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INTERVISTA A MARTY LACKER

Ultimo Aggiornamento: 02/07/2013 19:41
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ESSENTIAL ELVIS - THE ELVIS MAG





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Intervista in 3 parti di Trevor Sympson
a Marty Lacker - Memphis Mafia Foreman


Traduzione di Valeria Giannotta
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PARTE I



Marty Lacker è nato e cresciuto a New York City, nel 1952 si trasferisce a Memphis. Fu lì che incontrò Elvis per la prima volta, quando frequentava la Humes High School, ma lo Zio Sam chiamò e Marty, dopo il diploma, si arruolò nell'Esercito. Servì il suo paese per i consueti due anni e fu anche di guarnigione in Germania dove più tardi, come ben sappiamo, anche Elvis prestò il suo servizio. Nel 1957 Marty tornò a casa e tornò a frequentare Elvis, poi però si trasferì a Knoxville, Tennessee, dove lavorò per diversi anni nell'industria radiofonica e dove incontrò la sua futura moglie, Patsy. Insieme, nel 1961, tornarono a Memphis e fu allora che Marty iniziò a lavorare per Elvis a tempo pieno. Qualche tempo dopo fu nominato capo della cosiddetta Memphis Mafia e servì Elvis in pianta stabile fino al 1968, dopo di allora continuò a lavorare per Elvis solo per progetti speciali, fino al 1977.
C'erano poche persone che, come Marty, passavano così tanto tempo nell' impresa di Elvis Presley. Condivise gli alti e i bassi, i momenti belli e quelli brutti con il re del Rock 'n' Roll ed in questa approfondita intervista racconta molte delle storie del sancta sanctorum dell'Impero di Elvis.
In modo gradevolmente sincero, Marty racconta tutto com'era e la maggior parte del contenuto delle tre parti di questa intervista non è mai stato rivelato prima. Marty ammette spontaneamente che questa intervista è la più lunga che abbia mai concesso negli ultimi tempi. Nella prima parte parleremo dei primi anni in cui Marty lavorava per Elvis ed esamineremo le difficoltà del "Movie Business". Poi parleremo con Marty della musica di Elvis ed in fine delle persone che vivevano e lavoravano nel sempre più bizzarro mondo di Elvis Presley.
Iniziamo chiedendo a Marty del tipo di musica con cui è cresciuto e che ascoltava quando viveva a New York...

ML: Dalla fine degli anni '30 agli inizi dei '50 la musica più popolare era quella che veniva chiamata"good music", grossi gruppi, Sinatra, Perry Como, Tony Bennett, quartetti e simili, che cantavano con le grandi orchestre. Allora le case cinematografiche di Broadway, come la Paramount, la Roxy, la Capital e la Strand proiettavano un film e poi c'era un live show con un grande gruppo tipo i Dorsey Brothers, Harry James Band, Count Basie, Duke Ellington, Stan Kenton, poi c'era un cantante tipo quelli citati prima e poi c'era un comico; la Paramount aveva sempre un prestigiatore, Rudy Cardenas. Non dimenticherò mai Rudy, vestiva sempre in stile spagnolo ed aveva sempre lo stesso repertorio. Con alcuni miei amici puntualmente marinavamo la scuola quando c'era la prima di un suo nuovo spettacolo. Prendevamo la metropolitana per arrivare in uno dei teatri in centro a Manhattan ed assistere al matinée, era meno costoso della sera. Alternavano il film allo show per tutto il giorno e per tutta la notte.

TS: Perché nel 1952 ti sei trasferito con la tua famiglia da New York City a Memphis?

ML:
Avevamo dei parenti, dei cugini che vivevano a Memphis da molto tempo, poi quando mia sorella si sposò, lei e suo marito Bernie, che poi lavorò parecchio a Graceland, si trasferirono qui e, siccome i miei genitori le volevano stare vicino, ci trasferimmo qui anche noi. Avevo 15 anni allora.

TS: Per un ragazzo proveniente da una grande città è stato difficile essere accettato a Memphis? Quanto tempo ti è voluto per farti degli amici?

ML:
Beh, c'erano alcune differenze tra loro e me, come ci vestivamo e come parlavamo. Io sono cresciuto principalmente per le strade di New York, mentre i ragazzi che conobbi appena arrivato venivano praticamente tutti da famiglie benestanti e vivevano in case esclusive, noi invece vivevamo in appartamenti. In definitiva c'era una differenza di classe. All'inizio conobbi principalmente ragazzi ebrei, perché io sono ebreo e li ho incontrati al centro ricreativo ebreo e tramite un cugino. Comunque abbiamo ovviato presto a queste differenze.

TS: Quando incontrasti Elvis per la prima volta alla Humes High School, e quale fu la prima impressione che avesti di lui?




ML: Sebbene vestissimo quasi alla stessa maniera, lui sembrava sempre più eccentrico e bizzarro. Fondamentalmente vestiva come facevamo noi a New York. Colletto su, colori sgargianti, pantaloni larghi ma stretti in fondo, che a volte avevano una striscia di stoffa di colore diverso cucita di fianco giù per tutta la lunghezza della gamba e portava i capelli pettinati all'indietro e lasciati gonfi sul davanti. Mentre la maggior parte degli altri ragazzi indossava jeans, T-Shirts ed aveva i capelli a spazzola. I ragazzi a scuola ci prendevano in giro.
Presto si unì a noi un ragazzo che veniva dall'Indiana e che vestiva allo stesso modo. Comunque Elvis aveva un aspetto diverso, tutto suo e a volte gli altri lo additavano e ridevano. Non lo capivano o non capivano come'era fatto. Voleva essere sempre diverso. In pratica noi vestivamo come i ragazzi di colore di Memphis. Elvis comprava i vestiti in Beale Street, che fondamentalmente era la strada dei neri ed era fantastica. In realtà non eravamo amici alla Humes, ma ci conoscevamo grazie al modo di vestirci. Quando ci incrociavamo nel corridoio ci dicevamo "Ehi!" e proseguivamo, era questo il nostro grado di amicizia.

TS: Hai mai visto Elvis esibirsi a scuola?

ML:
Sì, solo uno spettacolo dove cantò "Old Shep". Le ragazze impazzivano, i ragazzi erano incavolatissimi per come si comportavano le ragazze. Io pensavo che la cosa era fantastica.

TS: Puoi descrivermi il diverso tipo di musica che voi tutti ascoltavate nei programmi radiofonici di Memphis e l'influenza che ha avuto su voi due?

ML:
Quello che ha fatto la differenza è stato Dewey Phillips, era quello che io ed i miei amici in genere ascoltavamo. Lui suonava soprattutto il Blues ed il R&B, che allora era conosciuto come "race music" (musica raziale). L'espressone R&B non arrivò fino agli anni '60 e fu coniata dal produttore e curatore della Atlantic Records, Jerry Wexler. C'era anche un altro DJ, Keith Sheriff, che suonava un misto di R&B, Blues e Pop di quel periodo. Su Elvis ebbero maggiormente influenza il Blues ed il Country.

TS: Mentre fu Dewey Phillips a suonare per primo Elvis alla radio, fu Bob Neal, un DJ country, a diventare manager di Elvis. Raccontaci di questi due personaggi, Marty, e dell'amicizia che li legava ad Elvis.




ML: Elvis andò qualche volta alla WHBQ per fare una chiacchierata con Dewey, mentre era in onda. Elvis era una persona leale ed apprezzava molto che Dewey suonasse il suo primo disco, gli piacevano la sua esuberanza ed il suo stile inimitabile, era selvaggio e stravagante, era unico nel suo genere. Il fatto è che Elvis lasciava che Dewey andasse a casa sua e andasse in giro con lui ed i ragazzi, dopo qualche anno però cominciò a non sopportare più la sua pazzia ed il suo vizio di bere, perché Dewey a volte si rendeva odioso alle persone, non si preoccupava di quello che diceva o a chi lo diceva. Metteva Elvis in imbarazzo di fronte alla gente. Bob Neal era un tipo abbastanza tranquillo, ma dato che era anche molto conosciuto alla radio e Scotty lo conosceva, gli proposero di far loro da manager per un po' finché non arrivò l'imbroglione del luna park.

TS: Ti sei arruolato nell'esercito ed hai militato per due anni in Germania prima di Elvis. In che circostanze vi siete rivisti dopo il tuo ritorno, quando speravi di far carriera come disc jockey?

ML:
Quando mi congedai dall'esercito, nel dicembre 1956, me la presi comoda per un paio di mesi, vivendo con i soldi racimolati con la paga che mi davano sotto le armi. Poi un sabato sera ricevetti una telefonata da George Klein, che mi chiedeva se volevo incontrare Elvis, che stava trasferendosi a Graceland. Sapevo anche che George non aveva la macchina perché non sapeva guidare ed aveva bisogno di qualcuno che lo portasse lì. Non sapevo se Elvis si sarebbe ricordato di me, ma non avevo niente da perdere. Avevo una vecchia Pontiac del '39, che avevo acquistato da mio padre. Arrivammo a Graceland, percorremmo il viale d'ingresso fin sul retro, dove c'è il parcheggio. Quando uscimmo dall'auto e ci dirigemmo verso il giardino dietro casa camminando sull'erba, vedemmo Elvis ed Anita Wood, che dalla rimessa si dirigevano verso casa. Non lo dimenticherò mai, indossava una maglia bianca e nera a pois ed aveva un aspetto straordinario. Era un po' più sicuro di sé stesso di quando andava a scuola.
George disse "Elvis ti ricordi di Marty, vero?", Elvis mi guardò e disse "Yeah, ti sei appena congedato dall'Esercito, giusto?". Io rimasi sbalordito e risposi "Io so dove sei stato tu, ma tu come diamine fai a sapere dove sono stato io?" al che lui mi sorrise e disse "Io certe persone le tengo d'occhio".
Sapevo bene che era una cavolata. Probabilmente George glielo aveva detto quando gli avevo chiesto se mi portava con lui.
Entrammo in casa, giocammo a biliardo e, prima di andare, Elvis mi disse che sarei stato il benvenuto ogni volta che volevo stare con lui e i ragazzi.




TS: Elvis fu reclutato e non tornò fino al 1960, ma fu nel 1961 che prendesti ufficialmente servizio e fosti messo nel libro paga. Come accadde tutto ciò?

ML:
Negli anni in cui era nell'esercito io ebbi una carriera di successo nell'ambiente della radiodiffusione, soprattutto come direttore di programma a Knoxville. Poi sposai Patsy ed ebbi una figlia.
Decidemmo di tornare a Memphis ed io lavoravo come DJ in una stazione radiofonica che ora non esiste più, la WHHM.
Quando Elvis tornò a casa io ripresi ad uscire con lui ed i ragazzi e una sera, nel 1961, mentre giocavamo a biliardo nel piano interrato, ormai mi veniva un colpo quando Elvis disse "Aspetta un attimo, voglio chiederti una cosa", io gli domandai cosa e lui disse "Perché non vieni con noi domattina?" io risposi "Elvis, ma tu domani vai a Hollywood per girare Kid Galahad." al che lui rispose "Diavolo, lo so dove devo andare domani! Voglio che vieni con me e che lavori per me". Io immediatamente risposi "Ho bisogno di pensarci". SBAGLIATO! La cosa lo sorprese perché la maggior parte dei ragazzi non avevano mai detto una cosa del genere e lui non riusciva a capire perché un ragazzo avrebbe dovuto pensare se andare o no a Hollywood, soprattutto se con lui. Se ne andò immediatamente e si infilò nella stanza affianco. Lamar (Fike), che era lì, disse "Ohhh, hai detto la cosa sbagliata!"
Andai nella stanza affianco e mi resi conto che in parte Elvis stava facendo la commedia. Era seduto su di una poltrona contro il muro, proprio subito prima della porta, ed aveva un giornale quasi spiaccicato sulla faccia, non come si legge di solito un giornale, tenendolo più lontano. Io gli dissi "Elvis devi capire, io vorrei venire, ma ho una moglie ed una figlia (ero l'unico spostato e con figli all'epoca) ed ho bisogno di parlarne con mia moglie prima". Facendo la commedia fece scivolare giù il giornale dalla faccia e senza guardarmi disse "Beh, partiremo domani sera alle 6, se sarai qui con i tuoi bagagli bene". Dopodiché, per continuare la commedia, tirò su di nuovo il giornale sulla faccia. Mi scappava da ridere, ma non era il momento adatto per certe cose. Aveva dimenticato che io avevo obblighi che lui ed i ragazzi non avevano, ma aveva capito perché all'inizio avevo detto che avrei dovuto pensarci. Ne parlai con mia moglie, che ovviamente non era molto contenta che me ne andassi, ma si arrese e così andai. Per fortuna allora vivevamo con i miei genitori, così lei e la bambina non sarebbero rimaste da sole.




TS: Parlami degli altri ragazzi che lavoravano per lui in quel periodo e di come è venuto fuori il nome "Memphis Mafia".

ML:
Allora non erano in molti a lavorare per Elvis. Suo cugino Gene se n'era andato. C'era Billy Smith, suo cugino di primo grado, che era molto legato ad Elvis, ma a quel tempo Billy era ancora molto piccolo e viveva ancora a Tupelo. Lamar Fike iniziò con Elvis solo dal '56. Lamar era decisamente il bersaglio degli scherzi di Elvis a causa della sua grassezza, ma anche perché non faceva caso più di tanto a quello che si diceva di lui. A volte addirittura era lui stesso a provocare Elvis per farlo scatenare. Fra l'altro Lamar era molto legato alla madre di Elvis ed Elvis aveva davvero molte affinità con lui. Joe Esposito incontrò Elvis nell'Esercito in Germania ed Elvis lo prese subito in simpatia e gli chiese se voleva lavorare per lui dopo il congedo. Joe era fondamentalmente un bravo ragazzo ed aveva il dono di far ridere Elvis, ma il suo problema era che si sentiva superiore agli altri e pensava di essere il preferito di Elvis. Sfortunatamente per lui, Elvis non la pensava così (lo affermò diverse volte) e nemmeno noi. Era quello che noi chiamavamo caposquadra, ha sempre fatto un buon lavoro tranne in un caso, con grande turbamento da parte di Elvis, Joe era il canale d'informazioni riservato del Colonnello Parker, gli raccontava tutto quello che faceva Elvis nella sua vita privata, cosa che, ovviamente, lui non gradiva affatto. Sia Elvis che noi ragazzi sapevamo tutti cosa faceva Joe, ma Elvis non fece mai niente a riguardo. Alan Fortas lo conobbi appena mi trasferii a Memphis perché era un attivista nella comunità ebrea, eravamo buoni amici. Alan era il burlone della compagnia e si divertiva a farlo, poi c'erano Red e Sonny West. In parecchi, compresi i media, pensavano, sbagliando, che Red e Sonny fossero fratelli, invece erano cugini. Io e Red ci conoscevamo dai tempi della Humes ed entrambi eravamo nella squadra di football della scuola. Red sostanzialmente faceva lo stuntman nei film di Elvis, come del resto Sonny. Red aveva "protetto" Elvis fin dai tempi di scuola e lo fece fin quasi alla fine. Sonny diventò capo della sicurezza insieme a Red, entrambi i West erano gente da non frequentare. In ogni caso sono orgoglioso di dire che siamo stati sempre buoni amici e lo siamo ancora oggi.
Ray "Chief" Sitton arrivò alcuni mesi dopo di me, era un sempliciotto di cui Elvis si preoccupava molto e che prese in simpatia. Un paio di anni dopo andò via perché non se ne poteva più dei suoi misfatti, che peggioravano quando si ubriacava.
Fondamentalmente erano questi i ragazzi che c'erano quando cominciai a lavorare per Elvis.
Il nome Memphis Mafia ci fu dato a Las Vegas da un famoso reporter di Hollywood, il defunto James Bacon. Per un certo periodo di tempo i ragazzi indossarono abiti neri di mohair e quando erano a Las Vegas uscivano raramente di giorno, perché di solito dormivano tutto il giorno e stavano svegli tutta la notte. Ma un giorno Elvis doveva andare per lavoro all'hotel Riviera, quando lasciarono l'hotel, in una limo, indossavano tutti il vestito e gli occhiali da sole, c'era una gran folla fuori dell'hotel e c'era anche Bacon, che quando li vide a quanto pare disse "Chi sono quei ragazzi, L'Elvis Memphis Mafia?". Lo scrisse e così rimase. Da allora in poi tutti ci conoscevano come Memphis Mafia.




TS: Essendo così vicino a lui ti sentivi nella posizione di poterlo influenzarlo nelle canzoni che incideva o di parlare con lui dei film che faceva?

ML:
Negli anni '60 parlavamo delle canzoni e dei film. Li odiava quei film, ma non faceva niente a riguardo. Quello degli anni '60 in effetti non era il periodo per cercare di influenzarlo a causa di Parker, solo nel '69 gli proposi di incidere agli American Studios. A quel tempo non lavoravo per lui, ma lo frequentavo comunque, ero con lui quasi ogni sera quando era a Memphis, come pure a Los Angeles per lavoro mentre girava "Live A Little, Love A Little", altro orribile film. Durante una pausa gli parlai delle canzoni che stava facendo e del perché non ne aveva nuove, belle canzoni e questo gli fece cambiare idea e fu propenso ad accettare canzoni non pubblicate dalla Hill & Range, Parker e Bienstock.

TS: Nel tempo passato a Graceland, durante i primi anni di lavoro lì, qual'era la "giornata tipo" di Elvis Presley?

ML:
Era molto semplice perché dormivano durante il giorno e stavamo svegli di notte. Io ed i ragazzi arrivavamo sulle 5 del pomeriggio, Elvis scendeva e ci sedevamo con lui mentre faceva colazione, a volte mangiavamo con lui. La sera solitamente trascorreva parlando e guardando la TV. A volte andavamo al Memphian Theatre e guardavamo film tutta la notte. Altre volte andavamo al luna park oppure alla pista di pattinaggio. Fu più facile quando diventai capogruppo, dopo una lite tra lui e Joe, Joe se ne andò. Io e la mia famiglia vivevamo a Graceland, in un garage-appartamento, sono restato lì dal '64 all'inizio del '66. In verità, ripensandoci, non c'era niente di straordinario in tutto questo.

TS: Il Colonnello Tom Parker ha ricevuto sia lodi che pesanti critiche per come gestiva Elvis. Come ti trovavi con lui e cosa pensi della sua gestione?

ML:
Non c'era reciproca ammirazione fra me e il Colonnello. Quando lo incontrai per la prima volta provai la sensazione che provo sempre quando sento che qualcuno dice di essere quello che non è ed allora le mie sensazioni si rivelarono giuste, per alcune cose che fece e che disse. Quando diventai caposquadra si rese conto in fretta che la mia lealtà era totalmente per Elvis e non per lui, assolutamente.




Il suo canale riservato sulla vita privata di Elvis si era interrotto e a lui questa cosa non piacque affatto. Un giorno, mentre io ed Elvis stavamo parlando, Parker entrò e disse "Marty perché non mi chiami ogni giorno come in effetti dovresti fare?" dopodiché disse ad Elvis "Elvis devi dirgli di cominciare a chiamarmi", Elvis mi guardò e con faccia seria disse "Sì Marty, bisogna che cominci a chiamare il Colonnello ogni giorno" ed io risposi "Ok!". Il Colonnello uscì ed Elvis mi disse "Se lo chiami ti uccido", poi scoppiammo a ridere. Elvis sapeva bene di poter contare sulla mia lealtà. Io e Parker ci siamo confrontati alcune volte su altre cose e tutto è sempre finito in una litigata. Io avevo la meglio perché lui cercava di mettere in imbarazzo me ed Elvis, giusto per fare un po' di scena di fronte agli altri, ma io non glielo permettevo. Quanto al gestire Elvis lavorò bene nei primi anni, compreso il non farlo dimenticare dal pubblico mentre era sotto le armi. Ma dopo per me fu negativo per lui perché i tempi cambiavano, ma lui no. Fino alla fine, pubblicizzò Elvis come fosse uno dei suoi spettacoli da luna park, senza alcuna dignità. Parker tenne fede al suo motto da baraccone "Far soldi e scappare, al diavolo il domani". Impediva ad Elvis di fare tour fuori dagli US perché, come fu scoperto in seguito, era uno straniero "abusivo" e aveva paura di mandare Elvis oltreoceano perché non poteva andare con lui, per timore che scoprissero la sua illegalità e la cosa avrebbe potuto rovinare sia lui che Elvis. Credo sinceramente che Elvis avrebbe potuto essere ancora vivo oggi, se solo gli fosse stata data l'opportunità di una nuova sfida. Elvis non si tirava mai indietro di fronte ad una nuova sfida. Espresse più volte il desiderio di andare in Inghilterra, Francia, in tutta Europa ed in Giappone. Parker lo bloccava sempre dicendo che avevano problemi di sicurezza, ma erano tutte cavolate. Elvis avrebbe potuto andare benissimo senza Parker, con Jerry Weintraub e Tom Huelett a gestire i tour e Tom Diskin in rappresentanza del Colonnello. Sfortunatamente Elvis non parlò mai con Parker di questo. Inutile dire che Parker non era una delle mie persone preferite e lui lo sapeva.

TS: Elvis riuscì a fare delle buone studio recordings durante gli anni dei film. I due eccellenti album gospel e "How Great Thou Art" gli fece guadagnare due Grammy Awards. Parlaci un po' dell'aspetto spirituale di Elvis e di come si sviluppò il suo amore per il gospel.

ML:
Il suo amore per il gospel risale a quando era bambino, crebbe nella zona Est di Tupelo e frequentava la First Assembly Of God con i suoi genitori, che cantavo entrambi nel coro della chiesa e a volte il piccolo Elvis chiedeva di poter cantare anche lui. Conosceva tutte le canzoni gospel, proprio come aveva imparato il nome di tutti i cantanti blues e la loro musica, ascoltandoli alla radio locale di Memphis ogni sera e ascoltando le stazioni radio blues e country del Mississippi.
Tenne fede alla sua educazione religiosa per tutta la vita, ed è per questo che gli venne naturale incidere album gospel. Il primo fu "His Hand In Mine", che guadagnò grande accoglienza da parte del pubblico, vendette molto. Un paio di anni dopo arrivò "How Great Thou Art". Elvis era molto ispirato mentre realizzava quest'album. Le sessioni furono fantastiche, lui era positivo e sapeva esattamente cosa voleva che ognuno facesse, i musicisti, il coro (del quale io feci parte in un paio di canzoni quando si rendeva necessario un coro più numeroso) devo dire che fui stimolato dai risultati dell'album come lo fu lui e chiunque altro. Il lato spirituale di Elvis è sempre rimasto lì con lui, fino alla sua morte, anche se non andava mai in chiesa durante la sua carriera, lo ha sempre tenuto con sé, nella sua vita. Amava guardare i Black Gospel Show in TV ogni domenica mattina, quando era a Memphis. C'è differenza tra gospel nero e gospel bianco, soprattutto per il modo in cui si canta e viene proposto. Io penso e credo, ed anche lui, che nella black gospel music ci sia molta più ispirazione.

