Forum degli Elfi del gioco di ruolo Isola di Avalon

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Lacrime eterne, lacrime mortali

Ultimo Aggiornamento: 06/05/2013 08:39
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06/05/2013 08:39



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NAIRA La brezza che spira da Sud porta la frescura dei mari lontani a scontrarsi dolcemente col seppur debole calore dell'Isola, del Lago che l'avvolge e la protegge. Le acque, nere sotto il loro specchio di cielo, restano placide alla carezza dell'aria come fossero appesantite da un sortilegio che non ha origine dalla volontà di alcuno i potenti delle arti magiche. Dietro la sottile e densa coltre di nubi che lesta scorre sul letto delle stelle, la luce della Luna danza alla musica dal suono celestiale che vibra fra le corde del tempo. E nel suo frenetico vorticare soggiace all'unica funzione cui mai potrà sottrarsi: rende luminosa la notte. Dalla radura delle nubi scortate dalla brezza, dalla breccia di cielo che si conquista, giunge fino alla costa ravvivando i contorni in un contrasto che non urta occhio alcuno. La ghiaia della baia si concede di brillare come cristallo, in una vanità propria del più misero inganno, mentre le gocce di bruma sui giunchi e le foglie morenti del bosco si travestono da perle ad impreziosire uno scenario di misera putredine che scema verso il più mite panorama degli approdi. In un tetro silenzio, stanotte, la baia è avvolta. Ed in questo sudario d'immobilità che trova spazio il suono debole di una voce dal timbro tutt'altro che cristallino, ma dal modo gentile che si addice al senso stesso delle note che emette. Una solitaria figura costeggia la riva del lago, le gambe immerse della bruma implacabile.

ARHIL [baia] Ha aspettato fin troppo. Deve andare a cercarlo. Ha fatto di tutto per controllarsi, ma un impeto inspiegabile l’ha spinta ha scendere in terraferma. Lo stivaletto sprofonda nella sabbia sotto il peso scaricato sul primo piede e poi pareggiato dal giungere anche del secondo. Un sospiro. Si guarda intorno pensando a quante notti ha trascorso a piedi nudi, nella sua altra vita, accovacciata su quella sabbia. Andrà in biblioteca, il posto dove l’ha incontrato la prima volta. Forse la fortuna le arride. E’ un tumulto che le si muove dentro quando quel volta prende forma nella sua mente e non basta il drago, non basta la congrega, non basta ripetersi che la sua vita è consacrata a ben altro per infrangere quella perfezione che la perseguita. Il desiderio di raggiungerla è talmente radicato in lei e così palpitante da porre in secondo piano l’elevazione di cui la simbiosi ha intriso quel femminile corpo. I capelli sciolti a cadere lisci oltre le spalle. Il corpetto in raso e i pantaloni in pelle neri mettono in luce le forme di un fisico perfettamente scolpito ed allenato. Il medaglione è celato sotto il corpetto. La primavera è tornata a scaldare la terra innevata dell’isola e a pennellare di colore quanto prima era affondato nel bianco e nel grigiore. Quella primavera se la porta dentro anche lei in questa notte di tenebra rischiarata dalla luna. Prima di proseguire si china verso terra e afferra un pugno di sabbia con la mancina, rimanendo a fissare quei granelli umidi sul suo palmo disteso.

