che può assolvere questo compito. E la diplomazia può non essere fatta solo di matrimoni... Ma anche delle giuste amicizie. Nessuno è davvero nostro amico all'infuori della nostra Famiglia, ma il giusto trattato può renderci la vita molto più semplice.”

Alzò gli occhi dalla cartina per incrociare per un attimo il suo sguardo. Lei, con un veloce cenno del capo, gli fece capire di aver compreso.

“Dovrai scrivermi una lettera ogni tre giorni, Cat. Non solo per aggiornarmi sugli sviluppi del viaggio e della missione, ma anche per rassicurarmi sulla tua salute. Se per tre giorni non riceverò una tua missiva, mi attiverò per organizzare delle spedizioni che partano alla vostra ricerca.”

Dopo poche altre direttive tecniche, Hoster congedò il Capitano Squirrel e la giovane Mirasa. Il giovane, esendosi accorto all'ultimo di non aver salutato Catelyn come meritava, di accostò a lei prima di congedasi. Rosso in viso, le fece il baciamano.

Quando infine si furono allontanati, Hoster si avvicinò alla figlia.
“Non farò partire le spedizioni solo se non riceverò una tua missiva per più di tre giorni; se qualcuno venisse a sapere dal Capitano o da Mirasa di questa mia intenzione, potrebbe rapirti e costringerti ad inviarmi lettere per rassicurarmi. Se in una tua lettera leggerò il nome di tua madre, capirò che sei in pericolo. Mi raccomando, ricordati che questa sarà la tua parola d'allarme. Io e tua madre vegliamo su di te. Nominala, ed arriverò da te.”

Dopo aver detto ciò, si perse negli occhi della figlia. La guardava, e già pensava al moento in cui avrebbe dovuto salutarla. Le prese la mano ancora una volta fra le sue. Non voleva più lasciarla andare.


++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++




Re Jon Arryn


In passato:
- Pincipe Doran Nymeros Martell, Principe di Dorne e Lord di Lancia del Sole. Per colpa di Mace Tyrell il Bellissimo rimane solo un ricordo
- Lord Hoster Tully, Protettore del Tridente e dell'Ovest
- Tormund, Veleno di Giganti, Pugno di Tuono, Soffiatore di Corno, Marito di Orse, Grande Affabulatore, Distruttore del Ghiaccio, Voce degli dei, Re dell'Idromele di Ruddy Hall, Padre delle Armate del Popolo Libero, Scalatore della Barriera, Reietto nei Sette Regni
02/02/2015 17:46
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 50
Registrato il: 26/11/2014
Età: 26
Sesso: Maschile
Cavaliere
Rhaegar I - Il peso del Trono

Una lacrima solcò i dolci lineamenti del principe d'Argento. Il peso dei ricordi non lasciò spazio a un misero sorriso, solo il rimpianto d'una felicità ormai perduta. Pianse, rimembrando la sua prima cavalcata. Non aveva ancora compiuto i sei anni che il padre lo fece montare su un puledro dal manto color pece. Cadde tre volte. Ogni volta, si alzava osservando lo sguardo severo di suo padre. Uno sguardo duro, pieno di rimproveri non detti. Poi, a fine giornata, fu lo stesso Aerys a medicarli le ferite, aggiungendo un timido " Sei stato bravo, figliolo ".
Il re non era solito abusare di complimenti, anzi, era molto avaro nel dar soddisfazioni al piccolo Rhaegar.
" Grazie padre. " rispose il principino, gettandosi in un caloroso abbraccio.
Quella dolce immagine svanì dalla mente dell'Ultimo Drago, per lasciar scorrere un altro ricordo.
" In guardia ragazzo! "
" Padre, siete voi che dovete prestare attenzione! "
Aveva sedici anni quando iniziò ad appassionarsi alla spada. Ormai tutto lo consideravano un topo di biblioteca, dedito alla scrittura e alla musica, un trovatore più che un erede del drago.
Le guardie reali gli insegnarono i loro segreti e, in poco, Rhaegar divenne un eccellente spadaccino... Certo, non era ancora in grado di battere Ser Arthur, ma con Aerys era tutta un'altra musica.
Le spade del padre e del figlio si incrociarono poche volte, prima che l'eleganza del giovane prese il sopravvento.
Anche quel piacevole ricordo svanì, costringendo Rhaegar a tornare alla reltà. Aerys Targaryen ormai era morto. Sul trono sedeva un sempre più ingestibile Aerys il folle.
Da tempo maturava in cuor suo l'idea di costringere il re ad abdicare in suo favore, ma ogni volta che si dirigeva verso ser Arthur, perdeva il coraggio, sacrificato ai numerosi ricordi d'un passato felice.
Ma ad Harrenhal la storia era diversa. Troppi Lord erano presenti, uno scatto d'ira del re avrebbe potuto rovinare l'intero regno. Così, raccogliendo tutto il suo senso del dovere, si recò dalla Spada dell'Alba, ordinandogli di tener d'occhio il re.
" Rhaegar, amico mio, voi sapete bene che farò tutto il possibile... e anche di più... Ma non basterà. Aerys trova sempre un modo per aggirare la mia sorveglianza. Nella sua follia, rimane un genio. "
Ser Arthur aveva il brutto difetto di sottolineare l'evidenza e sbatterla in faccia al principe.
" E cosa dovrei fare? Non posso prendere il suo posto... Non ancora! "
Rhaegar mentì, al suo amico e a sé stesso. Lui aveva paura di diventare re, temeva di ridursi come suo padre, di perdere la ragione su quel trono affilato e malvagio. Lui non voleva essere re. Lui voleva suonare l'arpa e allenarsi con Dayne, uscire di nascosto la sera per frequentare i bassi borghi di Approdo. Non voleva dimenticare gli amici delle bettole...
" Sai bene cosa devi fare... Se fossi in te... mi infilerei nella tenda di Lyanna e ci darei dentro come se fosse l'ultimo giorno della mia vita... Poi andrei da Aerys e lo costringerei ad abdicare. "
" Qui? Davanti a tutti i Lord? "
Arthur annuì. Sarebbe stato facile giustificare il fatto. Il vecchio re avrebbe potuto tenere un discorso, dove spiegava le vere ragioni del torneo...
" Pensaci, rifletti bene. Domani mattina mi dirai cosa fare. Ormai sei tu il mio re! "
Quel giorno trascorse rapido. La sera ebbe modo di conversare con la sua amata Lyanna, ma la notte... Non dormì... Non chiuse occhio. Passò minuto dopo minuto a girarsi nelle morbide lenzuola, fin tanto che non prese una decisione.
" Arthur! " fortunatamente la Spada dell'Alba era di turno quella notte.
" Hai deciso? " chiese la guardia reale.
" Finito il torneo, una volta ad Approdo, deporremo Aerys e io prenderò il suo posto. "
Ser Arthur Dayne annuì soddisfatto.

Poi lo stupro cambiò tutti i piani. Rhaegar tentò in tutti i modi di salvare il salvabile... Ma era troppo tardi... Ormai i lord erano in guerra. Il suo amore per un padre morto da tempo gli aveva impedito di vedere con chiarezza. Era troppo tardi.
Aveva perso tutto, l'onore della sua casata, Lyanna e quasi la testa... Rhaegar era consapevole che non sarebbe vissuto a lungo. Però tanto valeva tentare di riunificare i regni sotto un'unica corona.

Il corvo arrivò portando una lettera di Arthur e la corona di suo padre.
" Mio re! " diceva la carta.
E così, la vita di Rhaegar tramutò in una lenta fine... Una morte annunciata. Tutti i Lord ribelli continuavano a scaricare su di lui le colpe del padre. Tutti coloro ai quali chiese aiuto gli voltarono le spalle. Lord Stark, Lord Arryn, Lord Lannister... Tutti. Era solo, ma la cosa peggiore è che non avrebbe più rivisto Lyanna.
Rhaegar pianse, tutta la notte sfogò il suo dolore, implorando i sette di aiutarlo. La mattina, quando gli occhi non erano più in grado di versare lacrime, osservò il suo riflesso nella bacinella d'acqua. Si lavò il viso, per togliere la debolezza della notte precedente. Poi guardò il cielo, spalancò le braccia e ruggì il suo nome.
" Fuoco e Sangue! Se devo morire, morirò tentando di riportare la luce in questa tenebra. Io sono il Fuoco e mio sarà il Sangue. Io sono Rhaegar Targaryen. "



Mace Tyrell, Lord di Highgarden e protettore del Sud

Fui Lord Rickard Stark, protettore del Nord e, per qualche tempo, Primo Cavaliere del Re.

Fui Rhaegar Targaryen, l'ultimo drago, Re d'Argento.
02/02/2015 20:16
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 171
Registrato il: 04/02/2010
Età: 32
Sesso: Maschile
Lord Alfiere
Rinforzi e spie


