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LE LETTERE di santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa (3)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2012 19:43
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19/10/2012 19:26

346. Al santo padre papa Urbano VI, presentandoli cinque mele aranci confette coperte d'oro.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Santissimo e dolcissimo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedere tolta da voi ogni amaritudine e pena affligitiva che affligesse l'anima vostra, e tolta la cagione d'ogni vostra pena; e sola rimanga in voi quella dolce pena che ingrassa e fortifica l'anima, perché procede dal fuoco della divina carità: cioè di dolerci e pigliare amaritudine solo delle colpe nostre; e del disonore di Dio che si fa nel corpo universale della religione cristiana e nel corpo mistico della santa Chiesa; e della dannazione de l'anime degl'infedeli, le quali sono ricomperate del sangue di Cristo come noi - del quale sangue, santissimo padre, voi tenete le chiavi -, e veggonsi queste anime nelle mani deli demoni.

Questa è quella pena che notrica l'anima ne l'onore di Dio, e pascela, in su la mensa della santissima croce, del cibo de l'anime: ella la fortifica, perché ha tolta da sé la debolezza de l'amore proprio, lo quale dà amaritudine che affligge e disecca l'anima, perch'è privata della carità ed è incomportabile a sé medesima.

Ma quelli che ha in sé questa dolce amaritudine caccia l'amaro, perché non cerca sé per sé, ma sé per Dio, e la creatura per Dio, e non per propria utilità e diletto; e cerca Dio per la infinita bontà sua - che è degno d'essere amato da noi -, e perché di debito il doviamo amare. E unde è venuta l'anima a questa dolce perfezione? col lume, perché dinanzi all'occhio dell'intelletto si puose per oggetto la verità di Cristo crocifisso, gustando per affetto d'amore la dottrina sua - e però se ne vestì -, seguitandolo in cercare solo l'onore di Dio e salute delle anime, sì come fece essa Verità, che per onore del Padre e salute nostra corse all'obrobriosa morte della santissima croce, con vera umilità e pazienza, in tanto che non fu udito lo grido suo (Is 42,2) per mormorazione; e col molto sostenere rendé la vita al figlio morto de l'umana generazione.

Pare, santissimo padre, che questa Verità eterna voglia fare di voi un altro lui: e sì perché sete vicario suo, Cristo in terra, e sì ché ne l'amaritudine e nel sostenere vuole che riformiate la dolce Sposa sua e vostra, che tanto tempo è stata tutta impalidita - non che in sé ella possa ricevare alcuna lesione né essere privata del fuoco della divina carità -, ma in coloro che si pascevano e pascono al petto suo, che per li difetti loro l'hanno mostrata pallida e inferma, succhiatole lo sangue da dosso con l'amore proprio di loro.

Ora è venuto il tempo che egli vuole che per voi, suo strumento, sostenendo le molte pene e persecuzioni, ella sia tutta rinovata. Di questa pena e tribulazione ella n'escirà come fanciulla purissima, tagliatone ogni vecchio, e rinovellata nell’uomo nuovo. Dilettianci Perciò in questa dolce amaritudine, doppo la quale segue conforto di molta dolcezza.

Siatemi uno albero d'amore, innestato ne l'albero della vita, Cristo dolce Gesù. Di questo albero nasca il fiore di conciepare ne l'affetto vostro le virtù e il frutto, parturendolo nella fame de l'onore di Dio e salute delle vostre pecorelle, lo quale frutto nel suo principio pare che sia amaro, pigliandolo con la bocca del santo desiderio. Ma come l'anima ha diliberato in sé di volere sostenere fino alla morte per Cristo crocifisso e per amore della virtù, così diventa dolce, sì come alcune volte io ho veduto che la mela arancia che in sé pare amara e forte: trattone quello che v'è dentro e mettendola in molle, l'acqua ne trae l'amaro; poi si riempie di cose confortative, e di fuore si cuopre d'oro. E dove n'è ito quello amaro, che nel suo principio con fatica se la poneva l'uomo alla bocca? Ne l'acqua e nel fuoco.

