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ED BONJA - ELVIS, IL COLONNELLO ED IO

Ultimo Aggiornamento: 21/01/2014 08:58
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ESSENTIAL ELVIS - THE ELVIS MAG

Ed Bonja
Elvis, il Colonnello ed Io

Nick Dadd intervista l'amico ed il tour manager di Elvis, all'Elvis Festival (Settembre 2012)

Traduzione di Valeria Giannotta

********




Ed Bonja necessita di una piccola introduzione. E’ stato fotografo ufficiale e tour manager dei live show di Elvis, dal settembre 1970 al 1° maggio 1977. Le sue fotografie furono usate per le copertine degli album degli anni '70 di Elvis e sono tuttora usate dalla Sony e della FTD per i CD pubblicati ai giorni nostri.

Nick Dadd: Ed, è sempre bello rivederti qui in UK.

Ed Bonja:
Grazie. Vivo in Germania adesso e non parlo la lingua, perciò non parlo molto con le persone.

Nick Dadd: Bene, partiamo dall'inizio. Come hai avuto il lavoro nel primo posto?

Ed Bonja:
Beh, dico spesso alla gente che è stato grazie al mio bell'aspetto, personalità e competenza, poi però parto dicendo la verità. La mia famiglia era amica da molto tempo con il Colonnello Parker. Mio zio, il fratello di mia madre, era Tom Diskin e viaggiava con il Colonnello. Zio Tom portava abbastanza spesso il Colonnello e sua moglie Marie a casa nostra, a Chicago. Il Colonnello non aveva famiglia, almeno per quanto si sapeva, così noi lo avevamo quasi adottato. La mia era una grande famiglia. Mia madre aveva dieci fratelli e sorelle e mio padre erano in cinque. E così il Colonnello si ritrovò a considerarsi uno di famiglia.
Ci trasferimmo in California nel 1952 e poco tempo dopo il Colonnello iniziò a venire lì spesso. Quando divenne manager di Elvis stette in California per molto tempo e noi andavamo a trovarlo la domenica a pranzo.



Guidava sempre una station wagon noleggiata all'Agenzia William Morris e prima di venire a casa nostra si fermava sempre al centro commerciale dove c'era un grande super mercato e ne usciva sempre con venti sacchi di generi alimentari. Eravamo sempre molto felici di vedere Tom Diskin e Tom Parker arrivare giù dalla strada nella station wagon.
Nel 1964 il Colonnello mi chiese se ero interessato a lavorare per lui come segretario. Stavano facendo un film intitolato Girl Happy con gli studi della MGM a Culver City. Pagavano 80 dollari alla settimana, che allora era una fortuna. Così andai lì con mio zio Tom, che viveva vicino alla MGM, e lavorai lì per quelle dieci settimane.



Durante quel periodo il Colonnello si fece male alla schiena perché era troppo pesante e non riusciva molto bene ad andare in giro. Infatti, lo misero in trazione ed io gli feci da fattorino per tre piacevoli settimane. Spesso voleva che giocassi a Yatzi con sua moglie Marie e mi diceva “Fai attenzione, lei imbroglia!”

Nick Dadd: Vieni associato principalmente con l’ultimo periodo della carriera di Elvis. Come mai?

Ed Bonja:
Beh, era il 1970, giugno, ed il Colonnello richiamò. Lui spesso chiamava e parlava con i miei genitori, ma quella volta mia madre disse “C’è il Colonnello al telefono e vuole parlare con te”. Così andai a rispondere e lui mi disse “Ed, Elvis ed io pensiamo che sia ormai tempo di ricominciare a fare dei tour. Il primo tour è stabilito subito dopo la fine della stagione a Las Vegas e terminerà più o meno il 4 o 5 di settembre. Tu e tuo fratello siete interessati a venire e a pensare a tutto quello che c’è da fare? Il caricamento dell’aereo, il caricamento dei camion, sistemare il palco, la vendita dei biglietti. Verrà anche un tuo cugino e voi ragazzi vi assicurerete che tutto vada liscio”.
In realtà era un tour molto breve, all’incirca sette giorni. Era quasi un tour “di prova” per vedere come ce la cavavamo.

Nick Dadd: Avevi mai fatto lavori del genere prima?

Ed Bonja:
No, diciamo che il Colonnello ci ha buttato nella mischia, “imparare o bruciare”. Comunque è stata un’esperienza interessante e istruttiva.