Quello era un periodo poco movimentato per gli uomini della compagnia, nessuna grande battaglia si profilava all’orizzonte. Nemmeno piccole scaramucce con briganti locali.
La compagnia marciava; la mattina si svegliava, tirava su l’accampamento e si metteva in marcia fino al tramonto. Mentre calava il sole veniva nuovamente tirato su l’accampamento e ogni giorno era la solita minestra.
Mors Sand era un ufficiale reclutatore e quella sera arrivò con mille cavalieri.
Di tutti gli ufficiali orientali Mors era l’ultimo che mi sarei aspettato di vedere. L’ultima volta che lo vidi sapevo che era diretto a Pentos, li avrebbe incontrato un magistro che era in debito con la compagnia.
“Entra Mors, siediti e bevi qualcosa” anche se ero contento di vederlo non lo diedi a vedere, ero sorpreso, non ero stato avvertito e questo mi rese molto irritabile quella sera.
“Lord Comandante, grazie mille, porto notizie anche se ormai vecchie. Ma sono sicuro che faranno lo stesso piacere”
“Allora parla in fretta che poi il riposo ti aspetta” il vino speziato si stava raffreddando quando l’ufficiale iniziò a parlare.
Aveva la voce grossa e stanca di chi aveva fatto un lungo viaggio con la fretta che solo notizie importanti potevano imporre. “Magistro Yoros ha pagato il suo debito e Pentos tutta con lui. Ora è un uomo potente e ha mandato il suo pagamento in cavalieri, mille cavalieri armati e addestrati, mi unisco alla compagnia con questi uomini. Ben presto altri uomini arriveranno da oriente, Myr Lys e Tyrosh sono solo alcune delle città che ospitano uomini di potere che ancora sentono loro la causa di Acreaciaio. Presto si uniranno alla nostra causa altri uomini orientali. Brynden Rivers li sta radunando sulla costa delle terre contese per addestrarli, ci vorranno almeno un paio di mesi prima che siano pronti ma meglio che arrivino qui già addestrati.”
“Ottime, ottime notizie” tra me e me pensai che sarebbe stato meglio se fossero arrivati entro la prossima luna ma non si poteva fare.
“Abbiamo mandato ufficiali a Vaes Dotrak e a Qhoor per sentire se c’erano uomini liberi da contratto, ma l’unico era Vargo Hoat con i suoi bravi camerati, ma non ci siamo fidati, è troppo giovane ed è da meno di un anno che è al comando, non ha la giusta esperienza e per di più ha metodi a dir poco barbari.”
“Non voglio aver nulla a che fare con il caprone nero, stia li a grattarsi ma qui non lo voglio, manderò una staffetta ad oriente per trovargli un lavoro nelle terre contese o da qualche altra parte in Essos.” I bravi camerati erano una compagnia storica delle città libere ma Vargo l’aveva trasformata in un ricettacolo per malviventi e tagliagole.
“I cavalleggeri sono proti ad essere inquadrati nei ranghi della compagnia, parlano tutti la lingua comune o comunque la capiscono bene, le armature sono state fatte sui disegni della compagnia, i cavalli sono un dono che il magistro ha ricevuto dai dotraki e sono di ottima razza; non ci possiamo lamentare.”
“Perfetto, svegliate tutti gli uomini esercitazione di combattimento notturno, voglio le falangi pronte, i cavalieri pronti a muoversi e i balestrieri pronti a lanciare.”
Il suono di un possente corno d’osso di drago svegliò l’intero campo, gli uomini sapevano il significato di un solo suono: prepararsi alla battaglia.
Gli esploratori a cavallo piazzarono le torce per dirigere lo schieramento intero, nonostante la compagnia si schierasse di notte al buio non aveva mai sbagliato direzione.
Gli esploratori a cavallo erano muniti di torce le avrebbero piantate in corsa una ogni venti piedi era il riferimento per ogni squadra di fanteria; avrebbero attraversato il campo di battaglia ad ogni costo per mettere giù quelle torce.
I fanti, il contingente più grosso della compagnia si sarebbe schierato in seconda linea, le pesanti corazze gli rendevano lenti quanto i picchieri ma le spade non servivano a nulla contro una carica di cavalleria, mentre i loro scudi tondi avrebbero coperto le truppe con armi da tiro una volta che avessero ripiegato dalle prime linee. Formidabili truppe erano i lanceri, armati di grossi scudi e di lunghe picche, protetti da pesanti armature in acciaio, formavano un muro impenetrabile.
Gli arcieri erano per metà uomini occidentali, armati di archi lunghi di tasso o quercia, ma l’altra metà erano uomini di Essos, armati di archi a doppia curvatura. Ai balestrieri invece il compito più rischioso, per delle truppe da tiro, in seconda linea dietro ai lancieri, un solo colpo prima di doversi ritirare dietro i fanti per ricaricare.
I cavalieri invece sarebbero spariti, all’inizio si sarebbero schierati ai due lati dello schieramento ma appena in nemico si sarebbe fatto sufficientemente vicino per vedere si sarebbero girati come per scappare. Punto di incontro a due miglia dal lato destro dello schieramento, poi una volta riunito l’intero contingente di cavalleria si sarebbero mossi per aggirare il nemico e prenderlo alle spalle.
Agli scout il compito di individuare eventuali rinforzi e riferire, e se possibile rallentarli con ogni mezzo, ma senza ingaggiarlo.
Per un capo con un lato coperto da montagne o fiumi questa era lo schema base della compagnia, e quella era l’esercitazione.
Le urla dei sergenti si perdevano nel cozzare dell’acciaio di chi si stava preparando. Gli scout a cavallo sfrecciarono davanti alla mia tenda e, al braciere davanti ad essa accesero le torce che avrebbero usato di li a poco. Il caos era evidente, ma non eccessivo, ognuno sapeva cosa fare, come muoversi e sapeva farlo in fretta e con efficienza.
Non erano molti gli eserciti che sapevano schierarsi di notte in meno tempo di quanto un cavaliere pesante ne avesse impiegato per indossare la sua armatura.
Di notte poi.
I primi gruppi di picchieri uscirono dall’accampamento marciando silenziosamente e in perfetta formazione da battaglia. Seguirono due compagnie di arcieri, i soldati a cavallo erano gli unici che dovevano correre per trovarsi in posizione al momento giusto.
Meno di mezza clessidra per essere pronti a combattere, uno spettacolo. Quegli uomini erano la mia compagnia, non potevo desiderare di meglio. Diedi l’ordine di rientrare, l’esercitazione era finita, e come al solito era stata un pieno successo.
Solo un evento rovinò quella nottata.
“Comandante, abbiamo trovato questa spia che segnava i nostri numeri; cavalli, archi, balestre e carri dei rifornimenti. Tutto segnato meticolosamente su questo piccolo libro di pelle. Altri due erano con lui ma non so il motivo.”
Le prime spie erano state catturate, nessuna spia era riuscita a sfuggirmi da quando ero comandante e queste non avevano fatto eccezione.
“Bene bene, tre spie. Datemi il quaderno” presi il quaderno e lo scorsi velocemente, era tutto segnato con molta perizia, di chi è stato addestrato a spiare i campi nemici.
“Fate venire Daemon” Daemon era il torturatore, un semplice fabbro che aveva passato parecchi anni nelle prigioni di Norvos come torturatore.
“Uscite tutti! Restino Caspor, Ronnet e Ned.”
Arrivò Daemon, e iniziò a fare domande con tono annoiato.
“I vostri nomi per piacere”
Nessuna risposta
“I vostri nomi prego”
Ancora nulla
Camminava in tondo attorno alle sedie a cui erano legate le tre spie.
“Ancora una volta i vostri nomi”
Ancora niente
Con mano rapida e sicura prese uno ago e lo piantò nel ginocchio del primo, nessun dolore, nessun grido. Il punto lo aveva centrato in pieno, appena con un dito spinse l’ago più a fondo l’uomo urlò. Ma nessun nome.
Il respiro era affannoso ma era ancora lucido, un secondo ago si fece strada nell’altro ginocchio. Un secondo urlo usci, ma ancora nessun nome.
Nel mentre io me ne stavo comodamente seduto su una sedia a guardarmi lo spettacolo, annoiato e senza troppo interesse.
Altri otto aghi dovettero entrare prima che ci dicesse il proprio nome: Orton.
“Da dove vieni?”
Nessuna risposta
“Quale Lord servi?”
Solo un silenzio ostinato
“Vedi quell’uomo seduto li davanti a te?”
Orton fece un cenno con la testa
“Lui è il lord comandante di questa compagnia, lo chiamano cuore nero. Io sono Daemon, e ho il compito di tirar fuori informazioni dalle persone usando il dolore. Lui non ci prova nemmeno, se si alza e viene qui ti scuoia come un maiale, lo fa mentre sei ancora vivo e ti lascia senza pelle, vivo e senza pelle.”
Con aria schifata Orton mi guardo e sputò guardandomi dritto negli occhi.
“Dove sei nato?”
Silenzio
“Quale Lord servi?”
Nulla
Quella commedia mi stava stufando, decisi di prendere il martello da battaglia di Caspor, mi avvicinai ad Orton e diedi un secco colpo sul torace, non troppo forte da ucciderlo, ma sufficientemente forte da fracassarglielo.
La sedia si rovesciò un tonfo sordo seguì e Orton iniziò a mugolare per il dolore. Lasciai la mazza e presi un coltello ricurvo e iniziai a tagliare la pelle sul dorso della mano. La pressione della lama doveva essere perfetta, troppa e avrei tagliato le vene del poveretto e sarebbe morto dissanguato ben presto, troppo poca e la pelle non si sarebbe staccata. Ma per fortuna all’epoca avevo la mano ferma e salda come la roccia.
Un unico taglio, un’unica passata la pelle della mano venne via come se fosse stato un guanto. Le urla del poveretto erano disumane, il suo volto una maschera di dolore e sofferenza. Il fiato era fatto grosso e l’aria nei polmoni era finita, non aveva più nemmeno la forza per respirare.
Continuai, passai all’avambraccio, gesti rapidi e fluidi come solo chi era un esperto sapeva fare. Ed in effetti lo ero, era stato Garret, il migliore amico di Daemon me lo aveva insegnato, che gli dei lo abbiano in gloria.
Dopo l’avambraccio tocco alla parte superiore dell’arto. Orton non urlava nemmeno più, il dolore era troppo e non aveva più fiato per farlo.
In compenso gli altri due guardavano con ribrezzo e sconvolti dal dolore che stava provando il loro compagno.
Daemon riprese a far loro domande:
“Chi servite?”
Nulla
“Da dove venite?”
Silenzio
“I vostri nomi?”
Il muro di silenzio era ben solido, ma ben presto sarebbe crollato.
Nel frattempo Orton aveva perso i sensi. Lo rialzarono lo svegliarono e gli diedero dell’acqua fresca.
Aspettammo che il suo fiato tornasse normale e riiniziai il mio lavoro di coltello. L’altra mano, l’altro braccio. Poi fu il turno della gamba sinistra e di quella destra poi. Le urla continuarono, si fecero più forti e più acute, e altri due nomi uscirono: Mathis e Marq.
Era passata da poco mezzanotte quando Orton spirò.
Ci aveva detto che era di un paesino insulso sperduto chissà dove, che serviva un piccolo cavaliere che rispondeva al nome di Jason qualcosa, e che aveva una figlia che la prossima luna si sarebbe sposata.
Mathis, era il turno di Mathis. Feci portare una vasca di legno piena d’acqua, e Daemon ci sprofondò la testa del poveretto più volte, ogni volta più a lungo, ogni volta sempre meno tempo per riprendere fiato. Gli aghi erano ormai sottopelle, ogni movimento una tortura, ogni respiro era ormai doloroso. Mathis lo iniziai a scuoiare dal torace, ogni brandello di pelle che veniva via era un urlo, ogni volta che la lama fredda toccava la carne viva un sussulto. Non durò molto prima di confessarci che anche lui era al servizio di un certo Ser Jason di chissà dove. Ma Nessun nome importante venne fuori.
E anche lui spirò.
Il terzo non lo toccammo, sarebbe tornato indietro a raccontare quello che aveva visto, se mai fosse riuscito a non impazzire quella notte.
Lo feci legare ad un tavolo, mani piedi torace e spalle. Gli bloccammo la testa con delle cinghie di cuoio e sopra la testa un trespolo con una ciotola d’acqua. Una goccia d’acqua sarebbe caduta sulla sua fronte per molto tempo, a ritmo regolare. Sarebbero bastate quelle poche gocce d’acqua e le atrocità viste quella notte a spezzare la sua mente.
Al di fuori della tenda la vita della compagni seguiva il suo corso.
Arrivò l’alba e la compagnia non si mise in marcia. Gli uomini si addestravano, i fabbri lavoravano, le armi venivano riparate e affilate, le armature lucidate.
Scese la sera, e Marq mostrò i primi segni di cedimento, durante il giorno Daemon aveva lavorato con i suoi aghi, la pelle del poveretto era piena di buchi, innocui buchi a prima vista, ma il dolore provocato da quei maledetti aghi era stato lancinante per Marq.
Prima di perdere la testa confessò che il loro compito era quello di riferire a quel cavaliere i numeri della compagnia ma soprattutto il posto in cui eravamo.
La notte lascio spazio ad un nuovo giorno, la mente di Marq era ormai quasi completamente perduta, ma sapeva ancora tornare da dove era venuto.
L’accampamento fu smontato la compagnia si preparò per la marcia. Scrissi di fretta una lettera e la infiali nella borsa di Marq. Erano poche righe:

“Salve Lord,
sono sicuro che vi stavate chiedendo come mai i vostri esploratori non fossero ancora rientrati. Sono stati catturati. Sono stati interrogati ma fortunatamente per voi non hanno parlato molto. Vi restituisco Marq, non sono sicuro che riesca a raccontarvi come si sono svolti i fatti per filo e per segno, abbiamo pezzato la sua mente, il suo spirito e il suo corpo.
Mathis e Orton hanno avuto degna sepoltura ai piedi di un olmo vecchio centinaia di anni viste le dimensioni.

Io sono Myles Toyne
Lord Comandante della Compagnia Dorata,
Erede di Acreacciaio,
Ufficiale Generale,
Il Dorato.”


Ci rimettemmo in marcia, le compagnie erano fresche, il morale alto e gli ufficiali erano di ottimo umore. La guerra era iniziata e prima la compagnia avrebbe preso parte ad uno scontro prima avrebbero iniziato a tirare su soldi.





BRYNDE TULLY - THE BLACK FISH
Protettore della marca meridionale, castellano di Delta delle Acque










NEL GIOCO DEL TRONO:
Ex Victarion Greyjoy comandante della flotta di ferro, Lord di Tharth, ammiraglio della flotta del Nord
Styr, Maknar dei Thenn, Signore di Promontorio dei Thenn, un uomo nato libero, morto con dignità e ora governa il promontorio dall'alto del cielo azzurro
Lord Myles Toyne, erede di Acreacciaio Lord Comandante della Compagnia Dorata
03/02/2015 20:55
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 865
Registrato il: 14/12/2009
Sesso: Maschile
Condottiero di Eserciti
PDV 3 LORD GORGYLE (PRIMA  PARTE)


A Maestro Aemon , Castello Nero

" Tormund ha invaso le terre circostanti al castello di Craster con tutto il suo esercito.
I nostri esploratori giurano di aver visto giganti e mammuth con i loro occhi , fino adesso ne avevamo trovato soltanto le ossa sepolte , chissà da quale profondità delle Terre del Gelo arrivano , non pensavo ne fossero rimasti di ancora vivi e nemmeno così tanti.
La Confraternita si accorge solo ora di sapere poco o di aver dimenticato molto , sui propri nemici e le terre dell'estremo Nord , ai confini del mondo, ove non vi sono ne mappe ne testimonianze.
Sono rimasto colpito dalla tua traduzione dei caratteri scolpiti sulla cassa, è singolare che quest'arsenale di armi in vetro di drago provenga da Aspra Dimora, e ancora di più lo sono su quanto scoperto nei tomi più vecchi e corrosi della nostra biblioteca.
Vecchie leggende e menzioni sull'acciaio di drago , usato dagli eroi antichi contro gli Estranei... Questo acciaio corrisponde al nostro vetro di drago o a una fusione tra metallo e ossidiana?.
Tutto ciò mi fa riflettere anche su Aspra Dimora, essa è stata la prima e unica città a Nord della Barriera nei tempi antichi ; un grande centro , una specie di Capitale delle terre oltre la Barriera , andato in rovina sotto circostanze inquietanti... Investito da un grande male.
Da quanto ricordo,  i mercanti che solevano frequentare il porto trovarono , dando fede alle vecchie cronache , la terra scossa da  un orrendo cataclisma , cadaveri ovunque galleggiare  in acqua e giacere tra le rovine della città distrutta, oltre ad urla agghiaccianti ,  di cui non seppero distinguere se essere umane o di altra natura.
Fatto sta che una città del genere ,  nell'era della Notte Eterna e degli Eroi ,  non avrebbe potuto sopravvivere senza delle armi , un modo per combattere Estranei e non-morti.
Quali furono infine le reale cause della sua distruzione??
Oggi quelle terre sono scarsamente abitate , persino i bruti le evitano ,  sono costellate di rovine tra la vegetazione , dove si dice imperversino demoni e bestie feroci , tutte dicerie beninteso ma ciò non cambia che Aspra Dimora è un luogo maledetto e empio.


Dobbiamo sapere  , per questo prendo con me la maggior parte dei miei ranger e parto per Aspra Dimora per indagare , i nostri appiedati con un'adeguata scorta,  sono già  partiti per il Forte Orientale con la cassa,  ho dato ordine a ser Denys Mallister di organizzare un contingente al suo arrivo al Forte , composto da i suoi uomini e quelli di Cotter Pyke , ci raggiungeranno ad Aspra Dimora , la loro strada sarà diretta e più corta della nostra , secondo i miei calcoli dovremmo raggiungere il posto più o meno insieme.

Tutto questo rimanga tra te e me vecchio maestro , a parte la nostra spedizione scomparsa senza traccia e i racconti in merito del defunto Garigus , non ho prova alcuna dell'esistenza di questo nostro grande affanno.
Comunque sia , Mallister ha detto che Craster ha fatto strani accenni che vorrebbero confermare le nostre paure , peccato il non poterlo piú interrogare.
Sembrava egli suggerire che i bruti vogliano passare la Barriera , anche per sfuggire ai morti che camminano, conferme che non mi danno piacere , avvalorate dal fatto che Craster non ci ha mentito spesso.

I bruti presto occuperanno Whitetree , massima allerta al Castello Nero e al Ponte dei Teschi, tenetemi anche  aggiornato sui movimenti del Lord delle Ossa.

Lord Qorgyle , stazione provvisoria di Whitetree , 14 giorno della spedizione.




Cotter Pyke guardò con astio  Denys Mallister e quattrocento Confratelli a cavallo scomparire all'orizzonte ,  il Lord Comandante sembrava essersi convertito dal suo solito cinismo e pragmatismo , andava ora in cerca di città perdute e delle vecchie armi dei stramaledetti estinti Figli della Foresta mentre eserciti bruti avanzavano , forse gli stava dando di volta il cervello.
Aveva avuto istruzioni di tenere la cassa al sicuro e di cercare qualsiasi altra arma simile in giro per il Forte e quelli minori circostanti,  qualche confratello aveva una di quelle daghe e qualcos'altro era stato trovato in giro , ma non ne girava molta di quell'ossidiana , più per ornamenti che per armi.
Quella roba valeva poco comunque , Primi Uomini  con le spade di bronzo e gli Andali con quelle di ferro li avevano sterminati tutti i Figli della Foresta , il vetro di drago non gli era servito granché ,almeno questo diceva maestro Hammune ; certo era che il vetro, contro una maglia di ferro,  poteva essere utile quanto la musica per un sordo.


Faceva un freddo cane , il vento tagliava in due le povere sentinelle come una lama mentre una bufera di neve imperversava,  scoppiata all'improvviso al calare della notte ; Ser Bartimus Cerwyn maledì in cuor suo i bruti , che costringevano lui e i suoi uomini a starsene fuori in mezzo alla foresta , quando nella Sala Comune c'erano un bel fuoco e birra a volontà.
<< forse potremmo chiedere al comandante di farci rientrare , quale fottuto bruto attaccherebbe con questo tempo? E poi cazzo non vedo neanche a venti yarde di distanza con questa tormenta , giuro sui Sette che da quando mi sono arruolato non ho mai visto una cosa simile , mi fa male anche solo respirare>> Tannen riprese fiato , cercando di scaldarsi disperatamente le mani sfregandole l'una con l'altra << mah , possiamo tentare , manda Pate al Forte >> rispose Cerwyn << e manda due dei nostri a fare il giro delle postazioni a controllare le sentinelle , che non portino loro birra o idromele , con questo freddo gli farebbe solo male , i maestri assicurano che è così ,l'alcol  dilata i vasi sanguigni e con questo freddo possiamo seriamente rischiare che qualcuno ci lasci qualche dito o un piede congelato , Dei che roba! Non oso pensare come possa essere per quei poveracci , appollaiati in cima a un albero! >>

Cotter Pyke cercava vanamente di distinguere i contorni della sua nave dalla sua finestra , niente da fare , visibilità ridottissima , faceva un freddo spaventoso e mai , nemmeno nelle peggiori giornate invernali di Pyke agli albori della sua prima giovinezza, il Comandante del Forte Orientale aveva sperimentato un vento simile, freddo come la morte e pungente come una selva di spade.