Così, santissimo padre, l'anima che concepe amore a la virtù, nel primo entrare le pare amaro, perché è anco imperfetta; ma vuolsi ponare lo rimedio del sangue di Cristo crocifisso, lo quale sangue dà una acqua di grazia che ne traie ogni amaritudine della propria sensualità: amaritudine, dico, affligitiva, come detto è. E perché sangue non è senza fuoco - poiché fu sparto con fuoco d'amore -, puossi dire, e così è la verità, che il fuoco e l'acqua ne traga l'amaro - votato sé di quello che prima v'era, cioè de l'amore proprio di sé -; poi l'ha riempiuto d'uno conforto di fortezza con vera perseveranza, e con una pazienza intrisa con mèle di profonda umilità, serrato nel cognoscimento di sé, perché nel tempo de l'amaritudine l'anima meglio conosce sé e la bontà del suo Creatore. Pieno e richiuso questo frutto, apparisce l'oro di fuore, che tiene fasciato ciò che v'è dentro: questo è l'oro della purezza, col lustro dell'affocata carità, lo quale esce di fuore manifestandosi in utilità del prossimo suo con vera pazienza, portando constantemente con mansuetudine cordiale; gustando solo quella dolce amaritudine, che doviamo avere, di dolerci de l'offesa di Dio e danno de l'anime.

Or così dolcemente, santissimo padre, produciaremo frutto senza la perversa amaritudine; e da questo avaremo che si levarà via l'amaritudine che oggi aviamo nei cuori nostri e nelle menti, del caso occorso per gli malvagi e iniqui uomini amatori di loro medesimi, i quali danno a voi e ai vostri figli pena per l'offesa che se ne fa a Dio. Spero nella bontà dolce del Creatore nostro, che ci levarà la cagione di questa pena dando lume, e confondendo quelli che ne sono cagione. E la Santità vostra e noi matureremo i frutti delle virtù nella memoria del sangue di Cristo crocifisso, con vera umilità, come detto è, conoscendo noi non essere, ma l'essere e ogni grazia posta sopra l'essere avere da lui. Così compirete in voi la volontà di Dio e il desiderio dell'anima mia.

Confortatevi, dolcissimo padre, con vera umilità, senza alcuno timore, ché per Cristo crocifisso ogni cosa potrete, in cui è posta, e si fermi continovamente, la vostra speranza. Non dico più. Perdonate a me la mia grande presunzione. Umilemente v'adimando la vostra benedizione.

Rimanete etc. Gesù dolce, Gesù amore.





347. Al conte Alberigo da Barbiano capitano generale della Compagna di san Giorgio, e agli altri caporali, a dì 6 di maggio 1379.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedere voi e tutta la vostra compagnia - fedeli alla santa madre Ecclesia e alla santità di papa Urbano VI sommo e vero pontefice - combattare tutti realmente e fedelmente per la verità, affinché riceviate lo frutto delle vostre fatiche.

Qual è quella cosa che ci dona questo frutto e che ce il tolle? Dicovelo: lo lume della santissima fede, col quale lume vediamo la degnità e bontà di colui a cui noi serviamo - e fa conosciare lo frutto che ne segue; conoscendola l'ama, e così con questo lume, unde è venuto lo conoscimento, cresce e notrica l'amore verso l'opera ch'egli ha presa a fare, e in colui cui egli ha preso a servire.

Quale è quello Signore per cui sete intrati nel campo della battaglia? è Cristo crocifisso, che è somma ed eterna bontà: la dignità sua neuno è che la possa stimare; solo esso medesimo la stima. Egli è uno signore tanto fedele che, volendo che l'uomo fusse atto e disposto a ricevare lo frutto d'ogni sua fatica, colà dov'egli lo voglia ricevare, corse, come inamorato, all'obrobriosa morte della santissima croce, e con tanta pena e tormento ci donò l'abondanzia del sangue suo.

O fratello e figli carissimi, voi sete cavalieri entrati nel campo per dare la vita per amore della vita, dare lo sangue per amore del sangue di Cristo crocifisso. Ora è il tempo dei martiri novelli: voi sete i primi che avete dato lo sangue. Quanto è il frutto che voi ne ricevete? I vita eterna, ch'è uno frutto infinito. E che sonno tutte queste fatiche a rispetto di quello sommo bene? Sonno non nulla. Così dice santo Pavolo: «Non sonno condegne le passioni di questa vita a quella futura gloria che ci è aparechiata ne l'altra» (Rm 8,18): sì che grande è il frutto. In questo non ci si può altro che guadagnare, o viva o muoia: se morite, guadagnate vita eterna, sete posti in luogo sicuro e stabile; e se campate, avete fatto sacrificio di voi a Dio volontariamente, e la substanzia potete tenere con buona conscienzia. Se col lume della santissima fede raguardarete questa degnità, sarete tutti confortati e fedeli a Cristo crocifisso e alla santa Chiesa, poiché, servendo alla Chiesa e al vicario di Cristo, servite a lui: e però vi dissi che il signore a cui voi servite è Cristo crocifisso.