NAIRA [ Baia ] «Losse lómë tulë, mir i milyë endali. Losse lómë auta Va i sardë sámali. Losse lómë quilda quanta ómo poic'alasseo, Losse lómë yassë lertar nainalar séressë ná. Ar san i aurë alcaressë oia.» Il canto dell'Alto Elfo è intriso di malinconia per quanto parole di speranza lascino le sue labbra aride. E della stessa arsura è preda il suo antico cuore, benché mai la sua tempra ceda. Affine al candore della bruma, indossa un manto bianco; i suoi abiti, ugualmente candidi, sono di robusto tessuto di grezza fattura. L'unica nota ad acuire di contrasto l'aspetto etereo della sua figura è la folta chioma nera come la notte, che, non acconciata, si adagia sulle spalle danzando al passo del vento. Le braccia decussate innanzi al petto, le mani coi palmi sul cuore ad avvertirne il battito ed il vibrare del torace. Le palpebre chiuse accompagnano il suo canto, mentre due lacrime splendenti come neve al sole rigano le sue guance scavando al contempo profondi solchi nel terreno della sua anima inviolabile. All'aprire di quegli occhi, densi di tristezza, il Principe segue dapprima la linea delle acque fino a dove i suoi sensi l'accompagnano. Poi, ancora incedendo, rimira la spiaggia. Ed i passi di qualcun'altro. Una minuta figura, certamente umana. All'attenzione della quale egli difficilmente potrà sfuggire, non foss'altro che per il tono insolito dei colori che reca, forse unico fra gli esseri che popolano la terraferma.

ARHIL [baia-riva] Lascia scivolare tra le dita i granelli che cadono a disperdersi anonimi tra tutti gli altri che affollano la riva come se la sua mano fosse una clessidra e quella polvere il tempo passato che alcuna folata di vento potrà far volare lontano per sempre. Il presente è qui, è ora, ma il passato dimora in lei. Strofina tra loro i palmi per pulirli alla bene meglio, quando un canto melodioso e malinconico raggiunge il suo udito. Quell’idioma familiare. Si guarda intorno e a breve distanza focalizza una figura imponente stagliarsi nell’ombra. Un candido manto dalla ricercata fattura brilla nella notte e un’associazione immediata fa la mente “Helevorn!” chiameranno con tono piano le sue labbra, quasi certa che di lui possa trattarsi. Muoverà qualche passo in quella direzione. Non sa se il vederlo le muova più piacere o fastidio. Ogni imprevisto la può allontanare dalla sua meta agognata e spegnere il sorriso della ragazzina innamorata stampato su un volto di donna. Il volto perfetto, l’uomo inappuntabile, il cui ricordo indelebile brucia come sale sparso sulla ferita rappresentata dalla sua sensibilità di umana, quel piccolo spazio dove fermenta un senso di inadeguatezza e dove il drago ancora non ha saputo penetrare con la sua forza e la sua saggezza, quel seme di debolezza che ha messo radici in un suo antro recondito e che innaffiato dalla perfezione del vampiro l’ha irrimediabilmente sospinta a dissetarsi nella sua magnificenza con il desiderio latente di farla propria.

NAIRA [ Baia > Riva ] Ai suoi occhi di Elfo è ora chiaro a chi appartiene quella sagoma. In quelle deboli, per quanto allenate e prestanti, vestigia Umane trova dimora l'anima di un Drago. Liberando il suo petto dall'abbraccio protettivo delle sue stesse mani, avanza in sua direzione; certo che, per quanto ora non riconoscibile, una minore distanza darà ad Arhil la certezza di chi ha incontrato inaspettatamente. La sua voce al conserverà ancora, perché ancora sensibile alla sottile debolezza del canto cui si è concesso. Nondimeno si rivolgerà a lei, eludendo qualsiasi impedimento gli venga dalla sua stessa fragilità e tendendole non la mano ma la mente, proiettandola alla sua [ Sussurro di Manwë ] in modo che lei avverta chiaramente ogni parola. '' Non Helevorn, ma me. Cosa ti porta sì distante dal tuo ufficio, Iodrak? E per di più da sola. § Al contatto con Arhil l'Alto Elfo percepisce una frenesia insolita per lo iodrak, che sempre ha mostrato lucidità e fermezza. Una sensazione forte quella che prova. Non meno forte in intensità rispetto a quella che scuote l'animo dell'Immortale. Ma indubbiamente di altra origine. Così ancora si dirige in sua direzione, tendendo una mano e offrendole il palmo gentilmente, in segno di benvenuto. Sul volto dell'Eterno ancora chiare ed umide di lacrime sono le guance; indomiti, inflessibili e duri gli occhi.

