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LE LETTERE di santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa (3)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2012 19:43
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19/10/2012 19:43

378. A Piero Canigiani da Fiorenze

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo padre e figlio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedere in voi quella gloriosa virtù della perseveranza, la quale è quella virtù che è coronata.

E che modo terremo ad acquistare e conservare in noi questa virtù? Il modo è questo: voi sapete che ogni virtù s'acquista col lume, e sanza esso nessuna virtù si può acquistare perché ogni virtù ha vita dalla carità; la quale carità è un amore che l'anima col lume della fede - il quale è nell'occhio dell’intelletto - vede l'amore ineffabile che Dio l'ha; vedendolo, conosce la inestimabile bontà di Dio, e sé essere amata da lui prima che ella fosse: unde concipe un amore, perché col lume vide che Dio è degno d'essere amato, e che ella è obligata ad amarlo per debito. Questo così-fatto amore incatena e lega tutte l'altre virtù per sì-fatto modo che una non se ne può avere perfettamente che tutte l'altre non s'abbiano: Perciò col lume s'acquisterà questa reale virtù della perseveranza. Questo lume la conserva, e questo lume l'accresce; anco, tanto cresce o menoma quanto il lume crescesse o menomasse, poiché, esso-fatto che l'anima si trova sanza il lume, è sanza questa virtù della perseveranza, e subito volta il capo adietro.

Bene dobiamo dunque studiare che questo lume non ci sia tolto dalla nuvola dell'amore proprio, cioè d'amare sé e le cose del mondo e lo stato sensitivamente, ché per lo libero arbitrio che l'uomo ha, si può voltare ad ogni mano. Unde se l'occhio dell’intelletto è mosso dall'appetito sensitivo, subito si pone a vedere e a volere conoscere queste cose transitorie le quali passano come il vento, e in esse si vuole dilettare; ma perché ciecamente vede, non conosce che in esse non è perfetto diletto né riposo - anco, v'è tanta imperfezione e inquiete, che l'anima che disordinatamente l'ama è incomportabile a sé medesima -; ma se l'affetto ordinato muove l'intelletto, egli si pone a vedere e conoscere la verità, la quale il fa fermo e stabile, e però abraccia e segue la dottrina di Cristo crocifisso, che è essa verità, dove ella trova compito diletto, unde ella spregia sé medesima, cioè quella perversa legge che combatte contro lo spirito.

E perché ha cognosciuta la verità, odia quello che prima amava, e ama quello che odiava. Per questo modo fugge e schifa la colpa, poiché la colpa nostra non sta in altro se non in odiare quello che Cristo amò, e amare quello che egli odiò. Tanto gli dispiacque la colpa, che egli la volse punire sopra al corpo suo, anco ne fece un incudine, sopra la quale fabricò le nostre iniquità; e tanto amò l'onore del Padre e la salute nostra, che per rendere a lui l'onore e a noi la vita della grazia - la quale avamo perduta per la colpa d'Adam -, e affinché la virtù e la buona e santa vita ci valesse a vita eterna, corse all'obrobriosa morte della santissima croce. Per questa via conserveremo questa virtù: satollianci d'obbrobrii, aviliamo noi medesimi, facianci piccoli per vera umilità, se noi voliamo essere grandi nel conspetto di Dio. Lassiamo ogimai i morti sotterrare ai morti (Mt 8,22 Lc 9,60), e noi seguiamo la vita di Cristo dolce Gesù, perseverando fino alla morte nelle vere e reali virtù.

A questo voglio che attendiate, e non ci mettete indugio di tempo, ma con perseveranza, poiché il tempo nostro è breve, tanto che non possiamo più che - con grande desiderio - spogliarci di questa vita mortale e dirizzarci verso il nostro fine. Raguardate bene che egli è così, e nessuno è, giovane né vecchio, ricco né povero, sano né infermo, né signore né suddito, che si possa fidare o pigliare speranza d'avere pure un'ora di tempo. Matto sarebbe chi la pigliasse, poiché noi vediamo che ella viene vòta manifestamente, che quelli che si credono bene stare subito vengono meno. Voglio dunque che raguardiate la brevità del tempo vostro, affinché, con amore e con santo timore di Dio, l'affetto vostro sempre vadi inanzi e mai non torni adietro, crescendo continuamente. Troppo sarebbe peggio e maggiore ruina dell'anima e del corpo - dopo il cognoscimento e buona voluntà che l'uomo avesse ricevuto da Dio - il tornare adietro che l'offese dinanzi, e di maggiore riprensione è degno nel cospetto di Dio e degli uomini. Tutto dì vediamo questo, che non pare che mai bene gli pigli, se non ritorna già nello stato virtuoso suo.