TS: Come reagì Elvis ai Grammy Awards? Era seriamente intenzionato a registrare musica di qualità in quel periodo?

ML:
No, non organizzò niente di importante. Cosa di cui sono abbastanza contrariato, con tutto quel grandioso materiale che aveva prodotto soprattutto i primi anni e più tardi nel '69, non vinse mai un Grammy per la sua musica Rock'n'Roll, vinse i suoi Grammy solo per la musica gospel. Il Re del Rock 'n' Roll non ricevette mai un Grammy per la sua musica pop. Quel ragazzo che aveva dato inizio a tutto, fu insultato dal mondo della discografia e di questo in parte do' la colpa a Parker. Parker teneva Elvis isolato da tutti, anche alla RCA. Aveva fissato delle regole fin dall'inizio, Elvis doveva avere un trattamento diverso dagli altri artisti e nessuno di loro poteva fare niente nei riguardi di Elvis senza il permesso di Parker. Le votazioni funzionavano così, i membri della casa discografica erano tutti membri dell'organizzazione Grammy, NARAS (National Academy Of Recording Arts And Sciences), potevano votare solo per i loro artisti. E' politca. Credetemi lo so, sono stato io il co-fondatore della sezione della NARAS di Memphis e per un breve periodo sono stato in carica nel Consiglio Nazionale dei Governatori della NARAS, in rappresentanza della sezione di Memphis.
Adesso ti racconto chi sono queste persone. Un giorno negli anni '70 ero in tour con Elvis ed il Colonnello ci raccontò una storia, Elvis non era presente, disse che aveva ricevuto una telefonata da Pierre Cossette, il produttore dell'Annuale Grammy Show, Pierre disse che nel prossimo Grammy Show avevano deciso di dare a Elvis un premio speciale "Lifetime Achievement Award" (una sorta di premio alla carriera). Il Colonnello rispose che era fantastico. Poi Pierre disse che voleva che Elvis si esibisse durante lo show, al che Parker rispose "Quanto pensate di offrirgli come compenso?" Pierre rispose che non ci sarebbe stato alcun compenso per l'esibizione durante lo spettacolo e Parker gli rispose che Elvis non si esibiva per niente. Pierre ripeté che non avrebbero pagato. Alla fine, in sostanza, Parker disse "Niente soldi, niente esibizione" e poi aggiunse che non sapeva nemmeno se Elvis avrebbe potuto essere presente. Pierre fece un leggero colpo di tosse e disse che si sarebbe rifatto vivo. Due settimane dopo uno degli assistenti di Pierre chiamò Parker e gli disse che avevano deciso di non dare il premio ad Elvis. Che porcheria! La cosa mi fece incavolare parecchio, per fortuna allora ero uno dei leader della più famosa Industria Musicale di Memphis ed ero ben conosciuto da molte persone a livello nazionale, decisi di fare qualcosa a riguardo, ma senza dir niente a Elvis.




Telefonai ad alcuni personaggi di spicco del settore, amici miei che sapevo avevano molta influenza. Allo stesso tempo un mio caro amico, che era in affari con la mia compagnia, Ron Alexenburg, vice presidente della Columbia/CBS Records, venne in città con me ed il mio socio. Quando il giorno dopo ripartì, lo accompagnammo all'aeroporto e, mentre prendevamo un caffè, in attesa che il suo volo partisse, io gli raccontai la storia, lui disse che avrebbe messo una buona parola presso la NARAS e Cossette. Tre settimane dopo, un lunedì, quando uscivano tutti i settimanali di Musica e Intrattenimento, ero nel mio ufficio ed aprii la mia copia del Cash Box ed ecco che c'era una foto di Elvis, il quale avrebbe ricevuto il Lifetine Achievement Award dalle mani di Bobby Vinton e da Pete Bennett, un promotore nazionale. Io fui felice di questo, ma ancora non riesco a digerire il modo in cui gli fu dato, nel suo camerino a Las Vegas e non durante l'imminente show. Io espressi il mio pensiero a Pierre ed all'intero Consiglio di Amministrazione Nazionale della NARAS durante un incontro a Memphis subito dopo l'evento. Non ho mai parlato a Elvis del mio coinvolgimento nella sua premiazione. Ero davvero felice per lui perché era una cosa attesa da troppo tempo.

TS: Elvis amava la black music e, agli inizi della sua carriera, influì nel crollo delle barriere razziali nel campo musicale. Incontrò diversi dei più grandi cantanti soul come Jackie Wilson e Roy Hamilton. Cosa aveva da dire su quello stile musicale e sul desiderio di inciderne di più?

ML:
Amava quel genere di musica e con Jackie, che fra l'altro era un gran bravo ragazzo, erano davvero buoni amici e anche con BB King e Bobby Blue Bland, fin dagli inizi. Aveva un debole per Clara Ward ed i suoi cantanti e nonostante lei fosse di Memphis l'abbiamo vista molto più a Las Vegas. A volte eravamo gli unici del pubblico perché la gente non va a Las Vegas per ascoltare musica gospel, ma assieme al suo gruppo faceva venir giù il soffitto con le sue canzoni.
Ho cercato di fare del mio meglio per fargli fare più canzoni R&B e ogni tanto ci riuscivo perché la cosa gli veniva naturale.

TS: Elvis ha sempre detto di essere stato influenzato dal country, dal gospel e dal R&B. Incise tre album gospel ed uno country, ma non pensò mai di farne uno R&B. Se ne discusse mai? E tu cosa ne pensi di un disco del genere?

ML:
E' strano che mi abbia fatto questa domanda, perché era proprio una delle cose che stavo sviluppando con lui. Stavo facendo del mio meglio per mettere assieme qualche buon demo di R&B per lui, come pure pensavo di fare cover di pezzi di altri artisti. Era la fine del '70, ma dato che a Parker e alla Hill & Range di Freddy Bienstock non piaceva l'idea che io procurassi canzoni a Elvis, sulle quali loro non potevano avere i diritti, dissero a Felton Jarvis di non far sapere a Elvis quando c'erano le ultime tre o quattro sessioni. Volevano tenermi lontano. Elvis non me lo disse perché supponeva che lo avrebbero fatto loro. Per lui oltre alle canzoni R&B dovevo ascoltare e registrare, avevo la demo fatta dal compositore della canzone, Peter Allen, "I Honestly Love You" prima ancora che fosse data a Olivia Newton John. Elvis ci rimise come per il R&B. E' lampante come alcune cose di loro interesse, Parker, Bienstock e Jarvis intendo, penalizzarono molto Elvis.

TS: Durante gli anni dei film a Hollywood c'erano storie con ragazze diverse ogni sera ed erano i ragazzi ad organizzare le cose per Elvis. Cosa pensavi di tutto questo, soprattutto essendo molto legato a Priscilla?

ML:
Alcuni di noi non erano molto legati a Priscilla, alcuni di noi sapevano cos'era veramente, ed ancora è. Gli unici che le facevano le moine, e gliele fanno ancora oggi, con la speranza di avere ogni tanto l'opportunità di fare soldi, sono Joe, Jerry e Charlie, quando era vivo, e poi ce n'era un altro allora. Quando le ragazze venivano a casa nessuno, nemmeno Elvis, si preoccupava di Priscilla, né la invitavano a stare con noi. Le ragazze gironzolavano attorno a casa, soprattutto nei weekend, e noi le lasciavamo fare. Tranne per le sue co-star, noi non gli procuravamo le ragazze. In ogni caso, lui aveva il diritto di scelta su tutte quelle ragazze. Una sera, nella casa di Perugia Way, tanto per far qualcosa, decisi di contarle, senza esagerare ce n'erano 152 e noi eravamo solo 7!

TS: La storia con Ann-Margret fu ben pubblicizzata e i due sembravano fatti l'uno per l'altra. Cosa pensava veramente Elvis di lei e cosa ricordi tu della loro relazione e del periodo in cui girarono il film "Viva La Vegas"?

ML:
Elvis era davvero innamorato di Ann e la maggior parte di noi sperava che scegliesse lei piuttosto che Priscilla, ma quanto al perché scelse Priscilla....questa è una storia a sé, come ho detto prima. Ann era davvero una persona intelligente, adorabile e divertente. Tutti noi andavamo meravigliosamente d'accordo con lei e, a differenza che per la stragrande maggioranza delle ragazze di Elvis, noi non rappresentavamo mai una minaccia per lei. In realtà lei amava la maggior parte di noi. Quando lei e Elvis erano assieme si divertivano molto, erano molto affettuosi fra loro ed Elvis era sempre felice e di buon umore. A volte, a differenza che con le altre ragazze, ci diceva di squagliarcela mentre lei era lì, cosa che a noi faceva piacere perché eravamo liberi di fare quello che ci pareva. In quel periodo Ann aveva mostrato classe per come parlava di Elvis quando qualcuno le faceva domande a riguardo. E' una fra le mie, fra tutte quelle che frequentavano Elvis ed ho avuto l'immenso piacere di essere suo amico. Mi chiamava Spanky, perché diceva che assomigliavo a Spanky McFarland della vecchia serie "Our Gang" ("Simpatiche Canaglie", nella versione italiana).



Noi la chiamavamo Rusty Ammo. Rusty da "Viva Las Vegas" e Ammo dal miscuglio delle iniziali del suo nome Ann-Margret Olson, era più focosa di un mega incendio di terzo grado.




TS: Tu devi essere stato al corrente di molti pensieri privati di Elvis, sulla musica e sulla vita. C'è qualche segreto particolare riguardo ad Elvis, che non è stato rivelato, ma potrebbe esserlo adesso dopo tutto questo tempo?

ML:
Non che io ricordi.

TS: Nonostante il fatto che alcuni film furono immediatamente stroncati dalla critica, molti sono ancora validi oggi. Quale ti piace e perché è rimasto memorabile?

ML:
"King Creole" mostra chiaramente le capacità recitative di Elvis, era agli inizi ma prometteva bene ed anche la musica era ottima in quel film. Per lo stesso motivo mi piacciono alcune parti di "Kid Galahad". Ci siamo divertiti a girare "Paradise Hawaiian Style", ma questo non vuol dire che mi piaccia il film. Il fatto è che non ho interesse per la maggior parte di essi e non li guardo mai quando li danno in TV. Per la maggior parte di essi la colpa è di Parker. Tutto quello che gli interessava erano i soldi anticipati e i diritti e riuscire ad avere più canzoni possibile per fare un nuovo album. Non si preoccupava dell'evoluzione di Elvis come attore drammatico, cosa che invece Elvis voleva intensamente. Parker aveva un seguace nella sua avidità, Hal Wallis, il produttore di molti film di Elvis.




TS: Penso che tutti i film di Elvis fatti prima del servizio militare fossero di buona qualità e dimostravano che era in grado di recitare. Lo stesso dicasi per un paio di film agli inizi degli anni '60. Ma cosa ne pensava Elvis, ovviamente prima di cominciare ad annoiarsi a farli?

ML:
Odiava la maggior parte dei suoi film. Si lamentava spesso del fatto che per la maggior parte di essi lui era sempre in uniforme, si batteva con qualche tizio e nella scena successiva gli cantava una canzone e poi finiva con il baciare un cane e corteggiare una ragazza che, nella maggior parte dei casi, non era un granché. Le ragazze non i cani! Ma come al solito ancora una volta non affrontò Parker a riguardo. Brontolava con noi invece.

TS: Pensavo che di solito c'era sempre una buona canzone in alcuni degli ultimi film, ma cosa pensava Elvis della musica dei suoi film?

ML:
Dimmi i titoli perché non sono d'accordo ed in pratica lui passava tutto il film cantando.

TS: Elvis sposò Priscilla a Las Vegas il 1 maggio 1967. Tu fosti il designer del suo abito da cerimonia e gli facesti da testimone assieme a Joe Esposito. Raccontaci dell'organizzazione del matrimonio e del giorno della cerimonia.

ML:
Nel '67, Elvis era caduto ed aveva riportato una leggera commozione cerebrale, il Colonnello Parker venne nella casa di Rocca Place e, approfittando dell'indisposizione e delle precarie condizioni di Elvis, gli chiese il 50% delle provvigioni di tutto quello che faceva. Elvis non si oppose perché era un tantino fuori gioco, a causa della botta che aveva preso, in pratica lasciò che Parker facesse quello che gli pareva. Durante un incontro nella stanza di Elvis, alla presenza di Elvis, Joe ed io, Parker ci mise al corrente del fatto che Joe avrebbe preso il mio posto di caposquadra. Parker aveva rimesso il suo ragazzo nel posto che voleva! Poi spavaldamente annunciò che io avrei gestito i "progetti speciali" ed il primo era il matrimonio. Sorrisi fra me e me perché sapevo che avrebbe fatto tutto lui. Poi andammo di sotto nel seminterrato, dove erano riuniti tutti i ragazzi, e Parker stabilì le regole per tutti. Quello che mi disgustò davvero fu che Elvis se ne stette seduto lì come un ragazzino che era stato rimproverato, con gli occhi bassi a fissare il pavimento, senza dire nemmeno una parola, lasciando che Parker facesse a modo suo. Circa una settimana più tardi Parker disse che lui e Joe volevano che andassi con loro a Las Vegas per occuparci dell'organizzazione del matrimonio. Volammo a Las Vegas ed io e Joe bighellonammo in giro e giocammo d'azzardo qualche volta, mentre Parker si interessava dell'organizzazione senza alcun nostro contributo. Era una burla! L'unico momento passato con Parker fu quando volle cenare a "The House of Lords", un mega ristorante del Sahara Hotel, dove Parker fu trattato come un re. Ordinò mezzo menu solo per lui, io e Joe ordinammo a parte. Il giorno dopo, mentre fervevano i preparativi, nessuno chiese il mio aiuto, Elvis paventava quel giorno, in effetti non voleva sposarsi, ma questa è un'altra storia. Ci riunimmo tutti nella casa di Elvis, in Ladera Circle a Palm Springs, per tenere lontani i reporter. Insieme a Jerry Schilling e sua moglie Sandy andai a prendere Vernon e Dee Presley, che venivano da Memphis, alla stazione di San Bernardino, California, per portarli appunto a Palm Springs, dove c'erano alcuni reporter che avevano avuto sentore che qualcosa stesse accadendo, ma non sapevano proprio che cosa.




Rona Barret, una famosa giornalista di Hollywood, ci stette alle costole, mie e di Joe, per riuscire a captare le nostre conversazioni, in caso ci lasciassimo sfuggire cosa stava combinando Elvis. Rona ed io, alcuni anni dopo, abbiamo riso di questo ad un party alla Capitol Records.
Il 1 maggio 1967, al mattino presto, Elvis e Priscilla, Joe e Joanie Esposito e George Klein – il Colonnello convinse Elvis ad invitarlo, sebbene avesse lasciato all'oscuro di tutto altri come Lamar, Alan Fortas e Sonny, che stavano rientrando in Tennessee come George del resto. Avrei voluto avvisarli, ma mi fu detto di non far sapere niente a nessuno, non lo dissi nemmeno a mia moglie che era a Memphis con i bambini.
In qualche modo Elvis e gli altri, a bordo del jet che per l'occasione gli aveva prestato Frank Sinatra, volarono a Las Vegas per andare a ritirare la licenza di matrimonio rilasciata dal municipio. Io avevo il compito di condurre lì gli altri con un altro aereo, che si rivelò essere un traballante, vecchio DC3, un aereo ad elica noleggiato da Parker per l'occasione e al quale non importava niente se l'aereo fosse venuto giù in fiamme. Non sto esagerando! Il volo da Los Angeles a Las Vegas o da Palm Springs a Las Vegas è normalmente un volo "impegnativo" a causa delle montagne sempre battute da forti venti, ma in quell'aereo fu decisamente difficile. Nessuno era felice di essere a bordo. Finalmente arrivammo e andammo all'Aladdin Hotel per prendere possesso delle camere prenotate in precedenza. Elvis, Joe ed io eravamo sullo stesso piano, gli altri ragazzi erano al piano di sotto. Indossai il mio tuxedo e poi andai nella stanza di Elvis, che faceva parte della "Wedding Suite". Era la suite del proprietario dell'Hotel, Milton Prell, che era grande amico di Parker. Poi Joe mi consegnò la fede nuziale di Priscilla, cosìcché durante la cerimonia, quando il Giudice l'avrebbe chiesta, io l'avrei data a Joe, che a sua volta l'avrebbe data a Elvis, che a sua volta l'avrebbe messa al dito di Priscilla. Mi divertì il fatto che Joe era riuscito a sistemare le cose come aveva in mente, così da poter stare più vicino ad Elvis! Poi, mentre stavamo aiutando Elvis a vestirsi, entrò nella stanza il suo vecchio gioielliere di Memphis, Harry Levitch, che aveva un astuccio di gioielli da cui Elvis prese per me e Joe i tradizionali doni per i testimoni. Non so perché per me scelse i gemelli ed un fermacravatta che erano piccole teste di mucca con occhi di pietre preziose! La cosa mi sorprese in quanto sapeva che non ero un cowboy ebreo, apprezzai comunque il regalo ed il pensiero. Facemmo qualche foto, noi tre insieme, poi arrivò Vernon che rimase solo per un attimo, giusto il tempo di fare una foto con Elvis. Quando se ne andò Elvis mi guardò, era seduto ad un piccolo tavolo a specchio e disse "Non vorrei proprio farlo, sposarmi". Gli dissi solo che lo capivo, ma era un po' troppo tardi per tirarsi indietro. Proprio in quel istante si sentì bussare alla porta e qualcuno disse che la cerimonia sarebbe iniziata fra circa 15 minuti. Io dissi "Sarà meglio che vada giù a dire ai ragazzi di venire su", fu allora che Joe mi informò che i ragazzi non avrebbero partecipato alla cerimonia perché Parker aveva detto che non c'era abbastanza spazio anche per loro. La cosa mi irritò fortemente, sapevo che i ragazzi ci sarebbero rimasti molto male. Sembrava che Parker e Joe avessero calcolato tutto. Elvis non disse nulla ed io non volli rincarare la dose, visto che era già abbastanza nervoso. Andai giù ad avvisare i ragazzi, che erano tutti in una stanza e stavano giocando a carte. Dissi "Amici, ho cattive notizie per voi", Richard Davis mi interruppe e disse "Se parli del fatto che noi non andremo alla cerimonia lo sappiamo già", risposi "Chi ve lo ha detto? Voglio che sappiate che io l'ho appena saputo", ma nessuno mi credette. Red era andato da Joe per chiedergli a che ora avrebbero dovuto essere di sopra e quando Joe gli disse che lui e gli altri non avrebbero assistito alla cerimonia, Red andò su tutte le furie e gli distrusse la stanza e, dopo averlo detto agli altri, tornò a Los Angeles con sua moglie Pat. Ero talmente incavolato quando tornai di sopra che pensarono che dovessi andar via anch'io. Arrivò il momento di andare nella stanza principale della suite, dove si sarebbe svolta la cerimonia, dentro c'erano già Vernon e Dee, i genitori di Priscilla, sua sorella e suo fratello, sua sorella era la Damigella d'Onore, la dolce metà del leccapiedi , Joan Esposito era la Matrona d'Onore. C'erano Billy e Jo Smith come pure Patsy Presley Gamble e suo marito (Gee Gee) e George Klein.



Klein, nel suo show radiofonico, andava dicendo ai fan che era uno dei testimoni dello sposo, ma non c'erano testimoni. Altra cosa che mi irritò abbastanza fu che c'era tutto lo spazio necessario per tutti i ragazzi. Parker ingaggiò un cameraman che fece nascondere in un armadio con la porta leggermente aperta in modo che potesse scattare foto senza dar noia ad Elvis e, ovviamente, c'era anche quel sederone da baraccone di Parker. La cerimonia fu officiata senza intoppi dal Giudice di Las Vegas David Zenoff, dopo aver scattato alcune foto andammo giù alla reception, prima però Elvis, Priscilla, Joe ed io partecipammo ad una conferenza stampa che Parker aveva organizzato per calmare tutti i giornalisti ed i fotografi a cui aveva tenuto segreto il matrimonio. Aveva detto loro di trovarsi a Las Vegas ad una certa ora per un grande annuncio che riguardava Elvis, ma nessuno di loro si aspettava che si trattasse di matrimonio.
Quando più tardi andai alla reception, notai che il comico Red Foxx sedeva a capotavola vicino a Parker. La reception era piena per la maggior parte degli amici di Parker, tutte persone di una certa età, provenienti da Las Vegas, Hollywood, dalla RCA e dalla NBC, ma nemmeno l'ombra di Lamar, Alan e Sonny. Scattammo foto, mangiammo la torta e poi lasciammo Las Vegas per tornare a Palm Springs. I ragazzi ce l'avevano ancora con me, perché erano convinti che io fossi al corrente della faccenda della cerimonia. Non ebbi nessun aiuto per trasportare la torta e tutto il resto all'aereo e non ebbi nessun aiuto quando, una volta atterrati a Palm Springs, tutto era da portare a casa. Ero decisamente disgustato da come erano andate le cose, ma non dissi nulla perché non volevo rovinare la giornata a Elvis.
Dopo essere stati alcune ore a Palm Spings, molti di noi tornarono a Los Angeles, ovviamente Joe e Joanie, i leccapiedi, rimasero a Palm Springs e trascorsero qualche giorno della Luna di Miele con Elvis, rimasero anche Vernon e Dee. Il resto di noi si divertì in gruppo a Rocca Place ed i ragazzi alla fine si convinsero che io ero all'oscuro di tutta la faccenda. Per molto tempo fui dispiaciuto per quello che era capitato a Lamar, Alan e Sonny. Lasciarli fuori da tutto così....!!!
Il giorno dopo Parker stabilì il regolamento, fu l'inizio della mia disillusione riguardo al lavorare per Elvis; la cosa peggiorò una volta che Priscilla e Joe iniziarono a far cambiare l'atmosfera attorno a Elvis.