ARHIL [baia-riva] la distanza tra la nordica e l’elfo viene ridotta da costanti e lunghe falcate. Il pensiero viene distolto da Ruaridh McNell e tutta la sua concentrazione e i suoi sensi vengono puntati sull’elfo. No, non è Helevorn, se ne rende conto esattamente un istante prima che lui glielo segnali. I lunghi capelli neri che incorniciano un pallido incarnato e ricadono sul mantello bianco e la nivea mano che si tende verso di lei e che per nulla al mondo in questo istante rinuncerebbe a carezzare, come un naufrago appena scoperto tra i flutti da un peschereccio e tratto in salvo dal pescatore d’anime. La sua mano calda di vita sfiora le dite gelide dell’elfo. “Principe, il vostro canto è triste, seppur io non comprenda il significato del testo - avendo appreso, nel corso della mia esistenza, solamente qualche vocabolo dell’idioma degli elfi silvani – cosa vi turba?” e a quel dire la medesima mano che ha sfiorato il palmo aperto si porterà verso il volto candido e, se lui non si scosterà, raccoglierà una sua lacrima. Gli occhi fissi in quel profondo nero che nulla le consente, seppur il dolore che permea quell’anima non possa rimanere inascoltato dalla draconica che osserva minuziosamente le espressioni e la sofferenza dipinte su quel viso e traendo da esso e dalla melodia di quel canto la condizione interiore che permea l’elfo di nostalgia, malinconia, tumulto [empatia 2]. Il cuore pulsa più rapidamente nel momento in cui si rende conto dell’abilità dell’areldar di leggerle dentro e con uno sforzo disumano ricaccerà ogni suo ardore umano e fanciullesco nell’antro più nascosto del suo cuore, non potendosi permettere errori o imperfezioni e dovendo mantenere salda la sua integrità e il suo controllo [sangue freddo 3]. “Mi stavo recando in biblioteca, alla ricerca di alcuni volumi…di giorno le incombenze in loggia mi assorbono e per lo studio non mi rimane che una candela nell’oscurità…” non ha il coraggio di svelare ciò che deve rimanere segreto ai più e fa di tutto sia nei modi sia nel tono per tenere occultata la vera natura del suo peregrinare notturno [sotterfugio 2]. Non ricorda nemmeno che sotto l’influsso dell’alcol ha srotolato la pergamena dei suoi sentimenti a Soyer, nome del suo diletto compreso…forse se lo rammentasse ora sprofonderebbe di vergogna.

NAIRA [ Baia - Riva ] Non opporrà resistenza al tocco di quella mano umana. Non oggi. Perché se tale è la comprensione che un Umano può avere dei sentimenti di un Immortale, allora apprenderne l'umiltà è una lezione preziosa anche per un Elfo pluricentenario. Una lezione che la Dea vuole che impari. Il contatto col viso del principe le darà una sensazione di forte calore benefico, perché tale è il fuoco che arde nel petto dell'Elfo. il medesimo fuoco da cui ha avuto il nome, secoli addietro, dalla sua genitrice. Ritirerà la propria mano, facendole raggiungere il fianco e chinando poi il capo per, anzi, agevolare il gesto dello iodrak. « Lenta viene la notte nei cuori di chi è debole. Lesta la notte va via dalle menti dei forti. La notte silenziosa piena del suono della gioia, la lenta notte dove hanno requie i lamenti di sofferenza. E poi un giorno di gloria eterna. Questo, Arhil, è un canto antico...un canto di speranza che, nelle ore dell'aurora, si levava dalla sommità della Torre del Sole, nell'antica Ondolinde, sul Fiume d'Argento. Di quel canto, come delle merlature rosee di quella Torre, ormai non rimane che un ricordo. Null'altro che questo a nutrire ciò che era un tempo la speranza. U haryan estel...io non ho speranza. Né turbamenti...quanto la consapevolezza di essere rimasto da solo. Di non avere più il conforto della forza del sangue della mia stirpe. Di ciò che un tempo era bastevole per tenere a bada l'oscurità. Una luce che ormai ha smesso di brillare su queste terre è la speranza. L'ho vista svanire, in questi ultimi anni, sempre più lesta al pari della notte di cui prima cantavo. » Non c'è emozione nelle sue parole, per quanto siano sature di significato anche al più sordo fra gli orecchi: il preludio di un abbandono. Il Principe sente che, forse, non c'è più posto per gli Elfi in queste terre...così come le genti che le abitano hanno abbandonato ogni barlume di bontà.