Non vorrei che l'amore proprio di voi o dei figli, colorato col colore della giustizia con parervi fare meglio, vi facesse rattaccare a questi affanni miseri degli stati del mondo. So che non bisogna dire molte parole. Io voglio che attendiate alla vostra salute in conoscere i beni immortali, e mettervi sotto i piedi i beni mortali. Lassate la conversazione dei servi del mondo, e dilettatevi di quella dei servi di Dio.

Guardate, guardate quanto avete cara l'anima vostra, e anco per vostro bene secondo il mondo, che voi non v'impacciate di queste frasche. Fatemi come il vero peregrino, ché così dobiamo fare, perché tutti siamo peregrini e viandanti (He 11,13 1P 2,11) in questa vita. Il peregrino non attende ad altro se non di giugnere al termine suo: pigliasi la vita sua, e più no. E con buona providenzia mira di lasciare le vie dubiose e passare per le sicure. Se egli trova luoghi pacifichi e dilettevoli, non si stanca però, ma va pure per li fatti suoi. E se gli trova in guerra o malagevoli, né più, né meno - se già egli non vedesse che sanza suo danno, o impedimento del cammino e termine suo, potesse fare a loro utilità; per altro modo, no -. Sì che né pace né guerra possono mai impedire il buono peregrino: così voglio che facciate voi.

Su dunque, peregrino, destatevi dal sonno, ché non è ora da dormire, ma è tempo di vigilia. Gittate a terra il carico dei pensieri e affanni del mondo e tollete il bordone della croce, affinché abiate con che difendervi da' nimici che trovaste tra via. Empite il vasello del cuore vostro di sangue, il quale è il vostro conforto, affinché per debolezza non veniste meno nel tempo delle fatighe. Ponetevi dinanzi a l'occhio dell’intelletto vostro Dio, il quale è il vostro fine e termine, e corrite con fame e desiderio delle virtù; ché avendone desiderio, desiderrete di giugnere al fine vostro.

Neccessario v'è di corrire con l'affetto del desiderio, con la memoria di Dio, sì come sempre corriamo verso il termine della morte, che mai per nessuna cosa stanca questo corso. Dormendo, mangiando, parlando, e in ogni altra cosa sempre corriamo verso la morte. Così dobiamo noi fare e faremo, se in ogni nostra opera ci porremo Dio dinanzi, poiché allora sempre staremo col suo santo timore. Così sarà lunga e crescerà questa virtù della perseveranza in noi, unde nella fine riceveremo il frutto delle nostre fatighe e la corona della gloria, riposandoci nel termine di vita eterna; in altro modo, no.

E perché altro modo io non ci vedo, dissi che io desiderava di vedere in voi questa gloriosa virtù della perseveranza, la quale s'acquista, conservasi e cresce nel modo che detto abiamo. Voglio Perciò che con grande diligenzia e sollicitudine v'ingegniate d'acquistare in voi questi modi, affinché si compi in voi la voluntà di Dio e il desiderio dell'anima mia, perché cerco la salute vostra quanto la mia propria. Spero nella infinita dolce bontà di Dio, che vi darà grazia di farlo. Altro non vi dico.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



*379. Alla priora e monache di santa Agnesa da Montepulciano.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissime madre e figlie in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi annegate nel sangue dello dissanguato Agnello, il quale vi mostra l'amore ineffabile del vostro Creatore, che per trarci della servitudine del demonio ci donò questo Verbo del suo Figlio, affinché col mezzo della morte ci tollesse la morte e rendesseci la vita della grazia.