TS: Si dice che Elvis e Priscilla avessero pianificato una Luna di Miele in Europa. Cosa ricordi a proposito?

ML:
Sì, Joe gli aveva parlato del suo desiderio di andare in Europa, Joe e Joanie non c'erano mai stati e volevano andarci. Ma Parker mise subito fine alla cosa dicendo a Elvis che lui (Parker) per molto tempo aveva rifiutato offerte di tour in Europa per problemi di sicurezza, se ora Elvis fosse andato lì in Luna di Miele e non avesse avuto nessun problema di sicurezza, sarebbe stato Parker il cattivo della situazione. Così Joe e Jerry proposero a Elvis le Bermuda per due settimane, un altro posto dove non erano mai stati e volevano andare. Elvis resistette solo due giorni e poi tornò a Memphis, si annoiava a morte!

TS: Il matrimonio e poi l'essere diventato padre in che cosa hanno cambiato Elvis secondo te?

ML:
All'inizio Elvis cambiò grazie a Priscilla. Lei voleva disperatamente cambiare l'atmosfera che c'era attorno a lui e liberarsi della maggior parte dei ragazzi. Trovò aiuto in Joe e Vernon, che la vedevano come lei e la cosa avrebbe recato loro beneficio. Per un paio di mesi Elvis tollerò la cosa, poi lentamente tornò alla sua vita normale. Comunque Billy ed io ci gongolavamo per questo, entrambi stavamo pensando di smettere di lavorare per lui. Fu terribile vederlo in quella situazione, sapevo che non gli piaceva, ma lo fece per far felice lei. Dopo circa quattro mesi io e Billy ne avevamo abbastanza di quella situazione e ce ne andammo. Fui io ad andarmene per primo, andai a dirigere una casa discografica di Memphis, poi se ne andò anche Billy e andò a lavorare in ferrovia.

TS: Che sollievo fu per Elvis essere libero dai contratti cinematografici?

ML:
Fu come se l'avessero liberato di prigione. Aveva smania di fare altre cose e la prima cosa era tornare sul palcoscenico ad esibirsi.....il suo primo amore. Avrebbe davvero voluto essere un bravo attore e fare bei film drammatici per il resto della sua vita, ma Parker e Hal Wallis uccisero il suo sogno. Fortunatamente le cose andarono per il verso giusto, permettendogli uno straordinario rientro sul palcoscenico. Prima il suo '68 Comeback Special e poi le session recording agli American Sound Studios nel '69, dopodiché, sempre nello stesso anno, iniziò i suoi show a Las Vegas, aveva inciso nuovi pezzi e la cosa riportò su di lui l'attenzione del pubblico.

TS: Il discorso droga non fu reso pubblico fino alla pubblicazione, nel 1977, del libro di Red e Sonny West e Dave Hebler "Elvis, What Happened?". Quanto eri al corrente tu della dipendenza di Elvis dai farmaci e cosa avete fatto tu e gli altri per cercare di aiutarlo?

ML:
Sono sempre stato ben consapevole di questo, come la maggior parte dei ragazzi. Devo dire che ero quasi come lui in quel campo, quindi se avessi disapprovato, da che pulpito sarebbe venuta la predica! Sarei stato un ipocrita, e non lo sono. Negli anni '60 nessuno disse mai niente a proposito, perché tutti prendevamo pillole, anzi devo dire che fu proprio Elvis a farcele conoscere. Durante il mio primo viaggio a Hollywood, nel '61, prima di lasciare Memphis, mi diede uno di quei portagioie di feltro nero, che contenevano di solito un bracciale o una collana, e mi disse di aprirlo. Quando lo feci era pieno zeppo di pillole di ogni tipo e colore. Elvis ne tirò fuori tre e me le porse dicendomi di prenderle ogni 4 ore circa, mi avrebbero tenuto sveglio e cosciente per tutto il viaggio. Erano anfetamine, pillole per dimagrire che erano anche stimolanti. Erano davvero efficaci e così cominciai a prenderle tutti i giorni e continuai per anni. Comunque quando negli anni '70 cominciò a stare sempre peggio, una notte a Las Vegas, Red gli parlò in proposito e Elvis gli rispose di non preoccuparsi, sapeva cosa stava facendo e che era tutto sotto controllo, poi andò a letto, ma il mattino seguente, dopo averci rimuginato sopra tutta la notte, Elvis uscì dalla sua stanza, puntò una pistola contro Red e gli disse che mai più avrebbe dovuto parlargli in quel modo e dirgli come vivere la sua vita.
Verso la fine del '76 mandò via me e alcuni altri ragazzi. Una mattina mi svegliai e presi la boccetta delle mie pillole per dormire, perché volevo dormire ancora un po', ma la boccetta era vuota. Mia moglie mi chiese se volevo che andasse in farmacia per fare rifornimento, ma non so per quale ragione – forse Dio mi stava dicendo che ne avevo avuto abbastanza di pillole – le dissi "No, non voglio prenderne più". Mi ci vollero un paio di mesi per disintossicarmi e lo feci senza alcun aiuto e la cosa meravigliò parecchia gente. Io e mia moglie decidemmo di lasciare Memphis per un po' e ci spostammo nel Sud della California, vicino ad un suo amico d'infanzia. Prima di partire però scrissi una lettere a Elvis e gliela feci consegnare da Billy. Nella lettera gli scrivevo che mi ero liberato dalle pillole e di quanto mi sentivo vivo e stavo bene, i miei sensi erano più acuti, gusto e olfatto, respiravo meglio da quando avevo purificato il mio organismo. Speravo questo fosse un suggerimento e che anche a lui venisse voglia di fare lo stesso. In seguito mi fu riferito che la sera che lesse la mia lettera sbraitò e inveì contro di me, dicendo che cercavo di gestire la sua vita e dirgli come doveva viverla e che dovevo occuparmi del mio fottutissimo lavoro. In pratica le stesse cose che aveva a Red. Non potei fare altro che scuotere la testa deluso, quando me lo dissero. Sapevo, per esperienza personale, che ingannava sé stesso quando diceva che era tutto sotto controllo riguardo alle droghe. Non era sotto controllo un bel niente, e non lo era nemmeno quando le prendevo io.




TS: C'eri durante la registrazione del 1968 TV Special, che segnò la rinascita della sua carriera? Raccontami di quell'evento. Aveva ancora il suo vecchio trasporto e le motivazioni di una volta, la cosa lo cambiò in modo notevole?

ML:
No, non c'ero. ma quando lo show fu trasmesso a Memphis io ero inchiodato allo schermo. Le scenette allestite erano proprio come nei suoi film, secondo me non avrebbero dovuto farle, ma l'intero pezzo con il completo di pelle nera mi trascinò letteralmente via, perché era quello il vero Elvis Presley, non quelle cavolate da palcoscenico. Siccome noi lo vedemmo prima di lui, perché lui era sulla West Coast, lo chiamai dopo lo show. Ovviamente rispose Joe ed io stavo per dirgli di passarmi Elvis, quando Elvis venne al telefono. Aveva sentito che ero io ed io ero molto emozionato quando mi chiese cosa ne pensavo. Gli dissi esattamente quello che ho appena detto a te e lui rispose "Elvis poco che faccia, fa vedere al pubblico grandi cose". Mi chiese come mi era sembrato ed io gli dissi che aveva mostrato loro il vero Elvis Presley e non il ragazzo dei film. Fu felice di udire questo e poi mi disse che era esattamente quello che voleva sentire. Disse che per qualsiasi ragione, anche se pensavo che Steve Binder fosse lì, lui sarebbe andato a casa di Racquel Welch a vederlo in TV. L'unica occasione in cui Elvis e Racquel si trovarono nello stesso posto fu quando lei ebbe una piccola parte in "Roustabout", non si incontrarono più. La cosa mi sorprese.

*******************************************


Nella seconda parte parleremo con Marty del ritorno di Elvis alle esibizioni dal vivo a Las Vegas, i suoi show, come viaggiava attraverso l'America nei suoi tour e del periodo negli studi di registrazione. Le esperienze di Marty alla radio e nell'editoria musicale erano qualifiche molto influenti per indirizzare Elvis negli studi di registrazione di Memphis, facendogli prendere in considerazione canzoni più significative e importanti dopo aver lavorato tanti anni nei film.



13/02/2013 20:41
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Altro lavoro interessantissimo. [SM=g8149]
13/02/2013 20:53
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favoloso!!!!

The king will never die....Elvis forever!!
13/02/2013 23:33
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Valeria sei una forza!!! Bellissimo articolo e altrettanto bellissima traduzione che mi riprometterò di leggere con calma.
14/02/2013 20:03
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FANTASTICO INSERIMENTO VALERIA [SM=g8431]

Per quanto dice Marty Lacker,rimango sempre della mia opinione,
ognuno cerca di dire che è meglio degli altri...
Presi singolarmente i componenti della "mafia" sembrano
tutti dei paladini della giustizia che hanno sempre fatto gli "interessi" di Elvis.

Attendo di leggere anche gli altri approfondimenti e,
potrebbe essere interessante discutere anche sugli altri
componenti della Memphis Mafia per avere una quadro su tutto
l'entourage di Elvis...

[SM=g8431] [SM=g8146]

14/02/2013 21:00
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Grande Valeria!!!!!!!Un bellissimo lavoro!....Attendo con ansia la seconda puntata... [SM=g8147] [SM=g8147] [SM=g8147] [SM=g8149] [SM=g8149] [SM=g8149] [SM=g8149] [SM=g8149] [SM=g8149] [SM=g8149]
15/02/2013 18:08
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Brava Valeria !

P.s.: Ottima la definizione di Marty, riguardo a Porker: "finché non arrivò l'imbroglione del luna park !"


René

Principe René von Habsburg-Lothringen: Principe Imperiale di Miramar, Granduca di Boemia e di Wittelsbach, Arciduca di Villa Borghese, Console Emerito dell'Ordine Equestre dei Cavalieri del Santo Sepolcro di Gerusalemme
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15/02/2013 20:00
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Ho letto con interesse l'intervista a Marty Lacker, e sono del parere che ogni membro dell'entourage di Elvis volesse il proprio posto in prima fila. Credo anche che non fosse stato facile per nessuno una convivenza e uno stile di vita di quel genere, ma ognuno era libero di scegliere percio' chi rimase con lui ebbe sicuramente il proprio profitto. Comunque è sempre bello e interessante leggere aneddoti e storie su Elvis! Grande Vali, traduzione scorrevolissima e piacevole da leggere!!!
17/02/2013 20:09
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Trovo sempre molto interessanti i racconti (o favole) degli "amici di Elvis".....non sai mai chi dice il vero e chi mente....ma mi piacciono
perché mentre leggo volo con la fantasia e immagino le sue giornate....


Grazie Valeria
17/02/2013 20:30
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Re:
EnzaPianese, 17/02/2013 20:30:

Trovo sempre molto interessanti i racconti (o favole) degli "amici di Elvis".....non sai mai chi dice il vero e chi mente....ma mi piacciono
perché mentre leggo volo con la fantasia e immagino le sue giornate....


Grazie Valeria



Vero!!!

E comunque, non so perchè, ma a me questo Marty Lacker non piace nemmeno un po'.

La descrizione che fa del suo "amico" Elvis, non è che sia poi così benevola, anzi, lo fa apparire quasi come un ameba [SM=g6816]

Grazie Valeria, ottimo lavoro [SM=g8149]

Qualche anno più tardi, quel bel giovanotto che chiamavano il Re, beh doveva aver cantato troppe canzoni, e gli venne un infarto o cose così. Deve essere difficile fare il Re. (Forrest Gump)
18/02/2013 01:26
Post: 3.475
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grandissimo lavoro grazie ....
[SM=g8431]
18/02/2013 23:53
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ESSENTIAL ELVIS - THE ELVIS MAG




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Intervista in 3 parti di Trevor Sympson
a Marty Lacker - Memphis Mafia Foreman

Traduzione di Valeria Giannotta
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PARTE II



In questa seconda parte dell'intervista a Marty ci focalizzeremo su Elvis e la sua musica.

Marty influenzò fortemente Elvis a tornare ad incidere ancora a Memphis, fu la prima volta da quando lasciò la Sun Records nel 1955. Agli American Studios incise i più importanti dischi della sua carriera e Marty fu coinvolto nell'intero procedimento di organizzazione della session e diede il suo contributo nella selezione dei brani.

All'interno della Memphis Mafia c'erano solo tre o quattro persone che avevano qualcosa che assomigliasse vagamente ad un background musicale, fu solamente Marty a guidare Elvis verso queste sessioni, quasi fosse alla ricerca del Santo Graal. Iniziamo il nostro discorso sulla musica, spostando indietro le lancette dell'orologio a quel venerdì 27 Agosto 1965 al 525 di Perugia Way, Bel Air, quando i Beatles ed Elvis si incontrarono.

TS: Raccontami della sera in cui Elvis incontrò i Beatles e delle canzoni che cantarono. Si parla di una "jam" e credo che anche tu e alcuni dei ragazzi foste invitati dai Beatles ad andarli a trovare alcuni giorni dopo.

ML:
Alcuni giorni prima del loro arrivo Parker ci disse che, assieme a Brian Epstein, aveva organizzato di far incontrare Elvis e i Beatles. Aveva chiesto a Elvis se voleva andare a casa loro, una villa a Hollywood Hills, per incontrarli. La risposta di Elvis fu "Dannazione, no. Se vogliono incontrarmi che vengano loro a casa mia." Elvis ci disse di portare le nostre mogli ed i figli se volevamo, visto che in quel periodo alcune delle mogli erano con noi in California. E così quella sera la casa era affollatissima. C'erano Jo e Billy Smith e i loro due figli Danny e Joey; mia moglie Patsy e i nostri figli, Sheri, Marc e la piccola Angie; Joe e Joan Esposito e le loro figlie Debbie e Cindy e poi altri ragazzi con le rispettive mogli. Quella sera Parker e Joe, a bordo di una limo, andarono a casa dei Beatles per poi guidarli a Perugia Way. In qualche modo la notizia del meeting era trapelata, quindi c'erano fan dappertutto nella minuscola Perugia Way. Ho sempre sospettato che fosse stato lo stesso Parker a fare in modo che lo sapessero. Avevamo il grande cancello di legno chiuso che potevano aprire tranquillamente. Quando i Beatles arrivarono, Elvis, Priscilla, io ed un paio dei ragazzi andammo ad accoglierli sulla porta. Dopo il solito scambio di saluti li conducemmo nella tavernetta, dove stavamo noi di solito. Elvis, Priscilla, Billy Smith ed io ci sedemmo sul divano, i Beatles sedettero su grandi e comode poltrone imbottite poste ai lati del divano, di fronte al divano c'era un grande tavolino da caffè con il piano in marmo e proprio di fronte al tavolino, dall'altra parte, c'era una grande mensola per la TV. La TV, come sempre, era accesa, ma con il volume azzerato. Paul e gli altri rimasero affascinati dal telecomado della TV, evidentemente in Inghilterra non ce l'avevano ancora. Rimasero affascinati anche dalla nostra abitudine di mettere sempre il ghiaccio nelle bibite. Il giradischi suonava Mohair Sam e tutto attorno alla stanza erano sistemate sedie per i familiari e gli altri. Per circa tre o quattro minuti ci fu silenzio, nessuno diceva niente ed i Beatles continuavano a fissare Elvis, che ad un certo punto sbottò "Se dovete stare lì seduti a fissarmi, me ne vado a letto" e poi disse qualcosa di sorprendente per lui, riferito a sè stesso "Non voglio dire con questo che siete come quei soggetti che vengono a vedere il Re, pensavo che potremmo parlare un po' e poi magari improvvisare qualcosa insieme.




"Non aspettavano altro, andarono al piano dove Elvis e Paul si alternarono. Elvis aveva un paio di chitarre ed un basso che si scambiavano un po' uno, un po' l'altro, mentre John era alla chitarra. Non c'erano batterie, quindi Ringo batteva su una sedia. Iniziarono cantando canzoni di Chuck Berry, poi John si mise a cantare una canzone di Elvis, che ricambiò il favore cantandone una loro. Ad un certo punto bloccarono Mohair Sam che continuava a suonare sul giradischi. Andarono avanti per circa trenta minuti. George scomparve e trovò la strada per il giardino sul retro, dove si fumò uno spinello. Sappiamo che lo fece, anche Larry Geller uscì e si unì a lui e sono certo che parlarono del loro interesse per le cavolate della Far Eastern Spiritual. Ringo decise che voleva giocare a biliardo e Billy fece una partita con lui. Billy ci disse che quando Alvenea, la domestica, una donna traccagnotta, si avvicinò al tavolo da biliardo per servire l'antipasto, accidentalmente pestò un piede a Ringo, che urlò a squarciagola mentre Billy se la rideva.
Poi Joe e Parker aprirono il casino, avevano un tavolo con il piano che si capovolgeva e che da un lato aveva la roulette e, a quanto pare, invitarono Epstein per un paio di bigliettoni da mille. Si divertirono tutti, Paul si intrattenne con le mogli ed i bambini e quando si presentò a mia figlia Sheri, che allora aveva 5 anni, le diede il soprannome di Sheddi. Jo Smith ed io a volte la chiamiamo così ancora oggi, dopo ormai 45 anni.
Passarono le ore ed arrivò il momento per loro di andare. Prima di lasciarci, John invitò Elvis e noi ad andarli a trovare il giorno dopo e aggiunse che in caso Elvis non fosse andato, speravano che lo avremmo fatto noi. Li salutammo e andarono via.
Dopo che furono andati, pur sapendo quale sarebbe stata la sua risposta, chiesi a Elvis se l'indomani ci sarebbe andato, lui mi rispose "Diavolo, no. Ho già fatto il mio dovere. Li ho incontrati ed è già sufficiente." Ridemmo tutti.
Il giorno successivo, Richard Davis, Billy Smith, Jerry Schilling ed io andammo a casa loro a Hollywood Hills. Non era una casa grande, era come quelle che si vedono di solito in ogni quartiere in America.




Furono felici di vederci. Tre di loro erano nella tavernetta. George non c'era quando entrammo. John mi spinse immediatamente verso la porta scorrevole di vetro e mi condusse nel giardino sul retro e mi disse "Marty, ieri sera è stata la sera più entusiasmante della mia vita. L'unica persona che volevamo incontrare negli US era Elvis e ieri sera è stato fantastico. Siamo stati invitati da Sinatra, Dean Martin e altre persone del genere, ma sappiamo che ci vogliono solo per le ragazze che girano lì. Ma la cosa non ci interessa." Poi arrivò Paul e portò me e Jerry a visitare la casa, che non era per niente grande. Aprì la prima porta, era la stanza di George, sembrava ci fossero due persone sotto le coperte, che saltarono fuori all'improvviso, ci salutarono e altrettanto velocemente tornarono sotto. Erano George e Joan Baez. Quando Paul chiuse la porta, Jerry con aria concitata disse "Avete visto chi era?" si era emozionato nel vedere la Baez, che sapeva che lui era un suo fan e che avrebbe reagito in quel modo. Gli dissi di calmarsi mentre Paul sogghignava. Visitammo in fretta le altre tre stanze e quando tornammo nel soggiorno, Jerry chiese se Paul pensava che lui potesse chiedere una foto autografata alla Baez. Io dissi "Jerry, dubito che lei viaggi portandosi dietro le sue foto autografate!". Dopo un attimo George e la Baez entrarono nel soggiorno, lei voleva conoscerci. Jerry diventò molto nervoso e le chiese della foto e lei gli fece un autografo. Stemmo lì a chiacchierare ancora un po' e poi si fece ora di andare. Paul ci chiese se, quella sera, ci avrebbe fatto piacere andare con loro all'Hollywood Bowl, dove si sarebbero esibiti, rispondemmo che ci sarebbe piaciuto, ma che non potevamo, dovevamo tornare a casa, allora andarono ad un tavolo che era dall'altra parte della lunga stanza e tutti insieme scrissero qualcosa.



Alla fine scoprimmo che avevano autografato una foto per ognuno di noi. Divertente.....nessuno di noi l'aveva chiesta. Li ringraziammo e salutammo. Tornato a casa buttai la foto in una tasca porta carte della mia borsa porta documenti, dove è rimasta dimenticata per tutti questi anni, l'ho ritrovata poco tempo fa, facendo pulizia nella mia borsa.
Nei due anni successivi alcuni di noi li andarono a trovare, quando erano in città, avevano affittato le case più grandi che c'erano sulle colline. Furono sempre cordiali e carini con noi.

TS: C'era un'altra canzone di un cantante inglese che colpì molto Elvis. Eravate sul bus quando George Klein suonò alla radio Green, Green Grass Of Home di Tom Jones. Quale fu la reazione di Elvis a questa canzone e cosa facesti tu dopo per lui.

ML:
Una notte, dopo aver girato un film, non ricordo quale, stavamo tornando a Memphis da Hollywood. Eravamo a bordo del Greyhound, che in precedenza era a due piani e che Elvis aveva attrezzato come una casa su ruote. Come sempre a guidare era Elvis. Una volta in Arkansas, abbastanza vicini per riuscire a sentire la stazione radio di Memphis, ci sintonizzammo sulla WHBQ, la stazione dove George Klein faceva il DJ notturno. Ci eravamo appena sintonizzati che George mandò in onda un nuovo disco di Tom Jones Green, Green Grass Of Home. Era la prima volta che la sentivamo e ci sembrò fantastica, così tanto, che quando finì Elvis si voltò e guardarmi - io ero seduto su uno dei sedili alti sistemati in modo da poter guardare fuori dai finestrini in alto - e, mentre passavamo davanti ad un telefono a gettoni, disse"Caspita, chiama George e digli di suonarla di nuovo", io gli dissi che poteva darsi che non potesse rimandarla in onda, i format radiofonici non possono ripetere a loro piacimento la stessa canzone. Lui mi rispose "Chiamalo, digli dove siamo e che la voglio risentire". Così telefonai a George, avevo il suo numero privato della sala di controllo, gli dissi dove eravamo e che eravamo sulla via di ritorno a casa e che Elvis voleva riascoltare il disco, lui mi rispose "Marty, lui sa che questo non posso farlo, potrei essere licenziato", "George, so solo che Elvis vuole che lo suoni di nuovo. Fai quello che tu credi sia giusto" gli risposi. Disse che ci avrebbe provato. Tornai sul bus e sentii "Questa è per i ragazzi in Arkansas che stanno tornando a casa, a Memphis" e poi suonò di nuovo il disco. Quando la canzone finì Elvis si voltò e mi guardò di nuovo e poi scosse la testa verso destra come per dire "Digli di suonarla ancora". Io dissi a Jerry Schilling di farlo lui al prossimo telefono che avremmo incontrato, non volevo essere io a mettere George nei guai. Al telefono successivo Jerry scese e.....che io sia dannato se George non la suonò di nuovo. Non voleva che Elvis si arrabbiasse con lui. Ogni volta che la canzone suonava Elvis si emozionava. Fu così anche per quasi tutti noi. Arrivammo a Memphis circa due ore dopo e Graceland, dove c'erano alcuni dei nostri familiari che ci aspettavano; avevamo telefonato per avvisare all'incirca quando saremmo arrivati, così si sarebbero fatti trovare là per poi portarci a casa. Stavo per andarmene con mia moglie, ma essendo il caposquadra, andai prima a sentire se Elvis aveva bisogno di qualcosa prima che andassi via. Quando uscii dalla cucina e mi diressi nel corridoio, arrivato vicino alla camera della nonna, trasalii nel sentire Elvis che, in ginocchio, singhiozzava come un bambino. Larry Geller era chino su di lui. Gli chiesi cosa c'era che non andava e perché stesse piangendo e lui con gli occhi pieni di lacrime disse "Marty, quando sono entrato ho visto mia madre sulla porta". Sembrava proprio che quella canzone l'avesse emozionato profondamente. Lo abbracciai e senza esitazione gli dissi "Fin quando tu sarai qui, lei sarà sempre con te", mi guardò e rispose "Grazie per questo" poi si alzò e andò su nella sua stanza.