ARHIL [riva] Il capo dell’elfo si china e la mano della nordica ne lambisce la pelle luminosa. La sua carezza non potrà prosciugare il fiume di dolore che scorre nel petto dell’Areldar, ma può far baciare due solitudini e trasformarle in un soffio di vita dalla forza incommensurabile. Lo ascolta con tutto il coinvolgimento di cui è capace una donna che ha fatto della lex draconis e del rispetto di regole e gerarchia la sua unica ragione di vita o quasi. Ascolta estasiata la traduzione del canto antico e tenta di fissare nella memoria qualche vocabolo pronunciato dal saggio immortale. “So cosa significano quelle parole, conosco quel tipo di sofferenza, ci sono passata io per prima e ricordo di aver raccontato proprio a voi, principe, la mia delusione per la scomparsa di chi era stato fondatore e motore trainante dei cavalieri dei draghi. Quando voi saliste a cercare Lasrai, Ruh…con rammarico non potei che svelarvi che ero SOLO IO il nuovo Iodrak e che tutto il resto era sepolto dalle macerie dei ricordi…io, una misera umana fallace a dover raccogliere un’eredità così pesante…ma la speranza no, quella mai deve andare perduta, mai Naira, io te lo proibisco di perderti! Forse non ci sono più gli elfi di un tempo, ma ce ne saranno di nuovi, così come il manipolo di cavalieri rimasti mi ha aiutato a ricostruire la congrega e ora siamo in molti e presto nuova gloria avrà la Stirpe degli Alati, ne sono certa, è la voce della speranza a dirmelo! Tutto può essere risollevato, tutto può splendere e più di prima, basta volerlo, basta non rinunciare mai fino alla morte…” la concitazione è così forte da farle abbandonare il distacco rispettoso del voi e dal condurla verso una intensa comunione. L’ardore con cui pronuncia quelle parole è pari al fuoco che la sua mano assorbe dalla pelle dell’elfo, mano che rimane postata lì, a segnare un sodalizio di speranza tra lei e il principe e questi non potrà rimanere indifferente all’energia vitale che si sprigiona da quell’esile corpo, sgorga da lei vita e voglia di trasmettere vita, trabocca di fierezza e di fiducia nel domani, come una canna che si piega ogni volta allo spirarle contro del vento fino a schiacciarsi al suo per poi stupire e con vigore riportarsi orgogliosamente eretta [diplomazia 3].