Nick Dadd: Ci racconti come sei finito nella fotografia?

Ed Bonja:
Mio fratello più giovane, Ron, era nella US Airforce, di stazione nel Massachussetts. Era stato messo nella ricerca e sviluppo della fotografia. Si ritrovò a controllare gli scatti fatti dal satellite. Mi mandava quelle foto in cui trovavano l’immagine nitida della targa di un’auto scattata dallo spazio cosmico. Era davvero incredibile. Mio fratello era affascinato dalla fotografia. Una volta parlai al telefono con lui e mi disse che mi avrebbe mandato una macchina fotografica per vedere se mi piaceva. Così mi mandò una vecchia macchina fotografica tedesca costruita nel 1946 o giù di lì. Mi mandò perfino qualche pellicola. Cominciai a fare fotografie e mi piaceva così tanto che decisi di prendere lezioni all’università.

Nick Dadd: Quale fu la reazione del Colonnello?

Ed Bonja:
Beh, una volta il Colonnello mi disse “Ho sentito da tua madre che ti diletti a fare foto adesso. Se vuoi portarti dietro la tua macchina fotografica puoi fare tutte le foto che vuoi”.

Nick Dadd: Penso che tu sia diventato matto in quel primo tour, giusto?

Ed Bonja:
Oddio! Ero molto timido a fare le foto. Il palcoscenico era alto circa 1 metro/1 metro e 20 ed io avevo paura di poggiarci la testa, non volevo impedire la visuale a nessuno durante lo show. Ricordo guardando alcuni dei primi scatti che avevo fatto di quel primo tour che la metà della pellicola era solo il palcoscenico con forse giusto un pezzettino della testa di Elvis. Fortunatamente, alla fine diedi su alla mia timidezza e finii col fare circa 10.000 foto di Elvis dal settembre 1970 al giugno del 1975.





Nick Dadd: Wow! E’ un’enorme quantità di foto. Cambieresti qualcosa se tornassi indietro?

Ed Bonja:
Sai, se potessi rifare tutto daccapo, cosa molto improbabile, scatterei milioni di foto di Elvis e abbandonerei il mio lavoro con il Colonnello come tour manager per fare esclusivamente il fotografo. Ho scattato foto solo in cento forse centocinque concerti degli oltre mille a cui ero presente. O ero troppo impegnato o ero troppo stanco. Spesso stavo semplicemente facendo qualcos’altro.

Nick Dadd: Com’è successo che hai smesso completamente di fare foto dopo gli show del 1975?

Ed Bonja:
Elvis cominciava a prendere un po’ di peso e pensavo che avrei aspettato finché non ne avesse perso un po’. Cosa che non accadde mai. Ma se a quel tempo avessi avuto una sfera di cristallo, gli avrei scattato foto giorno e notte, quante più possibile.

Nick Dadd: Hai ancora tutte le foto che hai scattato?

Ed Bonja:
Ero così stupido – dovrei dire femminuccia, e ancora non sarebbe sufficiente a rendere l’idea. Dico, ho scattato venticinque rullini, trentasei pose per rullino, andavamo sempre a Las Vegas per regolare i conti in quanto al Colonnello piaceva giocare d’azzardo. Tornammo a casa un venerdì ed il lunedì mattina andai a Hollywood al laboratorio Kodak, dove sviluppavano le pellicole. Se si andava direttamente al laboratorio te le facevano in quattro ore. Tornai nel tardo pomeriggio per ritirarle. Non scesi nemmeno dalla macchina. Ero seduto lì e mi misi a controllare, erano venti o venticinque scatole ed ho buttato via la metà delle foto che pensavo non fossero molto belle. Credimi, ho buttato via foto che la gente sarebbe morta pur di averle oggi – io in special modo sarei morto. Non mi rendevo conto di cosa ci avrebbe portato il futuro.

Nick Dadd: La maggior parte delle tue foto sono state usate per i programmi dei concerti e le copertine degli album, giusto?