TS: In seguito Elvis e Tom Jones si incontrarono e diventarono amici. Cosa ricordi di lui e della sua amicizia con Elvis?

ML:
Nel '65 eravamo negli Sudi della Paramount, dove Elvis stava girando Paradise Hawaiian Stylee un giorno ricevetti una telefonata da Tom Diskin dall'ufficio del Colonnello, che disse che quel nuovo cantante, che spesso avevamo sentito cantare What's New Pussycat alla radio, era in studio e per lui sarebbe stato un piacere conoscere Elvis. Riferii la cosa a Elvis, che disse ok, gli piaceva come cantava quel tizio e gli piaceva il disco. Subito Elvis pensava fosse negro. Tom con il suo road manager, Lloyd Greenfield, venne dietro le quinte del palcoscenico dove Elvis stava girando, era alla guida di un elicottero e stava simulando un volo, con lui in cabina c'erano la sua co-star Julie Parrish ed un cane.



Finite le riprese Elvis raggiunse Tom, Lloyd e me e strinse la mano a tutti, Tom era chiaramente in soggezione, si vedeva dall'espressione del suo viso; Elvis si complimentò con lui per il suo disco, gli disse che gli piaceva e Tom rispose che apprezzava il suo giudizio. Cominciarono a parlare di lavoro e Tom fece diverse domande a Elvis a proposito. Io stavo sul primo gradino di una lunga scala quando all'improvviso Lloyd cominciò a dire a Elvis che gli sarebbe piaciuto scritturarlo per il Wembley Stadium e che gli avrebbe procurato un milione di dollari, né io né Elvis dicemmo nulla, Elvis e Tom continuarono a parlare. Lloyd continuò imperterrito ed alla fine io dissi "Vedi, Elvis non discute di cose del genere, se hai un'offerta da fare devi vedere il Colonnello Parker, è lui che si occupa di queste cose". Lloyd ripeté ancora la stessa cosa interrompendo ancora Tom e Elvis, al ché con massima risolutezza dissi "Dico sul serio, non parlare con Elvis di queste cose, chiama oppure vai dal Colonnello". Finalmente si zittì. Alla fine della conversazione Elvis strinse la mano a Tom e gli augurò tanta fortuna per la sua carriera. Negli anni seguenti, a Las Vegas quando Elvis era libero dai suoi show lì, assisteva agli show di vari artisti, tra i quali Tom. Tom dice che Elvis andava a vedere i suoi spettacoli per prendere suggerimenti su come muoversi e lavorare sul palco. Credetemi quando dico che Elvis non aveva bisogno di prendere suggerimenti da Tom. Lui ha inventato il muoversi e l'esibirsi molto prima che Tom avesse mai pensato di andare a Las Vegas. Ogni tanto quando Tom era lì nello stesso periodo di Elvis veniva a vedere i suoi show e poi lo raggiungeva nel backstage e se la passavano bene assieme. Una volta mentre Elvis era alle Hawaii in vacanza in una casa in affitto sulla spiaggia, capitò che anche Tom si trovasse lì, ma per lavoro e venne un paio di volte a trascorrere la giornata con Elvis ed i ragazzi. Da quello che ho letto più tardi su qualche sito web su Elvis, Tom ha fatto commenti non troppo carini su Elvis e lui, esagerando sul loro rapporto, come hanno fatto in molti.


TS: Nel tuo libro del 1979 "My Friend Elvis" fai riferimento ad un cantante che rubò una canzone a Elvis dopo avergli fatto visita a casa sua e aver ascoltato una demo, ma non ne dici il nome. Ci puoi raccontare tutta la storia e rivelarci il nome, ora?

ML:
Subito dopo che Elvis ebbe inciso Memphis Tennesseedi Chuck Berry, andammo a Los Angeles nella casa di Perugia Way, Elvis continuava a suonare il dub (doppiaggio) della sessione, per vedere com'era venuta. In quel periodo Elvis andava molto spesso a fare giri in moto nei weekend e molti dei ragazzi le noleggiavano per andare con lui. Durante uno di quei giri incontrammo Johnny Rivers e per essere gentile Elvis lo invitò a casa, mentre Rivers era lì Elvis continuava ad ascoltare il dub e lui parlava del suo prossimo singolo, era naturale che Elvis interpretasse questa canzone, Elvis era sinonimo di Memphis e viceversa. Un giorno eravamo a bordo della Rolls Royce, diretti allo studio, quando restammo scioccati nel sentire alla radio Memphis Tennesseecantata da, pensate un po', Johnny Rivers, il piccolo ladro bastardo aveva rubato l'idea a Elvis ascoltando il pezzo a casa sua. Mi voltai verso Elvis, che sedeva dietro e gli dissi "Quello sporco bastardo! Elvis se pubblichi in fretta il tuo disco farai fuori il suo". Senza pensare Elvis rispose "No, lascia pure che il piccolo bastardo abbia il suo successo, ma non voglio più vederlo né in giro per strada, né tanto meno attorno a casa mia".




Ecco che un sabato Johnny arrivò sulla sua moto nel cortile di Perugia, Alan Fortas ed io eravamo proprio sulla porta d'ingresso e, sentendo il rumore della moto, uscimmo per vedere chi fosse. Quando vedemmo Johnny, io gli dissi, dirigendomi insieme ad Alan verso di lui "Hai un fottutissimo coraggio a presentarti qui dopo quello che hai fatto", lui finse innocenza, comportandosi come se non sapesse di cosa stessimo parlando. Poi Alan gli disse che non era più il benvenuto in quella casa, di rimontare in sella alla sua moto e andarsene.
Continuavamo ad avanzare verso di lui e lui ancora faceva l'innocente, a quel punto gli dissi "Johnny, hai cinque minuti per tornare alla tua moto dopodiché ti faremo letteralmente volare in strada".
Finalmente recepì il messaggio, tornò in fretta alla moto e andò via e non si fece più rivedere per anni.

TS: Dopo il successo del '68 Comeback Special ed il completamento della maggior parte dei contratti cinematografaci, Elvis tornò ai concerti dal vivo. Prima di registrare per Chips Moman, a Memphis, agli American Studios. Il tuo discorso a Elvis, il 9 gennaio1968 a Graceland, fu la chiave dell'organizzazione della session. Raccontami come andò.




ML: Beh, Elvis faceva passare sempre il suo compleanno prima di tornare a lavorare, qualsiasi cosa dovesse fare. Quella sera eravamo seduti in quella che tutti ora chiamano Jungle Room, sebbene noi la chiamassimo sempre Den (tavernetta, seminterrato....). Elvis era seduto in fondo al divano vicino alla finestra, di fianco a lui c'erano Lamar Fike, Sonny West e George Klein, mentre Felton Jarvis era seduto su un'ottomana di fronte a Elvis. Io ero seduto contro il muro alla loro sinistra, proprio dall'altra parte della parete, vicino alla porta che da' sul retro della casa, da cui entravamo dopo aver parcheggiato le auto. Felton stava chiedendo a Elvis quali musicisti volesse nella prossima sessione a Nashville. In quel periodo non lavoravo a stipendio per Elvis, ma lui si comportava come se lo fossi. Ero profondamente coinvolto nell'Industria Musicale di Memphis e avevo organizzato sessioni per la casa discografica per cui lavoravo. Ho prodotto un paio di brani di successo per Rita Coolidge, la scoprii io e la presi nella mia etichetta e li produssi agli American Sudios. Inoltre ho co-prodotto un paio di dischi con un gruppo che avevo con due miei amici, Isaac Hayes e David Porter. Ogni tanto Chips mi chiedeva quando avrei portato lì Elvis per fargli produrre qualche disco con lui, in tutta franchezza gli dissi che avevo già parlato a Elvis della faccenda e che lui rispondeva sempre "Forse, un giorno". Tornando a quella sera, mentre Felton parlava con Elvis della sessione a Nashville, inconsapevolmente io scuotevo la testa. Facevo così perché sapevo che Elvis sarebbe andato a Nashville ancora una volta, senza entusiasmo e senza convinzione, e sarebbe stato affiancato dai soliti vecchi musicisti di Nashville, che in sostanza cantavano quello che c'era nelle demo delle canzoni ed Elvis gli andava dietro. Io volevo che incidesse con Chips e la sua creativa ed innovativa sezione ritmica di sei uomini, che a quel tempo aveva suonato un centinaio di pezzi di successo con alcuni grandi artisti. Sentivo che Elvis e Chips e quei ragazzi si sarebbero integrati perfettamente e avrebbero dato nuova vita alle rispettive carriere, con nuovi successi. Elvis mi vide scuotere la testa e disse "Che diavolo c'è che non ti convince?", risposi "Elvis, spero che almeno una volta tu voglia provare Chips Moman ed i suoi musicisti" e lui di nuovo "Forse, un giorno". In quell'istante Lottie, la cameriera, uscì dalla cucina per avvisare che la cena era pronta. Si alzarono tutti per andare in sala da pranzo tranne me.



Elvis mi disse "Vieni, andiamo a mangiare", gli dissi che non avevo appetito, lui sapeva che mentivo non c'era cibo che io non gradissi, soprattutto la bistecca che c'era quella sera! La verità era che non volevo ascoltare quello che dicevano riguardo Nashville. Tempo trenta secondi, Felton venne da me e disse che Elvis voleva vedermi in sala da pranzo, io gli risposi che, con tutto il rispetto per lui che veniva da Nashville, non volevo sentire parlare della sessione a Nashville, al ché lui rispose "No, Elvis vuole registrare a Memphis". Gli chiesi se stesse scherzando e lui disse di no, a quel punto mi catapultai in sala da pranzo. Chiesi a Elvis, indicando Felton, "Mi sta prendendo in giro?" Elvis disse di no e aggiunse che voleva registrare con Chips, ma che avrebbe iniziato il prossimo lunedì sera, poi aggiunse "Tu e Felton organizzate il tutto".
Voglio chiarire una cosa, per tutta la discussione, iniziata nel den e continuata in sala da pranzo, George Klein non disse una parola. Lo dico solo perché più tardi, nelle sue dichiarazioni e nel suo libro, si diede il merito della sessione, difatti nel suo libro riguardo a questa storia non ha fatto altro che sostituirsi a me. Cosa meschina e triste, a mio parere.
Andai con Felton nell'ingresso per telefonare a Chips in studio, che però non c'era, quindi lo chiamai a casa, rispose, ricordo la conversazione parola per parola.....
"Lincoln (è il suo vero nome), vuoi ancora incidere con Elvis?"
"Diavolo, sì!", mi rispose
"Beh, ce l'hai!" gli dissi
e lui "Non prendermi in giro adesso".
Gli dissi che non lo stavo affatto prendendo in giro, ma che però c'era un problema, Elvis avrebbe cominciato solo il lunedì sera e sapevo che Chips aveva programmato con Neil Diamond per la stessa sera.
La sua risposta?
"Vaff..... Neil Diamond! Lo posticiperemo."
"Allora d'accordo", risposi. Gli dissi anche che la sessione doveva essere interdetta a chiunque non facesse parte del personale addetto e gli chiesi di dire ai musicisti di non invitare o dire niente a nessuno a proposito. Mi disse che potevo stare tranquillo e che una volta che tutti erano dentro, le porte sarebbero state chiuse e bloccate.
Voglio chiarire una cosa.
E' stato scritto, da quando Elvis è morto, che io dissi a Chips come parlare con Elvis, cosa non gli doveva essere detto e cosa sì ed un mucchio di altre cavolate, è esattamente quello che sono, letame di toro.
Prima di tutto, se avessi detto qualcosa del genere, Chips mi avrebbe detto di andarmene affan....., Chips non permetteva a nessuno di dirgli come gestire le sue sessioni, inoltre perché mai avrei dovuto fare una cosa così stupida? Volevo che seguisse Elvis così come aveva fatto con gli altri artisti in tutti quegli anni.....e di grossi successi ne aveva avuto, avrei dovuto volere che cambiasse il suo modo di gestire le cose? Lui e Elvis andavano perfettamente d'accordo e quando Elvis voleva migliorare qualcosa, Chips non esitava ad incoraggiarlo. I risultati delle sessione furono fantastici, come tutti ben sanno.
Tornando a casa in macchina, alle prime ore del mattino, dopo la prima sera, Sonny guidava, Elvis era accanto a lui e Red e io eravamo sul sedile di dietro, Elvis si girò e ci guardò e con fare allegro disse "Sembra grandioso, mi sono proprio divertito a lavorare con quei ragazzi e voglio vedere di rifarlo".
Il che vuol dire "INCIDERE SUCCESSI".
Ero certo che le sessioni sarebbero andate alla grande, dopo quello che aveva detto.
Erano parecchi anni che non gli sentivo dire robe del genere......non certo negli anni '60, mentre girava i suoi film.

TS: Parlaci della selezione dei brani e delle fantastiche canzoni che incise in quella sessione e delle altre che aveva comunque preso in considerazione e che alla fine non usò.

ML:
Fondamentalmente le canzoni venivano da Parker, Bienstock e Hill&Range e per la maggior parte erano le solite orribili canzoni. Gliele mandarono unicamente perché su quelle avevano parte dei diritti e fu per quel motivo che Elvis cantava tutte quelle orribili canzoni nei suoi film. Elvis, fra l'altro, ne aveva alcune che avrebbe voluto registrare, registrate già da altri prima di lui e che diventarono successi più o meno grandi. Molte di quelle che scartò gli furono mandate da quei tre, Talmente brutte da dimenticare.

TS: Elvis si ammalò dopo solo un paio di giorni dall'inizio della prima American Session, che era iniziata il 13 Gennaio 1968, e non tornò prima di cinque giorni. Hai notato che, segnale positivo, la band fu in grado di lavorare e provare ad impostare basi fantastiche?

ML:
Fu un segnale positivo, non solo Elvis riuscì a guarire dalla sua laringite, ma fu l'occasione per fare una revisione delle canzoni che aveva registrato, quelle su cui i tre soggetti menzionati in precedenza non ci avrebbero guadagnato niente e sono orgoglioso di dire che era tutto merito mio. La sera precedente a quella in cui pensavamo di riprendere la sessione, eravamo nell'ufficio di Elvis ad ascoltare le restanti demo delle canzoni di Bienstock e Hill&Range, Elvis era seduto alla sua scrivania, Charlie, Lamar, Red e George erano seduti sul divano contro il muro alla sinistra della scrivania, ed io ero seduto nell'angolo della chaise longue, vicino alla porta imbottita da entrambi i lati, che portava sul pianerottolo e alle scale. Quando ascoltavamo le demo ne facevamo sempre tre pile "Sì", "No" e "Forse". Di solito le pile erano una o due, quella "No" era grande ed il "Forse" ne aveva quattro o cinque, ma in nessuna di esse c'era niente di sconvolgente. Elvis rimase pensieroso per un attimo e poi disse " Non riesco più ad avere delle buone canzoni." Nessuno parlò ed io fra me e me pensai "Come l'ho fatta, così la disfo", volevo che finalmente capisse che delle buone non ne aveva più.
Avevo imparato molto lavorando nell'industria musicale.
Saltai su e dissi "Elvis, io so perché non hai più canzoni buone".
Nessuno proferì parola, alcuni avevano un'espressione come a dire "Oh, merda, lo farà arrabbiare".
Nessuno disse nulla.
Lui mi chiese perché. Red aveva un leggero risolino sulle labbra, anche lui conosceva il perché in quanto, come compositore di canzoni incise da Elvis, anche lui era stato sottoposto a quello di cui stavo per dire.
Cominciai dicendo "Prima di iniziare premetto che non c'è compositore che non voglia farti incidere una delle sue canzoni.....", poi dissi qualcosa di decisamente sgradevole da dirsi ad un'icona musicale come Elvis, lo guardai in faccia e con schiettezza continuai ".....ma non hanno più bisogno di te!".
Non sapevo come avrebbe reagito forse mi avrebbe lanciato qualcosa oppure mi avrebbe detto di togliermi dalle scatole. Se ne stava seduto lì ed io mi alzai e andai nel mezzo della stanza e dissi "Lascia che ti spieghi. Quando sei partito eri la cosa più sicura per vendere un milione di dischi, ogni volta che ne usciva uno era cosa certa. Comunque quello che hai fatto, ha fatto esplodere il mondo della discografia ed ha aperto le porte e mostrato la strada a nuovi giovani artisti, di ogni genere, che iniziarono a vendere un sacco di dischi. Fin dall'inizio il Colonnello e la Hill&Range chiesero una parte dei profitti della canzone ad ogni compositore ed alle case editrici, se volevano che tu incidessi le loro canzoni, perché con te avevano la certezza di fare un mucchio di soldi.



Poi quei nuovi artisti arrivarono e vendettero un sacco di dischi grazie a quello che tu avevi iniziato, ma senza chiedere nessun diritto. Così i compositori, nonostante volessero che fossi tu ad incidere le loro canzoni, le davano agli altri artisti perché loro non pretendevano parte dei diritti. Tu dovevi sentire solo quello che il Colonnello e Freddy volevano farti sentire, finché le demo andavano, ed è una vergogna perché c'è qualcuno che sta scegliendo per te la tua fottutissima musica. Ogni volta che hai fatto Elvis Presley è stato un successo, ogni volta che hai fatto qualcosa che qualcun altro ha scelto per te non è andata così bene. Ed è per questo che non riesci ad avere più una buona canzone e non l'hai avuta per anni. Avevo finito e mi andai a sedere. Lamar era un po' seccato perché lavorava per la Hill&Range, ma in sua difesa bisogna dire che ci furono occasioni in cui voleva procurare canzoni a Elvis, ma loro dicevano di no. George sedeva a bocca chiusa. Red aveva un gran sorriso e Charlie stava seduto come un bozzo su un tronco, perché conosceva bene che la musica gospel e country ed in pratica non gli interessava. Mi sedetti guardando Elvis e ancora non capivo quale sarebbe stata la sua reazione....mi avrebbe tirato qualcosa o mi avrebbe cacciato fuori, in ogni caso avevo detto quello che avevo detto solo per il suo bene. Stava seduto lì e si dondolava sulla sedia e rifletteva, poi disse "Da ora in avanti voglio ascoltare tutte le dannate canzoni che posso e sarò l'unico a decidere quale registrare e quale no, diritti o non diritti. Voglio che ognuno di voi ragazzi mi procuri delle buone canzoni". Io sorridevo, lui mi guardò e disse "Ma tu sai se possiamo avere i diritti che sarebbe un buon affare" io risposi "Ma non se significa perdere la canzone".


TS: In The Ghetto fu una canzone eccezionale ed un cambio di direzione per Elvis. Cosa ricordi della sua reazione nell'ascoltare la demo e quale fu la sua valutazione prima di inciderla?

ML:
Il Colonnello Parker aveva sempre detto a Elvis di non fare mai una "message song" (canzone che contiene un messaggio) perché si sarebbe sempre inimicato la parte di pubblico contrario a quel messaggio. Assieme a Felton ed ai musicisti continuava ad ascoltare la demo, in studio. Klein, che era anche lui in studio, disse a Elvis che pensava fosse meglio non farla quella canzone. Elvis venne in sala controllo, dove eravamo io e Chips, e disse che aveva pensato di non farla. Io gli risposi che se mai avesse voluto fare una canzone di quel genere, quella era quella giusta, perché ero convinto che sarebbe stata un successo, Chips disse la stessa cosa. Ma Elvis non era convinto. So che aveva sempre in mente l'avvertimento di Parker. Poi Chips gli disse "Se non la fai tu, posso averla?" Elvis senza batter ciglio rispose "No, la farò". Tornò in studio, dove insieme alla band cominciò a lavorarci, poi Chips insieme ai musicisti ci aggiunse il suo tocco. Quando Klein vide che Elvis stava registrando la canzone, disse di aver cambiato idea, pensava che avrebbe dovuto farla. Elvis disse "No, merda, la farò". Opportunista. Non serve dire che il disco ebbe un enorme successo nella Top Ten e che fu cantata in modo eccezionale e con molto sentimento.

TS: Oltre alle sue capacità Chips portò nella sessione anche Suspicious Minds di Mark James, che fu l'ultima ad essere registrata e per la quale, giustamente, non rinunciò ai diritti. Cosa accadde in realtà quel giorno e quale fu il tuo contributo nell'incoraggiare Elvis a registrarla?

ML:
Eravamo in sala controllo quando Elvis disse a Chips che non sapeva cosa fare perché in effetti non aveva più buoni pezzi da incidere. Fu allora che Chips gli disse che aveva quella canzone, l'aveva prodotta cantata dell'autore, ma non era andata bene, era convinto che avrebbe potuto essere un successo e che era perfetta per Elvis. Elvis chiese se poteva ascoltarla e gli piacque, ma non era ancora sicuro se farla o no, alla fine fu Esposito a convincerlo a farla. Così Elvis andò in studio per lavorarci assieme a Chips ed ai musicisti, io ero in sala controllo quando entrarono Diskin e Bienstock per chiedere a Chips se potevano parlargli. Sapevo benissimo cosa volevano e quando Chips si alzò per condurli nello studio io li seguii, perché non volevo che rovinassero quella che per Elvis era stata una fantastica sessione. Chips si appoggiò contro il muro, Bienstock era di fianco alla sua destra, io ero alla sua sinistra e Diskin gli stava proprio di fronte.