Volete voi essere ben forti, che ognuno varrà per molti? Ponetevi dinanzi all'occhio de lo intelletto vostro lo sangue del dolce e buono Gesù, umile Agnello, e la fede vostra; la quale vedete contaminata per l'iniqui uomini amatori di loro medesimi, i quali sonno membri del demonio, negando quella verità che essi medesimi hanno data a noi, dicendo che papa Urbano VI non sia vero papa. Ed essi non dicono la verità, ma mentono sopra lo capo loro come menzonieri, ché egli è papa in verità, in cui sonno commesse le chiavi del sangue. Ben potete confortarvi, per combattare per la verità, la quale verità è la fede nostra. Non dubitate di nulla, ché la verità è quella cosa che ci libera.

E affinché meglio chiamassimo l'aiutorio divino in questa santa e buona opera, vuole la verità eterna che intriate in questo essercizio con una buona e santa intenzione, studiandovi di fare lo principio e il fondamento vostro per onore di Dio, difensione della fede nostra, della santa Chiesa e del vicario di Cristo, con buona conscienzia, purificandola voi e gli altri, quanto v'è possibile, per la santa confessione.

Poiché voi sapete che le colpe hanno a chiamare l'ira di Dio sopra di noi, e impedire le sante e buone opere. Fate che, come capo loro, voi siate lo primo, con uno santo e vero timore di Dio; altrimenti, la verga della giustizia sarebbe presso a voi. E se tutta la comune gente non potesse avere il tempo di farla attualmente, faccinla mentalmente col santo desiderio. A questo modo sarete fedele, e mostrarete in verità per opera che voi abbiate veduto, col lume della santissima fede, cui voi sete posti a servire, e conosciuto la degnità e bontà sua, e il frutto che vi segue dipo' la fatica.

Anco dicevo: chi ci tolle che noi non siamo fedeli, ma siamo infedeli a Dio e alle creature? L'amore proprio di noi medesimi, lo quale è uno veleno che ha avelenato tutto il mondo, ed è una nuvola che obumbra l'occhio de lo intelletto nostro che non lassa conosciare né discernare la verità. E però non vede altro che piacimento proprio, col quale si diletta di piacere più a le creature che al Creatore, ponendosi dinanzi a sé solo i beni transitorii di questa tenebrosa vita, cercando stati delizie e ricchezze del mondo, le quali tutte passano come lo vento.

Questo disordenato affetto sopra il quale hanno posto l'essercizio è atto a fare l'uomo poco leale o fedele, se non in quanto se ne vegga trare la propria utilità. E anco portano massimo pericolo che l'uomo non perisca egli, e faccia perire altrui, per volere attendare, in cotesti casi, solamente per potere acquistare della robba; ché lo 'ntendimento non può atendare a due cose insieme con l'essercizio corporale: a robbare e a combattare. Sapete che per questo molti ne sonno rimasi perdenti; e però la Verità vuole che, a ciò che questo caso non divenga a voi, voi lo diciate, e facciatene avisati gli altri che sonno sotto la vostra governazione. Anco vi prego per l'amore di Cristo crocifisso che voi atendiate d'avere savio, schietto e maturo consiglio apresso voi, fedele e leale. Per caporagli scegliete uomini virili e fedeli, di migliore conscienzia che potete: che nei buoni capi rade volte può stare altro che buone membra. Sempre state attento che tradimento non fusse o dentro o di fuore.

E perché malagevolmente ci possiamo guardare, voglio che voi e gli altri sempre, la prima cosa che voi facciate da mane e da sera, sì offerite a quella dolce madre Maria, pregandola ch'ella sia avocata e difenditrice vostra, e - per amore di quello dolce e amoroso Verbo ch'ella portò nel ventre suo - ch'ella non sostenga che veruno inganno vi sia fatto, ma che il manifesti, affinché sotto inganno non potiate perire. Sono certa che, facendo lo santo principio, come detto è, e questa dolce offerta, che ella acettarà graziosamente la vostra petizione, come madre di grazia e di misericordia ch'ella è inverso di noi peccatori.