In questo sangue concepirete amore a l'onore di Dio e alla salute delle anime, seguitando questo umile Agnello che, per onore del Padre e salute nostra e di tutto il mondo, sostenne tante pene, strazii, obrobrii e villanie, e nell'ultimo la vituperosa morte della croce. In questo glorioso sangue sarete fortificate; diventarete pazienti che di nessuna cosa vi turberete, perché avrete veduto col lume della fede che Dio non vuole altro che la nostra santificazione - e per questo fine ci dà e permette ciò che ci dà in questa vita -, e ancora per desiderio che avrete di conformarvi col vostro Sposo, Cristo dolce Gesù: unde d'ogni cosa vi rallegrarete - così della tribolazione come della consolazione, e così della sanità come della infermità -, poiché l'anima che è annegata in questo dolce sangue perde in tutto sé, e non cerca tempo né luogo a modo suo, ma a modo di Dio. Ogni cosa ha in debita reverenzia, perché tutto vede che l'è conceduto dal suo Creatore per amore; nessuna cosa le dà pena, se non l'offesa di Dio e la dannazione delle anime, la qual pena non affligge né disecca l'anima, anco la 'ngrassa, perché è fondata nell'affetto della carità. Perciò bene è da inebriarsi di questo prezioso sangue per continua memoria, poi che tanta utilità ne segue; e a questo v'invito.

Godete ed essultate, madre e figlie mie dolci in Cristo, che ora avete di nuovo ricevuto dal sangue di Cristo in grande abondanzia, poiché il santo padre papa Urbano VI mi possiede conceduta la indulgenzia di colpa e pena, nella estremità della morte, per tutta cotesta famiglia, cioè a quelle che non l'hanno, e anco mi possiede conceduto uno certo perdono a cotesto luogo: non è ancora dichiarato quanto, né quando, etc.

Destatevi, destatevi, carissime, a riconoscere sì smisurata larghezza di carità, con uno dolce ringraziamento verso la divina bontà. Guardate che non foste ingrate, per l'amore di Cristo crocifisso: ora vi conviene levare da ogni negligenzia, e con una sollicitudine e fame essercitarvi all'orazione santa e studiarvi d'acquistare le vere virtù.

Non cessate d'orare con molta vigilia, lacrime e sudori, per la reformazione della dolce Sposa di Cristo, la quale vediamo in tanta aversità che già non pare che possa più, e per lo santo padre, il quale è giusto uomo, virile, e zelante de l'onore di Dio. Strignete lo Sposo vostro che infonda in lui uno lume di grazia, col quale egli confonda le tenebre, divella i vizii e pianti le virtù. E per noi pregate che ci dia grazia di compire la voluntà sua, e che noi diamo la vita per lo suo onore e per amore della verità. Altro non vi dico.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



*380. DESTINATARI IGNOTI.




Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi figli in Cristo dolce Gesù, io Caterina serva e stiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi bagnati e annegati nel sangue dell'umile e immacolato Agnello, lo quale sangue inebria l'anima e vestela del fuoco de la divina carità, perché sangue non è senza fuoco né fuoco senza sangue.

O quanto è dolce e soave a l'anima che s'inebria e veste di sì dolce e amoroso foco dove ella perde tutta sé; consuma l'umidore de l'amore proprio con il diletto delle proprie consolazioni d'ogni piacere umano; non si diletta di piacere alle creature ma solamente al Creatore suo, perché bene dispiacque a sé medesimo, poiché il volere piacere non procede da altro che dal piacere che l'anima ha di sé. Tutto questo consuma lo fuoco de la carità, la quale trovò l'anima nel sangue: ella è uno cibo che notrica l'anima a le mamelle sue.