NAIRA [ Baia - Riva ] Portando entrambe le braccia dietro la schiena, ora, ed accogliendo un pugno chiuso nel palmo dell'altra mano, lentamente e con delicatezza offrirebbe allo Iodrak il fianco sinistro, muovendo appena un passo in direzione delle acque. Gli occhi neri dell'Alto Elfo, tanto rari e parimenti quasi crudeli nella loro composta severità, sono rivolti alle vette sull'Isola. Le parole di Arhil sono cariche di fede, di convinzione, di buoni propositi...ma a nulla valgono, perché ciò che l'Immortale ha a lei espresso poco prima, con suoni e parole, è il senso di un ragionamento antico, di un vizio radicato, di una pecca che mai potrà essere sradicata dall'essenza stessa di un Elfo [ Tristezza - Fermezza di Aule ] né da mano né da verbo. « Giovane Umana...così spesso voi, della vostra poca lungimiranza fate la vostra forza. Beandovi di un domani che muta in base a quello che sono le vostre scelte. Ma rammenta, Arhil...alla morte, alcuno meno che gli Umani si piega. E ciò che per te è un fine, per me è semplicemente inesistente. Tutto cambia nelle ere, ed io ne vidi di splendide...fin quando il Pendragon ancora camminava con piedi umani, come i tuoi, su queste terre. Ed allora, sì, durante le antiche ere la magia e la speranza erano in ogni foglia, in ogni alito di vento. Questo vento che annuso, reca solo male e putrescenza. E non uno fra i miei fratelli ha saputo resistervi...i più fortunati hanno preso la via per le Terre Immortali. Il mio popolo ha lasciato questo mondo, per dura che sia da accettare. Così come Ruh ha lasciato il suo posto. Tu hai il dovere di accogliere il suo lascito, come io raccolsi il mio da Guybrush...da Nimlothrel...da Lasrai. Ed il tuo dovere è vincolato alla tua vita. Non sei ''solo tu'', ma SOLTANTO tu. Prendi coscienza della tua forza e rendi onore alla Via, onore ai tuoi giuramenti. Ma io, Iodrak, lascerò che siano questi ultimi anni a dettare la mia giusta decisione. Che ora, come la lama di un boia, pende sulla mia testa. Io, Principe Senzapopolo, solo a sostenere il fardello di un sangue che trova nel mio stesso le sue ultime benedette tracce. Ciò che mi proibisci, non ha importanza. Importa invece il tuo ufficio: a quello torna, lasciandoti alle spalle l'inquietudine frenetica che rechi. » Non aggiunge altro, l'eterno. Il suo petto si riempie di un respiro pesante, pieno di amarezza.

ARHIL utilizza [Diplomazia 3]: 41 + 60 = 101 su 75 (Prova riuscita)
[per avere successo Naira deve fare dal 31 in su, avendo i 70% di possibilità di resistere a Diplomazia]
NAIRA ha ottenuto: 38

ARHIL [baia-riva] Gli occhi si colmano di lacrime tanta è la carica emotiva recata da quell’incontro che la riporta a pensare fortemente ai suoi doveri. Non c’è solo lei e le sue sciocche e umane emozioni, c’è una congrega che dipende da lei, ci sono i draghi, ci sono obblighi e priorità a cui non può venire meno per un uomo, per quanto bello, per quanto perfetto. E mai come in questo istante tenta di convincersi che la sua lotta quotidiana volta ad essere ogni giorno migliore, la sua battaglia contro le imperfezioni non può certo essere vinta dal rimanere ammaliata dalle qualità altrui, ma da un’abnegazione e costanza che a lei, certo non difettano mai. Un groppo le chiude la gola e le impedisce di respirare normalmente. Gli occhi vengono tenuti pressoché sbarrati per evitare che quelle lacrime sgorghino: quelle dell’elfo non sono lacrime di fragilità, mentre le sue le rammentano perennemente quanto è umana, quanto è donna e lei desidera solamente dimenticare questi lati di sé. “Comprendo la vostra diversità, la saggezza di un Antico drago d’ottone accompagna i miei passi…non so ragionare a modo vostro, la mia natura mi limita in questo, ma so capire perfettamente il senso del vostro dire…il mio cuore e la mia mente non sono in parte eterni…” è difficile per lei rapportarsi con il concetto di illimitatezza “Perdonatemi…non sta a me concedere o proibire nulla, ritengo solamente che la vita vada vissuta appieno e che ogni rammarico debba esserci da sprone per investire tutta la nostra energia per migliorare la situazione e sono sicura che voi avreste molto ancora da dare a queste terre…” estrae dalla tasca dei pantaloni qualcosa e lo tiene stretto nel pugno.