Ma se noi disordinatamente ponessimo l'affetto nostro, come detto è, in quello che ci priva della fedeltà, privaremoci d'ogni bene, e faremoci degni d'ogni male: perdaremo lo frutto di vita eterna delle nostre fatiche. E però vi dissi ch'io desideravo di vedervi fedeli alla santa madre Ecclesia, e a Cristo in terra, papa Urbano VI.

Confortatevi, confortatevi in Cristo dolce Gesù, tenendo dinanzi da voi lo sangue sparto con tanto fuoco d'amore. State nel campo col gonfalone della santissima croce; pensate che il sangue di questi gloriosi martiri sempre grida nel cospetto di Dio, chiedendo sopra voi l'aiuto. Pensate che questa terra è il giardino di Cristo benedetto, ed è lo principio della nostra fede: e però ciascuno per sé medesimo ci debba essere inanimato. Ora si scontano i difetti nostri, se noi vorremo coraggiosamente servire a Dio e a la santa Chiesa. Altro non vi dico.

Rimanete etc.

Siate grato, voi e gli altri, e conoscenti del beneficio che ora riceveste, a Dio e a quello glorioso cavaliere santo Giorgio, lo cui nome tenete, lo quale vi difenda, e sia vostra guardia fino a la morte.

Perdonatemi se troppo v'ho gravati di parole: l'amore della santa Chiesa e salute vostra me ne scusi, e la coscienza mia, ch'è stata costretta da la dolce volontà di Dio. Faremo come Moisè, che il popolo combatteva e Moisè orava; e mentre ch' egli orava, lo popolo vinceva (Ex 17,11): così faremo noi, pure che la nostra orazione li sia grata e piacevole.

Piacciavi di lègiare questa lettara, almeno voi e gli altri caporali. Gesù dolce, Gesù amore.





348. Alla Regina Giovanna di Napoli, a dì 6 di magio.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima madre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi compassionevole a voi medesima ne l'anima e nel corpo, poiché, se noi non saremo piatose a l'anima nostra, la misericordia e pietà altrui poco ci giovarebbe.

A grande crudelità si reca l'anima quando essa medesima pone lo coltello in mano al suo nemico, col quale lo possa uccidare, però ch'i nostri nemici non hanno arme con che ci possano offendare; vorrebbono bene, ma non possono, perché solo la volontà è quella che offende, e la volontà non è demonio né creatura che la possa muovare né costrignare a una minima colpa più ch'ella si voglia. Perciò la volontà perversa che consente a le malizie dei nemici nostri è uno coltello che uccide l'anima, quando con la mano del libero arbitrio lo dà ai suoi nemici. Chi diremo che sia più crudele: o i nimici, o la propria persona stessa che riceve la percossa? Siamo più crudeli noi, perché consentiamo a la nostra morte.

Noi abiamo tre principali nemici, cioè lo demonio, lo quale è debole se io nol fo forte consentendo alle malizie sue - egli perdette la forza sua nella virtù del sangue dell'umile immacolato Agnello -; lo mondo con tutti li stati e dilizie sue, lo quale è nostro nemico, anco è debole - se non in quanto noi lo fortifichiamo in nostra offesa, possedendolo con disordinato amore -: nella mansuetudine e umilità, povertà, obrobii scherni e villanie di Cristo crocifisso si è anichilato questo tiranno del mondo. Lo terzo nemico nostro, della propria fragilità, è fatto debole, e fortificata la ragione, per l'unione che Dio ha fatta nell'umanità nostra, vestendo lo Verbo della nostra umanità, e per la morte di questo dolce e amoroso Verbo, Cristo crocifisso. Sì che noi siamo forti, e i nemici nostri debili. Perciò bene è vero che noi siamo più crudeli a noi che i nostri nemici, perché senza noi non ci possono uccidare né offendare: perché Dio non ce gli ha dati perché noi siamo venti, ma affinché noi venciamo. Allora si prova la costanzia e la fortezza nostra.