Questa divina carità è servitore, mensa e cibo per fuoco di Spirito santo; non è senza la potenza del Padre né senza la sapienza del Figlio perché sonno una medesima cosa, per che dissi che ella era mensa e cibo e servitore. E così è la verità: lo Padre ci è mensa, lo Figlio ci è cibo arostito in su lo legno della santissima croce, e lo Spirito santo ci serve; unde noi vediamo che l'essere e ogni grazia posta sopra l'essere ci è ministrata per questo dolce servidore, cioè che per amore e di grazia, e non per debito, Dio ci ha dato e dà continuamente. Questo è quello dolce mezzo che unisce e separa: unisce, dico, l'anima in Dio e tagliala da sé medesima, dal proprio disordinato amore; fa il cuore tutto virile perché ne trae ogni timore servile, e permane nel timore santo. Ella non è senza lume, anco porta con sè il lume della santissima fede con ferma e perfetta speranza; ella è paziente, forte, che mai non è venta ma sempre vince: ella è longa che tiene dal cielo a la terra, cioè che da questa conversazione in questa vita mortale, giogne a la conversazione in cielo con i veri gustatori, poiché ella entra dentro come donna traendo a sé i frutti di tutte l'altre virtù. Ella è tanto piacevole e di tanta dolcezza che ogni amaritudine spegne; ella letifica lo cuore, fallo tanto ischietto, e libero - e non fatto n'è danno.

Bene è Perciò da cercarla con ogni sollecitudine: senza negligenzia corrire al luogo dove ella si trova.

Du' la troverremo? In Cristo Crocifisso, seguitando la dottrina sua, il quale col sangue dolcissimo suo ce l'ha mostrata per effetto. Perciò su, figli carissimi, non è più tempo di dormire ma è da vegliare, poiché i nimici nostri non dormono. Non dorme la perversa legge che sempre combatte contro lo spirito, né lo demonio con le malizie e molestie sue, né il mondo con le false lusenghe e con le molte tribulazioni.

Perciò bene sarebbe matto colui che dormisse, destinato con la vigilia e con umile e continua orazione.

Così faremo utilità a noi, e servando e crescendo la grazia ne l'anima nostra, e al prossimo nostro, con fame de l'onore di Dio ci nutreremo (...)



*381. A messer Giacomo di Viva, a la costarela dei barbieri.

Carissimo figlio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, iscrivo a te nel preziosissimo sangue suo, confortandoti a persevarare ne la grazia sua e nel santissimo timore di Dio, lo quale è 'mpedimento a operare lo male siccome è fontana inesauribile d'omnie bene; e ricordate che quello lo quale si fa beffe dell'umane fragilità del mondo acquista la grazia sua e l'amore del dolce Gesù, e chi lassa lo mondo s'avìa a la eterna beatitudine del paradiso a goderlo; e che il suo preziosissimo sangue ci lavò omni peccato e ci tolse a quello innimico demonio che coi le malizie sue e coi li laciuoli suoi ci alletta e conduce a la morte eterna dell'anima.

La umiltà fa salire alla somma altezza la carne nostra, abandona per sempre la richezza - la quale è più tosto impedimento al bene e è quella che più facilmente ci conduce al demonio -: isceglie adonque la via più brieve, e questa è la via della povertà per la quale si può giognere a quello santo e imacolato agnello Gesù che per amore nostro si fece Crocifisso. Onde considerando che altra via miliore non ci è per la salvezza nostra, sì ti conforto a seguire quella del bene, e così avarai quella misericordia infinita, e sarai come lo convitato alle nozze della vita eterna e avarai quello vestimento nuziale de la carità acetta a Gesù, e sarai ispoliato dell'amore sensitivo che corompe l'animi nostri e solecita al male della anima nostra.

E di nuovo sì ti dico che lo tuo proponimento molto mi dà alegrezza, e ti priego per lo amore di Cristo Gesù Crocifisso che tu il faccia per acquistare la dolcezza e la pace dell'anima e per non essere inganato da le tenebre - e la carne tua non trovarebe iscusa alcuna al peccato -; e la persona ch'è 'scita dal fradiciume del mondo ama veramente lo suo Creatore e cerca lo solo amore di Cristo, e tutte cose temporali e mondane gitta lontano da sé, e distruge e dissolve omne difetto carnale e si dà tutto a la carità: a quela ardentissima carità che tene legato e chiavelato Cristo in su la croce.

Mandastimi a dire che frate Antonio è ito a Bologna e non a lassato nulla; ingeniati di sapere novele di lui e io ne iscriverò a frate Tommaso nostro. Conforta mona Bartalomea et dile che prieghi li groliosi apostoli Pietro e Paolo che mi dieno grazia, a me e a li altri povareli nostri, per la salvezza de l'anime nostre e per la pace nostra. Altro non ti dico. Dio ti riempia de la sua dolcissima grazia e divina bontà.