All'improvviso un richiamo squarciò l'aria , forte e distinto esso fu seguito in rapida successione da altri due ,  per un attimo il Comandante non capì , non si rese conto di cosa significavano quei suoni protratti nel tempo, con note che gli parvero sinistre e lamentevoli ; ma poi egli realizzò tutto all'improvviso.

Gli uomini in nero correvano come l'egida di un formicaio impazzito,  i comandanti si guardavano l'un l'altro con sguardi incerti e preoccupati , l'unica cosa che poterono fare prima che la morte calasse sul Forte Orientale.
Dal Tunnel sotto la Barriera vennero esseri a cavallo , bianchi come gesso , armati di spade di cristallo che scintillavano al chiarore delle torce , in sella a destrieri morti.
Gli Estranei , dopo trecento anni tornavano per turbare il lungo sonno dei Sette Regni , da troppo tempo assopito e dimentico dei suoi più oscuri incubi.

Quella carica a cavallo colpì duramente i Guardiani della Notte proprio mentre si schieravano ,  essi vacillarono e la battaglia rischiò di finire prima di cominciare, eppure si creò una linea difensiva , che disperatamente oppose resistenza e permise agli alti gradi del Forte di dare gli ordini necessari e di abbozzare una difesa, nonostante che la loro principale difesa , il Muro, fosse già venuta a meno.

Bisognava immediatamente riguadagnare il controllo del Tunnel , a questo furono votati i principali sforzi dei guardiani della notte, mentre gli Estranei cercavano di mantenerne il controllo , infatti il peggio doveva ancora arrivare , lentamente e con passo macilento , anche i non-morti stavano percorrendo la galleria sotto la Barriera per unirsi alla battaglia , esseri che un tempo avevano vissuto, camminato, combattuto e amato come ogni alto uomo.

I Corvi erano molto piú numerosi dei loro nemici , quantificabili in  qualche centinaio , ma essi parevano invulnerabili, solo i non morti potevano essere sopraffatti dopo avergli tagliato braccia , gambe e testa , lasciando sul terreno congelato ovunque arti rigidi e freddi , che incredibilmente nonostante tutto , continuavano a contorcersi ed ad artigliare qualunque cosa gli capitasse tiro.
Per ogni essere bianco che cadeva , almeno cinque Guardiani morivano , invocando la pietà dei loro Dei , pronunciando preghiere che spesso essi pensavano di aver dimenticato da lungo tempo ,  incapaci di fuggire  o sopraffare quell'orrore che li aveva colpiti.

 Ser Orton  Barclay guardò per un ultima arcieri e balestrieri , che dalle retrovie e dalla sommità dei torrioni scagliavano quante più frecce incendiarie potevano , ma   quella copertura , insolitamente, sarebbe servita poco alla cavalleria.
<>, come un sol uomo duecento cavalieri spronarono i loro destrieri fino a farli sanguinare ,  dirigendosi divisi in due squadroni ai lati della linea difensiva , per caricare ai lati i non morti.
L'impatto fu tremendo ,  il nemico venne travolto e la sua massa perforata per vari metri , i Corvi a cavallo mulinavano senza posa asce e spade mentre gli zoccoli dei loro destrieri massacravano i non morti caduti a terra ,  tutto questo diede la possibilità al muro di scudi e lance centrale ,  di avanzare e premere con tutta la forza che aveva , riguadagnando terreno fino a che non arrivavarono a lambire i bordi del tunnel principale ; la falla stava per essere chiusa.

Cotter Pyke guardava con ansia lo scontro , con il cure che gli martellava nel petto cosi forte da fargli dolere la testa ,  le cose non andavano affatto bene ,  l'avanzata dei Guardiani della Notte si era già arenata , esaurito l'impeto della carica i Corvi avevano dovuto guardare in faccia una cruda realtà , avevano si travolto il nemico ma gli avevano inflitto perdite minime , quei mostri non retrocedevano e non morivano , inoltre gli Estranei stavano semplicemente seminando il panico , le loro risa gelide ed empie stordivano e terrorizzavano gli uomini , che non potevano competere con la loro innaturale velocità e forza.
In quello stato lo scontro sarebbe potuto andare avanti per ore , smembrando pezzo a pezzo ogni nemico a costo di perdite altissime , eppure Lord Cotter sapeva che i suoi uomini avrebbero ceduto molto prima, egli doveva fare qualcosa , ma cosa in nome del Dio Abissale?
Ancora era difficile capacitarsi di quell'orrore , del nemico che gli era piombato addosso , vomitato fuori da chissà quale obliato abisso, di fronte a qualcosa di così terribile , quali speranze potevano loro serbare ?
Ancora immerso nella sua disperazione , Cotter Pyke fu scosso al braccio da un suo attendente << Madre abbi pietà , il porto signore, nell'acqua..., ci sono cose morte anche nell'acqua! >>.






Ser Richard Horpe

Nella sesta partita Lord Leyton Hightower, Voce di Vecchia Città.

Nella quinta partita LORD Leyton Qorgyle , COMANDANTE DEI GUARDIANI DELLA NOTTE.

Nella quarta partita LORD RODRIK HARLAW IL LETTORE, signore di Harlaw

Nella terza partita ROBB STARK

" credevo che la parte più difficile della guerra fossero le battaglie mi sbagliavo..."
Re Robb Stark


uff non è stato facile trovare una frase con un certo peso di robb

risus abundat in ore stultorum

the winter are coming!!


04/02/2015 12:03
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 337
Registrato il: 20/06/2014
Sesso: Maschile
Membro del Concilio
Lord Feudatario
Il Prediletto della Valle


Quando i Tully uscirono dalla sua tenda, Jon rimase per diversi minuti seduto sulla sua sedia, come spento.
Gli sembrava che il mondo si fosse capovolto.
Forse era davvero un uomo fuori dal tempo, il retaggio di un’epoca ormai inevitabilmente scomparsa.

Ai miei tempi…

Jon strozzò sul nascere quel pensiero. Si sforzò di riformularlo, per non dare credito a quell’essere vecchio che le ragazze Tully gli avevano sbattuto in faccia con quella sfacciataggine.
Era stato accusato di volere una madre, non una moglie. Di volere un erede, non una famiglia.
Accusato…
Come se fosse una colpa, e non la normalità. Jon non riusciva a credere alle parole che gli erano state rivolte. Non riusciva a capacitarsi del silenzio di Hoster.
Si sentiva trattato come se fosse l’ultimo dei cavalieri erranti del Reame, che si spinge a chiedere in sposa una lady troppo al di là del suo lignaggio. Lui, Jon Arryn.
Ma la cosa che realmente lo feriva era la falsità di quelle parole.
Gli Dei gli erano testimoni che avrebbe voluto soltanto assaporare, prima di morire, per un’ultima volta, il calore di una famiglia. Quella famiglia che per ben due volte quegli stessi Dei che per anni aveva devotamente servito gli avevano strappato via.
Jon fissò l’elmo alato e l’armatura del Re degli Andali, appesi sul manichino a pochi metri di distanza da lui.

Lui aveva già un erede. Il migliore che si potesse desiderare.
Come aveva potuto essere così cieco? Aveva anteposto il suo egoistico bisogno di non morire in solitudine ai diritti di uno degli uomini migliori che avesse mai conosciuto.
Denys.
Apparteneva a un ramo cadetto degli Arryn di Città del Gabbiano, un ramo di nobili decaduti, più prossimi alla povertà che alla ricchezza.
Questo aveva fatto sì che Denys crescesse imparando cosa fosse il sacrificio, la sofferenza, la responsabilità.
Aveva imparato che il consenso e l’obbedienza si ottengono con la cortesia e la fiducia, più che con la paura e la forza.
Aveva imparato che per lui non c’era un posto nel mondo definito dalla nascita, ma che avrebbe dovuto guadagnarsi il suo posto con l’eccellenza.
E il ragazzo era, in verità, eccellente. In tutto egli sembrava essere caro agli Dei.
Era bello, con i suoi capelli biondi e gli occhi color ghiaccio, ma di una bellezza diversa da quella che Jon poteva aver avuto un tempo. La sua era una bellezza audace, eppure capace di esprimere una cortesia senza eguali. Denys era la quintessenza della cavalleria, un nobile galante, ma non artefatto, gentile, ma non affettato. Jon sarebbe stato orgoglioso di aver avuto un figlio come lui, eppure non riusciva a considerarlo tale… Era… In qualche modo Jon era…
Geloso.
Che non fosse suo.

Per quel motivo forse aveva cercato così insistentemente di sposarsi?
Per non riconoscere a Denys quel che il giovane meritava più di ogni altra cosa?
Davvero era potuto essere così meschino?
No, no. Non era per quello. Era solo per… il calore. L’amore. Un’ultima volta, prima di morire.
O forse era per entrambe le cose.

Dei, perdonatemi…

All’alba della sua ribellione, Jon aveva inviato corvi a tutti i suoi luogotenenti nella Valle affinché cominciassero la loro offensiva contro la Casa Targaryen.
Un’offensiva navale, per cominciare. Gli avrebbero strappato le loro isole, le radici della loro storia.
Jon inviò un corvo anche a suo nipote Denys, incaricandolo di approntare la flotta di Città del Gabbiano.
Gli aveva ordinato di coordinarsi con i comandanti di Delta delle Acque per conquistare l’Isola della Chela, Driftmark e la Roccia del Drago.
Jon sapeva che la flotta Targaryen avrebbe potuto orbitare fra quelle tre isole, e sapeva che le sue navi non avrebbero potuto vincere se avessero incontrato quelle del Drago.
Sapeva che Denys avrebbe potuto morire. Era assai probabile.
Il Prediletto della Valle.
Così lo chiamavano.
Un rinomato giostratore, bello, galante e traboccante di cortesia.
Da anni il carisma e la fama di Denys avevano superato la sua. Da tempo il popolo della Valle lo acclamava come Erede del Nido dell’Aquila.
A furor di popolo era stato quasi “costretto” a nominarlo Lord della Porta della Luna.
Ma era stato il pragmatismo a guidarlo, la volontà di catturare gli umori della sua gente, non certo l’affetto.
Ma perché? Perché non riusciva ad amare quel nipote che pure aveva tutto per meritare il suo amore?
Perché lo allontanava da sé, quando avrebbe dovuto stringerlo a sé?
Perché aveva sperato che non tornasse dalla guerra in cui lo aveva gettato?

Dei, perdonatemi…

Jon si scosse come da un brutto sogno.
Cosa aveva fatto… Cosa stava per fare…
Corse allo scrittoio, prelevando in fretta e in furia calamaio e penna d’oca da un cassettino.

“Ser Denys, Lord della Porta della Luna, nipote,

Abbandonate qualsiasi cosa io vi abbia ordinato di fare prima di questa mia, e tornate immediatamente nella Valle.
Il vostro Re ha bisogno di voi lì.
Non ho ancora ricevuto i bollettini della vostra campagna nelle isole Targaryen, magari quando riceverete questa mia sarete ancora a Città del Gabbiano. Prego che sia così.
Spero di trovarvi al Nido, al mio ritorno da Harrenhal.
Ho urgente bisogno di parlarvi.

Il vostro affezionato zio,
Jon”


Affezionato zio.
Jon si soffermò per un momento su quelle parole, e non poté trattenere le sue lacrime.
[Modificato da Euron Occhiodicorvo 04/02/2015 20:01]

__________________________________________________



Rickard della Casa Stark, Signore di Grande Inverno, Lord Protettore del Nord.

L'inverno sta arrivando
05/02/2015 19:36
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 1.044
Registrato il: 10/01/2007
Età: 34
Sesso: Maschile
Campione del Regno
STORYLINE 1. IO SONO ORELL L’AQUILA

Sesta Settimana. 281 AC. La Gola

“Vi hanno preso con l’inganno, è vero. Ma non c’è pace tra loro, Orell l’Aquila.”
Il metamorfo inclinò lentamente il cranio, come faceva Ranalla da sempre e come aveva iniziato a fare Sinshera quando si avvicinava a qualcosa di curioso.
“Quelle merde sono già d’accordo, Custode della Cerchia. Styr ha la merda nel cervello.”
“Sia quel che sia, Orell l’Aquila. Tormund l’Orso aveva la forza per schiacciarvi ma non sono certo abbia il coraggio di comandarvi fino in fondo. Styr avrebbe avuto la forza ma non la pazienza: avrebbe compiuto nefandezze inenarrabili. E’ pur sempre un Thenn. La sua gente è diversa dalla nostra.”
Si diceva che Nen il Custode della Cerchia avesse più di cento anni e ne avesse viste, di cose. Pareva avesse conosciuto i figli della foresta e avesse bevuto dalle loro fonti sotto la terra.
“E ora la mia gente è nel vento, Custode della Cerchia”

Li sentiva, tutti i giorni e tutte le notti. Li vedeva ancora bruciare tra le fiamme degli uomini dei fuochi, insieme a centinaia di altri.
Bravi uomini e cattivi uomini, Primi uomini e giganti, mammuth, animali, metamorfi. Erano tutti morti per nulla.
Non c’era e non ci sarebbe stata, secondo Orell, nessuna pace e nessun Re..o se ci fosse stato sarebbe durato come Dominem, ossia niente. O, molto peggio per tutti, sarebbe stato discutibile dall’inizio alla fine. E sarebbe finito male.

“La vicinanza di Tormund l’Orso, tuttavia, acuisce i tuoi poteri. E ti spiegherò il perché, Orell l’Aquila.
Tu sei un metamorfo di sangue, sei metà uomo e metà bestia. Puoi entrare nelle bestie e, se vorrai, negli uomini. Anche se è proibito.
Lui è un metamorfo di sogni, un uomo nato uomo, che morirà uomo, temo. Può entrare nelle bestie ma si sentirà sempre troppo uomo o, molto peggio, finirà per sentirsi troppo bestia.
Ma la sua vicinanza aumenta il tuo potere e nondimeno, la tua vicinanza aumenta il suo. I tuoi occhi saranno umani dentro la belva, le tue orecchie animali dentro l’uomo, così come il tuo naso.
Col passare del tempo, come per la Madre delle Talpe ai tempi di Lugo Stirpe di Re, sarai animale e uomo allo stesso tempo.
Ma impara a controllare la tua rabbia o provocherai morte e distruzione senza limiti e piangerai lacrime di sangue e mangerai la carne dell’uomo, diventando un mostro come tanti altri prima di te..”
Orell spalancò gli occhi, più incuriosito che spaventato. “Oh si, lo sento, Orell l’Aquila. Vorresti vendicarti ma sai che non dovresti. Tutto ti aspettavi da Tormund l’Orso che un coltello nella schiena. Io ho scelto lui, non i suoi metodi. E temo che siano proprio quelli a cambiare la situazione. Il nostro equilibrio, l’equilibrio della terra, è in pericolo. Ed è il motivo per cui così tanti Viandanti Bianchi camminano tra i vivi. Un altro gruppo lascerà le terre dell’Eterno Inverno per mostrarsi qui. E, come sempre, quando lo scopriremo sarà troppo tardi per salvare innocenti ma non abbastanza tardi per impedirci di spedire i morti nuovamente nella tomba. Ora seguimi.”

