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LA MENZOGNA testo di sant'Agostino d'Ippona

Ultimo Aggiornamento: 10/08/2013 16:29
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10/08/2013 15:21

Varie specie di peccati.

18. 39. Abbiamo elencato peccati con i quali si danneggia la gente nei beni di questa vita e peccati con cui l’uomo si degrada ma non reca danno a nessuno che opponga resistenza. Ebbene tutti questi peccati, per quanto sembrino arrecare un qualche piacere o vantaggio per la presente vita temporale (senza tale intenzione o finalità nessuno li commetterebbe!), tuttavia nei riguardi della vita eterna sono un impedimento assoluto per coloro che ne sono avviluppati. E di essi alcuni creano impedimento solo a chi li commette, mentre altri sono d’impedimento anche per coloro a danno dei quali si commettono. Quando infatti si sottraggono agli iniqui i beni che si vuol conservare in vista dell’utile che arrecano nella vita presente, peccano soltanto coloro che commettono il male, estraniandosi così dalla vita eterna, e non coloro a danno dei quali si commette il male. Se pertanto uno si lascia togliere tali beni sia per non compiere il male sia per non subire conseguenze più gravi nei riguardi degli stessi beni, non solo non commette peccato ma agisce, nel primo caso, con fortezza e in modo encomiabile; nel secondo con profitto e senza cadere in colpa. Quanto invece ai beni che si tutelano per motivi di santità o di religione, se gli iniqui vorranno sottrarceli ricorrendo alla violenza, potremo salvaguardarli anche ricorrendo a peccati più piccoli, ma non certo recando del danno al prossimo, qualora questa condizione venga posta e ci sia possibilità [d’agire diversamente]. In tal caso quanto si compie per evitare i peccati più gravi cessa d’essere peccato. In questo senso, quando si tratta d’un qualche bene utile, come il denaro o qualche altro oggetto che risulti vantaggioso per il corpo, noi non parliamo di danno se si perde qualcosa per ottenere un guadagno più cospicuo. Allo stesso modo nelle cose sacre non chiamiamo peccato ciò che si compie per non commettere un peccato più grave. Che se si chiama danno anche ciò che si perde al fine di non perdere il di più, potrà anche quella perdita chiamarsi peccato, ma nessuno dubiti che lo si possa commettere per evitare il danno più grave, come nessuno dubita che occorre tollerare un danno minore al fine di evitarne uno maggiore.

Verecondia, castità, verità.


19. 40. Per conseguire la santità dobbiamo esser forniti di queste tre doti: la verecondia del corpo, la castità del cuore, la verità della dottrina. Quanto alla verecondia del corpo, nessuno può violarla senza il consenso e l’approvazione dell’anima. Non è infatti impudicizia una cosa, qualunque sia, che ci raggiunga nel corpo per una violenza esterna senza che noi diamo alcun consenso, anzi restando contrari. Riguardo a questo, possono esserci dei motivi per permettere la cosa ma nessuno per acconsentirvi. Vi acconsentiamo quando approviamo il male e lo vogliamo; non lo vogliamo invece ma solo lo permettiamo quando lo facciamo per evitare una qualche sconcezza più grave. Se al contrario si acconsente all’impudicizia del corpo, un tale atto viola anche la castità del cuore. In effetti la castità del cuore consiste nella volontà rivolta al bene e nell’amore sincero, che non è violato se non quando amiamo e desideriamo ciò che la Verità ci insegna di non dover amare o desiderare. Occorre dunque conservare la nitidezza della dilezione tanto verso Dio quanto verso il prossimo, poiché è con essa che viene consacrata la castità del cuore. Con tutte le forze e con devote suppliche ci si deve impegnare affinché, quando fosse insidiata la pudicizia del nostro corpo, nessuna attrattiva venga a toccare i sensi dell’anima, nemmeno quelli che, essendo più all’esterno, sono collegati con la carne. Se questo non sarà possibile, si conservi la castità del cuore negando il consenso [a tali moti].

Nella castità del cuore è poi importante conservare i requisiti dell’innocenza e della benevolenza, per quel che riguarda l’amore del prossimo, e la pietà per quanto riguarda l’amore di Dio. L’innocenza sta nel non nuocere ad alcuno, la benevolenza si ha quando ci rendiamo utili a chi ci è possibile; la pietà consiste nell’onorare Dio. Quanto alla verità della dottrina, della religione e della pietà, è questa che si viola quando si dicono menzogne, poiché la Verità in se stessa, la Verità somma e nascosta nell’anima che è all’origine della dottrina, non la si può in alcun modo violare. Ad essa si potrà giungere e con lei rimanere ed a lei aderire soltanto allorché questo corpo corruttibile avrà rivestito l’incorruttibilità e questo corpo mortale avrà rivestito l’immortalità. Ma siccome nella vita presente la pietà consiste totalmente in un esercizio con cui si mira ad acquistarla, a questo esercizio fa da guida la dottrina [della fede], che propone e inculca la stessa verità con parole umane e con segni concreti carichi di portata sacramentale. A tal fine anche questa dottrina, che di per sé può essere falsata dalla menzogna, dev’essere con la massima cura conservata incorrotta; e se in tale castità del cuore si fosse violato qualcosa, si procuri in ogni modo di rimediarvi. Se invece anche la dottrina venisse alterata nella sua autorevolezza, non potrebbe esserci più via né di andata né di ritorno per raggiungere la castità del cuore.