Io dissi a Chips "So che tu hai i diritti su questa canzone che Elvis sta per fare", Chips annuì e Diskin disse "Ci piacerebbe parlare con lei per poter avere parte di quei diritti", al ché Chips rispose con enfasi "No!" e Diskin ribattè "Mr. Presley non incide nessuna canzone senza ricevere parte dei diritti" e Chips allora disse "Non potete averli" e Diskin "Bene, allora Mr. Presley potrebbe non incidere la vostra canzone", Chips, che nel frattempo si era leggermente innervosito, ribatté "Badate, io non chiedo quello che è vostro, quindi voi non chiedete quello che è mio, non lo avrete". Diskin ci riprovò, ma portò Chips all'esasperazione, era un tipo che non indietreggiava di fronte a nessuno, e con rabbia rispose "Le dico io cosa può fare, io non do' un accidente, sia che lo incida, sia che non lo incida e lei può prendere i suoi maledetti nastri e tutta questa gente e andarsene fuori di qui. Credevo fossimo qui per incidere dischi di successo ed è quello che faremo". Poco dopo Harry Jenkins, vice presidente della RCA Records, che era seduto di fronte con Diskin e Bienstock, venne nel corridoio e disse"Signori, Chips ha ragione, siamo qui per incidere dischi di successo e lo faremo". Harry è sempre stato una persona di gradevole buonsenso, ma mi sorprese perché dava l'idea di fare sempre quello che voleva Parker.
A quel punto Diskin disse "Beh, andrò a parlare con Mr. Presley e vedrò cosa vuol fare" e Chips "Prego si accomodi". Non volevo che Diskin mandasse in malora una sessione fantastica, quindi lo seguii nello studio senza che lui se ne accorgesse. Si diresse verso Elvis e Felton, Elvis lo vide e si accorse anche di me, che ero dietro a Diskin e scuotevo la testa. Diskin gli disse che aveva un problema con Chips, Elvis gli chiese di quale problema si trattasse e Diskin spiegò che Chips non voleva cedere alcun diritto. Guardando Diskin, ma vedendo anche la mia espressione, che voleva dire "Manterrai la parola?", Elvis mise una mano sulla spalla di Diskin e disse "Mr. Diskin, so che sta solo cercando di fare il suo lavoro, ma lasci gestire la sessione a Chips, Felton e me". A questo punto Diskin si girò e solo allora vide che c'ero anch'io. Non ne fu affatto felice! Prima di uscire mi girai verso Elvis e gli feci segno con il pollice in su perché aveva mantenuto la parola. Mi sorrise. Diskin uscì, sempre con me alle calcagna. Nel frattempo Chips era in sala controllo con i piedi poggiati sul tavolo dei comandi e fumava una delle sue orrende GD Camel senza filtro, quando Diskin gli disse "Mr. Presley ha detto che sarete voi due a gestire la sessione", ancora incavolato Chips ribatté "Era proprio questo il dannato modo in cui avevamo pensato di agire", a questo punto Diskin andò nella stanza di fronte per telefonare a Parker, in California o a Las Vegas, dovunque egli fosse, e sentii la sua versione dei fatti mentre gli riferiva l'accaduto. Gli disse che Elvis voleva gestirsi la sessione, poi aggiunse "Sei sicuro di volere che io faccia questo?" quindi attaccò, prese la sua borsa, tornò in hotel, fece i bagagli e volo a Los Angeles. Più tardi, da qualcuno che era con lui in quell'occasione, ho saputo che Parker gli aveva detto "Vuole gestire la faccenda senza di noi? Vieni via e lascia pure che sbatta il suo c≈lo per terra". Qualcuno lo ha sbattuto davvero il suo c≈lo per terra. Trentasei brani incisi in dodici giorni, quattro singoli di successo incluso il suo primo #1 dopo otto anni. Due album multi-platino ed una sessione che è stata proclamata la miglior sessione dagli anni della Sun.

TS: Verso la fine delle sessioni registrò, a mio parere, il pezzo più fiacco Hey Jude dei Beatles. Non era una buona versione. Che cosa lo portò a farla?

ML:
Gli piaceva semplicemente la canzone.

TS: C'erano due canzoni di cui furono registrate le basi Come Out, Come Out (Don Tomas e Mike Millius) e Poor Man's Gold (Mac Davis). Non sono rimaste registrazioni, ma so che fu fatta la parte vocale di Come Out, Come Out. Cosa ricordi riguardo a queste canzoni? Cosa ne pensava Elvis e perché della parte vocale non c'è traccia?

ML:
Non le ricordo, non erano assolutamente pezzi importanti per la sessione.

TS: L'ultimo giorno Elvis incontrò uno dei suoi eroi, Roy Hamilton, e gli cedette Angelica, che avrebbe potuto essere un grande successo per lui. Cosa ricordi di questo evento?

ML: A dire il vero fu il secondo giorno, no l'ultimo. Roy registrava nel pomeriggio e Elvis la sera. Roy era uno degli artisti che sono sempre piaciuti a Elvis, aveva una gran voce e Elvis sperava di incontrarlo prima o poi e per l'occasione avrebbe voluto fare qualcosa di molto speciale per lui. Quando Roy disse che aveva bisogno di qualche buona canzone da registrare, Elvis decise di dargli Angelica. Roy era eccitatissimo e ne fece una versione bellissima, che fu pubblicata dalla AGP di Chips e distribuita dalla Bell Records.








Mesi dopo ne diedi una copia a Elvis, gli piacque moltissimo. Questa storia però ha una triste fine.
In marzo o aprile Chips mi chiese se volevo lavorare per lui come general manager e vice presidente degli American, perché Aveva problemi con il socio, che non si occupava a dovere degli affari mentre Chips seguiva il lavoro di produzione. Dopo circa un mese ricevetti una telefonata dal manager di Roy, Bill Cook, del New Jersey, che mi informava che Roy era gravemente malato ed era in coma. Un paio di settimane dopo Bill chiamò di nuovo per dirmi che Roy era morto e mi chiese se volevo organizzare la conferenza stampa, dissi che l'avrei fatto, fu in quell'occasione che mi raccontò una storia incredibile e stravagante, ma vera, mi disse che erano in ospedale, Roy era in coma, lui si era seduto di fianco al suo letto assieme ai familiari di Roy, quando all'improvviso Roy si sollevò e si mise ad urlare "Sto venendo date, Angelica", poi si rimise giù e morì. Mentre me lo raccontava Cook piangeva. La cosa colpì me e tutti quelli che conoscevano Roy ed avevano inciso con lui quel disco, ovviamente commosse moltissimo anche Elvis quando glielo dissi. Gli mandò dei fiori.


TS: Nel tuo libro racconti che un giorno a Graceland, Elvis confidò a te e George Klein che Roy Hamilton insieme a Brook Benton, Jake Hess, Arthur Prysock e Billy Eckstine influenzarono molto i suoi gusti musicali. Perché pensi lo abbia detto solo a voi? Non voleva che nessun altro lo sapesse?

ML:
Accadde la stessa sera in cui gli parlai di incidere agli American Studios. Dopo aver sistemato tutto con Chips tornai in sala da pranzo, mi sedetti a tavola di fianco a Elvis e mangiai la mia bistecca. Dopo cena restammo lì a parlare. Volevo che Elvis comprendesse una cosa, "Elvis vuoi farmi un favore?", mi chiese di cosa si trattasse ed io risposi "Per queste sessioni tu avrai in Chips un produttore abituato a fare dischi di successo, i sei musicisti della sezione ritmica sono molto innovativi e talentuosi, lo studio ha un'acustica straordinaria e tutti noi sappiamo bene che tu sai cantare, vuoi per favore trovare qualche buon pezzo da registrare?". Mi disse che aveva appunto pensato di andare tutti di sopra, dopo cena per parlarne. Aveva un nastro con alcune buone canzoni scritte da quel tipo che gli era stato presentato da Billy Strange, un tipo originale. Elvis ci raccontò che quando entrò nella stanza quel tizio era seduto per terra in un angolo e suonava la chitarra. Gli chiesi come si chiamava questo tipo strano, mi rispose Scott Davis, che sarebbe il vero nome di Mac Davis.



Qualcuno, credo George Klein, tirò in ballo Dean Martin, per qualche ragione, e Elvis disse "Sapete, molte persone pensano che io idolatri Dean Martin e che cerchi di cantare come lui, ma si sbagliano. Mi piace come canta Martin, ma i grandi che mi hanno influenzato sono Roy Hamilton, Billy Eckstine, Arthur Prysock, Brook Benton ed il cantante gospel Jake Hess. Elvis amava le grandi voci e nei suoi primi dischi pronunciava alcune parole come faceva Jake. Ad esempio in Don't Be Cruel cantava "thellyphone" invece di "telephone".

TS: Sei riuscito a ri-prenotare lo Studio nel febbraio 1969 per riprendere con altre sei sere di registrazioni. Deve essere stato difficile per te organizzare, visto le altre prenotazioni.

ML:
No, in realtà no. Chips voleva registrare ancora qualcosa con Elvis ed ai musicisti piaceva molto lavorare con lui.

TS: Si è detto che Neil Diamond cedette parte del suo tempo in studio in modo da poter permettere a Elvis di incidere una delle sue canzoni....e Elvis fece una fantastica And The Grass Won't Pay No Mind. Cosa ricordi a proposito?

ML:
Non è vero, fu Chips ad organizzare la faccenda. Quella sera Elvis disse "Trovatemi qualche buon pezzo" Klein chiamò Neil, poiché ci eravamo visti mentre registrava agli American la prima volta, e gli chiese se aveva qualche canzone che potesse andar bene per Elvis. Neil ci offrì quella canzone senza pretendere nulla.

TS: Nella sessione di febbraio Elvis era in perfetta forma vocale e nonostante le canzoni non fossero "energiche", come in gennaio, tirò fuori ottime versioni di Kentucky Rain, Power Of My Love, After Loving You e Only The Strong Survive. Cosa ricordi del secondo periodo di sessioni e quali erano le tue preferite?

ML:
After Loving You e Only The Strong Survive. Non ricordo se fu durante queste sessioni o nelle precedenti, ma mi piacque molto la sua versione di Stranger In My Own Hometown di Percy Mayfield. Era tanto che voleva farla e c'erano i musicisti giusti a farla con lui.

TS: Di queste sessioni ci sono outtakes di ogni canzone, tranne che per The Fair Is Moving On. Gli autori, due compositori inglesi, mi dissero di averla data a Elvis per il passato da luna park di Parker. Mi sono sempre chiesto se Parker portò via i nastri, visto che non esistono outtakes. Riuscì a far questo? Cosa pensi sia successo a quei nastri?

ML:
Dopo le sessioni li aveva Felton tutti i nastri. Se poi li abbia dati a Parker questo non lo so, secondo me buon per Elvis che non ci fossero outtakes, visto che la canzone faceva schifo. Non sono un fan di tutte quelle outtakes che sono state pubblicate. Se Elvis avesse voluto che fossero pubblicate avrebbe dato l'ok durante le sessioni, ma lui e Chips pensavano che non fossero abbastanza buone, ed io sono d'accordo. Comunque, secondo me la Sony sta solo spillando soldi ai fan con tutta quella porcheria. Quante versioni di una canzone hanno bisogno di avere?

TS: Chips Moman e Felton Jarvis hanno fatto un buon lavoro di produzione delle sessioni. Come funzionava la loro collaborazione e cosa fu quel qualcosa di "speciale" che riuscirono a dare a Elvis?

ML: Non per sminuire Felton, ma fu Chips ad occuparsi dell'intera produzione. Il lavoro principale di Felton per la RCA era tenere allegro Elvis. Comunque Felton rischiò di rovinare Suspicious Minds, quando portò i nastri a Nashville e vi aggiunse quella dissolvenza e quella ripresa improvvisa alla fine. Quella porcheria poteva andar bene sul palcoscenico, ma non su disco. Ti dico una cosa, molti disc jockey e conduttori di programmi radio si sono lamentati le prime volte, quando ancora non lo sapevano, pensando che il brano fosse finito iniziavano a parlare e all'improvviso arrivava la ripresa che copriva le loro voci. Ad una importante Record Convention ad Atlanta, verso la fine di quello stesso anno, quando Chips vinse il premio "Produttore dell'Anno", la persona a capo di tutta l'organizzazione, Bill Gavin, disse a me e Chips proprio quello che ti ho appena detto, voleva sapere perché Chips avesse fatto questa cosa. Chips non aveva mai fatto una cosa del genere. Ci disse che molti registi avevano minacciato di non suonare più quella canzone, finché a qualcuno venne la brillante idea di tagliare la canzone prima della ripresa.

TS: Dopo aver terminato il suo ultimo film, Change Of Habit, Elvis tornò ad esibirsi dal vivo a Las Vegas. Credo ti sia perso il primo concerto, ma c'eri in quelli successivi. Parlami dello show e dell'umore di Elvis per il ritorno a quello che amava fare di più?



ML:
George Klein ed io arrivammo lì il giorno prima del suo show d'apertura. Io chiamai Joe nella suite al 29° piano per avvisarlo appunto che eravamo lì, la super suite al 30° piano non era ancora stata ultimata. Chiesi a Joe se erano in stanza così li avremmo raggiunti. Lui ci disse che Elvis non voleva vederci fin dopo lo spettacolo e ci chiese di non andare la prima sera, quando tutti i VIP e gli invitati del Colonnello sarebbero stati tra il pubblico, era certo che il teatro sarebbe stato affollatissimo. Elvis era nervoso e ci voleva la seconda sera perché, credeteci o no, non era sicuro che ci sarebbe stato molto pubblico e che la maggior parte sarebbero stati volti sconosciuti, lui voleva volti familiari tra il pubblico e si sarebbe sentito meglio sapendo che noi eravamo lì. Il più grande e famoso artista della storia aveva paura che nessuno sarebbe andato a vedere il suo show!


TS: Elvis ampliò la sua selezione di canzoni per i suoi concerti e per il film That's The Way It Is. Avevi raccomandato qualche canzone in particolare e quale fra quelle di quel periodo pensi che Elvis abbia sentito particolarmente sua?

ML:
No, ma ero a Los Angeles per lavoro, quando lui e i ragazzi andarono a vedere la prima bozza del film alla MGM, il regista era seduto di fianco a Elvis e c'era una canzone, non ricordo quale, dove alla fine la sua voce ha un crescendo drammatico e potente, in quel momento la telecamera lo sta inquadrando e che io sia dannato se in quel preciso istante il regista non va ad inquadrare il pubblico. Io ero seduto un paio di file davanti a Elvis e incredulo scossi la testa, solo uno sguardo d'aquila avrebbe potuto notare il movimento della mia testa, lui mi chiese "Cosa?" ed io gli risposi "Parli con me?", "Sì", disse, "Cosa c'è che non va?" ed io risposi "Hanno spostato la telecamera da te al pubblico proprio durante un momento forte e drammatico della tua interpretazione". Mi disse che lo aveva notato anche lui, poi si girò verso il regista e gli suggerì di sistemare la cosa in qualche modo. Forse feci incavolare il regista, ma non me ne frega niente, l'ho fatto per Elvis e poi quel regista non lo avevo mai visto prima. Era così poco importante per me che non conoscevo nemmeno il suo nome e adesso non lo ricordo.

TS: La separazione da Priscilla portò Elvis ad esprimere le sue sensazioni nelle canzoni che incideva. Separate Ways,
Where Do I Go From Here
, Always On My Mind e Fool sono alcune di queste. Che contributo hai dato per la scelta di queste canzoni? Queste canzoni furono una sua richiesta specifica dopo la separazione?

ML: Per quanto ne so, Separate Ways fu l'unica che sentiva adatta alle circostanze. Io gli procurai Where Do I Go From Here. L'avevano scritta i fratelli Mentor e Paul Williams, me le aveva date un amico, Allen Ryder, vice presidente della Irving/Almo Music, A&M's Publishing Company di Los Angeles. Che io sappia l'unica uguale a Separate Ways è We Had It All. Nonostante gli piacesse, quando gliela portai alla Stax per la sessione, decise di non farla perché non voleva che la gente pensasse che la stesse cantando per lei e non voleva che nemmeno lei lo pensasse.

TS: Nel 1973 sei andato con Elvis alle Hawaii, per l'Aloha TV Special. Fra le canzoni Elvis aveva incluso It's Over, What Now My Love, You Gave Me A Mountain, Steamroller Bluese I'm So Lonesome I Could Cry. Nel tuo libro "Portrait Of A Friend" hai detto che It's Over aveva un significato speciale per lui. Fu scritta da Jimmie Rodgers e registrata nel 1967 da Eddy Arnold, ma perché era speciale per Elvis e perché aveva aggiunto quelle nuove canzoni alla scaletta dello show?




ML: It's Over potrebbe essere stata scelta per Priscilla, era come mandarle un messaggio. Io gli avevo procurato una copia di Steamroller Blues, che Chips aveva prodotto con il suo gruppo The Masqueraders e che per loro fu un successo, la loro era una versione R&B, i musicisti degli American Studios erano fortissimi in questo campo. Se Elvis avesse inciso questa canzone con loro e fosse tornato ai fantastici giorni agli inizi della sua carriera, sarebbe stato uno dei suoi dischi di maggior successo, invece la incise con un altro gruppo di musicisti che non si sforzò più di tanto. Cosa dire per le altre canzoni, gli piacevano e basta. E' questa la ragione principale per cui cantava la maggior parte delle canzoni, contrariamente alle teorie di tutte quelle persone che non lo conoscevano, semplicemente a lui piaceva cantare quelle canzoni, oltretutto in alcuni casi poteva anche mostrare la potenza della sua voce e It's Over ne era un esempio.

TS: Nell'estate del 1973 sei stato fondamentale per l'organizzazione delle sessioni a Memphis, alla Stax. Come vedi il suo primo set di sessioni lì?

ML:
Un pomeriggio andai a casa sua e lui e i ragazzi erano in piscina insieme a Linda Thompson. Elvis era in fondo, vicino al trampolino e quando mi vide andare verso la piscina mi urlò di trovargli uno studio, qualsiasi tranne l'American e aggiunse "Queste sessioni non significano un accidente per me, le sto giusto facendo perché il Colonnello e la RCA mi stanno tormentando per fare nuovi dischi. Sapevo che quella per lui era una sessione di scarsa importanza. Gli procurai Raised On Rock, pensavo però che sarebbe stato meglio se l'avesse incisa all'American con Chips ed i suoi musicisti. Pensavo che il disco non sarebbe venuto bene se l'avesse fatto con altri musicisti. Quasi tutte le altre canzoni erano porcheria proveniente da Bienstock e dalla H&R.

TS: Il secondo turno di registrazioni, in dicembre 1973, alla Stax fu più prolifico e tu portasti alcune canzoni per questa sessione. Lovin' Arms un grande successo di Dobie Gray, c'è ancora un mistero su We Had It All, portata sempre da te per la sessione. Quali altre procurasti? Cosa ricordi di quelle canzoni e delle altre della sessione?

ML:
Credevo sarebbe stata orrenda come la prima, come ho già detto lui pensava fosse una cosa da buttare là e via. Fece un ottimo lavoro con Lovin' Arms, ero certo che la sua voce si sarebbe adattata perfettamente alla canzone, gli piaceva davvero. Ovviamente quella canzone messa a confronto con la porcheria procurata da Bienstock, era meravigliosa. Di We Had It All ne abbiamo già parlato prima.
Voglio raccontare questa storia perché fu l'ultima sessione a cui andai, visto che Parker aveva detto a Esposito e Felton, almeno a quello che ho sentito, di non farmi sapere quando ci sarebbero state altre sessioni perché non voleva che portassi altri pezzi su cui loro non avrebbero avuto alcun guadagno. Quando Elvis ascolto Raised On Rock la portò subito in studio per lavorarci con i musicisti. Io rimasi nell'ufficio di Jim Steward, il proprietario della Stax, perché così solevamo fare durante le sessioni. Regole del nostro Quartier Generale. Ero seduto dietro la scrivania, alla mia destra, su un divano, c'erano Bienstock, Diskin e Vernon Presley. Freddy mi disse, con tono sarcastico e con il suo accento austriaco, mentre Diskin e Vernon mi guardavano "Marty, ho notato che procuri canzoni da alcune delle solite case editrici, prendi dei soldi per questo?", io risposi "Sì, è vero, la mia compagnia rappresenta alcune di quelle case editrici ed anche altre, ma non prendo soldi da loro, voglio semplicemente che Elvis abbia delle buone canzoni". Lo dissi enfatizzando la parola "buone", mi riferivo a lui. Allora lui continuò, ancora con sarcasmo, ma questa volta in un modo che forse avrei voluto Elvis non sapesse. "Cosa credi che direbbe Elvis se lo sapesse?". Sorrisi e guardandoli tutti e tre risposi "Beh, Freddy, perché non vai dentro e glielo dici? Così lo saprai?" e poi aggiunsi "In ogni caso, posso risparmiarti un viaggio, perché lui lo sa già. Non faccio mai niente del genere senza dirlo prima a Elvis". Li fissavo intensamente, tutti e tre, poi poggiai i piedi sulla scrivania e mi stesi all'indietro. Lui tacque. Aspettai più o meno cinque minuti poi, non resistendo più nella stessa stanza con quei tre ipocriti, mi alzai e andai in sala controllo con Elvis. Bienstock non dovrebbe mai far domande a nessuno riguardo al far soldi su Elvis, lui e Parker erano due campioni in quel campo.




TS: Fu dopo la seconda sessione alla Stax che Parker e la Hill&Range ti impedirono di procurare canzoni a Elvis, nascondendoti il calendario delle sessioni. Come accadde e cosa ne pensava Elvis?

ML:
Ho già spiegato come accadde ed ho i miei dubbi che Elvis ne fosse a conoscenza, perché non si interessava mai di cose del genere e non credo proprio che loro gli dicessero quello che facevano. Lui probabilmente pensava che io sapessi, ma che avessi altri impegni in quel periodo.