NAIRA [ Baia - Riva ] Annuisce. Compostamente. Poi, voltandosi ad osservarla, scorge le lacrime rigare il suo viso. Lacrime giuste, per le quali non mostrerà la tenerezza che ha ricevuto. E non per scortesia, quanto perché ad un animo debole com'è quello degli Umani è necessario, sempre, il pianto. « Il pianto fortifica e cementa, Arhil. Rammenta che ogni lacrima è una perla, un guscio che racchiude in sé il motivo stesso che l'ha generata. Non perderle e non lavartene il viso, ma lascia che diventino sale e ti brucino le guance in modo che non siano cadute invano. Che la loro stessa essenza torni a te, perché il tuo spirito ne sorga più forte di prima. Non ho da perdonarti alcunché, Iodrak. Al contrario, ho da renderti grazie per la fiducia che riponi in me. » La scruta, da sotto le sopracciglia ispide, fortificate dalla fronte aggrottata in un'espressione di eterna severità. L'Alto Elfo, giudice senza pari, non riesce nemmeno di fronte alla fragilità ad abbandonare le sue vestigia. Eppure è provato da tanta malinconia, che di un umore nero ha tinto la sfavillante anima dell'Areldar che è in lui. Non saranno le sue scelte, non più, ma l'osservare placido dei fatti del mondo a determinare ciò che sarà di lui. « Torna all'Isola, Iodrak. Seguirò la tua strada, questa notte, e poi mi ritirerò nella Foresta. Intendo ritrovare Ondolinde, vedere di nuovo i resti della Torre e leggere ciò che resta del Libro del Fiume d'Argento. Tu fa' altrettanto con i tomi che appartengono alla tua Congrega. E lascia che il passato rinvigorisca il tuo presente. Su', andiamo. » La invita senza accennare alcuna forzatura. Ma con decisione. Perché sa, il Principe, che è l'unica scelta da compiere questa notte.


ARHIL [baia - riva] Il pugno stringe fino a sbiancare interamente le nocche tanta è la pressione esercitata. Ancora gli occhi nocciola restano incatenati ai suoi, velati dalle lacrime che solcano le guance, stille di rabbia per ciò che non sa essere, di tormento per ciò che non si può sanare, di condivisione della sofferenza verso ciò che è andato perduto, ma lacrime anche di speranza, il semplice sfogo di chi non rinuncia mai. Sono occhi tuttavia traboccanti di ammirazione per quella magnificenza, quella superiorità a cui ella tanto anela, ma che le viene negata dalla natura della sua razza d’origine… così fallace, dotata di una vita così maledettamente breve da non poter eguagliare mai il grado di perfezione e di conoscenza a cui aspira con ogni fibra del suo essere. Quella impeccabilità di cui invece trabocca l’Areldar e il suo drago. [°°Arhil tu sei perfetta come sei, è la tua umanità a fare di te un unicum inimitabile, devi solo imparare ad amare i tuoi difetti quanto io li amo, perché sono la fonte della tua forza vitale e non c’è essere vivente che non brami di dissetarsi dalla tua fonte…e la tua immortalità sono io, siamo noi…non devi continuare a fustigarti per sentirti degna del tuo ruolo, lotta per crescere, ma accetta che già hai raggiunto livelli di elevazione inimmaginabili…°°]. “Sì, credo sia ora di andare” non replicherà invece nulla alle sagge parole dell’Antico, che contestualmente comunica con la sua mente e che vanno a placare ogni inquietudine come la laguna che sa accogliere e placare il turbinio del mare in tempesta, giacché il solo pensiero che la sfiora è che ancora non le basta ciò che è divenuta, che mai le basterà e mai si adagerà. Ancora riprende il dire fermo, pacato, deciso “questa spiaggia è il mio passato, per quanto faccia ancora parte di me…No Naira, non fermatevi in foresta, ma venite con me in Loggia, io ho bisogno di voi e anche la Stirpe degli Alati può trarre giovamento dalla vostra presenza e forse voi potreste lenire il vostro vuoto interiore da un connubio inscindibile che disseti il vostro animo…o lo divori in una lotta perenne, come accadeva a Lasrai…venite con me… in Loggia c’è posto anche per voi…” tenterà di afferrargli il braccio all’altezza del polso, con la mandritta, per tirarlo lievemente a sé, facendo sciogliere il pugno che trattiene ambo le mani dietro la schiena e, se l’elfo lo permetterà, gli prenderà la mano voltandone il palmo aperto verso l’alto e lasciando cadere il medaglione da tuor custodito come il tesoro più prezioso nell’altra mano. Altro non aggiungerà, giacché la scelta non compete a lei.