Gesù dolce, Gesù amore.





*382. A monna Tora e a monna Giovanna, sua figlia e donna di Giovanni Trenta da Lucca.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

A voi dilettissima e carissima madre e figlia in Cristo Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, vi conforto e benedico nel prezioso sangue del Figlio di Dio, con desiderio di vedervi lo cuore e l'affetto vostro al tutto levato e sviluppato da la terra, considerando me che è l'affetto disordenato coi le pompe e vanità del mondo: però desidera l'anima mia di vedervene al tutto spogliate, poiché il mondo non ha nessuna conformità con Cristo.

Lo mondo cerca onore e gloria, dilettazioni, disideri carnali e delizie; Cristo elesse tutto lo contrario: schifò l'onore e abbracciò lo vitoperio e la vergogna e la pena, ingiurie e scherni e villanie; elesse e amò sommamente lo stato de la virginità e continenzia. O dolcissimo amore, quanto t'è piacevole e odore ti gitta lo stato de la santa continenzia, singularmente in quelli che tu hai eletti a lo stato del matrimonio, e per amore de la virtù s'astengono, e muovonsi da lo stato comune e vanno a lo stato perfetto sentendosi chiamare da lo Spirito santo.

Quando vi chiama lo Spirito santo? Quando vi manda le sante e buone inspirazioni e il cognoscimento de la fragilità nostra e de la miseria del mondo, e la poca fermezza e stabilità sua. Deh, non stieno intepiditi i cuori, anco levinsi a rispondare a lo Spirito santo che li chiama e seguitino la via de la perfezione. E guardate, figlia mia, che se voi sentite che lo Spirito santo - e in voi e ne lo sposo vostro - vi chiama, che voi non raguardiate a neuno detto di creatura, né a nessuna illusione di dimonia, ma fate come persona virile, non come fanciulla. Seguitate col lume de la fortezza lo lume de lo Spirito santo, e dicete quella dolce parola che disse quella gloriosa martire, quando le fu detto dal tiranno: «Perché lassi perdare la bellezza e la gioventudine del corpo tuo?». Ella rispose come prudente con ardentissimo desidèro: «Basta a me, malvagio tiranno, ch'io ho veduto lo diletto del mondo». Or così fa tu, figlia mia, e levati da la vanità e piacere del mondo. O quanto sarà beata l'anima vostra che voi sappiate e voliate levarvi da la conformità del mondo con Cristo crocifisso! Voi prego, madre carissima, che se voi vedeste la vostra figlia cresciare di virtù in virtù - in tanto che col desiderio e volontà volesse giogniare a lo stato de la perfezione, cioè di conservarsi con uno odore di purezza e di continenzia -, guardate che non la impediste, poiché molto dispiaciarebbe a Dio e sarebbe offizio di dimonia, poiché l'officio loro è di ritrare le creature dal santo proponimento e di reduciarle a la vanità e miseria del mondo. Non voglio che sia così, ma voglio ch'abbiate l'offizio degli angeli, che sempre aitano e tragono l'anima da la miseria e conduconla a via di salute. Sempre avesseate l'occhio dirizzato in Dio, e ogni vostra opera sia fatta e dirizzata in Dio. Ciascuna s'ingegni di cresciare di virtù in virtù - non vollendovi mai adietro a raguardare lo secolo -, ma sempre fermate lo cuore a pensare la brevità del tempo nostro, e il prezzo del quale tanto dolcemente sete ricomprata, e il frutto ch'è dato a coloro che si vestono de le virtù. A questo modo le sarete uno appoggio a conservarla e a cresciarla sempre nel santo desiderio, sì che quando sarà consumato lo termine de la vita vostra voi perveniate, essendo legate in amore e in carità, a quella perfetta unione e visione di pace dove è gaudio e letizia senza nessuna tristizia o amaritudine. Ine non ha amore proprio ma carità fraterna, ché l'uno participa lo bene dell'altro: or dunque godiamo e essultiamo, gustandolo in questa vita per carità affinché il vediamo a faccia a faccia nell'altra. Amatevi, amatevi insieme.

Rimanete ne la santa carità di Dio. Gesù dolce, Gesù Gesù.