TS: Tu, o qualcuno degli altri ragazzi, possedete qualche acetato così da poter ascoltare una delle sue sessioni? Sai di altre canzoni che fece e che non furono mai pubblicate?

ML:
No, io non ne ho nessuno e non avrei voluto la maggior parte di quelli che gli mandava Bienstock. Non so se qualcuno dei ragazzi ne abbia.

TS: Perché credi che Elvis non volesse registrare durante gli ultimi anni della sua vita?

ML:
Era stufo di tutta quella roba. Perché scomodarsi ad incidere visto che ti davano solo della porcheria?

TS: Eccetto una sessione a Hollywood, Elvis registrò solo a Memphis durante gli ultimi quattro anni. L'ultima sessione ebbe luogo a Graceland, nella Jungle Room. Cosa pensi del fatto che la RCA andò lì per fargli incidere qualcosa?

ML:
Ridicolo! Lo fece perché non voleva fare lo sforzo di andare in studio.

TS: Delle canzoni che ha inciso, quali preferisci e quale ha maggior significato?

ML:
Una fra quelle che preferisco è I'll Remember You di Kui Lee. Elvis aveva catturato l'essenza della canzone con la sua voce. Me ne piacciono anche alcune degli inizi dei 60s, tipo I Got Stung, (Marie's The Name Of) His Latest Flame e qualche altra.

TS: Per finire come riassumeresti il periodo delle registrazioni – gli alti e bassi – di Elvis Presley?

ML:
Grandioso dal 1954 al 1961 o '62. Dal 1962 al 1969 perfetto, non alterato dalla porcheria dei film, 1969 e 1970 grandioso. Il resto mediocre, ma era ancora una grandissima icona culturale, che ha cambiato il mondo negli anni '50 e, secondo me, il più grande ed il più famoso artista della storia. Mi manca, ma grazie a Dio il mondo ha ancora le sue registrazioni originali, perché quando tutto è stato detto e fatto la sua musica è la cosa importante ed è quello che la gente si gode e non preoccupiamoci di tutta quell'altra insignificante porcheria nella sua vita e di quello che la gente ha inventato su di lui.

La prossima volta, nella terza parte dell'intervista, parleremo delle persone che hanno fatto parte del mondo di Elvis. Marty ci parlerà di tutti, da Gladys a Vernon Presley ad Hamburger James!
Le sue opinioni continueranno ad essere valutate per la loro sincerità e saranno scritte esattamente come lui dirà che sono accadute. I suoi commenti saranno una piacevole aggiunta alla nostra sete di informazioni riguardo al più grande artista del mondo mai visto, attraverso gli occhi di Marty avremo una visione più genuina, che allargherà gli orizzonti della nostra conoscenza. Io per primo sono molto impaziente!



10/03/2013 01:01
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Grazie Valeria!!!!...
si respira letteralmente Elvis qua.L'incontro con i Beatles..è sempre
emozionante leggerne i particolari..la sorpresa nel vedere un
telecomando pazzesco..."Green Green Grass Of Home",anche questa
è proprio una bella storia..i telefoni a gettoni...Johnny Rivers
non ci sono parole...la storia sulla session di Memphis è
affascinante...ho il libro di George Klein ed è vero che scrive
che fu lui a convincere Elvis a incidere all'American.

Hai fatto un grandissimo lavoro Valeria...
mi hai fatto immergere nell'entourage di Elvis
mostrandone i lati positivi e negativi che
stavano intorno a Lui,

Grazie e naturalmente conto di leggere presto
anche la terza parte... [SM=g8431] [SM=g8146]

10/03/2013 10:48
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Vali, GRAZIE! GRAZIE! GRAZIE!!!!Mi sono immersa nella lettura,quanti particolari interessanti!....in attesa della terza parte..che forse ci riserverà altri aneddoti poco conosciuti della vita di Elvis... [SM=g8431] [SM=g8431] [SM=g8431] [SM=g8431] [SM=g8431]
10/03/2013 18:11
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Un'altro magnifico lavoro Valeria!! GRANDE GRANDE GRANDE!!!

Mi è piaciuto molto il finale:

ML: Grandioso dal 1954 al 1961 o '62. Dal 1962 al 1969 perfetto, non alterato dalla porcheria dei film, 1969 e 1970 grandioso. Il resto mediocre, ma era ancora una grandissima icona culturale, che ha cambiato il mondo negli anni '50 e, secondo me, il più grande ed il più famoso artista della storia. Mi manca, ma grazie a Dio il mondo ha ancora le sue registrazioni originali, perché quando tutto è stato detto e fatto la sua musica è la cosa importante ed è quello che la gente si gode e non preoccupiamoci di tutta quell'altra insignificante porcheria nella sua vita e di quello che la gente ha inventato su di lui.

Bellissime parole!!
10/03/2013 20:59
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rinnovo il mio grazie a Zia Vali la recensione e molto gradita avanti tutta....
[SM=g8431]
11/03/2013 03:28
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Ragazzi/e siete tutti/e molto carini/e e vi ringrazio tantissimo, spero presto di potervi far leggere la terza ed ultima parte di questa intervista.
[SM=g8146] [SM=g8146] [SM=g8146]

11/03/2013 16:22
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brava VALERIA!!!!

The king will never die....Elvis forever!!
12/03/2013 00:31
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Grazie Davide!

12/03/2013 00:33
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ESSENTIAL ELVIS - THE ELVIS MAG



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Intervista in 3 parti di Trevor Sympson
a Marty Lacker - Memphis Mafia Foreman


Traduzione di Valeria Giannotta

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PARTE III



Nelle due parti precedenti Marty Lacker ci ha raccontato com'era vivere e far parte della cerchia privata del super protetto mondo di Elvis Presley. Marty è stato come una boccata d'aria fresca nello smentire molte delle esagerate storie che sono state raccontate su Elvis da quelli le cui menti sono state annebbiate dal passare del tempo.

La cosa importante che ho imparato di Marty è che lui ha raccontato solo avvenimenti da lui vissuti, situazioni in cui lui era presente, fatti di vita vissuta da Marty in prima persona. A differenza di altri, lui non si è inventato nessun aspetto del periodo passato con Elvis. La sua onestà nel raccontare le cose così come sono accadute è stata un'assoluta rivelazione per me e sono sicuro che così sarà per molti di voi, che leggeranno i suoi commenti in questa super sensazionale serie di interviste.
E' evidente che Marty amava Elvis e, malgrado l'umana fragilità e debolezza del Re del Rock 'n' Roll, gli abbia sempre detto la verità, nonostante ci fossero altri fra i sancta sanctorum che, con il loro atteggiamento servile, dicevano a Elvis solo quello che pensavano volesse sentire.
Dopo aver fatto le mie domande, nelle prime due parti dell'intervista, sul mondo di Elvis vissuto da Marty e sulla musica, voglio concludere scoprendo qualcosa di più sulle altre persone che facevano parte del mondo di Elvis. Marty non ha mai conosciuto la madre di Elvis, Gladys Presley, ma conosce bene il dolore che la sua morte ha causato a Elvis. Ho iniziato chiedendogli cosa gli diceva esattamente Elvis, in privato, sull'impatto che la sua morte aveva avuto su di lui.


ML: Fu devastato dalla sua morte, loro due erano molto legati fin dalla sua nascita, perché il suo fratello gemello era nato morto e le fu detto che non avrebbe potuto più avere figli. Quindi, era molto protettiva nei confronti di Elvis. Mi disse anche che aveva minacciato di fare cattiva pubblicità all'Esercito, perché subito il suo ufficiale comandante non voleva lasciarlo andare a casa per il funerale. Non si preoccupò mai davvero di nessun'altra persona adulta, incluso suo padre, dopo la morte di lei, perché lei era stata una figura dominante nella sua vita e nessuno avrebbe mai potuto rimpiazzarla. Da quel momento si fece carico della sua nuova vita.



TS: Elvis parlava molto della sua infanzia, di sua madre e del suo fratello gemello?

ML:
Quando gli chiedevano di suo fratello diceva che non sapeva com'era. A volte si guardava allo specchio e parlava di quanto fosse bello e ricco e che il mondo non avrebbe potuto sopportarne due, ma scherzava semplicemente. Non amava affatto parlare di sua madre, perché la cosa lo rattristava. Comunque ho la sensazione che abbia parlato con Billy di lei perché lui e Lamar erano un collegamento con sua madre. Per Gladys, Billy era il nipote preferito ed il padre di Billy, Travis Smith, era il suo fratello preferito. Anche Lamar era molto attaccato alla signora Presley.


TS: Non hai conosciuto Gladys, ma hai conosciuto molto bene il padre di Elvis, Vernon. Che tipo era?



ML:
Suo padre mi piaceva abbastanza anche se c'erano aspetti del suo modo di fare che non condividevo. Lui era anti-Semitico ed io sono Ebreo. Inoltre litigò con mio cognato e mia sorella quando fecero tutte quelle ristrutturazioni a Graceland e costruirono il Meditation Garden. Era risentito del fatto che non avevano chiesto la sua approvazione su niente, perché Elvis aveva detto loro che dovevano concentrarsi su quello di cui avevano discusso e stabilito con lui. A Vernon fra l'altro non piaceva la maggior parte dei ragazzi, perché non voleva che Elvis spendesse soldi per noi o per nessun altro perché, come spesso Elvis diceva, aveva paura che sarebbe andato in rovina e che a lui sarebbe toccato tornare a lavorare, cosa che aveva sempre odiato fare.
Discutevano spesso su come Elvis spendeva i suoi soldi e la cosa faceva molto arrabbiare Elvis, che per tutta risposta usciva e spendeva intenzionalmente di più, solo per irritare suo padre.
E' strano come vadano a finire le cose. Nel 1979, dopo aver vissuto per un anno e mezzo a Irvine, in California, con mia moglie e i miei figli, ero pronto a tornare a Memphis. Dopo il nostro ritorno fui invitato alla cerimonia d'apertura per i VIP, della stagione di Libertyland e quando arrivammo lì Vernon era su una sedia a rotelle ed aveva un aspetto molto triste. Allora Grob e Charlie erano stati licenziati entrambi da Vernon. Grob perché era stato beccato proprio da Vernon a scattare foto all'interno di Graceland, cosa proibita, e Charlie perché Vernon pensava che ormai per lui fosse tempo di andarsene e smettere di dargli da mangiare. Comportamento tipicamente da taccagno, Vernon e Charlie si comportavano sempre come fossero buoni vecchi amici. Così un venerdì mattina erano in cucina che fumavano e prendevano un caffè con la loro colazione. Si stavano proprio divertendo, scherzavano, dicevano cavolate, proprio come due buoni amici. Finito di mangiare Charlie andò in ufficio per prendere il suo assegno, visto che il venerdì era giorno di paga. Dopo aver detto a Patsy Gambill un paio delle sue sdolcinate spiritosaggini, aprì la busta ed ecco che insieme all'assegno c'era un fogliettino rosa e, non ne sono proprio sicuro, ma penso non ci fosse alcuna liquidazione. Comunque quando vidi Vernon al luna park io quasi non mi avvicinai, a causa del suo modo di comportarsi nei confronti miei e della mia famiglia e perché fu la causa dell'unico momento poco gradevole, fra me e Elvis, di tutti quegli anni. Causato da una bugia che gli aveva detto suo padre riguardo a mio cognato e mia sorella ed al fatto che io ero Ebreo. In ogni caso, per il suo aspetto triste e solitario e perché nessuno gli prestava attenzione, mia moglie Patsy ed io ci avvicinammo a lui e lo salutammo. Mi chiese quando ero tornato. Glielo dissi e gli spiegai anche perché tornato dalla California non ero andato al funerale di Elvis. Mi disse che lo sapeva già, perché Billy glielo aveva detto e lui aveva capito che mia moglie era troppo malata per lasciarla sola, nonostante avessi già il biglietto dell'aereo. All'improvviso mi chiese perché non ero andato a trovarlo a Graceland. Pensai che fosse un tantino ironico visto il modo in cui si era sempre comportato quando Elvis era vivo. Spiegai che alcuni mesi prima mi ero fermato a Memphis mentre andavo a New York per lavoro e avevo passato un pò di tempo con Billy e Jo, che vivevano ancora nella roulotte, nel giardino dietro Graceland. Quando lui e Grob si diressero verso la villa gli dissi che sarei andato con loro, ma Grob, quella testa di cavolo della sicurezza, a quel tempo, con franchezza mi disse che non potevo andare in casa per vederlo. Gli risposi di andare affan..... . Non conoscevo le regole di Vernon, da quando Elvis era morto e lui ora era quello che avrebbe sempre voluto essere, il re della collina. Così rimasi nella roulotte a parlare con Jo e mangiare un po' del suo buon stufato di manzo. Vernon mi disse che non avrei dovuto dare ascolto a Grob e che avrei dovuto andare a trovarlo. Dopo di che ci salutammo, non rividi più Vernon e non andai nemmeno ai suoi funerali. Ho buona memoria e non dimentico.

TS: Cosa diceva Elvis del fatto che Vernon e Dee Stanley si vedevano e quale fu la sua reazione riguardo a un eventuale matrimonio e all'avere dei fratellastri?



ML:
La detestava ed era risentito perché suo padre aveva cominciato a frequentarla in Germania troppo presto dopo la morte di sua madre. Come tutti sanno, si rifiutò di andare al loro matrimonio in Alabama e non volle che lei vivesse a Graceland. Riguardo ai suoi tre figli, la prima volta che andarono a Graceland era dispiaciuto per loro perché per colpa della loro madre non avevano una vita familiare. Li trattò sempre bene, regalava loro un mucchio di giocattoli per rendere la cosa più facile a loro e a suo padre. Ma non li ha mai considerati suoi fratelli. Questo lo affermò negli anni un sacco di volte ad alcuni di noi.
In quanto a lei, c'erano volte che non la voleva in casa. A volte gli capitava di vederla avvicinarsi alla porta posteriore di casa e allora diceva a uno di noi di chiuderla a chiave, in modo da costringerla a passare dalla porta principale. Questo avrebbe permesso a Elvis di andare di sopra così non l'avrebbe incontrata. Lo faceva anche quando c'era suo padre seduto lì con noi!
Dee fu anche causa di dissidi fra le mogli ed Elvis sapeva benissimo che era lei a scatenare tutto quel trambusto. Era talmente subdola e meschina che a Natale mentiva dicendo a qualcuna delle mogli che aveva comprato per loro un bellissimo regalo, pensando di ricevere in cambio qualcosa di altrettanto bello e costoso. Ma nessuna ci cascò mai e quando arrivava Natale lei non aveva comprato loro proprio un bel niente. Elvis era a conoscenza di tutto questo e la cosa lo disgustava parecchio. Elvis con grande gioia diede al padre i soldi per divorziare da lei.



TS: Vernon ha dato sempre l'impressione di essere un buon padre per Elvis, ma sembrava anche molto accorto con i soldi, ed era un grande donnaiolo. Per molti versi il suo carattere era contraddittorio. Era complesso come Elvis, che analogie e che differenze pensi che ci fossero fra loro?

ML:
Cauto con i soldi è un modo carino per dire spilorcio! Vernon temeva che Elvis restasse in bolletta e che lui dovesse tornare a lavorare, secondo quanto ci diceva Elvis.
Vernon era così avaro che aveva acquistato al Surplus City le cose per arredare parte di Graceland. La cosa esasperava ed imbarazzava molto Elvis. Elvis con tutta la sua fama e la sua fortuna e suo padre che acquistava a buon mercato al Surplus City. Era una cosa che lo imbarazzava davvero molto.
Comunque, per un altro motivo, Vernon pensava di essere più uomo di Elvis e ad un certo punto ebbero una lite furibonda a proposito, in sala da pranzo di fronte a me e ad uno degli altri ragazzi, mentre Elvis cercava di fare colazione. Vernon disse esattamente a Elvis "Io sono più uomo di quello che tu sarai mai" cosa che non andò affatto a genio a Elvis, che prese il piatto della colazione e lo lanciò nell'ingresso. Dopo di che andò di sopra imprecando. Vernon era anche convinto di essere un donnaiolo, ma l'unica ragione per cui una donna gli prestava attenzione era perché era il padre di Elvis Presley e a volte Elvis non glielo faceva dimenticare. Elvis voleva molto bene a suo padre, ma a volte si incavolava con lui.

TS: La nonna di Elvis sembrava essere un tipo originale. Com'era in effetti?



ML:
Oh, era fantastica. A volte era divertente, a volte saggia e fondamentalmente le piacevano tutti a differenza di suo figlio Vernon. Amava e adorava Elvis. Era divertente quando parlava del suo ex marito, il nonno di Elvis, che l'aveva lasciata molti anni prima. Sputava veleno quando parlava di lui. Era un tipo solitario, passava molto tempo nella sua stanza, ma era sempre felice quando qualcuno le andava a far visita. Nel periodo in cui mia sorella stava ristrutturando Graceland andava a farle visita ogni giorno, nonostante Vernon le avesse detto di non farlo, ancora una volta l'anti-Semitismo riaffiorava. Ma Grandma si lamentava con Elvis di quello che faceva Vernon e così Elvis disse a mio sorella di continuare ad andarla a trovare.
Quando venivamo a Graceland ed i miei parenti venivano a trovare mia madre, andavamo sempre a trovare anche lei. Ogni mattina, quando vivevamo lì, Grandma chiamava mia moglie Patsy e le chiedeva di mandare giù in cucina mio figlio di due anni per fare colazione insieme con biscotti e melassa. Credo che le ricordasse quando Elvis era un ragazzino. Elvis le voleva un bene dell'anima e non passava giorno, quando era a casa, che non passasse un po' di tempo con lei nella sua stanza. Si volevano davvero un gran bene.

TS: Elvis chiamava sua nonna "Dodger" (Ndt: "persona furba/scaltra/falsa", ma non è ovviamente il caso di Grandma, nel suo caso è intesa come "furbacchiona" perché non si faceva mai fregare da nessuno), gli piaceva molto dare soprannomi alle persone. Il suo senso dell'umorismo è ben noto, dimmi i soprannomi degli altri del gruppo, come sono nati, a cominciare da te che eri conosciuto come "Moon".

ML:
Fu durante uno dei nostri viaggi a bordo del bus, stavamo andando da Memphis a Hollywood. Una sera ascoltavamo un nastro che avevo fatto io con alcune delle canzoni preferite da Elvis, quando iniziò Moon River, cantata da Andy Williams. Io e Jo Esposito eravamo davanti in cabina con Elvis, che come al solito guidava. Joe cominciò a cantare assieme a Andy Williams, solo che cambiò i versi in "Moon Lacker, wider than...." (Moon Lacker, più largo di...) iniziammo tutti a ridere e Elvis mi guardò e disse "Moon Lacker, you poor ol' bald headed son of a bitch" (Moon Lacker, povero, vecchio, pelato figlio d'un cane). Ridemmo come matti e da quel momento in poi io fui chiamato "Moon".
Joe lo chiamavamo "Jaws" (Mascelle) perché aveva le guance paffute. Il soprannome di Alan Fortas era "Hog Ears" (Orecchie di porco) per la forma delle sue orecchie. Elvis soprannominò Richard Davis "Broom" (Scopa) perché era magro come un manico di scopa. Billy Smith invece lo chiamavamo "Marble Eyes" (Occhi a palla) per la forma dei suoi occhi. Elvis chiamava Lamar in un sacco di modi, uno dei preferiti era "The great speckled bird" (Il grande uccello maculato) o per abbreviare "Birdie" (Uccellino). Sonny era "Hunk" (Fusto) perché era grande e grosso e piaceva alle donne. Red era semplicemente "Red" (Rosso), che poi era sempre stato il suo soprannome e fra l'altro aveva i capelli rossi, in realtà si chiamava Bobby (Robert). Jerry Schilling era "Milk" (Latte) perché si preoccupava della salute. Elvis era "Crazy" (Matto) per il suo pazzesco senso dell'umorismo e per le cose pazze che spesso faceva. Priscilla, io la chiamavo "Midge" (Moscerino) perché era piccolotta e perché non le piaceva essere chiamata così, ma io lo facevo giusto per farla arrabbiare.

TS: Fra tutti quelli della famiglia, forse il cugino di Elvis, Billy Smith, era quello più legato a Elvis. Tu lo conosci bene, ma com'era veramente e che cosa aveva dato a Elvis per essere così unico e apprezzato?



ML:
La cosa più grande che aveva offerto a Elvis era la famiglia. Billy e Elvis erano molto legati fin da quando Billy era molto piccolo, a East Tupelo. Billy era molto legato anche alla madre di Elvis perché la signora Presley gli voleva molto bene e spesso lo badava da piccolo mentre i suoi genitori erano al lavoro. Il padre di Billy era il fratello preferito della signora Presley. Elvis ed i suoi genitori, insieme a Billy, suo fratello Bobby ed i loro genitori, si spostarono tutti, con la macchina di Travis, il padre di Billy, nella zona nord di Memphis e vissero sempre molto vicini, quasi come fossero un'unica famiglia.
Quando Elvis acquistò Graceland, la famiglia di Billy andò a stare in una casetta che si trovava nel giardino sul retro della villa, addirittura ancor prima che i Presley si trasferissero lì. Travis fu il primo guardiano al cancello di Graceland.
Billy più che un cugino fu un fratello minore e finì con l'essere il più vicino a Elvis negli ultimi anni della sua vita. Billy è un amico sincero, siamo stati molto legati nel periodo in cui entrambi lavoravamo per Elvis, quando eravamo compagni di stanza nella casa di Bellagio Road, nel 1961. Tutt'ora siamo grandi amici, come lo sono Jo Smith e mia moglie, Patsy. I nostri figli sono cresciuti assieme. Billy è una persona leale, che dice le cose come stanno e se non ti piace quello che dice sono cavoli tuoi. Riesce anche ad essere cocciuto come un mulo, ma ha un gran senso dell'umorismo e gli piace prendere in giro le persone. E' sempre stato molto leale con Elvis e, nemmeno con lui, ha mai avuto problemi a dire quello che pensava.

TS: Parliamo di Priscilla. Quando l'hai incontrata la prima volta? Che cosa di lei affascinò Elvis? Puoi descrivere la loro relazione prima del matrimonio?