Le gambe di Orell si mossero nonostante lui non avesse dato alcun segnale di volersi muovere. Era come essere dentro l’acqua di un fiume, con la corrente che ti solletica il corpo e ti porta con sé. Il suo corpo gli rispondeva lentamente, eppure lui si muoveva verso la cima di quella collina, non troppo lontano dal cuore del Passo.
“Stai passando troppo tempo con me, Orell l’Aquila. Stai trascurando il tuo Jarl e solo gli Dei sanno cosa potrebbe provocare la tua mancanza. E in più, inizi a non essere più presente, vero?”
Orell annuì a fatica, trascinato dalla corrente. “Vuoi buttarmi giù?” chiese più a se stesso che al Custode della Cerchia.
“Assolutamente, Orell l’Aquila. Voglio solo mostrarti un’opportunità di capire e imparare qualcosa. Noi metamorfi non siamo molto diversi dai Mammuth, come collegamenti. L’Antica Madre ci guida con la sua esperienza e noi confidiamo in lei e nella sua conoscenza. Guarda quel branco, laggiù, lo vedi? Paradossalmente, il Popolo libero guida in battaglia solo le femmine che sono circa quattro volte i maschi. Nessuno sa il perché, ovviamente. E’ sempre stato così. Ora, raccogli il tuo spirito e vai a parlare con la matriarca. E’ ora che il Mammuth di Mag Mar Tun Doh Weg si riproduca. Abbiamo bisogno del suo sangue.”

*Chi sei tu che vieni nell’aria come vento e porti in te il cuore dell’uomo, l’occhio dell’aquila e l’astuzia del felino?*
La mente della Matriarca era strettamente legata a quella delle sue figlie e nipoti. Orell le sentiva tutte insieme, ascoltare. La musicalità di quella voce lo sorprese, mentre la sua essenza scrutava il grande occhio della bestia, le sue guance coperte di pelo, le sue zanne enormi.
*Vengo per conto di Colui che Custodisce la conoscenza della mia gente e la memoria dei Figli della Foresta. Sono Orell. Aquila*
*I morti, Aquila, levati si sono dal corpo della Madre e portano zanne rosse e morte negli occhi. Noi madri, sorelle e figlie siamo giunte qui per evitare le zanne e la morte. Tu porti aiuti, al di là della tua natura o anche tu porti morte?*
*Porto vita, Matriarca, tramite i lombi di un maschio della tua stirpe. Grande è la sua forza e le sue zanne. Molti sono i suoi figli e nipoti.*
Come quando aveva convinto Sinshera a seguirlo, Orell si sentì messo alla prova. Il suo cuore venne toccato dalla proboscide di quel grande e nobile animale, mentre tutto il branco sembrava valutare la verità delle sue affermazioni.
Molto tempo dopo, alla fine di una silenziosa discussione tra quelle immani creature, la voce della Matriarca suonò nuovamente forte e chiara.
*Conducici dunque dal tuo capobranco, Aquila, e possano i nostri figli essere forti*
_____________________________________________________________________________________________________________________________
Nella Settima Partita:


Lord Alester Florent, Lord di Brightwater Keep.
Florent
upload images


Nella sesta partita: Bryen Caron, decaduto lord di Nightsong, che perse una gamba per l'ospitalità di casa Greyjoy

Nella quinta partita: Orell l'Aquila-sulla-Barriera. Maestro delle Spie di Re Rhaegar I Targaryen, Lord di Bosco del Re

Nella quarta partita: Lord Vargo della casa Hoat, Lord Protettore del Sud dal suo incredibile seggio di High Garden. Distruttore di Estranei, Difensore della Barriera e Creatore della Strada delle Mani.
Fedele e leale suddito di Re Stannis Baratheon I.

Nella terza partita: Lord Davos Seaworth, Alfiere del Trono di Spade, Signore di Arbor.
Spia e Boia di Re Hoster Tully I.
06/02/2015 21:10
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 21
Registrato il: 05/12/2014
Età: 29
Sesso: Maschile
Paggio
Catelyn Tully II - Una nuova compagna di viaggio
Al sorgere del sole, la mattina successiva Catelyn sarebbe partita.
Sembravano passate solamente poche ore da quando suo padre, Lord Hoster, le aveva dato la notizia della sua imminente partenza e della loro conseguente separazione; erano state chiamate lei e sua sorella Lysa alla tenda privata del Lord e lì, Hoster aveva dato fra le tante notizie anche questa. Avevano poi cenato assieme come non facevano da troppo tempo.. e forse quell’ultimo pasto riscaldato dalla stufa nella tenda e dalle risate, sarebbe stato l’ultimo ricordo condiviso d’amore familiare.

Gli ultimi giorni erano passati così velocemente che Catelyn non si era resa conto dello scorrere del tempo.
Ormai ci siamo..
Immersa nelle ultime questioni da risolvere prima della partenza, Catelyn era stata sballotata di qua e di là tra bagagli da preparare, la visita a Jon Arryn e l’incontro con i suoi futuri compagni di viaggio, scelti appositamente da suo padre.

Jon Arryn… la sua reazione non le era piaciuta. La freddezza e quasi scontrosità con cui li aveva velocemente congedati dalla sua tenda, l’avevano lasciata un po’ impietrita. Era consapevole che lei e sua sorella non avevano certo portato una risposta piacevole, ma sicuramente prevedibile come aveva sottolineato lo stesso Lord. E allora perché tanto rancore? In ongi caso, Catelyn dopo quella notte non ci aveva più pensato, dovendosi concentrare su altre questioni. L’argomento Jon Arryn era chiuso e spreava fosse così anche per gli altri protagonisti della vicenda.

E poi c’era stato l’incontro con Minasa e il Capitano Squirrel. Quando erano entrati nella stanza dove Lord Hoster aveva organizzato l’incontro, Cat era rimasta colpita positivamente da entrambi. Il suo sguardo si posò innanzi tutto sulla ragazza. Era più grande di lei di qualche anno e molto diversa dalle donne della Terra dei Fiumi: al posto della carnagione chiara, dei lineamenti sottili, dei capelli chiari e di un fisico longilineo Catelyn si trovò davanti una donna dalla pelle olivastra, i capelli corvini, una corporatura robusta e il viso squadrato. Nonostante questo, Catelyn l’aveva trovata bellissima e per un attimo aveva desiderato possedere anche lei quei colori e quelle forme. Il Capitano invece come aveva detto sua padre era straordinariamente giovane, ma Hoster sosteneva avesse molta esperienza e l’opinione di suo padre a Catelyn bastava. Non appena varcò la soglia e il suo sguardo si pose su di lui, Cat si sentì le guance avvampare. Era senza dubbio un bel giovane. Quell’aspetto un po’ trasandato, attraeva la giovane lady.

Dopo l’incontro nella casa, Catelyn aveva deciso di conoscere meglio i due nuovi compagni in particolare la sua nuova ancella, Mirasa. Inizialmente nonostante trovasse la giovane formosa ed attraente, Catelyn ne era anche spaventata. Non era una lady come lei o come sua sorella, ma non era nemmeno una tipica dama di corte come lo era stata in quegli anni Shila per le sorelle Tully. Era forte, muscolosa e vestiva da uomo. Era chiaro che sapesse combattere ed era per questo che suo padre l’aveva scelta, ma tuttavia a Catelyn incuteva un certo terrore.

Era tardi pomeriggio quando Catelyn fece chiamare Mirasa da una guardia della sua scorta.
“Joshua, mi servirebbe un favore: potresti andare a chiamarmi Mirasa, la nuova dama che mio padre ha scelto per accompagnarmi durante il viaggio verso Nord. Riferiscile che vorrei conoscerla meglio e che desidererei mi raggiungesse appena possibile qui nella mia tenda”
“Come desiderate, mia signora” e la guardia scomparve.

Non passò nemmeno un’ora che Mirasa fu annunciata all’ingresso della tenda di Catelyn.
“Con permesso…” la giovane entrò e si inchinò di fronte alla sua signora. Portava un corpetto in cuoio simile a quello dell’incontro precedente, lunghi calzoni leggeri color scuro, una grossa cintura di pelle adatta per portare spade, pugnali e qualsiasi altra arme servisse. I capelli neri e ricci, raccolti in un elegante chignon dietro la testa. Catelyn ci mise qualche secondo per scrutare la sua ospite dopo di che disse:
“Prego Mirasa, vieni avanti. Dovrai scusarmi se ti ho fatto chiamare in un’ora così tarda, ma come ben saprai ormai il tempo stringe, domani partiremo e desideravo molto conoscervi meglio prima di iniziare questa avventura insieme. Vieni accomodati pure” e così dicendo la giovane lady indicò un paio di ampie poltrone di velluto rosso.
“Lady Catelyn, comprendo bene il motivo che vi ha spinto a chiamarmi questa sera e confesso di aver desiderato anche io potervi conoscere e parlare di persona. Fin dal principio però devo essere onesta con voi. Sono certa che voi desideriate una dama di compagnia, che vi intrecci quei bei capelli ramati, che vi curi gli abiti e vi prepari bagni caldi profumati da candele colorate. Io devo confessarvi che non sono questo. Fin da piccola, dopo la morta di mia madre, mio padre ha cercato di indirizzarmi verso l'arte femminile; tuttavia senza successo. Diventata ormai abbastanza adulta da sposarmi, mio padre cercò in tutti i modi un pretendente capace di accettarmi così come fossi, diversa dalle altre donne. Di pretendenti ne arrivarono, ma accettai di sposare soltanto colui che sarebbe stato in grado di battermi in un combattimento. Ed ora eccomi qua. Dopo vari scontri in cui uscii vittoriosa, mio padre si rassegnò all'idea che fossi diversa e non fosse quella la mia strada. Viaggiai molto, finchè non conobbi vostro nonno - Lord Whent - e da dieci anni quasi sono al suo servizio come fedele membro della sua armata. Vostro padre nella sua ricerca è stato ben chiaro: voleva una guardia personale per voi, una persona del vostro stesso sesso che potesse essere con voi in ogni momento perfino dormire con voi se necessario. Io sarò questo. Darò la vita per voi e cercherò di proteggervi in tutti i modi a me possibili, posso giurarvelo su ciò che mi è più chiaro. Sarò per voi una guardia, un aiuto, una confidente. Potrete contare su di me per ogni questione. Ma non chiedetemi di intrecciarvi i capelli”. Catelyn fu sicura che nell’istante in cui pronunciò quell’ultima frase la pelle olivastra delle guance di Mirasa si fosse tinta di un rosso acceso.
Mirasa abbassò lo sguardo, forse aveva osato troppo, stava per aprire bocca per scusarsi infinitamente quando fu interrotta da una fragorosa risata che risuonò per tutta la tenda.

La rumorosa risata di Lady Catelyn durò qualche minuto. La giovane lady quando si riprese guardò la sua ospite il cui sguardo interdetto era un misto di divertimento e paura. Penserà che sono pazza.. sorrise Catelyn. Il suo sorriso sembrò rassicurare Mirasa. “Dolce Mirasa, sono sicura che io e te andremo molto d’accordo. Sono una lady e ovviamente ho bisogno di determinati chiamiamoli rituali che si confanno ad una donna di un certo rango. Tuttavia dal primo secondo che ti ho visto ho capito che non saresti stata questo tipo di dama di compagnia. Non ti preoccupare, questo non sarà un problema.Per il viaggio che dobbiamo affrontare è un tipo come te che mi serve; per il resto convincerò Shila a far venire con me Adel una delle sue ancelle secondarie, non è il massimo per quanto riguarda capelli e precisione nei dettagli, ma mi potrò accontentare benissimo.” Catelyn sorrise, Mirasa era sicuramente più rilassata dopo queste parole, lo si vedeva dal suo viso che si era disteso. Aveva mostrato sincerità, franchezza, determinazione e leatà fin da subito, caratteristiche che a Catelyn non sfuggirono. Suo padre sapeva scegliere sempre il meglio per loro..

“Ma ora, affrontiamo questioni più serie Mirasa… parlami delle disposizioni per il viaggio, come ci muoveremo e con chi; so che mio padre ti ha affiancato al Capitano e sicuramente lui ti avrà aggiornata” lo sguardo di Catelyn sembrò incupirsi e questo a Mirasa non sfuggì. “Dunque mia signora, partiremo domani mattina alle prime luci del sole. Un manipolo di uomini è stato mandato da vostro padre perché ci scorti nell’attraversata; viaggeremo essenzialmente a cavallo, anche se la marcia sarà rallentata dal carico dei bagagli e da una carrozza, gentilmente offerta da vostro nonno Lord Whent, così voi potrete decidere se viaggiare cavalcando oppure più comodamente seduta all’interno della carrozza. Nel caso la vostra scelta fosse cavalcare, vi ho prontamente procurato dei vestiti adatti per il lungo viaggio. So che non siete abituata ad indossare pantaloni invece che le ampie gonne, ma temo che questa volta sia inevitabile mia signora” Mirasa era pronta, aveva già organizzato tutto e Catelyn rimase molto sopresa. “Penso che viaggerò a cavallo, insieme a voi. Amo cavalcare e sono convinta che un paio di pantaloni non distruggerà certo la mia femminilità. La carrozza può rimanere qui, non serve che ci segua ci saranno già i bagagli a rallentarci; inoltre se proprio a metà del viaggio costaterò di essere troppo stanca sono sicura che alle Twins, Lord Frey non negherà di certo una carrozza ad una povera lady. ”
“Mia signora su questo devo confessarvi di non conoscere i dettagli della tappa alle Twins, credo sia una questione privata tra il Lord vostro padre, il Capitano Squirrel e Lord Frey” rispose Mirasa. “Meglio così, lascerò che sia direttamente mio padre a trattare con Lord Frey, a me basta che – nel caso servisse –mi conceda solo una carrozza..” rispose Catelyn sarcastica ed entrambe risero di nuovo.

Catelyn aveva la certezza che suo padre non solo le aveva garantito una nuova protezione, ma le aveva portato anche un nuova fidata amica per questo viaggio.

Era finalmente pronta.