Ed Bonja:
Sì, credo soprattutto per tutte le copertine degli album a partire da Madison Square Garden. Persino quando ormai avevo lasciato, nel 1977, usarono una mia foto per l’album Moody Blue. La FTD sta facendo un sacco di ri-pubblicazioni e sono stato contattato da Roger Semon per un aiuto con il nuovo From Elvis Presley Boulevard, Memphis, Tennessee. Gli ho mandato alcune foto da usare per quella pubblicazione e gli ho dato anche sei foto per il Good Times della FTD.
Mi piace vedere il mio nome su quei progetti perché quando ero con il Colonnello, lui semplicemente non riteneva di dover dare alcun riconoscimento alla foto di nessuno. Diceva “Tutti possono fare una foto, non è niente di che”.

Nick Dadd: Così non hai mai ricevuto alcun riconoscimento per il tuo lavoro?

Ed Bonja:
A dire il vero sì. C’è stato un periodo in cui ero molto malato. Avevo appena avuto la polmonite e dovevo stare a casa dai tour. Mentre ero a casa feci un album souvenir di foto, da vendere in occasione degli show. Andavo in macchina a casa del Colonnello, lo caricavo e poi proseguivo alla volta degli studi della MGM per lavorare, ogni giorno. Lui mi chiamò di domenica e mi ricordò di non dimenticare il fac-simile del nuovo album di foto. Quando arrivai suonai il campanello e ad aprirmi venne proprio il Colonnello in persona – di solito veniva qualcun altro. Era così ansioso di vedere l’album che immediatamente disse “Ce l’hai?”. Io glielo diedi e lui si girò e corse a sedersi sulla sua sedia, mi sedetti vicino a lui mentre lo sfogliava dicendo quanto erano belle le foto. Poco dopo mi sorpresi essere un tantino aggressivo nei suoi confronti, dissi “Lei sa Colonnello che io non chiedo soldi o cose del genere. Mi piace semplicemente fare fotografie”, lui scosse la testa e disse “No, Ed, non ti darò un riconoscimento” allora io mi sporsi in avanti e gli strappai l’album dalle mani e gli dissi che non avremmo più lavorato assieme. Diventò matto! “Non puoi trattarmi così di lunedì mattina” urlò “Devi darmi il tempo di carburare e pensare. Fammi andare in ufficio a lavorarci sopra”. Lo avevo minacciato di riprendermi le mie foto. Mi chiamò nel suo ufficio e disse “Ho trovato come possiamo fare”. Con un ampio gesto della mano in aria e continuò “Può andare se ci metto su ‘Foto selezionate di Ed Bonja’ ?”.



Immaginavo che sarebbe stato sulla parte anteriore della copertina ed ero felicissimo. Beh, parecchie settimane dopo, quando arrivò la prova in ufficio, io guardai dappertutto, ma non c’era alcun riconoscimento. Allora chiamai in Florida il tipo che ci aveva fatto la stampa, che mi disse “Avete ricevuto il fac-simile?” ed io gli risposi “Sì, ma hai dimenticato il riconoscimento” e lui replicò “No, non l’ho dimenticato. Apri la copertina e all’interno guarda in basso nell’angolo a destra.” Era lì in uno spazio minuscolo, in lettere minuscole ‘Foto selezionate di Ed Bonja’ e questo è stato l’unico riconoscimento che ho mai avuto dal Colonnello.

Nick Dadd: Molte delle copertine degli album sono diventate un’icona. Ti senti un po’ di amaro in bocca a non aver avuto il riconoscimento che meriti?

Ed Bonja:
Sarebbe stato molto bello ed il mio ego avrebbe gioito nel vedere il mio nome su quegli album e foto book, ma non accadde fino a che non feci l’accordo con la FTD, molti anni più tardi. Probabilmente mi avrebbe aiutato in un sacco di altri modi.

Nick Dadd: Il Colonnello ti ha mai consultato su quale pensavate fosse una buona foto per la copertina di un album?

Ed Bonja:
Il Colonnello sceglieva le foto. Mi diceva “Ed, abbiamo bisogno di una foto per un nuovo LP”. Allora io prendevo diverse centinaia di diapositive assieme al proiettore, ci sedevamo in cucina e bevendo un caffè guardavamo le foto. Lui mi chiedeva di tirar fuori diverse foto fino ad averne quindici o venti da guardare di nuovo. Si stancava in fretta di stare seduto lì e alla fine diceva “Quella è bella, mandala alla RCA”. Né Elvis né io sceglievamo le foto. Elvis le vedeva solo dopo che l’LP era stato pubblicato.