ML:
L'ho conosciuta nel 1961 a Graceland, un pomeriggio, durante un break alla stazione radio dove lavoravo allora, la WHBQ, periodo in cui non lavoravo per Elvis. Fu infatti poco prima che mi chiedesse di tornare a lavorare per lui. Elvis era seduto, cosa insolita, su un gradino davanti casa, assieme ad uno dei ragazzi. Parlammo un po' e poi gli dissi che dovevo tornare al lavoro. Lui mi disse "Aspetta qualche minuto, voglio mostrarti qualcosa". Dopo un attimo uscì Priscilla, con i suoi capelli neri cotonati e raccolti. Aveva tanto trucco addosso, che bastava a truccarne tre di ragazze e camminava come se volesse far mostra di sé. Era attraente, ma che modo di riferirsi a lei! Non "Voglio presentarti qualcuno", bensì "Voglio mostrarti qualcosa", come se fosse un oggetto o qualcosa di nuovo che aveva appena acquistato.
Pensai che fosse molto attraente, ma non bella, poiché cercava di esserlo a tutti i costi, non era spontanea. Elvis mi guardò e sorridendo mi chiese "Non è fantastica?" Io risposi gli di sì. Voglio dire, cos'altro avrei potuto rispondergli "No, non lo è"?
Elvis ci presentò e noi ci salutammo.
Che cosa di lei affascinò Elvis?
Era una donna!
All'inizio e prima di sposarsi lei era molto più remissiva e più attenta a come si comportava e a quello che diceva. In pratica faceva qualunque cosa Elvis diceva e voleva che lei facesse. Inoltre si vestiva, truccava e pettinava come le diceva lui.
Con il passare degli anni divenne un po' più audace ed io e qualcun'altro deducemmo immediatamente che era insensibile e che il suo sorriso e a volte la sua cordialità non fossero sinceri. Aveva i suoi preferiti, che fondamentalmente erano quei pochi che andavano incontro alle sue esigenze e la assecondavano in tutto. Io disprezzo tipi del genere e non ho mai leccato il ........ a nessuno per ottenere favori. Non mi sono mai umiliato e non sono stato il solo in questo. Alcuni degli altri ragazzi hanno fatto lo stesso. In pratica chi non lo fa oggi con lei non lo ha fatto nemmeno allora. Quei tre o quattro che lo fanno oggi, lo fanno perché è lei a gestire le casse di Graceland ed ogni tanto da' loro un "osso". Non sono mai cambiati ed è soprattutto per questo che non abbiamo più a che fare con la EPE da quando Elvis è morto. E' sufficiente dire che io e Priscilla non abbiamo mai avuto una reciproca ammirazione. La mia l'ha persa definitivamente quando intentò causa nei miei confronti subito dopo la morte di Elvis. Cercò di riprendersi i regali che Elvis mi aveva fatto negli anni, affermando che erano prestiti, nonostante sapesse che non lo erano. E' proprio una graziosa personcina!

TS: Nella prima parte di questa intervista hai detto che Elvis non voleva sposare Priscilla. Probabilmente il matrimonio fu consumato la prima notte e Lisa Marie nacque nove mesi dopo. Che effetto ebbe su Elvis, cercò di cambiare il suo modo di vita e di diventare padre e marito perfetto?

ML:
Il giorno che Elvis mi chiese di fargli da testimone, alla fine di novembre del 1966 (in un secondo tempo aggiunse Joe, nell'aprile dell'anno dopo), accadde quattro giorni dopo che aveva detto cose poco carine della mia famiglia, basate su una bugia di suo padre. Quel giorno si scusò per quasi un quarto d'ora, prima di chiedermelo. Ero ancora ferito e arrabbiato, ci sedemmo sui gradini che portavano alla Jungle Room per spiegarmi il perché avesse detto quelle cose. Mi disse che era molto sotto pressione, io pensai che fossero tutte scuse e gli chiesi che tipo di pressione. Fu allora che mi disse che il padre di Priscilla aveva minacciato di citarlo per inadempimento di promessa e avrebbe detto ai media che Priscilla viveva con lui fin dall'età di 16 anni – tanti ne aveva quando dalla Germania andò a vivere a Memphis. Poi aggiunse che, se anche non avesse voluto sposarsi, doveva farlo. Io gli dissi di dire al padre di lei che doveva andare affan......., che quello lì non avrebbe citato proprio nessuno o detto niente ai media, perché era esposto anche lui che, come padre di una sedicenne, aveva permesso a sua figlia di andare a vivere con un uomo di 31 anni solo perché era ricco e famoso. Quale padre farebbe questo? Poi disse che avrebbe potuto cogliere l'occasione per distruggere la sua carriera e che poi osservò "Ricordi cosa è successo a Jerry Lee?". Gli dissi che la situazione di Jerry Lee era diversa, perché Myra aveva 13 anni ed erano cugini. Elvis poi disse che ne aveva parlato con il Colonnello e che il Colonnello gli aveva consigliato di sposare Priscilla, che lo volesse o no. Ovviamente Parker rispose così perché non voleva perdere la sua oca dalle uova d'oro. Elvis poi concluse "E così la sposerò anche se non voglio e voglio che tu mi faccia da testimone". Questo fece sparire tutto il mio risentimento e la mia collera, comunque odiavo vedergli fare qualcosa che non voleva fare e sapevo che non era pronto per il matrimonio. Aveva ancora tanto da divertirsi. Poi fra me e me pensai "Perché io, perché non Billy o Red?" e sapevo anche che Esposito ci sarebbe rimasto male, perché Elvis non lo aveva chiesto a lui. Sapevo anche che, per qualche motivo, in qualche modo Joe ce l'avrebbe messa tutta per rimpiazzarmi o essere aggiunto come co-testimone, visto che era sempre in disputa per essere il preferito di Elvis ed era convinto di essere il migliore di tutti noi. Questo accadde alcuni mesi più tardi, dopo che lui e sua moglie Joan fecero una campagna a favore. Un' altra storia da raccontare fu quando Joe ed io, il giorno del matrimonio, eravamo in una stanza per aiutare Elvis a prepararsi per la cerimonia. Era seduto ad una specie di tavolino per il trucco, mi guardò e, mentre un brivido gli attraversava la schiena, disse "Non vorrei proprio farlo". Io feci spallucce e gli risposi che ormai era un po' tardi, perché erano già tutti nella stanza affianco, dove si sarebbe svolta la cerimonia, che aspettavano che la cerimonia iniziasse.
Quando nacque Lisa era felicissimo e si considerava un "Happy Pappy/Un papi felice". Cercò davvero di essere un padre di famiglia



all'inizio, ma poi, una volta svanita la novità, tornò a spassarsela e ad interessarsi a lei quando gli pareva, come sempre lui veniva prima di Priscilla o Lisa. Non fraintendermi, l'amava e l'adorava moltissimo, ma Elvis era Elvis e non sarebbe cambiato per nessuno.

TS: Quanto ti ci è voluto per capire che il loro rapporto aveva dei problemi e quali furono i segnali?



ML:
Alcuni anni prima che si sposassero ce ne fu uno grande dai capelli rossi a dare il segnale che c'erano dei problemi nel loro rapporto, si chiamava Ann Margret! Elvis era innamorato di Ann e lei di lui e la loro relazione fu intensa. Anche noi le volevamo quasi tutti bene, perché lei era tutto quello che una persona può essere. Era dolce, stravagante, molto divertente, forte, intelligente e non si sentiva affatto minacciata dalla nostra presenza, come Priscilla, e ci voleva bene, al contrario di Priscilla. Era talmente speciale per lui, che alcune sere Elvis ci lasciava liberi per poter stare da solo con lei. So che per lui è stata dura lasciarla quando arrivò il momento di decidere di sposarsi. L'unico modo per troncare con lei fu farlo brutalmente, quindi non vederla, chiamarla o rispondere alle sue telefonate. Ma qualche anno dopo il matrimonio decise di andarla a trovare nel backstage a Las Vegas, dove lei si esibiva; mi fu detto che cercò di riallacciare i rapporti con lei, ma nel frattempo lei si era sposata con Roger Smith. Ann era una moglie fedele e leale, qualcosa che Elvis avrebbe avuto se avesse sposato lei al posto di quella che ha sposato. Ann sta ancora oggi con Roger, e sempre con grande lealtà. Nonostante il matrimonio Elvis continuò a frequentare altre donne ed alla fine questo costò al suo matrimonio. Comunque anche Priscilla se l'è spassata con Mike Stone e probabilmente anche con il suo maestro di danza, prima di Mike.

TS: Si dice che lei sia stato l'unico vero amore della sua vita e che lui si sia rammaricato fino alla morte della loro separazione e del conseguente divorzio. Tu cosa ne pensi?

ML:
A parer mio è una cavolata che lei sia stato l'unico vero amore della sua vita. L'amava allo stesso modo in cui aveva amato tutte le altre ragazze. Anita Wood, Bonnie Bunkley e presumibilmente, a quanto lui dice, June Juanico. Ann Margret di certo, e Linda Thompson. Lo hanno dichiarato anche altre come Joyce Bova, ma non ne sono sicuro. Ecco quanto si preoccupava. Nel 1972 ero a Los Angeles per affari, sempre nel campo musicale, ed Elvis e i ragazzi erano nella casa di Monovale. Finito di sbrigare i miei affari, uscii e andai a casa di Elvis, suonai il campanello al cancello, mi fu aperto e quando arrivai nel parcheggio, Elvis era lì, da solo, che mi aspettava davanti alla porta di casa. Scesi dall'auto, ci scambiammo un abbraccio e lui disse "Marty, Priscilla mi ha lasciato e vuole il divorzio". In effetti la cosa non mi sorprese affatto, perché sapevo che aveva qualche diversivo, visto che diceva di non essere felice. Inoltre sapeva bene che anche Elvis aveva i suoi diversivi. Gli dissi "Elvis, mi dispiace sentire questo, ma sai perché lei lo fa, vero?".



Mi chiese cosa pensavo ed io gli dissi "Vuole che tu cambi, vuole che tu sia come piace a lei e vuole che tu faccia quello che vuole lei. Hai intenzione di cambiare ed essere come vuole lei?" Lui rispose "Diavolo no, io non cambierò né per lei né per nessun altro". Ed io "Allora Elvis, non importa quanto faccia male, se davvero fa male, dovrai conviverci". Lui rispose "Hai ragione. Andiamo in casa". Non tornò più sull'argomento. Credo che abbia solo voluto parlarne con me senza nessun'altro attorno, ed avere un mio parere o consiglio ed io gli ho detto esattamente cosa pensavo. Sono certo che si rammaricava perché la sua famiglia si era divisa, comunque lui poteva vedere Lisa ogni volta che voleva, Priscilla la vedeva raramente.

TS: Si dice che Elvis abbia avuto una storia praticamente con ogni sua co-star. Prima abbiamo parlato di Ann Margret, ma chi altra piaceva (o non piaceva) a Elvis e quanto importante è stata la loro eventuale relazione?

ML:
Gli piaceva la maggior parte delle sue compagne di lavoro. Gli piaceva Joan Blackman, con cui uscì per un breve periodo. Ce n'erano un paio che non erano molto carine. Si vedeva con Ann Helm, Yvonne Craig, sulla quale ci raccontò episodi bizzarri. Jocelyn Lane, Mary Ann Mobley, con cui si videro solo un paio di volte nell'appartamento di lei. Lo interessava molto Shelly Fabares, ma lei usciva già con qualcun altro o era già spostata con Lon Adler, quando fecero i film assieme. Ci fu qualcosina con Nancy Sinatra, giusto sul set, ma non si frequentarono mai fuori. Stella Stevens non lo interessava, nonostante fosse di Memphis, venimmo a conoscenza delle sue scappatelle, era giovanissima e si sposò con uno dei peggiori soggetti di Memphis, Herman Stevens, fu un matrimonio brevissimo.
Elvis ebbe una relazione con una ballerina/comparsa in un paio di film, Carrie Foster, che era grande amica di Teri Garr. Era una persona straordinaria e davvero molto carina e affabile, come Teri del resto. Alcuni di noi sono ancora in contatto con Teri. Gli piaceva anche Tuesday Weld. Alan [Fortas] si era innamorato di lei e lei gli regalò un bellissimo Pastore Tedesco bianco, a cui lei si era molto affezionata.

TS: Dimmi delle altre ragazze con cui faceva sul serio, Joyce Bova, Sheila Ryan, Linda Thompson e Ginger Alden. Cosa pensi di loro ed in che modo hanno sostituito Priscilla?

ML:
Joyce era una bella ragazza e aveva una sorella gemella monozigota. Penso che, nonostante avesse incontrato Elvis solo poche volte, abbia esagerato sulla loro relazione. Nel suo libro afferma di essere rimasta incinta di Elvis e di avere abortito, ma lui non parlò mai di questa cosa. Sheila era una ragazza allegra e adorabile, era la bambolina di Elvis. Si frequentarono per un buon periodo e venne anche in tour con noi qualche volta. Mi piaceva e siamo rimasti in contatto anche dopo. Linda Thompson fu perfetta per Elvis in quei quattro anni che rimase con lui. Era la sua ragazza, madre, balia, amante, lo badava e si preoccupava per lui, ma alla fine non ce la fece più, sapeva che la loro relazione non sarebbe mai stata stabile. L'unica cosa che non cambiava mai con Elvis era che lui, pur avendo una relazione fissa con qualcuna, lui si vedeva comunque con qualche altra ragazza. Ricordo che durante un tour mi chiese di accompagnare una ragazza all'aeroporto di Monroe, Louisiana, che doveva prendere l'aereo per tornare a casa, circa mezz'ora dopo la sua partenza andare a prendere Ann Pennington, che arrivava per stare con lui per il resto del tour. Quanto a Ginger, non l'ho conosciuta perché lei arrivò l'ultimo anno ed io non ero più lì. Comunque, mi furono dette alcune cose su di lei dai ragazzi che ancora lavoravano lì e lui non aveva intenzione di sposarla. Potrebbe averglielo lasciato credere, ma non disse mai quando. Mi dissero anche che lei non ci stava volentieri, era stata sua madre a spingerla perché sarebbe stato conveniente per lei e per la sua famiglia. Mi dissero anche che era intelligente come un palo del telefono. La realtà dei fatti è che non avevano niente in comune; lei era troppo giovane per lui e lui troppo vecchio per lei. Lei voleva frequentare i club e andare in giro con gli amici suoi coetanei, mentre Elvis ormai era da molti anni che non faceva più queste cose. In realtà non avevano mai una conversazione intelligente perché lei non capiva la metà delle cose di cui lui parlava. Quindi si arrivò al punto in cui lei non voleva stare a Graceland tutta la notte, che in pratica era quello che lui le chiedeva. Lui al limite della sopportazione disse ad uno dei ragazzi di sparare alle gomme della sua auto in modo che lei non potesse andar via, ma Billy lo convinse a non farlo.


TS: Ed ora parliamo dei ragazzi della Memphis Mafia.
Tu fosti presentato al gruppo da George Klein, ma ho scoperto che non fosti per niente soddisfatto di quello che lui aveva fatto fino alla fine.

ML:
George si è rivelato essere un traditore ed un amico inaffidabile, che addolorò e deluse moltissimo me e gli altri ragazzi. Apparentemente siamo stati molto legati per 25 anni e ci telefonavamo due o tre volte al giorno. A volte mi chiedeva consigli sul suo show televisivo, Dance Party, che aveva ereditato da Wink Martindale a Memphis. Dalla morte di Elvis è uno dei tre ragazzi che ha più parlato male di noi, ed è rimasto attaccato a Priscilla fin da allora, così da poter ottenere il titolo di Ambasciatore Ufficiale di Graceland. Si è, per abitudine, adagiato sulla sua amicizia con Elvis, prendendosi il merito di varie cose, molto più di quello che altri ragazzi hanno fatto, incluso me, cosa per me triste e che denota debolezza. Si è rifatto vivo con me nel 1979, non ci eravamo più parlati fino ad allora. Inoltre mette in mostra la sua ridicola meschinità e puerilità dicendo agli altri DJ sul canale Elvis Sirius, dove ha uno show, che secondo la EPE i nostri nomi non devono essere menzionati nei loro show, tanto meno apparire nell'essere intervistati. Questo mi fece ridere perché allo stesso tempo mi aveva detto che alcuni anni prima io ricevevo lettere da uno dei più importanti DJ, che mi chiedeva di andare al suo show, e di fare anche un documentario radiofonico di un'ora con lui nel suo show. Ho ricevuto moltissime lettere dai fan di Elvis, che mi parlano delle bugie che dice su sé stesso nei suoi show, quasi ogni settimana. E' triste. Non sono l'unico che la pensa così su di lui.

TS: Ho incontrato Charlie Hodge, è stato molto cortese e mi ha concesso un po' del suo tempo senza problemi. Musicalmente era molto vicino a Elvis, ma secondo me è stato anche servizievole fuori misura, con quella sciocca risata ai poco divertenti commenti di Elvis! Che genere di persona pensi fosse e qual era il suo ruolo nei confronti di Elvis?



ML:
Non c'è mai stato amore fra Charlie e me perché in verità l'ho sempre considerato una brutta persona, capace di tagliarti la gola se in quel momento fosse andato a suo beneficio. Charlie non faceva proprio parte della Mafia , non si considerava uno di noi, si considerava una cosa a parte, perché un artista, e tu hai detto bene, servile verso Elvis. Elvis lo disse più di una volta che si era portato dietro Charlie perché non sapeva dove andare ed era dispiaciuto per lui. Classico esempio di com'era Charlie fu quando, un giorno, Elvis era arrabbiato con un paio dei ragazzi e disse che li avrebbe licenziati. Mentre alcuni di noi erano seduti di sotto, Elvis era di sopra, la maggior parte di noi sperava che i ragazzi in questione non sarebbero stati licenziati. La reazione di Charlie fu, la cito "Bene, lasciate che li licenzi, ci sarà più cuccagna per noi". La cosa ci fece incavolare, più tardi, quando Elvis si venne a sedere di sotto con noi, chiedemmo a Charlie "Ehi Charlie, perché non dici a Elvis quello che hai detto dei ragazzi?", di cui non dico il nome perché furono licenzianti davvero. Elvis, curioso come sempre, gli chiese cosa avesse detto ed uno degli altri ragazzi gli disse che Charlie non aveva gli attributi per farlo. Elvis si limitò a scuotere la testa guardando Charlie, ma non disse nulla. Purtroppo, qualche anno fa Charlie è morto. Riposi in pace.

TS: Lamar Fike, buonanima, è stato un altro suo amico, anche lui era nel campo musicale e credo che abbia offerto a Elvis gran supporto e forza morale. Quali canzoni scelse per Elvis e come definisci il suo impegno con Elvis?



ML: L'unica canzone che mi viene in mente ora è Kentucky Rain, perchè allora gli piaceva Eddie Rabbitt, l'autore della canzone appunto, ma sono certo che ce ne furono altre. Lamar fu un altro che Elvis collegava a sua madre, perché Lamar visse a Graceland quando Elvis e i suoi traslocarono lì e lui e la signora Presley erano molto uniti. Le piaceva. A volte Elvis usava Lamar come termine di paragone e ogni tanto era crudele nelle cose che gli diceva. Comunque Lamar aveva anche l'abilità di irritare Elvis con le sue repliche, ma era tutto per scherzo. Lamar era sempre molto sincero e diceva a Elvis quello che pensava. Non teneva in ombra le cose durante le loro conversazioni, a volte con sgomento da parte di Elvis.
Lamar è stato un buon amico e mi rattrista molto la sua morte. Restammo amici anche dopo la morte di Elvis, ci siamo parlati quasi ogni giorno per anni, anche mentre era in ospedale ad Arlington, Texas. Che Dio benedica la sua anima e che riposi in pace. Mi manca.

TS: Alcuni dei ragazzi hanno scritto o hanno contribuito a scrivere libri dopo la morte di Elvis. Joe Esposito e Jerry Schilling sono stati due di loro. Come giudichi il loro contributo dalla legenda Presley?

ML:
Joe, come ho detto prima, ha sempre creduto di essere il più speciale di tutti per Elvis, comunque né Elvis né noi la pensavamo così. I suoi libri, ce n'è un certo numero, sono stati scritti con quella inclinazione e lui è un altro che ha sparlato di noi da quando Elvis è morto. Mi è sempre piaciuto Joe, ma quello che non mi piace è come parlava di ognuno, soprattutto dei ragazzi. Il nostro stile, come Caposquadra, è stato diverso; Joe diceva agli altri cosa fare e non si univa mai a loro, io chiedevo loro di fare qualcosa e spesso mi univo a loro per farla insieme.
Joe non è riuscito ad avere successo senza Elvis in nessuna impresa o lavoro e per molti anni ora il suo unico reddito se non come indennità di disoccupazione, è collegato a Elvis da quello che mi è stato detto. E' sempre impegnato ad offrire qualcosa da comprare ai fan di Elvis, inclusi molti libri, che sembra scriva ancora di tanto, portandoci a domandarci cosa abbia ancora da dire. Lui è un altro che si è attaccato a Priscilla per guadagnare qualche soldo con il patrocinio della EPE. Avendo sparlato di noi, io non ho più avuto contatti con lui negli anni. per Jerry è in pratica la stessa cosa, anche se da quanto mi è stato detto, lavorava ufficialmente per Priscilla e la EPE.
Comunque per la maggior parte di noi è stato divertente vedere come quei due, assieme a Klein, si siano dichiarati ognuno per sé stesso "Amico del cuore" di Elvis. Tanto per chiarire però non so se sono stati loro a dirlo in giro o se lo ha scritto chi li ha intervistati, in ogni caso questo è quello che è venuto fuori negli ultimi anni. Gli altri di noi sono felici di dichiarare in tutta sincerità di aver vissuto parte della propria esistenza con Elvis. A voler dire le cose come stanno l' "Amico del cuore" di Elvis fu Bill Smith. Spero cha siano tutti in salute perché ricordo i bei momenti vissuti assieme e spero che siano tutti felici della loro vita, come io sono della mia.

TS: Il Dr. Nick è stato considerato sia eroe che criminale nel suo ruolo di medico di Elvis. Tu cosa pensi di lui e del suo comportamento nei confronti di Elvis, durante gli ultimi anni?