La salvaguardia della verecondia non autorizza menzogne.

20. 41. Da tutto quello che è stato detto si ricaverebbe la conclusione che per conservare la verecondia corporale si possa tollerare la menzogna, almeno quella che non lede né la dottrina della fede, né la pietà, né la rettitudine, né la benevolenza. Ma supponete che uno si proponga d’amare la verità, non solo quella che si vede nel contemplare ma anche quella che sta nel dire ciò che è vero in ogni circostanza. Supponete anche che costui con la bocca del corpo ritenga di non dover proferire alcuna parola che non sia stata concepita e vagliata nel proprio animo, preferendo la bellezza genuina derivante dalla fede non solo all’oro, all’argento, alle pietre preziose, ai campi fioriti ma anche alla stessa vita temporale e a tutti i beni del corpo. Non saprei dire come in questo caso ci possa essere chi ragionevolmente dica che ciò facendo egli è in errore. E se egli preferisse quel bene a tutte quelle altre cose e lo valutasse più di loro, lo dovrebbe anche per giustizia preferire ai beni degli altri uomini, che con la sua innocenza e benevolenza deve aiutare a salvarsi. Così amerebbe quella fede perfetta con cui non solo si crede integralmente a ciò che viene detto da autorità superiori e degne di fede, ma anche si proferisce con fedeltà quanto ciascuno giudica [di dover dire] e dice di fatto. In latino infatti la fede è chiamata fides per il fatto che quanto si dice si fa (= fit).
Ora uno che mente è chiaro che non mostra una tal fede; e se questa fede viene lesa di meno quando uno mente perché gli si creda, senza che ci siano peraltro conseguenze moleste per se stesso o dannose per gli altri e si ha, inoltre, l’intenzione di proteggere la salute o la pudicizia del corpo; tuttavia essa è sempre violata, e la violazione avviene proprio là dove è da conservarsi la castità e la santità del cuore. È dunque necessario anteporre la fede perfetta alla stessa pudicizia corporale; e a questa conclusione ci induce non l’opinione dell’uomo, che spesso è dominata dall’errore, ma la Verità stessa, che è assolutamente invincibile. La castità del cuore consiste infatti nell’amore ben ordinato, che non fa porre i beni maggiori al di sotto dei beni minori.

Ora bene minore è tutto ciò che può essere violato nel corpo rispetto a ciò che può essere violato nell’anima. E quando uno mente per salvaguardare la pudicizia del corpo, s’accorge certamente che solo la passione sregolata d’un estraneo, non la propria, minaccia di ledere il suo corpo, se egli la respinge per non partecipare alla colpa prestando il consenso. Ebbene, questo consenso dove risiede se non nell’anima? Anche la pudicizia corporale, quindi, non la si può deturpare se non all’interno dell’anima, poiché se l’anima non consente né dà il suo benestare, non si può propriamente parlare di violazione della pudicizia corporale, qualunque oltraggio a danno del corpo si commetta dalla libidine altrui. Se ne deduce che la castità dell’anima deve essere rispettata con cura tanto maggiore [che non quella del corpo] poiché nell’anima si custodisce anche la pudicizia del corpo. Concludendo: per quanto sta in noi, occorre che mettiamo al sicuro, con quelle mura e siepi che sono i buoni costumi e la condotta [irreprensibile], tutt’e due le cose, in modo che non vengano lese da agenti esterni. E se tutt’e due non le si può garantire, chi non vede quale sia quella che occorre sacrificare all’altra? Sappiamo infatti cosa è da valutarsi maggiormente, e cioè l’anima più del corpo, e non il corpo più dell’anima. Come dunque non vedere che la castità del cuore è da anteporsi alla pudicizia del corpo, e non la pudicizia del corpo alla castità del cuore? E riguardo al peccato, cosa si dovrà evitare con più cura: la tolleranza d’una colpa altrui o un’azione cattiva commessa da noi?

Riassunto.