*383. A Gianetta e Antonia e Caterina e a quella da Vercelli, le quali sono tornate a Cristo.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A vo, carissime e dolcissime figlie mie in Cristo Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Dio, scrivo e confortovi nel prezioso sangue del Figlio di Dio, con desiderio di vedervi, e così desidera l'anima mia, di vedervi con perfetta perseveranza desiderare la virtù cominciata come il cervio desidera l'acqua viva (Ps 41,2).

Sappiate, figlie mie, che il nostro dolce Salvatore non incorona coloro che cominciano, ma coloro che perseverano fino a la morte in virtù, poiché egli fu lo maestro e è donatore de la perseveranza: ché non lassò per nostra ignoranza né ingratitudine, né perché il demonio i giuderi lo volessero ritrare, né per veruna altra cosa, ch'egli non corrisse, come inamorato ad adoperare la nostra salute, all'obbrobio de la santissima croce.

Voi come figlie seguitate lo dolce e buono Gesù, facendo forza e violenzia a le cogitazioni e molestie del demonio, sì che levate lo cuore e l'occhio dell'anima vostra verso l'amore smisurato che il salvatore nostro v'ha mostrato in sul legno de la santissima croce, poiché se voi raguardarete e nascondaretevi ne le piaghe del Figlio di Dio, sarete diliberate d'ogni morsura e tentazione di peccato, poiché il demonio non può contro l'anima che è ferita e piagata de le piaghe di Cristo. Pregovi che sempre teniate dinanzi agli occhi la smisurata grazia che Dio v'ha fatta, ché v'ha tratte de le mani del diavolo, lo quale aveva legate e tenute in tenebre, e date le corpora vostre a tanta miseria e iniquità.

E conviensi ora che quello strumento lo quale ha offeso lo suo Creatore, sostenga pena, con digiuni vigilie e orazioni, altrimenti sarebe impossibile che conservaste la mente e le corpora vostre in purezza; e non vi paia malagevole, poiché la fatica vi tornarà in grande dolcezza e consolazione: poiché come lo vizio dà tristizia nell'anima, così la virtù dà sempre letizia e consolazione. Recatevi nella memoria le molte fatiche che avete portate in servigio del demonio; molto maggiormente ora doviamo sostenere ogni pena e fatica, e dare lo corpo nostro ad ardere e a cento mille migliaia di morti per lui. E che potrebbe fare l'anima con ciò che potesse fare in questa vita, ché ciò ch'ella potesse fare non sarebbe nulla a quello che dovrebbe fare, considerando quello che Dio ha fatto per la creatura? Guardate e fate che sempre cognosciate voi medesime essare operatrici di peccati e di miseria.

Poi che avete raguardato voi essare state ribelle al vostro Creatore, e voi vi rivollete verso la larga ineffabile misericordia la quale egli v'ha mostrata. Raguardate, figlie mie, ch'egli sta confitto in croce per noi abbracciare, e l'apritura del cuore vi manifesta lo segreto. Se voi raguardate questo Agnello consumato per noi, egli ha portate tutte le nostre iniquitadi in ogni parte che la creatura ha offeso col corpo suo: con tutte le membra del corpo suo lo Figlio di Dio ha sadisfatto a la nostra colpa. O inestimabile dolcissima carità! Per sadisfare ai disordenati pensieri del cuore, egli ti fu aperto per mezzo; se l'occhio offende, tu l’hai punito; la bocca, le mani, i piei, in tutte le parti hai sostenuto pena per noi.

Dunque, figlie mie, non v'esca mai del cuore e dell'anima tanto smisurato amore, e guardate che mai non vi volliate adietro - sì come dicemmo, non sareste degne di corona -, ma con buona perseveranza ricevarete poi lo frutto de la somma eterna beatitudine, dove è somma eterna bellezza. O quanta inestimabile grazia avete ricevuta! Abbandonando la morte del peccato ricevete la vita immortale; non siate ingrate né irriconoscenti a tanto beneficio, ma grate e conoscenti al nostro Creatore. Altro non dico.

Crescete e moltiplicate ne le sante virtù.

Rimanete ne la santa carità di Dio. Gesù dolce, Gesù Gesù.


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