Ma non vego che noi possiamo schifare questa crudelità e acquistare la pietà senza lo lume della santissima fede, cioè aprendo l'occhio de lo intelletto a riguardare quanto ella è spiacevole e nociva all'anima e al corpo; e piacevole a Dio e utile per la salute nostra, la pietà.

O carissima madre - «madre» dico in quanto io vi vegga essere figlia fedele alla santa Chiesa -, egli mi pare che nessuna pietà abiate verso di voi. Oimé, oimé, che, perché io v'amo, io mi doglio del male stato vostro dell'anima e del corpo; vorrei volontieri ponarci la vita per rimediare a questa crudeltà. Più volte v'ho scritto per compassione, mostrandovi che quello che v'è mostrato per verità, è bugia, e la verga della divina giustizia, la quale sta aparecchiata, se non vi levate di tanto difetto. Umana cosa è il peccare, ma la perseveranza nel peccato è cosa di dimonia.

Oimé, non è chi vi dica la verità, né voi cercate per li servi di Dio che ve la dicano affinché non stiate in istato di dannazione. Oh quanto sarebbe beata l'anima mia se io venissi costà, e ponessi la vita per rendarvi lo bene del cielo e il bene della terra: tòlarvi lo coltello della crudeltà, col quale avete morta voi medesima, e aitarvi a dare quello della pietà, che uccide lo vizio; cioè, che col timore santo di Dio, e con l'amore santo della verità, vi vestiste e legaste nella dolce volontà sua! Doimé, non aspettate quello tempo che non sete sicura d'avere; non vogliate che gli occhi miei abino a spandare fiumi di lacrime sopra la tapinella anima vostra, né sopra lo corpo, la quale anima io riputo mia.

Se io riguardo l'anima io vego che ella è morta, perché è separata dal capo suo: perseguita non papa Urbano VI, ma la verità e la fede nostra, la quale, madre e figlia mia, aspettavo - sì come mi scriveste - che per voi, mediante la divina grazia, fusse dilatata tra l'infedeli, e dichiarata e sovenuta tra noi, quando vedessimo aparire la macula, difendendola da quelli che ne sonno stati o fussero contaminatori. Ora vego apparire in voi tutto il contrario, per lo cattivo consiglio che v'è stato dato per li peccati miei. Voi, come spietata verso la salute vostra, l'avete ricevuto; e vedo che corpo di creatura non sarà che possa ristituire lo danno vostro, ma a voi medesima converrà rendare questa ragione dinanzi al sommo giudice.

Questa non è offesa per ignoranza, che voi non la conosciate, poiché la verità v'è manifesta; ma non sapete tornare adietro quello che avete cominciato - perché il coltello della propria e perversa volontà tolle lo sapere e il volere -, riputandovi a vergogna quello che v'è grandissimo onore: perché il perseverare nella colpa e in sì-fatto male è massimo vitoperio, e vergogna farsi trare a segno agli occhi delle creature; ma lo levarsene è grandissimo onore, e con l'onore e odore della virtù si leva la vergogna, e spegnesi la puzza del vizio.

E se io riguardo a lo stato vostro sopra questi beni temporali e transitori che passano come il vento, voi medesima ve ne sete privata di ragione. Non avete a ricevare altro che l'ultima sentenzia da questarne privata di fatto, e publicata eretica. Scoppiami lo cuore e non mi può scoppiare, del timore ch'io ho che il demonio non offuschi tanto l'occhio de lo intelletto vostro, che voi aspettiate lo danno, e tanta vergogna e confusione che me la recarei a maggiore che il danno che voi riceveste. E non la potete nascondare con dire: «Questo mi sarebbe fatto ingiustamente, e la cosa che ingiustamente si riceve non gitta vergogna».

Non si può dire, poiché giustamente lo farebbe - sì per lo difetto commesso e sì perch'egli lo può fare, come sommo e vero pontefice ch'egli è, eletto della Verità e in verità: che s'egli non fusse, non areste offeso - sicché sarebbe giustizia; ma per amore, e come benigno padre che aspetta che il figlio si corregga, non l'ha fatto. Ma temo che, costretto dalla giustizia e dalla longa vostra perseveranza nel male, nol faccia. E questo non dico denigrato, che io non sappi quello ch'io mi dico.