Nick Dadd: Hai lasciato gli show alcuni mesi prima che Elvis morisse, giusto?

Ed Bonja:
Ho lasciato gli show tre mesi prima che Elvis morisse, perché ero completamente distrutto. Non avevo più resistenza ed ero sempre stanco morto. Ogni anno mi veniva la polmonite, il mio sistema immunitario era distrutto. In qualche modo dovevo scappare prima di morire. Si parla di un sacco di situazioni divertenti, ma accidenti ti posso assicurare che c’era da lavorare tantissimo. La parte peggiore era non dormire per niente. Ho trascorso parecchi giorni senza dormire. L’anno successivo non ho fatto altro che recuperare. Mi stavo letteralmente uccidendo. Era molto dura.

Nick Dadd: Hai avuto molte offerte di lavoro dopo la morte di Elvis?

Ed Bonja:
Alcuni mesi dopo la morte di Elvis un mio buon amico, che lavora nei tour, chiamò Bruce Jackson perché mi chiamasse. Bruce veniva dall’Australia ed era un incredibile ingegnere del suono. Aveva il suo aereo e venne in volo dalla Pennsylvania, dove aveva il suo studio, per stare con me un paio di settimane in California. Andammo anche in giro alla ricerca di una proprietà per lui, in quanto voleva impiantare un lavoro in California. Durante la visita mi disse che aveva appena firmato un contratto per lavorare con un altro artista. Mi disse che il tipo con cui avrebbe lavorato non era Elvis, ma aveva qualcosa di speciale. Bruce disse che aveva parlato di me a quel tizio e che probabilmente sarei andato a lavorare per lui come tour manager o fotografo, grazie al mio legame con Elvis. Continuavo a dire a Bruce che ero esausto e che non volevo più andare in giro. In pratica pensavo di non poter più vivere in quel modo. Bruce cercò di rassicurarmi spiegandomi che lui era già stato in tournée con quel tizio e che non era assolutamente la stessa cosa che andare in tournée con Elvis. Era una cosa tranquilla, si andava con calma e una volta ogni tanto avevi anche un giorno libero.
Con Elvis si lavorava duro per due o tre settimane alla volta e o ti adattavi o morivi e a volte ti dimenticavano per strada (ride).
Comunque il giorno che Bruce partì disse “So che sei stanco e sei ancora malato, ma se dovessi cambiare idea non partiremo prima di sei settimane circa. Chiamami. C’è lavoro per te. A proposito il nome del tizio è Bruce Springsteen!”



Nick Dadd: Sei andato in tour o hai fatto il fotografo per altre star?

Ed Bonja:
No, mai. Per i successivi diciotto o diciannove anni non sapevo nemmeno che ci fosse tutto un mondo dedicato a Elvis. Mi sono completamente allontanato da tutto questo, per preservare me stesso. Voglio dire, dove potresti andare dopo Elvis?

Nick Dadd: Tornando alle tue foto, che cosa intendi per ‘buona foto’? Cosa speri di catturare?

Ed Bonja:
Credo che la cosa principale sia una certa emozione. Elvis cantava con enorme emozione e una volta disse “Ci sono molti bravi cantanti che cantano come faccio io, ma nessuno può mettere in una canzone più di quello che ci metto io”. Se guardi alcune delle sue foto, in alcuni tour, aveva ragione. Sedevo lì con un gomito sul palco per sorreggermi e per tutto il tempo la macchina fotografica era fissa su di lui. Conoscevo i movimenti che faceva quando cantava certe canzoni e mi piaceva quando faceva Bridge Over Troubled Water perché nella parte in cui cantava “If you need a friend” puntava il dito in alto verso il cielo. Ho scatto solo due foto mentre lo faceva e sono davvero grandiose.

Nick Dadd: A Elvis piaceva essere fotografato?

Ed Bonja:
Elvis era davvero entusiasta durante quelle prime tournée che facemmo. Sapeva che ero lì in giro, vicino al palcoscenico, a fare foto e lui assumeva pose divertenti. C’è una foto, grandiosa, in cui Elvis ha il braccio in aria e guarda verso la macchina fotografica.
Durante quel primo anno del tour guardava nell’obiettivo. Era un po’ un mattatore ed aveva tutte le sue buone ragioni per esserlo.



Nick Dadd: Hai fatto molte candid fuori dal palcoscenico?