21. 42. Dall’insieme delle discussioni fatte risulta con estrema chiarezza che dalle testimonianze scritturali addotte non ci viene altro monito all’infuori di quello di non mentire mai e poi mai. In realtà nella condotta dei santi e nelle loro opere non si trova alcun esempio di menzogna che debba essere imitato. Questo dico a proposito dei libri che non consentono accezioni figurate o simboliche, ad esempio i racconti riportati negli Atti degli Apostoli. Quanto invece ai fatti e ai detti del Signore narrati nel Vangelo, che ai meno colti sembrano menzogne, sono da prendersi in senso figurato. E così le parole dell’Apostolo: Mi sono fatto tutto a tutti per guadagnare tutti. È esatto interpretarle non nel senso che egli le abbia dette per mentire ma per adeguarsi ai deboli, mosso da tanta carità nel desiderio di liberarli come se egli stesso si trovasse in quel male di cui voleva fossero guariti gli altri. Non si deve dunque mentire quando è in gioco la dottrina religiosa: ciò sarebbe un grave delitto.
È questa la prima specie di menzogne, ed è quanto mai detestabile. Non si debbono proferire menzogne della seconda specie, perché non è lecito danneggiare nessuno. Non si debbono proferire menzogne della terza specie, perché non si possono recare vantaggi a uno con danno di un altro. Non si deve mentire con la quarta specie di menzogne, e cioè solleticati dalla voglia di mentire, cosa viziosa di per se stessa. Non si deve mentire con la quinta specie di menzogne, poiché, se non è lecito dire la verità con il solo intento di incontrare il plauso della gente, quanto meno sarà lecito proferire la menzogna, quella menzogna che di per se stessa, appunto perché è menzogna, è cosa disonesta? Non si deve nemmeno mentire con la sesta specie della menzogna; non è infatti cosa ben fatta distorcere la verità della testimonianza, anche se si trattasse di provvedere all’utilità e alla salute temporale di qualsiasi persona. Quanto poi alla salute eterna, nessuno può esservi addotto con l’ausilio della menzogna. Non è infatti possibile che uno si converta alla vita buona per la condotta riprovevole di chi lo porta a conversione, poiché se verso il proselito si potesse agir male, lo stesso convertito potrà poi fare lo stesso verso gli altri; e così egli non è convertito per compiere azioni buone ma cattive, dal momento che all’imitazione di lui, una volta convertito, si presenta quel falso che gli fu offerto perché si convertisse.

Non si deve mentire dicendo menzogne del settimo tipo. Infatti né i vantaggi temporali né la stessa salute di alcuno possono preferirsi al progresso nella fede. Che se anche ci fosse qualcuno che dalle nostre opere buone venisse spinto a un male così brutto da rovinarsi nell’anima e allontanarsi seriamente dalla [vera] religione, neanche per questo dovremmo cessare dal compiere il bene. Dobbiamo anzi tenere ben saldi quei valori a cui siamo obbligati a chiamare e invitare coloro che amiamo come noi stessi. E con animo altamente risoluto dobbiamo sorbire quella massima dell’Apostolo: Per alcuni siamo odore di vita per la vita, per altri siamo odore di morte per la morte: e chi mai è capace di questo? Non si debbono nemmeno dire menzogne dell’ottavo tipo, poiché, se si tratta di beni, è superiore la castità del cuore alla pudicizia del corpo; se si tratta di mali, ciò che noi facciamo è più importante di ciò che subiamo. In queste otto specie di menzogna, uno commette un peccato tanto più lieve quanto più si avvicina all’ottavo tipo, tanto più grave quanto più scende verso il primo. Se poi qualcuno pensasse che esista una qualche specie di menzogna che non sia peccato, mentre si ritiene un onesto truffatore del prossimo, cadrebbe lui stesso in un bruttissimo inganno.

La cecità dei paladini della menzogna.

21. 43. Ma c’è di più. Una cecità così assoluta ha invaso l’anima di alcuni uomini che a loro sembra roba da poco sostenere che certe menzogne non sono peccato, che anzi dicono che a volte è peccato non ricorrere alla menzogna. Difendendo poi l’onestà della menzogna son giunti a dire che lo stesso apostolo Paolo è ricorso a quella prima specie di menzogna, che fra tutte è la più esecrabile. Si riferiscono alla lettera ai Galati, uno scritto che, come gli altri libri biblici, fu composto per l’insegnamento della fede e della vera pietà, e dicono che egli abbia mentito in quel passo dove, parlando di Pietro e Barnaba, dice: Vedendo che non si comportavano rettamente, conforme cioè alla verità del Vangelo. Essi vogliono scusare Pietro dall’errore e da quella distorsione di comportamento in cui era caduto; ma nel loro tentativo, spezzando e distruggendo l’autorità delle Scritture, sovvertono la stessa via della fede, nella quale è riposta la salvezza di tutti gli uomini.

E non s’accorgono che facendo così riversano sull’Apostolo non solo la colpa d’una menzogna ma anche quella dello spergiuro, e questo nell’insegnamento stesso della fede, cioè in una lettera in cui annunzia il Vangelo. In essa infatti prima di giungere al fatto da noi ricordato dice: Riguardo a quello che vi scrivo, ecco, dinanzi a Dio io non mentisco. Con questo poniamo termine alla nostra dissertazione. Nel valutare le varie cose che sono state dette e in qualsiasi elaborazione delle medesime, più di tutto il resto si abbia in mente, e nella preghiera, quanto è espresso dal medesimo Apostolo con le parole: Dio è fedele e non permetterà che siate tentati sopra le vostre forze, ma con la tentazione vi darà anche una via d’uscita perché voi possiate resistere.

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