ML:
Secondo me Nick si è trovato intrappolato in uno stile di vita diverso da quello che aveva prima di incontrare Elvis. Avrebbe dovuto rimanere con le sue abitudini al Medical Group di Memphis, invece di andare in tour con Elvis e passare così tanto tempo con lui e i ragazzi. Fondamentalmente era un buon dottore, è stato il mio medico per anni e mi è stato utile finché la mia terapia è stata necessaria. Sfortunatamente, il suo rapporto con Elvis finì per costargli l'esercizio della sua professione e questo è triste. Lui teneva davvero al benessere di Elvis ed è stato decisamente il meno peggio fra tutti i medici che hanno curato Elvis. Se Nick avesse rifiutato a Elvis le pillole che voleva, Elvis le avrebbe avute da qualche altro dottore a Los Angeles, Las Vegas e Palm Springs. Nick ha cercato di fare del suo meglio nel controllare l'assunzione ed il possesso delle pillole da parte di Elvis. Una cosa che mi ha dato fastidio è che durante il processo di Nick, il suo grande amico Esposito si rifiutò di testimoniare a suo favore perché non voleva essere coinvolto, ma io, ed un altro paio di ragazzi lo facemmo e non eravamo poi così amici come lo era Joe.

TS: Nelle parti precedenti di questa intervista sei stato giustamente critico nei confronti di Tom Parker ed hai insinuato che il produttore Hal Wallis avrebbe dovuto accollarsi un po' di più la colpa riguardo ai mediocri film di Elvis. Cosa pensava Elvis di Wallis e, per i contatti che tu hai avuto con lui, qual è la tua opinione su di lui?

ML:
Fondamentalmente Elvis parlava bene di Wallis, eccezion fatta per i film che gli faceva fare e che gli facevano dar di matto. Certi squallidi documentari musicali, che descrivevano un paese straniero e che fruttavano a Wallis milioni, in modo da permettergli poi di fare film seri con attori tipo Richard Burton, Richard Harris e Peter O'Toole. Ogni volta che andavamo al Memphian Theatre a guardare un loro film, Elvis sbraitava e s'infuriava per questo, ma non disse mai niente a Wallis, è stato sempre gentile ed educato con lui.

TS: Perché pensi che Elvis non si accorgeva che l'olandese equivoco non stesse facendo un buon lavoro per lui dopo il servizio militare? Era come se avesse "qualcosa su Elvis" – credi che in realtà Elvis avesse paura di Parker?

ML:
L'idea che Parker conoscesse qualcosa di negativo o un segreto su Elvis è ridicolo. Elvis era un ragazzo sincero e teneva sempre a mente che Parker lo aveva reso ricco e famoso all'inizio della sua carriera. Aveva da ridire su Parker con alcuni di noi, ma non lo faceva mai con Parker. Credo che parte di lui accettasse le cavolate di Parker, se non avesse fatto quello che Parker gli diceva di fare o che gli aveva fissato di fare avrebbe danneggiato e distrutto la sua carriera. Questo perché Elvis non conosceva "il lato affari" dello spettacolo. Non aveva considerato che c'erano parecchi buoni manager e avvocati in giro, che negli anni avrebbero potuto fare un miglior lavoro di gestione nei suoi confronti. In realtà Parker è stato dannoso per Elvis e la sua carriera, perché non ha voluto cambiare con il cambiare dei tempi. A parer mio ha continuato a trattare e gestire Elvis come fosse uno dei suoi spettacoli da circo. Cosa che funzionava negli anni '50 e che rese popolare Elvis in breve tempo e lo rese ricco in breve tempo, ma in seguito non funzionava più così e Parker stava facendo più affari nei quali Elvis non c'entrava niente. Parker è sempre rimasto un ladruncolo da baraccone, un imbroglione che pensava a sé stesso ed ha sempre mantenuto il suo credo da circo "Far soldi e scappare, al diavolo il domani".

TS: Una delle peggiori interviste mai registrate fu quella del 18 agosto 1965, quando Elvis incontrò Peter Noone, dell'Herman's Hermits, sul set di Paradise Hawaiian Style. Tu eri lì, parlami di quell'incontro e della reazione di Elvis nei confronti del raccapricciante soggetto anglosassone.



ML: Noone venne sul set al Polinesian Cultural Center, era un tipo un po' impertinente, un saputello. Aveva portato con sé registratore e microfono per registrare la conversazione, come se fosse un'intervista. Parker era lì ed i ragazzi erano seduti tutti intorno. Noone era seduto di fianco a Elvis ad un tavolo ed io ero in piedi vicino a Elvis. Ero lì mentre stava cercando garbatamente di convincere con l'inganno Elvis a dire Herman's Hermits quando sfrontatamente chiese a Elvis quale fosse il suo gruppo preferito. Elvis esitò per un attimo ed io tranquillamente gli dissi "The LA Police Department", Elvis rise, ma non rispose a Noone usando il mio commento come scusa. Mi innervosii abbastanza quando Noone fece quella domanda, cercando di fare il furbo.

TS: Cosa ricordi dell'offerta che Barbra Streisand fece a Elvis, di apparire in "E' nata una stella?".

ML:
Io non c'ero in quel periodo, ma Sonny e Red mi dissero che Elvis aveva giurato a Red che lo avrebbe fatto, ma quando parlò con Parker, lui lo dissuase. Personalmente penso che Parker non voleva che Elvis lavorasse con Barbra perché temeva che lei gli insegnasse "il lato affari" dello spettacolo e che quindi si potesse rendere immediatamente conto di quello che Parker stava facendo. Non aveva mai piacere che Elvis fosse in contatto con chiunque potesse metterlo al corrente del lato affaristico delle cose.

TS: Red West andò bene a Elvis fin dall'inizio, quando entrambi frequentavano la Humes High School. Lui inoltre contribuì anche sotto l'aspetto musicale con sei o sette buoni pezzi, da "If Everyday Was Like Christmas" a "If You Talk In Your Sleep", oltre ad avere piccole parti nei film. Parlaci di Red e non solo del suo ruolo di uomo duro, ma anche della sua sensibilità di autore.



ML:
Ho imparato ormai da tempo che i tipi tosti sotto, sotto sono estremamente sensibili. Tutti vogliono realmente qualcuno che si interessi di loro e vogliono essere amati, ma per varie ragioni usano una dura apparenza nel loro modo di vivere. Red ed io abbiamo trascorso insieme il mio ultimo anno alla scuola superiore, dopo che mi ero trasferito a Memphis da New York ed ero andato alla Humes e giocavo nella squadra di football con lui. Così so molto di lui. E' un soggetto che non bisogna fare arrabbiare perché il più delle volte non pensa prima di agire. Facevamo spesso la differenza fra lui e suo cugino Sonny, che prima cercava di ragionare insieme sulla cosa e poi ti picchiava, Red prima ti picchiava e poi parlava. Red ha talento come autore di canzoni ed è anche un bravo cantante. Negli anni è diventato anche un buon attore. Anche per questo bisogna avere un certo grado di sensibilità.

TS: Insieme a Sonny e Dave Hebler, Red scrisse "Elvis: What Happened?", che fu pubblicato nel 1977. Credi che questo libro sia stato l'inizio della fine per Elvis e che ci furono davvero dei buoni motivi per scriverlo per il suo interesse?

ML:
Allora, io andavo d'accordo con loro e accusai Vernon per il modo in cui aveva gestito il loro licenziamento, ma parte della colpa fu anche di Elvis, per l'intero fiasco. Red e Sonny avevano dedicato molti anni a proteggere e servire Elvis e l'essere tagliati fuori con così tanta freddezza e anche le loro famiglie, essere messe in una tale situazione così all'improvviso, è stato il modo peggiore di gestire tutta la faccenda. In cima a tutto il rifiuto di Elvis di vederli e parlare con loro o spiegare perché aveva fatto quello che aveva fatto. Fu influenzato da altri che avevano sempre cercato di sbarazzarsi di quelle persone. Avevano inquinato la sua mente con azioni legali intentate dal tizio che aveva cercato di entrare nella suite di Elvis a Lake Tahoe, Red e Sonny stavano facendo il loro lavoro quando energicamente e fisicamente riuscirono a bloccare l'irruzione del tipo. Ovviamente il tipo in questione citò Elvis per un compenso, perché era lui che aveva i soldi, non Red e Sonny. Non troncai la mia amicizia con loro come invece fecero altri e tuttora siamo amici. Io gli credo quando dicono di aver scritto il libro in parte per aiutare Elvis a rendersi conto di quello che stava facendo a sé stesso in quegli ultimi anni con le pillole e con altri comportamenti.
Furono anche abbastanza onesti nell'ammettere anche di averlo fatto per fare qualche soldo per aiutare le loro famiglie intanto che non trovavano un lavoro.
Gente come Vernon, Parker, Charlie, Joe e Klein colsero l'occasione per parlare male di loro a Elvis e ad altri,in modo da aggravare la loro posizione.

TS: Chi era esattamente 'Hamburger James' e in che modo ebbe a che fare con Elvis?



ML:
Il suo vero nome era James Caughley ed era un po' come un paletto tondo in un buco quadrato nei confronti del gruppo. Penso che Elvis lo abbia assunto per farci annoiare. Gli fu dato il soprannome di 'Hamburger James' per la sua presenza alle nostre serate al Memphian Theatre. Era uno dei fans a cui era stato concesso l'ingresso al teatro per guardare i film insieme a noi. Spesso a Elvis veniva fame durante il film e James si offriva di andare a comprare degli hamburger al Krystal, un ristorante lì vicino. Una volta capitò che Elvis disse a Joe o a me che aveva fame e noi urlammo "Hamburgers James" e gli demmo i soldi per gli hamburgers per Elvis e per alcuni dei ragazzi. Così iniziammo a riferirci a lui come 'Hamburger James', gli stava a pennello. Rimase per qualche anno, poi però iniziammo a far fatica a sopportarlo. Era decisamente fuori posto. Lo chiamavamo anche 'Brow/Sopracciglio' perché teneva le sopracciglia aggrottate come se fosse a conoscenza di un segreto di cui non doveva essere a conoscenza.

TS: La generosità di Elvis nel fare regali è leggendaria. Cosa ti ha regalato e quale dei regali che ti ha fatto conservi ancora gelosamente?

ML:
Il suo amore, questo è il suo regalo che custodisco gelosamente, fratellanza e amicizia. Mi ha regalato tre auto negli anni e soldi tre o quattro volte, credo però che i soldi me li abbia dati per dimostrare il suo apprezzamento per le cose che ho fatto per lui negli anni in cui non lavoravo per lui a stipendio. Quando lavoravo per lui non mi ha mai dato soldi oltre la mia paga settimanale, né io mi aspettavo altro perché, come pochi altri, non ero lì per i soldi. Il fatto è che la paga era molto bassa, soprattutto in confronto a quello che altri che lavoravano per le celebrità facevano.
Quello che ancora conservo gelosamente è il mio amore per lui ed il suo per me, ricordo vivamente il suo sorriso che riusciva ad illuminare una stanza.

TS: Sono convinto che ci sono persone che hanno abusato della sua generosità e mi chiedo se sei d'accordo ed hai qualche esempio da fare.

ML:
Credo che in un certo qual modo, Joe e George siano stati classici esempi, come peraltro alcuni dei più giovani, che rimasero lì parecchio. Joe a volte coinvolgeva Jerry e il Dr. Nick nelle sue tattiche e li influenzava non poco. Questa è la mia opinione, ma è anche quella di molti altri.

TS: Karate, collezionare distintivi della polizia e pistole sembravano essere la sua grande passione degli ultimi anni. Quando è nato tutto questo e quanto pensi fosse bravo nel Karate?

ML:
Con il Karate iniziò quando era in Germania si allenava con un ragazzo che si chiamava Jorge e che io non ho mai conosciuto. Poi al rientro negli States portò con sé questa passione, i media ne fecero un grande scup e lui divulgò la mania. Per i distintivi della polizia, credo che per la maggior parte li abbia avuti da un Capitano della Polizia di Memphis, che gli fu assegnato nei primi anni di carriera, Cap. Woodward, che poi divenne un suo grande amico.




TS: Nella seconda parte di questa intervista sei stato franco sul tuo punto di vista riguardo alla musica di Elvis e hai detto che avrebbe dovuto fare un importante album Rhythm & Blues. Io credo fermamente che Elvis sia stato uno dei più grandi nel suo genere musicale e che un album del genere avrebbe dovuto essere realizzato. Forte del giudizio dei tuoi produttori musicali io rispetterei la tua selezione dei brani che dovrebbero definire il suo talento R&B e le ragioni della scelta.

ML:
C'erano davvero moltissime canzoni, è difficile enumerarle tutte al momento, ma penso che per lui sarebbe stato assolutamente necessario avere il produttore giusto e la giusta sezione ritmica in studio per poter attuare questo e Memphis era l'unico posto per farlo. No Nashville, Los Angeles o New York. Il fatto è, che se lui avesse fatto ciò agli American Studios, con quei musicisti che hanno lasciato il segno producendo successi R&B fra gli altri, sarebbe stata dinamite.
Quello che la maggior parte delle persone non sa è che Chips Moman ed il bassista Tommy Cogbill hanno suonato nel primo album che Areta fece per l'Atlantic Records e che quell'album, in un recente sondaggio del New York Times, è stato nominato il più grande album R&B del secolo scorso. Chips suonava la chitarra e Tommy il basso.

TS: Come hai saputo della morte di Elvis e quanto ti è dispiaciuto essere in California e non poter essere a Graceland per il funerale?

ML:
Avevo appena lasciato il mio ufficio in Costa Mesa, in California, e la radio della mia macchina si accese automaticamente appena girai la chiave per metterla in moto, tutto quello che ho sentito è stato "...ley è morto" dopo di che suonarono uno dei suoi successi. Subito pensai fosse un caso, ma volevo che il disco finisse in fretta. Quando il DJ disse "Signore e signori, come ho detto, Elvis Presley, il re del Rock 'n' Roll è morto". La cosa mi sbalordì, ma senza sorprendermi e senza pensare la mia auto partì dritta contro un lampione. Mi ripresi in fretta e mi diressi velocemente a casa così da poter chiamare Graceland e scoprire se la notizia era vera, visto che molte volte in passato c'erano state voci riguardo alla sua morte. Appena girato l'angolo vidi mia moglie e mia figlia maggiore per strada di fronte a casa che piangevano. Dovevo fare in fretta a riportare mia moglie in casa, perché era malata e questo avrebbe solo peggiorato la situazione. Chiamai Graceland, mi rispose Larry Geller. Gli chiesi cosa diavolo stesse succedendo e lui mi disse "E' vero Marty, se n'è andato". Chiesi di Billy o Joe, ma non erano a portata di mano e così mi passò Lamar. Chiesi cosa fosse successo e poi cominciai a piangere. La risposta di Lamar fu "Piantala con queste boiate, ne abbiamo abbastanza qua" io risposi "Lamar, gli volevo bene, era mio fratello" e lui mi disse "Ci sentiamo tutti così, ma tu devi mantenere il controllo". Gli dissi che avrei richiamato perché in quel momento mi riusciva difficile parlare. Sapevo che dovevo andare a Memphis, ma mi dispiaceva lasciare mia moglie che non stava affatto bene e questa cosa l'aveva fatta stare peggio.
Richiamai più tardi e parlai con Joe, mi chiese se sarei andato al funerale e in quel momento gli dissi di sì. Parlò con Billy e fecero in modo di farmi trovare un biglietto dell'American Airlines all'aeroporto di Los Angeles, avrei dovuto partire due ore dopo. Mia moglie mi disse che dovevo andare, ma ogni volta che mi avvicinavo alla porta per andare in aeroporto lei mi pregava di non lasciarla. Facemmo avantindré così per tre volte ed alla fine decisi di restare lì con lei. Non ero orgoglioso del fatto che negli ultimi vent'anni avevo scelto di andare con Elvis ed i ragazzi invece che stare con lei ed i bambini. Questa volta avevo scelto lei ed i miei figli e, mentre avrei voluto essere lì a Memphis per onorare Elvis, ero felice di non essere andato, perché così ora non lo ricordo steso nella bara. Posso ricordarlo appoggiato al bancone in cucina con quel suo grande sorriso stampato in faccia.

TS: L'aspetto musicale della carriera di Elvis è sempre stato il mio principale e affascinante interesse, che credo tu condivida. Focalizziamoci su questo, sulla tua opinione riguardo ai suoi dischi più importanti e quale canzone tu credi avrebbe potuto far meglio con un po' più di dedizione.

ML:
E' difficile rispondere a questa domanda. Quello che posso dire piuttosto è che credo che ci fossero molte canzoni che non avrebbe mai dovuto cantare e incidere. In sostanza, ogni canzone che ha fatto l'ha fatta al meglio delle sue possibilità, persino un pezzo stupido come "Old McDonald"....non avrebbe mai dovuto abbassarsi a farla.

TS: In fine, quali sono i tuoi ricordi personali di Elvis e come definiresti il suo contributo nel mondo della musica e dello spettacolo in generale?

ML:
Elvis è una grandissima icona culturale, che negli anni '50 aiutò il mondo a cambiare. Credo sinceramente che sarà ricordato in eterno, lo dimostra il fatto che ancora oggi, a quasi 34 anni dalla sua morte, 600/700 mila persone visitano Graceland ogni anno (ndt: l'intervista è dell'estate 2011). Nessun'altra celebrità, politico o uomo d'affari, vivo o morto, può affermare questo o andarci solo vicino. Quello che è davvero importante per Elvis ed i suoi fans e per il pubblico comune, è per la gente semplicemente continuare a godersi la sua musica e preferibilmente, secondo me, i dischi originali.
Personalmente, ricorderò sempre il suo sorriso finché vivrò e respirerò e lo vedo ogni giorno, solo pensando a lui ogni giorno. Mi manca ancora tanto. Mi manca anche quel cameratismo che c'era tra noi e lui. Cosa unica nel suo genere ed è la cosa migliore che posso augurare ad ognuno nella propria vita, chi l'avrà sarà fortunato. Ed ora per ripetere quello che Elvis diceva molte volte quando finiva e lasciava la stanza, parafrasando il famoso Discorso d'Addio del Generale Douglas Macarthur, "Con questo voglio augurarvi un grande affettuoso F..tuto Addio". Chiedo scusa, ma non ho potuto resistere.





Marty Lacker Oggi...

Mentre Marty dedicava un buon pezzo della sua vita in supporto a Elvis, come impiegato e fidato membro della mitica Memphis Mafia, noi non dovremmo dimenticare che contribuì enormemente al patrimonio musicale della sua città di adozione. Il 7 novembre 2010, a Marty è stata giustamente conferita un'onorificenza, durante una cerimonia pubblica a Memphis, si è aggiudicato una prestigiosa "Nota Blues" in Beale Street a Memphis, l'equivalente della stella della Walk Of Fame di Hollywood, il suo nome resterà impresso in eterno nella pietra del marciapiede della più famosa strada del blues del Mondo. Il premio gli è stato dato in riconoscimento del suo lavoro nell'industria discografica di Memphis, compreso il periodo in cui ha lavorato per Chips Moman oltre che per il suo contributo nel convincere Elvis ad incidere agli American Studios. Inoltre, Marty gestisce la sua etichetta discografica ed è stato fondamentale nella produzione di molti artisti, compresi i primi di dischi di Rita Coolidge.
I miei ringraziamenti al leale 'testimone' di Elvis per aver accettato le mie approfondite domande, a cui ha risposto di buon grado, mentre gentilmente e confidenzialmente strepitoso, per me è stato come scrivere un libro!
Mi è piaciuto! Ha confessato di non aver dato di recente risposte così lunghe a nessuna domanda su Elvis, con personale soddisfazione penso di essere entrato in sintonia con lui nella mia ricerca della verità. Marty mi ha dato questo e, cosa che potrebbe irritare qualcuno, lui ha dato una veritiera e affascinante descrizione dei molti aspetti della carriera di Elvis, che ora potrebbe diventare la storia definitiva e restare per sempre il testo completo del periodo. Non è stata una sorpresa per me che lui fosse diventato amico di Elvis e che l'uomo confidasse nella sua amicizia ed integrità fino all'ultimo giorno della sua vita.



29/06/2013 21:53
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GRAZIE VALERIA!!!...Un altro caro amico che ha approfondito ulteriormente l'aspetto caratteriale di Elvis e dei "personaggi" che lo circondavano... [SM=g8149] [SM=g8149] [SM=g8149] [SM=g8149] [SM=g8149]
30/06/2013 18:13
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La grande Valeria ha colpito ancora nel segno! Bravissima e grazie infinite per questo interessantissimo articolo e per il tuo infaticabile lavoro di traduzione!
Per quanto riguarda Marty Lacker la mia opinione è come molti altri appartenenti all'entourage di Elvis avesse un po' bisogno di sentirsi fra i migliori e fra i piu' vicini a Elvis, visto che la maggior parte di loro non era proprio ben vista da lui. Ma chi fosse veramente colui che Elvis reputasse il suo miglior collaboratore forse non lo sapremo mai.
Che dite voi al riguardo?
30/06/2013 19:48
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Re:
gocciadiluna57, 30/06/2013 19:48:

La grande Valeria ha colpito ancora nel segno! Bravissima e grazie infinite per questo interessantissimo articolo e per il tuo infaticabile lavoro di traduzione!
Per quanto riguarda Marty Lacker la mia opinione è come molti altri appartenenti all'entourage di Elvis avesse un po' bisogno di sentirsi fra i migliori e fra i piu' vicini a Elvis, visto che la maggior parte di loro non era proprio ben vista da lui. Ma chi fosse veramente colui che Elvis reputasse il suo miglior collaboratore forse non lo sapremo mai.
Che dite voi al riguardo?


Non ricordo se l'ho già detto o no, ma per me Marty è il peggiore in assoluto. Non ho mai sentito nessuno fuori e dentro la Memphis Mafia parlare come lui e giudicare praticamente tutti in senso molto più che negativo e molto spesso anche con parole decisamente offensive.

Non credo di sbagliarmi di molto, ma secondo me il miglior collaboratore per Elvis era Jerry Shilling. Jerry ad un certo punto del suo rapporto con Elvis decise, sebbene a malincuore, di andarsene per trovare un lavoro che potesse dargli un mestiere in mano, cosa che con Elvis non sarebbe mai accaduta. Elvis gli chiese se in caso di bisogno avrebbe potuto comunque chiamarlo e così fu.......nei momenti più pericolosi e impegnativi il primo che gli veniva in mente era sempre Jerry.




30/06/2013 22:16
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Grandissimo lavoro Valeria.
Ti ringrazio moltissimo per questo
tuo interessantissimo inserimento...
Come sempre gli "amici" di Elvis si
sentono loro i migliori...

Anch'io la penso come te...
Jerry è probabilmente il migliore
del suo giro...

Grazie Valeria [SM=g8431] [SM=g8146]

02/07/2013 19:19
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Grazie a te Ivan! [SM=g8431] [SM=g8146]

02/07/2013 19:41
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