Ed Bonja:
Ero così timido e tradizionalista che avevo paura di scattare foto a Elvis fuori dal palcoscenico. Sono cresciuto da buon ragazzo cattolico, mi sentivo quasi in colpa quando scattavo una candid.
Una volta ripresi Elvis su un aereo, nel 1970. La scattai il giorno dopo la fine del primo tour – mentre usciva dalla toilette. Alzai la macchina per fare la foto e lui si fermò e si girò, così io riuscii a fare proprio una bella foto. Pensavo che forse non avrei dovuto farla perché avevo interferito con uno dei suoi momenti privati, così timidamente dissi “Ah, va bene così Elvis. Non importa che tu ti metta i posa” e lui rispose “Non sono in posa, Eddie. Cosa vuoi che faccia? Che tenga il mio…..fra le mani!”
Feci in frettissima a fare la foto (ride).



A Elvis, quando faceva i concerti, non piaceva gironzolare nel backstage. Voleva arrivare, scendere dall’auto e fare lo show. Si innervosiva se per caso era costretto a stare a sedere nel backstage. Non c’era tutto questo gran tempo per scattare delle candid.

Nick Dadd: Aveva una grande e acuta intelligenza, vero?

Ed Bonja:
Oh sì! Gli piaceva fare scherzi a chiunque. In novembre del 1971 facemmo l’unico tour dell’anno ed Elvis aveva assunto JD Sumner And The Stamps Quartet come suo nuovo coro. Avevo sentito che JD era il cantante dalla voce più bassa al mondo, ma non lo avevo mai sentito prima di quella sera. Lo incontrai prima dello spettacolo per la prima volta. Elvis si divertiva da morire con JD a fargli fare il motore di un aereo che bombarda. Quando lo faceva gli altoparlanti vibravano violentemente.



Parte del mio lavoro era chiamare ogni partecipante al tour, ogni mattina, per controllare se era sveglio e sapere sempre dove dovevano essere. Una mattina pensai di divertirmi un po’ con JD. Lui mi rispose al telefono con la sua voce rimbombante ed io risposi con la mia voce più profonda “Hello, JD”. Lui disse “Perdìo, chi è?” Gli dissi che ero io e scoppiammo a ridere. Fare la voce più bassa che potevo mi faceva male alla gola, perciò non lo facevo spesso. Non dimenticò mai questo scherzo e diversi anni dopo, eravamo a Dallas, nel backstage durante l’intervallo, c’era un grande spazio dietro al palcoscenico e noi eravamo lì in cerchio, quando una grande porta avvolgibile di metallo si aprì ed entrarono due limousine in cui c’erano Elvis ed il suo entourage. Elvis uscì, salutò tutti con la mano e rimase lì con noi vicino a JD. Questa fu davvero una delle poche volte in cui rimase per un minuto o due a parlare con tutti noi. Elvis si soffermò a guardare JD che stava sorseggiando una Coca Cola e disse “JD fammi dare un sorso. Ho un’arsura incredibile”. Beh, JD tirò via letteralmente il bicchiere dalle mani di Elvis, dicendo “No Elvis, non vorrai bere questa roba. Rischi di cantare da basso stasera”, Elvis rise ed annusò il bicchiere “Whoa! Odora di Whisky, JD” disse e JD rispose “Sissignore, è un buon Kentucky Bourbon”, Elvis rise e chiese se stesse diventando un ubriacone, al che JD spiegò che era solo a scopo medicinale (ride).
Spiegò che il Whisky bruciava le sue corde vocali e gli avrebbe permesso di cantare un tono sempre più basso – e così voleva provare. Mentre JD spiegava che poteva prendere chiunque dal gruppo per provare la sua teoria io sapevo benissimo cosa stava facendo – noi due eravamo sulla stessa lunghezza d’onda. JD disse “Facciamo bere a Eddie un piccolo sorso e vedrete quanto può diventare bassa la voce di qualcuno”. Elvis stava ancora ridendo quando io arrivai e dissi con una voce dal tono leggermente alto che non avevo mai bevuto alcol. In qualche modo bevvi un piccolo sorso, mi bagnai le labbra e dissi, con voce super bassa, molto vicina al tono di JD “Perdìo, che ottimo Whisky”, Elvis scoppiò dalle risate. Gli feci quello scherzo, ma grazie a Dio non se l’ebbe a male (ride).