Catelyn Tully, primogenita di Hoster Tully, Lord di Delta delle Acque





10/02/2015 19:35
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 176
Registrato il: 04/02/2010
Età: 32
Sesso: Maschile
Consigliere del Re
Riflessioni in seno alla compagnia
Per anni avevo pianificato la guerra che avrebbe riportato la compagnia a casa, per anni trame erano state tessute nell’ombra. A lungo i miei ufficiali avevano viaggiato per cercare uomini e signori che ci avrebbero appoggiato. E ora che ero arrivato ad un passo dalla mia guerra, nessuno combatteva.
Poche cose interessanti successero in quei giorni, la marcia proseguiva senza grandi problemi.
Quanto mi riferirono quella sera i miei ufficiali mi lasciò più che perplesso. Quello che segue è il racconto di quella serata che scosse molto la mia fiducia che avevo mal riposto nei governanti di quelle terre che molto a lungo avevo chiamato sottovoce casa.
Il bosco aveva lasciato posto a verdi colline, il vento le accarezzava carico dell’odore del mare, un odore lontano che rendeva il vento foriero di storie che non sarebbero mai state raccontate.
Il sole tramontava tingendo il cielo di un rosso scarlatto, il rosso del sangue che non sarebbe scorso se i ribelli non avessero preso sul serio la loro ribellione.
Come ogni sera l’accampamento venne eretto, perfetto come al solito. Lo erigemmo in una piccola valle tra due colline più alte delle altre. Nessun fuoco avrebbe brillato sotto le stelle quella sera, sarebbero stati visibili da molte leghe di distanza. Come sempre la mia tenda era stata piazzata al centro del campo.
Quando arrivarono gli ufficiali stavo finendo di scrivere alcune annotazioni sul libro mastro della compagnia.
Arrivarono a scaglioni, ognuno di loro aveva molti doveri, e prima di presentarsi si curava che fossero finiti o ben avviati.
“Signore, dobbiamo confermare la mancanza di iniziativa di questa guerra, i ribelli hanno attaccato l’altopiano un paio di isole nella baia delle acque nere e due piccoli castelli sotto la protezione della corona e uno nelle terre basse di Dorne.” Caspor era visibilmente turbato nel riferire queste notizie, era sempre stato un uomo che arrivava dritto al sodo delle questioni e anche con i fatti.
“Comandante, di questi attacchi nessuno ha avuto grossa rilevanza, tutti con meno di mille uomini, nessuno che avesse la men che minima idea di sfondare le linee nemiche, nessun vero tentativo di ingaggiare il nemico. Sembra che i ribelli non credano molto nella loro causa. Si sono ribellati ma pare abbiano paura di colpire seriamente; hanno mandato qualche avanguardia giusto per far vedere che sono ribelli, senno la gente potrebbe dimenticarsi che c’è una guerra.” Aero era un uomo di origini Braavosiane, grande barba nera e pelata. Non si era mai fatto problemi a parlare, sia davanti ai magistri sia davanti a principi e arconti.
Nel frattempo erano arrivate alcune cose da mangiare e un barile di buon vino, mentre si parlava si mangiava qualcosa prima di cenare veramente.
Durante questa fase della discussione non mi ero mosso dalla sedia, e continuai a star seduto mentre esponevo la mia idea agli altri ufficiali.
“Questa guerra mi fa ridere, fa ridere tutta la compagnia. L’unico che abbia avuto veramente le palle di fare qualcosa è stato il Principe Straccione nelle terre basse. Ha avuto le palle, ma ha fatto una mossa troppo azzardata per l’attuale stato di avanzamento della guerra. I lealisti sono stati scossi dalla fuga di due dei più importanti personaggi: il lord di Altogiardino e quello di Collina del Corno, e loro hanno i loro problemi, mentre il cugino nel re sta ancora ammassando truppe a capo tempesta.”
Mi fermai per qualche secondo per bere un sorso di vino e poi ripresi.
“Questa guerra non ha il carattere che dovrebbe avere, è una guerra moscia come non ne ho mai viste, se continuerà ancora su questa strada torneremo in oriente a combattere aspettando una vera guerra. Non riesco a dire se questi lord siano eccessivamente cauti o troppo impauriti per combattere.” Erano notizie sconcertanti queste, non credevo a quello che stavo dicendo. Pensai molto a quelle parole quella notte.
“Non possiamo far molto, finché non inizieranno i veri conflitti c’è ben poco che possiamo fare.” Caspor aveva ripreso la parola ma venne interrotto dall’irruenza di Alios.
“La prima località che razzieremo faremo sentire che la guerra è arrivata, propongo di sterminare la popolazione, di passarla a fil di spada” Alios era un buono stratega anche se aveva dei metodi da macellaio per certi aspetti.
“Noi non macelleremo nessuno, siamo mercenari non barbari. Piuttosto sarà tempo di aprire la cassa di mogano e tirare fuori i vecchi stendardi, ora possiamo solo marciare, cercando di non essere individuati. Possiamo dare ascolto alle nostre spie per qualunque cosa, possiamo scrivere lettere per spronare i lord ad agire ma più di questo poco possiamo fare.”
Aria di sconforto aleggiava nella tenda.
Congedai i capitani e uscii dalla mia tenda, quella sera andai a mangiare con la truppa. Il mio vecchio amico ed ex capitano me lo aveva sempre detto, essere Lord Comandante ti conferirà un’aura quasi mistica, ma ogni tanto gira per il campo, marcia con la truppa a piedi. In questo modo sapranno che sei con loro, per comandarli e per guidarli verso casa.
Girai per le varie tende, fuochi all’aperto erano stati proibiti, quindi gli uomini avevano acceso piccoli focolari dentro le spesse tende che formavano gli accampamenti. Ogni tenda ospitava una trentina di uomini con le loro armi e i loro bagagli, seppur di dimensioni ridotte.
Mi fermai a chiacchierare con alcuni balestrieri su come sarebbe stato bello avere qualche baldracca in più al seguito, poi la mia attenzione fu catturata da uno scout che parlava con alcuni fanti, stava raccontando di come era sopravvissuto alla battaglia sotto le grandi mura di Lys meno di due anni fa.
Alla fine decisi di unirmi a un soldato che stava intagliando un pezzo di legno, mi disse che era per la bambina, un piccolo giocattolo che aveva visto a Lys quando eravamo salpati per l’attraversata più lunga. Sperava di poterglielo dare a guerra finita. Non dissi nulla ma in cuor mio sapevo che non erano molte le possibilità che aveva, era un fante, spesso in prima linea, sempre nel pieno della battaglia. Ma quando mi disse che era con me da ben sette anni mi ricredetti.
Divisi con lui la cena, la cena della truppa era un tozzo di pane e due ciotole di zuppa calda, e se eri fortunato poteva capitarti anche un pezzo di carne abbastanza grande da dividere con qualcuno. Nessuno dei due fu così fortunato quella sera, mangiammo le nostre ciotole di zuppa parlando della figlia, di come l’avrebbe trovata cresciuta e magari anche già sposata.
La cena degli ufficiali non era molto diversa: pane, una zuppa un po’ più densa, e se c’era qualche frutto. Le scorte di lusso erano o erano finite o erano in serbo semmai avessimo dovuto ricevere qualcuno di importante. Una cosa che cambiava molto era il luogo della cena, gli ufficiali mangiavano nelle loro tende o nella mia se eravamo in consiglio, seduti su comode sedie e non seduti per terra o sulle radici degli alberi.
Finii la zuppa e lasciai il soldato a finire il suo giocattolo, continuai a girare per le tende, saggiando l’umore dei soldati, quello che dicevano, e a scambiare qualche parola con loro.
In quel periodo l’umore non era male, le lamentele erano sempre le stesse: più baldracche e più vino per la truppa. SI marciava di giorno e ci si accampava la notte; raramente si stava più di due giorni nello stesso posto.
Il mattino seguente ci rimettemmo in marcia poco dopo l’alba, la strada si faceva sempre meno buona, sempre più buche rallentavano la colonna dei carri. In compenso il paesaggio migliorava, si faceva più bello, le colline erano punteggiate di case e fienili, ogni tanto qualche persona correva a nascondersi dentro le fattorie ma almeno vedevamo qualcuno al di fuori della compagnia.
Stavo marciando con un gruppo di arcieri quando una staffetta mi raggiunse e mi consegnò una lettera, portava il marchio di Norvos; un nobile deciso di unirsi alla compagnia e stava marciando con una sua guarnigione personale verso le terre contese dove si stava radunando un secondo gruppo della compagnia. Scriveva che era caduto in disgrazia e ora cercava riscatto personale e che si sarebbe unito a noi con circa mille uomini.
Lasciai gli arcieri e riunii con gli altri ufficiali superiori in testa alla colona.
Cavalcai avanti e indietro lungo la colonna, ogni compagnia era preceduta da un cavaliere con uno stendardo dorato, ogni stendardo portava un numero diverso di teschi, ogni compagnia aveva un numero. Arcieri, lanceri, balestrieri e fanti, divisi per compagnie, tanti piccoli eserciti in miniatura.
Ero fiero di quegli uomini, il miglior esercito d’occidente; uomini armati, addestrati, disciplinati, leali e soprattutto feroci. Sapevano essere uomini d’onore ma se davo loro l’ordine erano più feroci e brutali degli uomini di Lord Vargo.
Ricordo ancora quella volta quando una nobildonna di Myr mi chiese di rompere il contratto con Lys. Quella notte mi offrii oro, gioielli e molte cose a cui gli uomini comuni avrebbero ceduto. Modi raffinati e sofisticati vennero sostenuti da me e dagli altri ufficiali presenti quella notte. Ma il mattino seguente mi presentai a lei con un fiore colto dal suo giardino, una magione fuori dalle mura di Myr. Avevo la tunica sporca di sangue, sangue fino ai gomiti, e la spada ancora gocciolante. Era bastata la mia guardia personale. Quando riconobbe quel fiore impazzì, non furono necessarie parole o spiegazioni, nessuno può mettere in discussione l’onore dell’erede di Acreacciaio e restare impunito. Se comandati quegli uomini sapevano essere crudeli, spietati e sanguinari come pochi. Era questo che faceva di loro dei soldati quasi perfetti, leali fino al midollo alla compagnia, eseguivano gli ordini degli ufficiali sapendo che se avessero fatto quanto veniva a loro richiesto sarebbero stati più vicini a riavere il posto che gli spettava di diritto in Westeros.
La feroce lealtà della compagnia non era mai stata messa in discussione.
Aveva iniziato a piovigginare mentre ero assorto nei miei pensieri, la marcia continuava senza problemi, ad intervalli regolari alcuni scout a cavallo venivano a riferirmi cosa ci aspettava davanti e ai fianchi. Nessun tamburo scandiva la marcia, i soldati non parlavano molto. Solo il freddo rumore di acciaio contro acciaio, il gelido rumore di una lieve pioggia sulle corazze, il rumore del vento tra gli alberi, del vento che faceva schioccare le bandiere come fruste.
Grigio il cielo, grigio l’acciaio, grigio lo sguardo di coloro che assistevano all’avanzata della compagnia. Sguardi tristi e sguardi impauriti seguivano la compagnia, ma più di ogni altro sguardi vuoti.
Sguardi vuoti di coloro che sapevano che ben presto le fiamme della guerra si sarebbero innalzate alte in occidente, che ben presto quelle fiamme avrebbero bruciato uomini sogni e speranze.
Fumo nero come la notte,
Ceneri grigie come i capelli di un vecchio,
Fiamme dorate come noi.
[Modificato da Vipera Rossa di Dorne 10/02/2015 19:44]





BRYNDE TULLY - THE BLACK FISH
Protettore della marca meridionale, castellano di Delta delle Acque










NEL GIOCO DEL TRONO:
Ex Victarion Greyjoy comandante della flotta di ferro, Lord di Tharth, ammiraglio della flotta del Nord
Styr, Maknar dei Thenn, Signore di Promontorio dei Thenn, un uomo nato libero, morto con dignità e ora governa il promontorio dall'alto del cielo azzurro
Lord Myles Toyne, erede di Acreacciaio Lord Comandante della Compagnia Dorata
11/02/2015 23:36
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 53
Registrato il: 26/11/2014
Età: 26
Sesso: Maschile
Cavaliere
Rhaegar II - La storia la fa il popolo

Non aveva tempo neanche per dormire il Re d'Argento. L'essere colui che siede sul Trono di Spade comporta impegni inderogabili e noiosi, aggravati da una guerra sanguinosa... I primi giorni di regno furono impegnativi, prosciugarono tutta la voglia di vivere di quello che era poco più d'un ragazzo. I doveri regali lo tormentarono persino nel sonno, obbligandolo ad assumere una lieve dose di latte di papavero.
Poche ore di dolce sollievo passarono troppo velocemente. Rhaegar non era riuscito a sventare una guerra, non poteva impedire al sole di sorgere.
E così, un nuovo giorno arrivò. Nuove fatiche da affrontare, nuovi ostacoli da evitare, un nuovo inferno da vivere.
Pregò mangiando un pezzo di pane e un po' d'uovo. Non aveva nemmeno tempo per gli Dei.
Anche i pochi minuti da trascorrere con sua madre e il suo piccolo fratellino erano effimeri e fugaci. Più tempo richiedeva invece la visita a suo padre, nelle fredde celle, impregnate di puzza e follia, in un misto di dolore e disperazione. Le urla di Aerys si udivano da ben più lontano, versi privi di senso, urla disorientate, suoni sconnessi che incutevano paura a carcerieri e garzoni addetti al trasporto del cibo. L'unico a non temere quel misto di odio e rabbia era il giovane drago... Che stesse diventando tale e quale a suo padre?
<< Salve Padre >> esordì il figlio.
<< Rhaegar mio, anche oggi sei venuto. Perché ti ostini a vedere la mia miseria? >> il vecchio re era in un momento di lucidità.
<< Perché voi siete stato mio padre e, in fondo, spero che torniate ad esserlo. >>
<< Dici bene... In questi momenti ricordo tante cose... Ma dimmi, com'è essere re? >>
<< Guardatemi e ditemi padre >>
Rhaegar aveva perso l'abitudine di guardare il suo volto riflesso. I segni dello stress avevano rovinato la fluente chioma argento e la carnagione rosea era ormai tramutata ad un pallido poco più che cadaverico.
<< Ti capisco figlio mio... Anch'io ero così all'inizio... E non avevo un regno in guerra... Ma tu hai qualcosa che a me è sempre mancato: il popolo, loro si ricorderanno di te... Persino a Lannisport... Invocheranno il tuo nome, mentre io... >> Una lacrima bagnò la guancia del vecchio, cancellandone ogni traccia umana.
Urlando si avvinghiò alle sbarre che delimitavano la cella. << ORA CHI SONO? CHI SI RICORDERA' DEL DRAGO!!! >>
Al che, Rhaegar tornò verso i suoi doveri di re, accompagnato dalla follia di Aerys e dalle sue, poche, sagge parole. " Ma tu hai qualcosa che a me è sempre mancato: il popolo, loro si ricorderanno di te... "
Era da prima di Harrenhal che non visitava la sua bettola, quella catapecchia pericolante che negli ultimi anni era stata come una seconda casa. Non si confava ad un principe frequentare quei posti, tanto meno ad un re... Ma era proprio per quello che il popolo lo amava, perché Rhaegar Targaryen non temeva di sporcarsi nel sudiciume di quelle panche, di brindare insieme ad uno qualunque.
In quel luogo dimenticato dagli dei, il giovane drago aveva conosciuto per la prima volta l'amore e la sbornia da birra.
<< Arthur, sta sera si festeggia. >> annunciò.
<< Vostra immensa magnificenza, se posso, cosa desiderate festeggiare? >> La spada dell'Alba si divertiva a osservare il volto già sfigurato dalla fatica, riempirsi di smorfie di rabbia, per tanto, lo riempiva di inutili appellativi.
<< Abbiamo la testa attaccata al collo, non ti pare un buon motivo? >>
<< E' arrivato un corvo da Winterfall? >> chiese, toccando un tasto quasi dimenticato...
Gli impegni politici avevano distolto l'attenzione di Rhaegar da sé stesso e dai suoi sentimenti, sempre vivi, per Lyanna.
<< Forse oggi ne scriverò uno io... Ma ora andiamo, sai bene cosa ci aspetta. >>
Consigli di guerra, carte da firmare, persone da ascoltare, volontà da esaudire e, finalmente, venne sera. Non aveva avuto tempo per scrivere quella lettera, ma... Amen, quella sera sarebbe stata solo per lui... Ser Arthur aveva l'ordine di non bere sopra i tre boccali... Qualcuno doveva pur trascinarlo a casa.