NAIRA [ Baia - Riva ] In cuor suo l'Areldar sente che lo iodrak ha imparato qualcosa questa notte. E s'è vero ciò che i racconti descrivono sulla profonda comunione fra un cavaliere ed il suo drago, quel legame stanotte ha avuto un ulteriore motivo d'esistere. Perché mai altro essere ha contatto con l'eternità quanto ne ha un cavaliere dei draghi. Il gesto di Arhil è inatteso e sicuramente agli dell'Immortale apparirà come brusco e avventato. La scelta di un'Umana. Una scelta che avrà il suo fondamento di giustizia. « Non biasimo la tua offerta, né la respingo. I tuoi occhi vedono più in là delle apparenze Arhil; non so dirti se la tua sia una decisione saggia. Quel che so con certezza è che accoglierò il tuo invito, ma tu non potrai esimerti dal seguirmi attraverso la Foresta. Seguiremo il corso del Fiume. Là contemplerai insieme a me ciò che è, oggi, dei Reami Antichi. E solo là, di fronte a ciò che resta, metterai alla prova la tua proposta. Perché solo là, sulle rive del Fiume d'Argento, io accetterò quel medaglione. » L'imperiosità delle sue parole stavolta è ben diversa. Nel suo tono c'è tutta la maestà di un Alto Elfo di Luce, la cui indole è incline al dettato come al giudizio. Non riufiuterà nulla, e non accetterà, di contro, rifiuto alcuno. Sì prenderebbe lentamente la via per l'approdo, ancora scrutando il volto dello Iodrak.

ARHIL [baia-riva] Ha agito d’istinto, come sempre, ma il suo è un istinto oggi interamente permeato dalla sapienza del drago, da una superiorità di cui solo lei ancora si ostina a non vedere gli effetti in ogni fibra del suo essere e di sicuro la scelta di dare un’occasione al Principe non può essere sbagliata. Sarà solo lui ora a dover dimostrare quanto vale, a doversi guadagnare la fiducia di un drago e a sopportare il peso di quel sodalizio eterno. Naira le ricorda Lasrai, le ricorda inoltre che la speranza ha proprio lei il potere di accenderla anche in chi pare averla irrimediabilmente perduta. Una speranza dai colori totalmente diversi da quella che fino ad ora poteva pensare doversi radicare nell’animo dell’areldar, non legata a una rinascita della sua stirpe, ma a un nuovo viaggio che gli potrebbe consentire di intrecciare la sua vita con la Stirpe degli Alati. “Ti seguirò Naira, ammirerò e piangerò con te le rovine dei Reami Antichi e poi ti guarderò risorgere dalle tue ceneri e seguire sotto la mia guida il tuo nuovo e pesante cammino…sono certa non ti mancherà la determinazione e la forza per abbracciare con ogni tua fibra la lex, per fare dei draghi, della congrega e dei tuoi confratelli le tue primarie ragioni di vita…io sarò la tua maestra e il tuo capo indiscusso, oltre me avrai a guidarti i tuoi altri superiori e Sigieth…dovrai allenarti nel combattimento e studiare molto, ma c’è tempo per erudirti su tutto…per ora ci tengo a darti un’altra stilla di speme: Lasrai è tornato, l’ho incontrato, non è più al mio fianco, ma quel che rileva davvero, è che è vivo e che i suoi passi ancora stanno nuovamente solcando il suolo dell’isola delle mele e questo nutre la mia speranza, quanto la nutre accogliere te nella mia dimora e pensare che davanti a quel fiume, ponendoti il medaglione al collo ti giurerò di difenderti per sempre fin quando tu sarai fedele a me e alla nobile Stirpe degli Alati…” tiene il passo dell’Areldar e un lieve sorriso incornicia ora il suo volto, le lacrime sono scomparse e anche le brame che la spingevano in cerca della sua Tenebra.



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