Nick Dadd: Tu oggi vivi in Germania.

Ed Bonja:
Sì, cominciai ad andare in Germania nel 2002. Il più grande hotel di Berlino si chiama Estrel ed ha un’enorme showroom. Un tizio fece uno spettacolo lì, intitolato “Stars in Concert” e mi fu chiesto se ero interessato a lavorare in quello show. Mettemmo assieme uno spettacolo che andò in scena quattro settimane in gennaio e quattro in agosto. Così per diversi anni, ogni anno ero lì per due mesi ed ho conosciuto un sacco di persone. Non avevo bisogno di parlare tedesco visto che tutti parlavano inglese, fu bello e facile. Poi, nel 2007, durante il 30° anniversario, feci una mostra fotografica con più di un centinaio di fantastiche foto di Elvis, in contemporanea con un museo sempre dedicato a Elvis. Durò tre settimane ed ebbe un enorme successo. Ho fatto più soldi vendendo foto che in qualsiasi altra occasione prima, ed ero anche pagato per stare lì. Così decisi che la Germania era il posto dove stare. Non solo perché ci sono moltissimi fan di Elvis, ma perché potevo facilmente andare in qualsiasi parte d’Europa. Così tornai a casa il 9/11/2007, mi sbarazzai di tutto, presi i miei soldi dalla banca ed il 1° ottobre volai in Germania.



Nick Dadd: Hai detto che lavori per la FTD. C’è qualcos’altro in arrivo?

Ed Bonja:
Voglio allestire una galleria di foto di Elvis ed un museo, in Germania. Ho un amico negli US che probabilmente è il più grande collezionista di Elvis al mondo. Possiede negativi originali di circa 80.000 foto di Elvis, di cui 60.000 mai viste. Per anni ha cercato di farmi fare dei libri. Sono tornato a casa, a Los Angeles, due volte per il matrimonio della figlia ed ho parlato un po’ con lui. Credo che insieme potremmo aprire una galleria in cui non ci siano solo le mie foto, ma anche alcune delle sue. Potremmo cambiare le foto ogni paio di mesi. Potremmo fare un ingrandimento, a grandezza naturale, di alcune di quelle foto. Roba da far mozzare il fiato. Ecco il mio piano, è solo questione di metterlo in opera.



Nick Dadd: Hai pubblicato qualche libro?

Ed Bonja:
Sai, ho una pessima fortuna con i libri. Sono venuto in Europa diversi anni fa ed ho incontrato un
editore che è fratello di un mio amico di Las Vegas. Avevamo parlato al telefono dopo di che ci siamo incontrati varie volte in una settimana. Avevo fatto un piccolo libro di 100 pagine con un po’ di testo per il 30° anniversario e per Natale era pianificata una maggior tiratura. L’intero accordo andò in malora ed alla fine andarono in bancarotta. Poi diedi alcune foto al più importante designer di libri di Berlino, un tipo che ha fatto molti libri di Rock’n’Roll, con la speranza che uno sarebbe uscito verso la fine di quest’anno. Sarà un misto, a colori e in bianco e nero, ma per la maggior parte sarà a colori. Lo vedrò presto per capire se c’è ancora qualcosa da sistemare.

Nick Dadd: Ed, prima di chiudere vorrei conoscere la tua versione, sincera, riguardo al perché il Colonnello abbia sempre evitato che Elvis visitasse l’UK.

Ed Bonja:
Devi pensare al fatto che Elvis era un uomo libero e sarebbe andato in qualsiasi parte del mondo, solo per vederlo. Non doveva essere necessariamente in tournée. Pensa a questo. Inoltre, viaggiava per tutti gli Stati Uniti facendo un sacco di soldi ed un sacco di concerti. C’è una grande popolazione lì, non mancano né i luoghi, né la gente. Elvis non voleva suonare in posti all’aperto perché non gli piaceva il sound, così rifiutò centinaia di offerte in Europa ed in Asia, perché, al chiuso, non c’erano luoghi adatti. Ho preso molte telefonate per il Colonnello e tutti insistevano perché glielo passassi. La mia risposta fissa era che non avevamo date disponibili. Ricordo un tizio dal Giappone, che gridando diceva che avrebbe dato a Elvis un milione di dollari. Ogni tanto il Colonnello era di buon umore e mi insegnò in un batti baleno a passare direttamente a lui tutte le telefonate. Infatti gli capitò quel giapponese, che diceva di voler offrire un milione di dollari solo per un concerto. Il Colonnello chiese quanti posti avesse la location, gli fu risposto cinquemila. Il piano era di far pagare 1.000 dollari a biglietto. Il Colonnello gli disse che i fan di Elvis non potevano affrontare una simile spesa, erano abituati a pagare 5, 7 e 12,50 dollari a biglietto. Elvis ed il Colonnello hanno sempre tenuto molto basso il prezzo dei biglietti. Ecco che genere di persone erano.