Calò il silenzio nella bettola quando la cappa bianca di Ser Arthur varcò la soglia. Uno del suo calibro in un luogo come quello non era un buon segno.
<< Dame e Cavalieri, Signori e Signore, ecco a voi sua Altezza Re Rhaegar Targaryen, primo del suo nome, Re degl >>
Un uomo molto coraggioso alzò la voce gridando << Re della Birra! >>
Fu il primo che ricevette l'abbraccio del giovane drago. Lython detto Baffosporco. Amico di vecchia data e miglior rivale a Rhaegar in quanto bevute.
Trovò anche Sylvie, la sua prima avventura... Trovò una vita che ormai sembrava lontana, trovò Rhaegar Targaryen.

A metà serata, quando ormai l'alcool aveva fatto effetto su molti dei presenti, re e Arthur compresi, il giovane drago s'alzò su un tavolo e prese a parlare.
<< Amici, i libri di storia vengono scritti da Maestri al servizio dei Lord. E siccome quegli stronzi mi sono tutti contro >> (la birra gli diede il permesso di un intercalare non consono al suo stile) << quando mi taglieranno la testa scriveranno di me tante cose. Mi chiameranno il "Re breve", il " Re senzatesta", mi accuseranno delle colpe di mio padre e delle loro. Ma non ho paura, perché la storia la si narra nei posti dimenticati dagli dei, come questi. La storia la scrive chi non sa leggere. Per questo io morirò felice, perché a Lannisport brinderanno a Tywin e poi a me, quattro volte tanto. I sette regni si ricorderanno di me. Che vanga il cagaoro qui a prendersi il trono. Fuoco e Sangue! Fuoco e Sangue lo aspettano, non uno di quei maledetti ipocriti sederà sul trono dei miei padri per puro egoismo, sacrificando a sé stesso migliaia di uomini. Certo, mi uccideranno e uccideranno anche voi, ma non prima di essersi pentiti. E vi devo ringraziare amici, perché domani mattina, dopo aver smaltito la sbornia, inizierò a costruire la nuova era dei sette regni! E lo farò perché qui ho ritrovato la vita che mi era stata rubata. Quindi io brindo a voi! Raccontate la mia lotta, le mie speranze in questo mondo. Ditelo ai vostri figli, dato che io non ne avrò, probabilmente... >>
Il popolo brindò e gridò il nome del Re tante volte quante Rhaegar ebbe la forza di ricordare.
La notte proseguì con una gara musicale, seguita da danze di ogni genere. Il giovane drago danzò con Sylvie, in memoria dei vecchi tempi.
<< Siete sicuro che non avrete mai figli, mio re? >>
Rhaegar non ebbe né il buonsenso, né la sobrietà per rifiutare quel capolavoro divino e la seguì al piano di sopra, nella prima stanza libera che trovarono.

La mattina del giorno dopo, i capelli e la carnagione del giovane drago erano tornate quelle d'un tempo e le occhiaie sarebbero sparite insieme ai postumi. Ciò che non sarebbe mai più scomparso fu Rhaegar Targaryen.


Mace Tyrell, Lord di Highgarden e protettore del Sud

Fui Lord Rickard Stark, protettore del Nord e, per qualche tempo, Primo Cavaliere del Re.

Fui Rhaegar Targaryen, l'ultimo drago, Re d'Argento.
17/02/2015 15:28
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 471
Registrato il: 04/04/2013
Età: 37
Sesso: Maschile
Alto Membro del Concilio
Lord Feudatario
Rickard Stark I - Andata e ritorno

Il parco degli Dei era immerso nella quiete della notte. Soltanto le foglie frusciavano lievi nella leggera brezza di quelle ore che precedono l’alba: soltanto le foglie e il rumore della lana sull’acciaio della spada dell’uomo seduto sotto l’albero del cuore.
L’uomo appoggiava la schiena al tronco dell’albero che ricambiava l’abbraccio con le sue radici contorte guardando quell’essere animato con un’espressione indecifrabile. Immerso nei suoi pensieri, lucidava lo spadone che era appartenuto ai suoi padri, chiedendosi come mai avesse quella sensazione strana così di frequente nelle ultime notti.
Il corvo di Sua Maestà, il Grande torneo di Harrenal, gli attacchi a quei ragazzini ai margini della Foresta del Lupo: tutte cose che gli davano da pensare ma che non erano la causa di quello che stava provando.
L’uomo del Nord si alzò da quella seduta appoggiandosi all’albero e soffermandosi per un attimo estremamente lungo con la mano appoggiata accanto a quel volto con gli occhi fissi in quelle cavità che parevano leggergli dentro. Ghiaccio era stretta nell’altro pugno e scintillava di una luce azzurrina nel chiarore che ormai preannunciava l’arrivo in pochi minuti dell’alba.
Maestro Walys arrivò come un’ombra dentro il Parco degli Dei. Il Lord di Grande Inverno sapeva che sarebbe giunto, come ogni mattina, a cercarlo.
“Mio Signore...” cominciò il Maestro ma il suo Signore lo zittì con un cenno.
“E’ ora di prepararsi e partire, lo so. Molto bene, andiamo.”

Dopo aver fatto colazione con tutti i figli e aver lasciato a Brandon le incombenze che lo scranno del Nord porta con se, si alzò in piedi e consegnò a suo figlio la spada di famiglia dicendogli:
“Ti ho insegnato ad amministrare queste terre, giustizia ed equità. Fallo bene.”
Poco dopo erano in sella.
I 100 cavalli del Nord, a seguito del Lord di Grande Inverno, viaggiavano a un’andatura blanda ma costante.
Il Lord del Metalupo aveva deciso di costeggiare la Foresta del Lupo fino a Piazza di Thorren prima di riprendere la Strada del Re. C’erano state delle voci di attacchi a danno di alcuni ragazzini ai margini della Foresta e voleva controllare se c’era il segno di qualche Bruto che era giunto fin li dalla Baia delle Foche o di qualche banda di briganti o se veramente erano stati i lupi che abitavano quelle terre.

Il viaggio era lungo ma manteneva l’andatura sciolta e tranquilla che avevano preso dalla partenza. Molti lieti incontri avvennero prima dell'arrivo ad Harrenal: a Seagard conobbero Lord Balon Greyjoy e sua moglie; a Delta delle Acque trovarono Lord Hoster Tully e le sue splendide figlie e tutto appariva sereno e disteso. Così come furono lieti gli incontri al grande torneo fino al giorno in cui tutto cambiò...
Il corpo sanguinante di quella donna...
Il processo...
L’incendio...
La Città di Lord Harroway...
Il Re del Nord... lui...

Rickard Stark si svegliò in una tenda umida, nelle paludi sotto la protezione di Casa Reed. Quel luogo, finalmente considerabile la sua terra, era impregnato di una sorta di magia ben al di sopra di quella delle terre verdi dei fiumi. Aveva sognato, ancora una volta, tutta la sua vita da quel giorno in cui era partito per Harrenal ma, questa volta, il sogno aveva una consistenza quasi reale.
Non aveva visto nessun Albero Diga nei paraggi prima di prendere sonno, ma sapeva in cuor suo che una faccia, da qualche parte lì vicino, aveva gli occhi sbarrati e sanguinanti rivolti nella sua direzione.
“Dei...” mormorò il Re del Nord e si alzò, ignaro dell’ora; cominciò a camminare nella semi oscurità in un accampamento addormentato come da un incanto. La nebbia era densa come la spuma di un mare gelato: impregnava i vestiti come la pioggia. Vide una luce rossa farsi strada in questa spessa coltre bianca come il suo vessillo e la seguì.
L’intensità della luce cresceva piano, ad ogni passo, man mano che si avvicinava alla sua fonte, mentre l’oscurità, che contornava il mondo, faceva altrettanto ma con molta più decisione.
Si accorse che la luce si stava sdoppiando mentre il nero cancellava ogni cosa attorno a lui.
Rickard Stark arrivò al cospetto di quello che stava inseguendo nel buio e nel gelo: il suo Albero del Cuore lo fissava con quegli occhi sanguinanti e inquietantemente luminosi. Sembrava sangue misto a fuoco.
Il volto si mosse e gli parlò...

Rickard Stark si svegliò in una tenda umida, nelle paludi sotto la protezione di Casa Reed. Quel luogo, finalmente considerabile la sua terra, era impregnato di una sorta di magia ben al di sopra di quella delle terre verdi dei fiumi.
“Dei...” mormorò il Re del Nord e si alzò, stropicciandosi la faccia con le mani tremanti, inquieto e impaziente di raggiungere il parco degli Dei di Grande Inverno.


[Modificato da (lothorien) 17/02/2015 15:31]
--------------------------

Nella sesta partita, Ryen -Master-

Nella quinta partita, Lord Rickard Stark -Protettore del Nord e della Tempesta-

Nella quarta partita, Varamyr Seipelli - "Vivrò per sempre nello spirito della Foresta"

17/02/2015 19:17
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 359
Registrato il: 20/06/2014
Sesso: Maschile
Membro del Concilio
Lord Feudatario
Lettere dal fronte


Finalmente a casa.
Il lungo viaggio di ritorno da Harrenhal era infine terminato.
Dopo notti brevi e spesso insonni per l’afa e le zanzare delle terre dei Fiumi, dopo lunghe giornate passate a cavallo o negli assai scomodi letti di bettole e taverne poste lungo la via, Jon avrebbe potuto assaporare di nuovo il piacere di un comodo materasso di piume.
Lui e il suo caravanserraglio erano ospiti di Ser Morton Waynwood, primo figlio di Lady Anya di Iron Oaks. Il Cavaliere della Porta.
Ser Morton era un uomo sui quarant’anni, pomposo e magniloquente. Alla morte della madre sarebbe stato lui il Lord del feudo dei suoi antenati, per il momento doveva “accontentarsi” di un titolo, per quanto prestigioso esso fosse.
Lady Anya era una donna volitiva e imperiosa, sarebbe rimasta attaccata al suo scranno finché le Sorelle del Silenzio non l’avessero reclamata. Con buona pace del figlio e delle sue vanagloriose fantasie.

“Vostra sublime Maestà, questo vostro leale suddito non trova parole adeguate per esprimere il piacere che gli deriva dal potervi accogliere di ritorno dal vostro lungo viaggio. La Valle vi saluta, e la Porta vi abbraccia. Il nostro Signore, oggi Re, è tornato, e con lui l’orgoglio del Regno degli Andali, ripristinato dopo secoli. ”

“Siete troppo gentile, Ser.”

L’affettazione di quell’uomo gli procurava un sincero imbarazzo. Forse più che alla guardia della Porta sarebbe stato meglio in qualche corte del Sud, dove i suoi salamelecchi sarebbero stati meglio apprezzati.
D’altra parte, quella carica era l’obolo che Jon doveva pagare alla lealtà della famiglia Waynwood, una delle più potenti casate sue vassalle.
All’interno della sala principale del Maschio del complesso difensivo che caratterizzava la Porta Insanguinata, adibita per la cena, campeggiavano in più parti i vessilli della Casa di Ironoaks: un timone rotto su campo verde.
Nonostante le chiacchiere di Ser Morton, a Jon bastava respirare di nuovo quell’aria così fresca e frizzantina al calar della sera, per sentirsi di nuovo in pace col mondo.
Oltre i bastioni della Porta si schiudeva la Valle di Arryn, le Montagne della Luna, gli immensi picchi di roccia dimora degli Dei andali.
Era a casa.

Ma molti dei suoi uomini non potevano dire altrettanto. Proprio mentre lui si trovava a far marcia verso il Nido dell’Aquila, numerosi soldati del Falco salutavano le proprie famiglie diretti nelle Terre dei Fiumi.

A difendere la casa di chi non vede altro in me che un vecchio cadente…

Anche suo nipote era fra questi.
Jon si domandava se avesse ricevuto la sua lettera. Se fosse in procinto di rientrare a casa.
Alcuni corvi gli erano stati consegnati quel giorno, ma l’opprimente ospitalità di Ser Morton non gli aveva ancora concesso il tempo di dedicarvisi.
Fortunatamente la cena si avviava alla conclusione, e un po’ di auspicato silenzio sarebbe calato sulla sua mente. Jon non era stato di grande compagnia, e forse era stata la delusione dei Lord e dei Cavalieri lì riuniti. Nessuno di loro si aspettava evidentemente che un Re della Valle, che tornava dagli albori della leggenda ripristinando un lignaggio spezzato trecento anni prima, non avesse nulla da dire. Non potevano immaginare che le nubi che si addensavano nella testa di Jon sarebbero state foriere di fulmini e saette, non certo di parole.
Fra un inchino e l’altro, Ser Morton gli fece strada verso i suoi alloggi personali.
Il figlio di Lady Anya aveva gusto, bisognava riconoscerlo.
L’appartamento riservato a Jon era stato dipinto e affrescato nei toni e nei colori del suo stemma. Sulle quattro principali pareti della stanza risaltavano, magistralmente dipinte, alcune delle scene salienti della millenaria storia degli Arryn.
Il duello fra Ser Artys Arryn e Re Robar Royce sulle cime della Lancia del Gigante, mentre sotto di loro infuriava l’ultima, terribile battaglia fra gli Andali e i Primi Uomini.
La flotta Arryn che sconfiggeva gli Uomini del Nord alle Tre Sorelle, nell’ultima fase della Guerra sull’Acqua.
Ancora una vittoria della flotta del Falco, stavolta sulle navi Targaryen e Velaryon lanciate alla conquista di Città del Gabbiano durante la guerra di Aegon.
Infine la scena più bella ed evocativa, quella che svettava perpendicolarmente al letto a baldacchino dove Jon presto avrebbe riposato: la Regina Sharra Arryn sorride all’indirizzo del figlioletto Ronnel, mentre quest’ultimo sale entusiasta in groppa al drago Vhagar, aiutato da Visenya Targaryen.
Quella scena gli procurava una grande serenità. Gli ricordava che la Valle non era mai stata domata né dal fuoco, né dal sangue. Si era piegata al sorriso di un bambino.