23/10/2013 14:07
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bellissimo, grazie Valeria!!!!!

The king will never die....Elvis forever!!
23/10/2013 15:00
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Splendido ed interessantissimo inserimento Valeria [SM=g8431] [SM=g8146]

Veramente molto bello,non conoscevo la "storia" di
Ed Bonja,se non solo che fosse il fotografo degli shows",
e devo dire che mi ha molto affascinato...una
pugnalata il sapere che ha buttato via scatoloni
pieni di foto [SM=g6816] [SM=g6816] ...certo che vivere
"on tour" con Elvis era molto faticoso..però posso
solo immaginare anche quanta emozione ha ricevuto in cambio...

Grazie Valeria con i tuoi articoli riesco sempre
a scoprire cose nuove che fanno parte del Mondo Elvis
[SM=g8431] [SM=g8146]

23/10/2013 19:21
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Concordo! Bellissimo inserimento ancora una volta! Anzi una bella sorpresa direi! Ho potuto conoscere di piu' l'artefice delle piu' belle foto di Elvis!
Un enorme GRAZIE a Valeria!!!!
23/10/2013 19:36
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Sono io a ringraziare voi, amici....siete toppo buoni!!!! [SM=g8431] [SM=g8146]

23/10/2013 19:41
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Re:
vali/g52, 23/10/2013 19:41:

Sono io a ringraziare voi, amici....siete toppo buoni!!!! [SM=g8431] [SM=g8146]





più che buoni...sappiamo apprezzare il "lavoro" fatto così bene..
che fa intravedere amore e passione per la materia ELVIS..
e di questo ti siamo tutti grati..

thanks a lot

bruno
[Modificato da B-PAUSE 23/10/2013 19:49]
23/10/2013 19:49
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Sempre eccellente, Valeria !!! [SM=g8431] [SM=g8431] [SM=g8431]
23/10/2013 20:35
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Appena inserita sul sito, nella sezione ELVISOLOGY_RACCONTI.
23/10/2013 21:17
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Un'enorme grazie anche a Bruno e Marco

24/10/2013 13:12
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Valeria, complimentissimi anche da parte mia.

Anch'io sapevo che Ed era il fotografo ufficiale, ma null'altro di più. Schede interessantissime anche per chi, secondo me, non è fan di Elvis, perché sono ottimi e veritieri spaccati sul mondo dello spettacolo e dello show-business, utilissimi per chi vuol scoprire il "dietro le quinte" della grande macchina organizzativa che sta dietro a grandi personaggi ed il suo entourage.

René

Principe René von Habsburg-Lothringen: Principe Imperiale di Miramar, Granduca di Boemia e di Wittelsbach, Arciduca di Villa Borghese, Console Emerito dell'Ordine Equestre dei Cavalieri del Santo Sepolcro di Gerusalemme
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24/10/2013 20:21
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Grazie mille Renè

24/10/2013 20:51
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E' sempre molto interessante leggere le interviste rilasciate da questi personaggi che hanno accompagnato Elvis nell'arco della sua carriera,le loro dichiarazioni ci aiutano a scoprire nuove sfaccettature del suo carattere....
Valeria,grazie per la tua collaborazione! Traducendo i testi delle interviste ....mi rendi tutto più facile!!!! [SM=g8146] [SM=g8146] [SM=g8146] [SM=g8146] [SM=g8146] [SM=g8146] [SM=g8146]
25/10/2013 21:07
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Grazie a te Carolina!

26/10/2013 10:09
Post: 1.489
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Grande racconto su E.Bonja, complimenti Valeria!
[SM=g8431]
20/01/2014 22:26
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Grazie mille Davide.

21/01/2014 08:58
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