“Ser Morton, siete davvero un ospite squisito e mi avete regalato una dimora pregevole. Ma, come avrete forse intuito dalla mia scarsa loquacità questa sera, comincio davvero ad accusare le fatiche del viaggio… Vi garantisco che domani saprò rendere maggiore soddisfazione alla vostra cortesia.”

Il Cavaliere della Porta accolse con una punta di delusione l’invito del suo Re a lasciarlo solo.
Il profluvio di parole che gli aveva riservato quella sera era ancora lungi dalla sua naturale conclusione, Jon non ne dubitava. L’indomani sarebbe stata un’altra lunga giornata per le sue orecchie.

Prima di mettersi a letto volle dedicarsi un momento ai suoi doveri.
Si avvicinò alla stupendo scrittoio in massello di noce, con intarsi in ciliegio e pancone con tiretto.
Vi prese posto, accarezzando il legno e godendo della sensazione che dai suoi polpastrelli irradiava nella sua testa. Estrasse dal taschino interno della sua sopravveste un paio di lettere, che non aveva ancora avuto modo di visionare.
Gli erano state consegnate a ridosso del suo arrivo alla Porta, da un corriere partito da Padelle Salate.
La prima portava la firma del Capitano Waymar Waynwood, da Maidenpool.

Ancora un Waynwood…

Si ritrovò a pensare Jon.
La seconda portava il sigillo nobiliare della Casata Arryn. Era di suo nipote. Denys.
Cominciò da quella del Capitano.

“Vostra Maestà,

perdonate la rudezza e la brevità delle mie parole ma la città è ancora in subbuglio per la battaglia, e c’è molto a richiedere la mia attenzione.
Come da vostro ordine, abbiamo lasciato Lord Harroway’s Town per schierarci a difesa delle città di Maidenpool. Gli uomini di Casa Roote preposti alla guardia del guado hanno preteso che gli pagassimo l’attraversamento. Abbiamo spiegato che ci stavamo muovendo su richiesta e in soccorso del Lord Reggente, ma non hanno sentito ragioni. Siamo entrati a Maidenpool, e ci siamo coordinati con la milizia locale per approntare le migliori difese.
Attendevamo i Targaryen, ma un altro attacco è arrivato e di ben altra natura. Avevamo da poco preso possesso degli alloggi a noi riservati e stavamo cominciando a stabilire dei turni di guardia insieme agli armigeri di Lord Mooton, quando le grida della cittadinanza ci hanno attirato di nuovo in strada.
Sono sbucati come dal nulla, Maestà… Non sappiamo neanche noi bene come sia stato possibile.
Un esercito perfettamente armato, picche, balestre, cavalieri. In strada.
Probabilmente la ribellione covava in seno alla città già da tempo, ed è divampata dai suoi vicoli, dalle sue case. Ho chiesto spiegazioni a Lord Mooton, cercando di capire con lui i motivi di questa sedizione. Il Lord di Maidenpool vi invia i suoi più sentiti ringraziamenti, non ho difficoltà a scrivervi che senza la nostra presenza qui la città sarebbe caduta, ed egli ne è più che consapevole.
Purtroppo abbiamo dovuto pagare un caro prezzo per compiere il nostro dovere. Le perdite sono ingenti, Mio Re. L’attacco è stato improvviso e portato da dentro le mura, rendendo i bastioni inutili. Quando siamo stati in grado di reagire efficacemente molti dei nostri compagni erano già perduti.
A nome dei nostri fratelli caduti così come di chi resta in vita, sempre vostri devoti servitori.
In Alto quanto l’Onore

Capitano Waymar Waynwood”


Jon lesse e rilesse più di una volta il contenuto di quella pergamena.
Fu lieto che non ci fosse nessuno lì presente con lui a cui confessare i suoi commenti.
Grato del silenzio in cui poteva rifugiarsi, prese la seconda lettera e cominciò a scorrerne le parole.
Persino la calligrafia di suo nipote era amabile.
Il tratto morbido ed elegante della sua penna d’oca sembrava rispecchiare la sua natura cavalleresca.
Si sentì un vecchio avido e meschino, per aver fatto ricadere su un giovane tanto meritevole le colpe della sua invidia. Pregò gli Dei che gli dessero il modo di poter rimediare alle sue mancanze.

“Vostra Maestà,
amato Zio,

Vi porto la notizia della caduta di Roccia del Drago.
La nostra flotta non ha incontrato quella Targaryen, né quella dei Baratheon loro alleati. A dire il vero, non v’è stato onore né sangue nella nostra conquista. Vi scrivo mentre i miei occhi si posano sui vasti spazi che compongono la Sala del Tavolo Dipinto, proprio qui dove Aegon il Conquistatore pianificò un tempo l’invasione del Continente Occidentale.
Non so descrivervi, caro Zio, la sensazione che ho provato osservando questo enorme tavolo, plasmato e dipinto in modo da ricreare una mappa dettagliata del Continente. Mi sono seduto sul piccolo trono rialzato che campeggia precisamente nel punto corrispondente sulla mappa alla Roccia del Drago. La posizione lievemente sopraelevata del seggio consente a chi vi è seduto di scorgere la mappa nella sua interezza.
Tutto qui alla fortezza del Tamburo di Pietra risuona di grandezza. Amereste questa parola, Maestà, amereste udirla riecheggiare in queste sale e in questi corridoi percossi dal vento, dai rombi e dai boati che si levano durante le tempeste.
Le mie parole non possono descrivere il sapore antico dell’epicità che trasuda da queste mura, dalla Sala Grande, scolpita sul modello di un drago che giace sul ventre, dalla Torre del Drago del Vento o da quella del Drago Marino.
Se solo ci avessero opposto resistenza, questa fortezza avrebbe inflitto alle nostre forze tali perdite da farci desistere da qualsiasi proposito di conquista.
Gli stessi abitanti dell’isola, semplici pescatori o artigiani, piccoli commercianti, hanno in spessi casi i tratti somatici della casa Targaryen. Mi chiedo in questi trecento anni quanti siano i figli bastardi procreati dalla genia valyriana… Il Seme del Drago, amano chiamarsi.
Dovresti vedere, Zio. Sembra di essere quasi su un’altra terra, in un mondo diverso da quello che è il nostro continente.
L’isola stessa è un vulcano attivo, la si sente respirare… Un caldo respiro che emerge dalle viscere della terra. Il soffio del Drago.
Vi confesso che non posso resistere al fascino di questo luogo, così ancestrale e remoto, così potente e vivo. Ironia della sorte, l’isola conquistata ha conquistato il suo conquistatore…
Non fraintendete le mie parole, Maestà, ma sento come la sensazione che non dovremmo essere qui. Non è terra andala, questa. Quest’isola vive in una dimensione altra, credo che l’isola rivendichi ancora il suo ruolo di avamposto occidentale della Fortezza di Valyria… Lo rivendica negli scrosci delle sue bufere, nei sospiri incandescenti e nei vapori che si levano dai suoi sotterranei, nel clima sempre tetro e oscuro. Questo non è Westeros, amato Zio, credetemi.
Questa è una terra di leggenda.
Mi è stata recapitata la vostra lettera in cui mi chiedi di tornare il prima possibile nella Valle.
Come sempre, risponderò solerte ai vostri ordini.
E’ stato un onore poter portare gloria al vostro nome e al vostro vessillo.
Spero di poter riabbracciare presto il mio caro Zio e di poter piegare il ginocchio orgogliosamente davanti al mio Re. Il Re della Valle.
Che i Sette veglino sempre su di voi e sulle vostre scelte.
Il vostro affezionato e leale nipote,

Denys”


Jon arrotolò la pergamena, e la ripose nella tasca laterale della sua veste.
Restò per un attimo silente, pensieroso. La sua mano tornò presto però a frugare nella tasca, estraendone di nuovo la pergamena.
L’uomo rilesse il contenuto, ancora e ancora. In particolare soffermandosi su un passaggio.

Non dovremmo essere qui.

Alla flebile luce della candela consumata per metà, Jon prese la sua piuma d’oca, ne inumidì la punta con la lingua e la intinse poi nel calamaio. Cominciò a scrivere, e ad ogni parola il suo sorriso si allargava di più, fino a diventare una risata.
Finito di vergare la sua missiva, prese del sale da un cassetto nello scrittoio e lo sparse sulla carta, di modo da asciugare l’inchiostro ed evitare che, arrotolando la pergamena, ne impastrocchiasse il contenuto. Poi, prese il sigillo di ceralacca della Casa Arryn, lo passò per qualche secondo sulla fiammella della candela per sciogliere la cera, e lo appose in coda alla sua firma.

__________________________________________________



Rickard della Casa Stark, Signore di Grande Inverno, Lord Protettore del Nord.

L'inverno sta arrivando
22/02/2015 20:13
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 871
Registrato il: 14/12/2009
Sesso: Maschile
Condottiero di Eserciti
SECONDA PARTE 3 PDV GORGYLE

Tirava vento e nevicava abbondantemente sull'altopiano ove un tempo si ergeva la grande Città di Aspra Dimora , Lord Leyton Gorgyle si svegliò di soprassalto  turbato da chissà cosa, forse a causa del fuoco che si era spento dentro la sua tenda , faceva effettivamente molto freddo " non è da Edd trascurare i suoi compiti",   Il Lord Comandante ormai completamente sveglio e padrone di se , ripensò con dolce malinconia ai sogni che stava facendo che erano sempre i soliti, da oltre trent'anni.
Chissà se LEI aveva mai pensato a lui in quegli anni ,  se avesse mai cercato di informarsi sulla sua salute e di ciò che avveniva alla Barriera, chissà se si era rifatta una vita.... E se lo avesse infine dimenticato.
Leyton ricordava ancora il suo viso , esso era scolpito nitidamente nella sua mente , le sue labbra e i suoi occhi , pozzi profondi dove il giovane Gorgyle era annegato per ore ; egli rammentava la sua voce , i sussurri pronunciati in momenti di infinito e dolce strazio.


Quella notte però Lord Qorgyle aveva per l'ennesima volta risognato il duello , fra lui e il marito,  vedeva ancora le loro spade che cozzavano l'una contro l'altra , il fiato grosso , il sudore , il misto di sensazioni tra violenza e timore  ,  il gorgoglio anomalo che aveva emesso il suo avversario in un rantolo , quando la sua spada lo aveva trapassato da parte a parte e infine lo sguardo terreo di LEI , la sua immobilità piena di sgomento incredulo  e  disperazione  ; in quel momento era finita la sua vita e ne era cominciata un'altra , quella da esiliato, da Guardiano della Notte.

Con un sospiro il Lord Comandante si scosse e chiamò a gran voce Tollet , il ragazzò arrivò dopo vari urli , con gli occhi gonfi per il sonno , << che diavolo combini , dormi invece di assolvere i tuoi compiti ? Il fuoco si è spento da un pezzo!>> , << mio Lord è finita la legna e senza la luce del sole ,  io non mi avventurerei per nulla al mondo là fuori , con la mia solita fortuna finirei per pestare la coda a qualche mostro>> si lamentò con voce querula  il malinconico scudiero << ah ! Va bene , tra qualche ora sarà l'alba , oggi partiamo ragazzo mio , non c'è più molto da fare qui>>.

I Guardiani della Notte avevano trovato ben poco ad Aspra Dimora, solo rovine e fitta vegetazione , frustata da un vento tagliente e infame.
Lord Qorgyle era ossessionato all'idea che non sapeva niente sul  suo nemico, gli Estranei , in fondo non era sicuro neanche della sua esistenza.
I bruti continuavano per ora a battersi tra loro per il comando ma una volta uniti, avrebbero  assaltato la Barriera numerosi come locuste del deserto.
Dai Sette Regni non era arrivata per adesso nessuna voce, solo Lord Stark aveva promesso e dato appoggio alla Confraternita, ma sarebbe bastato?.
Il Grande Torneo di Harrenhal era una buona occasione , Yoren , il giovane Ser Byam e tutti gli altri avevano un compito fondamentale da portare a termine , eppure il Lord Comandante non nutriva grosse speranze "" non ci considerano , viviamo come un'ombra ai margini delle loro menti, dei loro piani di conquista e fame di potere"". 

La Spedizione cavalcò in fretta e furia verso il Forte Orientale , a quest'ora Whitetree era sicuramente caduta e i bruti potevano fare una puntata verso Est.
Dopo dieci giorni la Barriera tornò ad essere visibile , ma oltre che al muro di ghiaccio i corvi videro anche fumo.
Grandi pire  funerarie bruciavano  in mezzo a molte altre , ridotte in cenere da giorni.
Dalle sentinelle ivi appostate, Qorgyle e i suoi uomini ebbero notizia dell'attacco.



A un tavolo vecchio e graffiato ma solido e grande , sedevano in gruppo Lord Qorgyle e i suoi ufficiali << un incubo , mai nella mia vita avrei potuto pensare all'esistenza di una cosa simile e per il Dio Abissale andrò nella tomba pensando alle urla dei nostri , quella notte sarà ricordata a lungo dai nostri veterani>> andava dicendo Cotter Pyke dopo aver dato un resoconto della battaglia << bisogna dare l'allarme , a Grande Inverno , Approdo del Re , Delta delle Acque e ogni altro luogo!  La situazione ha acquisito un peso troppo grande , anche per la Barriera >> disse dopo un attimo di silenzioso Denys Mallister , << aye , ho scritto una missiva , un annuncio che già viaggia verso Harrenhal e Grande Inverno , vedremo come si metteranno le cose , se ci crederanno e per ora , dovremo fare affidamento solo su le nostre forse e forse quelle di Lord Stark>>.

C'era molto su cui riflettere , l'ossidiana poteva davvero uccidere gli Estranei! , la Confraternita aveva dunque un'arma da usare contro quei demoni ; Le più vecchie e corrose pergamene del Castello Nero avevano un fondo di verità !.
Ai Guardiani della Notte servivano più uomini , più denaro e armi , eppure era fondamentale prima di ogni altra cosa procurarsi altro Vetro di Drago , ogni Confratello avrebbe dovuto ricevere una daga d'ossidiana, fin dal giorno del suo giuramento.
Troppo poco o meglio quasi nulla sapevano però loro sugli Estranei , da dove venivano? Di quale oscuro sortilegio erano frutto? Quali erano le loro precise intenzioni? Come può un uomo morto rialzarsi , con le mani nere e fredde per strangolare i suoi simili ancora in vita?
Quanta intelligenza vi era negli Estranei? Quanto rimaneva delle persone quando si rialzavano in vita come non-morti? che cosa c'era nelle Terre dell'Inverno Eterno di cui neanche i bruti sapevano nulla e venivano forse da li gli Estranei? Infine i Sette Regni avrebbero mandato aiuti? Avrebbero creduto ai Guardiani della Notte?.
Molte ,  centinaia di altre domande avrebbe potuto farsi il Lord Comandante , ma con ben poche e misere risposte.
Come se ciò non bastasse , oltre a un terribile ed ignoto nemico , bisognava pensare anche ai bruti , determinati ad aprirsi con la forza un passaggio verso terre più calde e sicure, forti del loro numero.

Si era ormai a un punto di rottura del loro tempo, Lord Qorgyle ne era convinto , la Confraternita si avvicinava a un punto cruciale , lo Scudo dei Regni degli uomini stava per essere messo duramente alla prova e Leyton  non avrebbe permesso mai  che la Barriera venisse a meno proprio durante la sua guardia! Lord Qorgyle giurò ancora una volta a se stesso che non avrebbe permesso , che dopo diecimila anni  fosse proprio lui a fallire!.

Costruttori e Attendenti lavoravano come api laboriose per restaurare ogni singolo Fortino e per rinforzare le basi della Barriera,   Fabbri e armaioli martellavano acciaio fuso giorno e notte , si accumulavano viveri , pietra , legname e ghiaia ; le pattuglie erano triplicate e ovunque gli uomini tenevano gli occhi aperti ; i Corvi Neri si preparavano , alla grande sfida del loro tempo.






Ser Richard Horpe

Nella sesta partita Lord Leyton Hightower, Voce di Vecchia Città.

Nella quinta partita LORD Leyton Qorgyle , COMANDANTE DEI GUARDIANI DELLA NOTTE.

Nella quarta partita LORD RODRIK HARLAW IL LETTORE, signore di Harlaw

Nella terza partita ROBB STARK

" credevo che la parte più difficile della guerra fossero le battaglie mi sbagliavo..."
Re Robb Stark


uff non è stato facile trovare una frase con un certo peso di robb

risus abundat in ore stultorum

the winter are coming!!


24/02/2015 22:31
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 183
Registrato il: 04/02/2010
Età: 32
Sesso: Maschile
Consigliere del Re
LE LETTERE DELLA COMPAGNIA

Vorrei leggervi due lettere, sono parte delle pochissime lettere che gli ufficiali hanno la possibilità di mandare a casa. Molti di loro non sanno nemmeno scrivere, ma a questo rimedia l’ufficiale pagatore nel poco tempo libero, una moneta d'argento per una lettera. Le risposte dalle città libere sono per la maggior parte scritte da sacerdoti o maestri che per carità , amicizia o denaro.
Queste lettere mi ricorda chi siamo, cosa siamo. Siamo mercenari, gente che per vivere vende la propria spada, gente che per scappare da un mondo di povertà si unisce ai nostri ranghi.
Negli annali vi sono alcune lettere che la compagnia tiene, sono ordini, lettere porpora e lettere private, tutte hanno scritto la nostra storia e mi sembra gusto che anche loro possano raccontarla.


“Caro fratello,
sono passati molti mesi da quando decidesti di mettere la tua spada al servizio della compagnia e di quell'eccentrico capitano di ventura.
Nostra madre chiede sempre di te, mi chiede dov’è il suo ultimo figlio di come sta e se ha finalmente trovato moglie.
Purtroppo le devo rispondere che sei partito per terre lontane a combattere una guerra lontana dai nostri cuori.
I sacerdoti dicono che non passerà molto prima che gli dei la chiamino a se, la febbre non vuole passare ma nonostante la sua età non smette di combattere.
Spero che questa lettera ti arrivi presto, e che presto tornerai a casa.
Qui da quando mio marito è morto accoltellato nei bassi fondi di Lys noi abbiamo venduto l’armatura di nostro padre e la sua spada. Tuo nipote ora lavora come apprendista in una delle migliori fucine della città, non guadagna molto ma almeno abbiamo un buon pasto caldo ogni giorno. Sii fiero di lui, ogni settimana mi chiede se gli hai scritto, e dice che per il giorno che tornerai ti avrà forgiato l’armatura degna di un grande ufficiale.
Con nostra madre preghiamo ogni giorno affinché tu possa tornare da noi sano e salvo.
Ricordi Mynissa? La ragazza dai capelli rossi figlia del tintore? Suo padre è venuto a trovarci meno di una luna fa dicendo che aveva riflettuto sulla proposta di matrimonio che gli avevi fatto, ha detto che se entro l’anno dovessi tornare e se lei lo vorrà ancora potrai prenderla in moglie. Quando l’ho detto a nostra madre i suoi occhi si sono riempiti di gioia.
Spero con tutto il cuore che tu stia bene e che presto tu possa tornare per riabbracciare la tua sorellina e tuo nipote.
La tua amata sorella.”



“Cara sorella,
mi addolora sapere che nostra madre stia morendo, so che ti prenderai cura di lei al meglio delle tue possibilità.
Maron manca molto anche a me, e posso solo immaginare quale dolore sia perdere il proprio compagno, perché io ho perso il mio migliore amico.
Di a tuo figlio che mi manca, e che sono orgoglioso di lui. È un bravo ragazzo e sono sicuro che diventerà presto un maestro fabbro.
La guerra è iniziata qui in occidente, ma non abbiamo combattuto per ora. La marcia è dura ma ognuno deve fare il proprio dovere.
Di al padre di Mynissa che intendo ancora sposarla e che lei mi manca molto.
Mi sono unito alla compagnia per poter aver del denaro per badare a voi, ma ora sono troppo lontano per poterlo fare.
Se è vero che verrà costruita la sede fissa della compagnia proprio a Lys chiederò se posso rinunciare alla mia paga e se in qualche modo li potranno darvi i soldi di cui avete bisogno. Non so se sarà mai possibile una cosa di questo genere ma lo desidero ardentemente.
Il tuo caro fratello.”


La lettera che segue è molto più vecchia delle due precedenti, è stata scritta poche settimane prima della famosa battaglia del campo di erba rossa. In quel tempo la compagnia non era ancora nata ufficialmente, ma molti erano gli uomini che seguivano già Acreacciaio.

“All’attenzione dell’arconte di Tyrosh,
caro padre,
come mi dicesti prima della mia partenza mi sto facendo onore. La marcia è finita, e ora stiamo aspettando i nostri nemici. Il drago rosso metterà in campo molti più soldati di noi, ma noi abbiamo Acreacciaio.
L’armatura che mi hai regalato è perfetta, permette di muoversi senza ingombri, e l’elmo ha una visuale ottima, così riesco a vedere cosa fanno i miei sottoposti.
Si, mi hanno promosso, ora comando un centinaio di cavalieri. Non posso ancora partecipare ai consigli di guerra della compagnia ma se mi farò valere in questa battaglia allora c’è qualche possibilità.
Vorrei avere qualche notizia di mia sorella, so bene che non ha mai approvato questa mia scelta di fare il guerriero di ventura, ma le sono molto affezionato e anche solo sapere che sta bene mi solleverebbe lo spirito.
Non ho idea di come andrà la prossima battaglia, e forse ne sentirai voce prima che io te ne possa scrivere, ma sappi che se vinceremo questa potrebbe essere la mia ultima battaglia.
Spero di ricevere al più presto notizie da voi tutti.

Con affetto
Tyoggo Qhaedar”


Come è ben noto la battaglia di campo d’erba rossa ebbe un triste esito per i sostenitori di Casa Blackfyre, e questa fu l’ultima lettera scritta dal figlio dell’arconte. L’arconte scrisse un’altra lettera al figlio non sapendo che egli ora riposa sotto l’azzurro cielo dell’altopiano assieme ai suoi cento cavalieri.

“All’ufficiale di cavalleria Qhaedar,
Caro figlio,
sono passate molte lune dalla battaglia di cui mi parlavi, sono giunte notizie terribili sulla fine degli uomini che combattevano sotto le bandiere del drago nero.
Si dice che Acreacciaio sia riuscito a tornare in oriente, ma ben pochi di quelli che erano partiti con lui sono tornati.
Tua sorella prega ogni giorno il Dio Rosso per un tuo ritorno a casa, tua madre ed speriamo che tu sia impossibilitato a scriverci e a tornare. Speriamo che tu sia riuscito a trovare un luogo in cui vivere in pace, senza l’ombra nera della guerra.
Spero che se mai riceverai questa lettera tu sia sulla strada di casa, ovunque tu abbia deciso che essa debba essere.
Non mi faccio molte illusioni, spero che tu abbia combattuto con onore come ti ho sempre insegnato.

Riposa in pace figlio mio,
ovunque tu sia."



La leggenda narra che questa lettera fu trovata dalla compagnia in una taverna dei bassifondi di Myr, dove i marinai salpano e arrivano. Dove l’oriente incontra l’Occidente.
Oggi abbiamo un altro Qhaedar tra le nostre fila, è uno dei discendenti della sorella di quel capitano. Egli diede inizio ad una tradizione che da secoli sta facendo sanguinare una delle famiglie più potenti di Tyrosh.
Siamo così noi uomini della compagnia, un gruppo di uomini che combattono per un’ideale che lentamente sta entrando nella leggenda. Nella gloriosa speranza che un giorno si possa tornare a casa.
[Modificato da Vipera Rossa di Dorne 24/02/2015 22:32]





BRYNDE TULLY - THE BLACK FISH
Protettore della marca meridionale, castellano di Delta delle Acque










NEL GIOCO DEL TRONO:
Ex Victarion Greyjoy comandante della flotta di ferro, Lord di Tharth, ammiraglio della flotta del Nord
Styr, Maknar dei Thenn, Signore di Promontorio dei Thenn, un uomo nato libero, morto con dignità e ora governa il promontorio dall'alto del cielo azzurro
Lord Myles Toyne, erede di Acreacciaio Lord Comandante della Compagnia Dorata
26/02/2015 15:42
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 482
Registrato il: 04/04/2013
Età: 37
Sesso: Maschile
Alto Membro del Concilio
Lord Feudatario

Rickard Stark II - Il Maestro, il Corvo e il Capitano

-Il giorno dopo la notizia della dichiarazione del blocco Arryn-

Il Maestro era concentrato, piegato sullo scrittoio nella sua torretta. La sua mano vergava elegante le delicate parole che doveva scrivere per conto del suo Re. La sua mente, prima affollata, era stata sgomberata per adempiere ai suoi compiti al meglio.



Al Capitano Locke,

triste e inaspettata giunge la notizia che Casa Arryn ha dichiarato guerra a Casa Tully, quindi in tutte le città in cui entrambi i vessilli garriscono nel vento, sarà guerra.
La vostra destinazione, Città del Gabbiano, potrebbe essere uno di questi scenari di battaglia.
L’ordine che avete è quello di non essere stolti o boriosi e di raggiungere una soluzione politica e pacifica per il vostro rientro e, se i tempi e gli Dei vi saranno favorevoli, anche per il rientro dei soldati Tully.
Per quanto gli Uomini del Nord siano valorosi, sessantacinque marinai nulla possono contro le difese della città, nemmeno al fianco di seicento armati della Trota.
Il consiglio che vi do è: chiedete suggerimenti agli uomini del Falco che da settimane vivono spalla a spalla con voi come fratelli.

Possano gli Dei proteggervi e riportarvi a casa.


Maestro Walys di Grande Inverno



Maestro Walys aveva scritto la lettera che gli era stato ordinato di inviare, l’aveva sigillata e legata di tutta fretta alla zampa del corvo in un modo abbastanza brusco da meritarsi una beccata sul dito che già cominciava a sanguinare.
“Gli Dei ti facciano viaggiare veloce, il tempo stringe e pochi giorni separano le vele Stark da Città del Gabbiano e da una sorte incerta e triste.” Il maestro borbottava fra sé e sé.
Dopo aver lanciato il corvo, Walyn seguì il suo volo e i suoi movimenti; non smise di farlo finchè i suoi occhi stanchi e vecchi non poterono più distinguere la sua sagoma nera nella bruma che avvolgeva il mattino. Lo aveva nutrito bene, in modo da non farlo fermare troppo presto nel suo volo disperato e ora, succhiandosi distrattamente il dito per disinfettare la ferita, si ritrovò a guardare la pila di lettere provenienti da Lord Locke.
“Poveri ragazzi…” mormorava, sempre borbottando tra sé, scendendo le scale della torretta con il passo breve e svelto di sempre. Stava andando a compiere l’altro ordine del suo Signore: pregare al posto suo davanti a quel volto duro e sanguinante che tanto gli ricordava Rickard.

Il Corvo non aveva una vita facile: c’era sempre un posto dove volare veloce come il vento, i predatori lungo la strada erano numerosi, anche se soprattutto erano uomini che scagliavano oggetti appuntiti in cielo. Ogni tanto bisognava anche fermarsi a dormire e quelli erano forse i momenti più pericolosi. Il corvo a cui era stata affidata la lettera non aveva mai mancato una consegna, ne era prova certa il fatto che fosse ancora vivo, anche se con qualche penna in meno.
La sua traversata non fu delle più rosee, ma per due mezze giornate trovò anche vento a favore.
Arrivò in vista della nave, quando questa aveva appena avvistato all’orizzonte del fumo salire da città del Gabbiano.

Il Capitano Locke, comandante della spedizione Stark per portare dalle Tre Sorelle ottanta armati Arryn nella Valle, avvistò del fumo salire nel cielo dalla sua ambita destinazione.
Senza pensarci nemmeno un secondo, stava già ordinando a tutti i soldati di armarsi e di tenersi pronti alla difesa del porto da chiunque avessero trovato di fronte.
“Uomini del Nord! Non sappiamo chi o cosa stia saccheggiando la città, probabilmente sarà solo un gruppo di ribelli, ma noi aiuteremo i nostri fratelli della Valle a difendere il porto e le mura da chiunque stia cercando di spezzarne le difese!” gridava dalla tolda per farsi sentire da ogni uomo li presente.
Mentre il ponte brulicava come un formicaio impazzito per ritrasformare le navi da semplici traghetti a navi da guerra, un corvo arrivò, visibilmente stremato, sulla nave.
Ogni volta che cercava di avvicinarsi a leggere la missiva, il Capitano veniva fermato dai suoi uomini che cercavano chiarimenti sugli ordini o che riferivano rapporti. Quando finalmente riuscì a raggiungere la pergamena e a scioglierla dalla zampa del corvo, notò che era macchiata di sangue e fu allora che il corno suonò cancellando dalla sua mente ogni cosa tranne la battaglia. Il sigillo era già rotto per metà, ma mise via la lettera, indossò l’elmo e corse davanti agli uomini schierati e pronti per lo sbarco: erano in vista dei moli.
Gli esperti soldati del Falco erano nervosi e preoccupati quanto lui per l’ignota sorte che si stava abbattendo sulla loro terra, o almeno così al capitano sembrava. Armati e tesi come le corde che tendevano le balestre al loro fianco, si lanciarono a terra gridando e mulinando le armi nell’aria.

Più tardi, poco lontano, alto sulle onde del mare, un corvo molto stanco stava ritornando verso Nord. Osservava torvo una missiva sporca di sangue, con il sigillo ormai completamente spezzato che si inabissava per sempre negli insaziabili flutti del mare stretto.
[Modificato da (lothorien) 26/02/2015 15:43]
--------------------------

Nella sesta partita, Ryen -Master-

Nella quinta partita, Lord Rickard Stark -Protettore del Nord e della Tempesta-

Nella quarta partita, Varamyr Seipelli - "Vivrò per sempre nello spirito della Foresta"

Nuova Discussione
Rispondi
Cerca nel forum
Tag discussione
Discussioni Simili   [vedi tutte]

Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 04:45. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com