E se voi mi diceste: «Sopra questo io non curo, ché io sono forte e potente, e ho degli altri signori che mi soverranno; e so ch'egli è debole»; io vi rispondo che invano s'afatica quelli che con forza vuole guardare la città, e con grande solecitudine, se Dio non la guarda. E potrete voi dire che voi abiate Dio per voi? Non lo possiamo dire, poiché l'avete posto contro voi: perché ponendovi contro la verità, vi sete posta contro lui; e la verità è quella che libera colui che tiene verità, e neuno è che la possa confondare. Perciò avete cagione di temere, e non confidarvi nella fortezza e potenza vostra, se l'aveste anco maggiore che voi non l'avete. Ed esso ha cagione di confortare la sua debolezza in Cristo dolce Gesù, la cui vece esso tiene, confidandosi nella fortezza e aiutorio suo, che di tale lato li mandarà l'aiuto che non lo sapiamo immaginare. E voi sapete che, se Dio è per noi, neuno sarà contro noi.

Perciò temiamo Dio, e tremiamo sotto la verga della giustizia sua; corregiamoci, e non si vada più oltre. Siate piatosa a voi medesima, e chiamarete la pietà di Dio appo voi; abiate compassione a tante anime quante periscono per voi, delle quali vi converrà rendare ragione nell'ultima estremità della morte dinanzi a Dio. Anco ci è rimedio e tempo per potere ritornare: ed esso vi riceverà con grande benignità. Sono certa che se a l'anima vostra, ed eziandio al corpo, sarete piatosa e non crudele, voi lo farete, e arete pietà dei sudditi vostri; in altro modo, no. E però vi dissi ch'io desiderava di vedervi piatosa, e non crudele a l'anima vostra, e così vi prego per l'amore di Cristo crocifisso che almeno voi teniate, e vogliate che si tenga, questa verità, la quale fu anunziata a voi e agli altri signori del mondo.

E se voi diceste: «Ella m'è pure in dubio», statevi di mezzo, tanto ch'ella vi sia dichiarata, e non fate quello che non dovete. Vogliate la dichiarazione e il consiglio di quelli che vedete che temeno Dio, e non da' membri del demonio, che male consigliarebono voi di quello che non tengono per loro medesimi.

Temete, temete Dio e ponetevelo dinanzi agli occhi vostri; pensate che Dio vi vede, e l'occhio suo è sopra di voi, e la giustizia vuole che ogni colpa sia punita, e ogni bene rimunerato. Siate, siate pietosa a voi medesima. Altro non vi dico.

Rimanete etc. Gesù dolce, Gesù amore.





349. Ai signori Bandaresi e quattro Buoni uomini mantenitori della repubblica di Roma, a dì 6 di maggio 1378 (in abstractione facta).

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi fratelli e signori in terra in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi grati e conoscenti di tanti beneficii quanti avete ricevuti da Dio, acciò ch'eglino crescano in voi e notrichisi la fonte della pietà di Dio ne l'anime vostre. Poiché, come la gratitudine gli è molto piacevole, e utile a noi, così la 'ngratitudine molto gli dispiace, e a noi fa danno: disecca in noi la fonte della pietà, e invitiamo Dio non a cresciare le grazie, ma a privarci di quelle che ci ha date. Bene dunque è da studiarsi con grande solecitudine di riguardare i beneficii di Dio, poiché vedendoli gli conosciarete, e conoscendoli rendarete gloria e lode al nome suo.

E in che mostraremo a Dio la nostra gratitudine e la nostra ingratitudine? Dicovelo: la ingratitudine si mostra in offendare la sua bontà e il prossimo nostro, offendendolo in molti e diversi modi con molta ingiustizia; non rendendoli quello debito che noi siamo obligati di rendarli, cioè d'amare lui sopra ogni cosa e il prossimo come noi medesimi (). E noi facciamo tutto il contrario, ché quello amore che noi doviamo dare a lui lo diamo alla propria sensualità, offendendolo col cuore e con la mente, e con tutte le facoltà dell'anima, e con le membra del corpo nostro, le quali debano essere strumento di virtù, ed esse sonno strumento di vizio; da' quali vizii riceviamo morte eternale se la vita nostra termina in colpa di peccato mortale.

Da qualunque lato noi ci volliamo, non ci troviamo altro che miseria: e tutto procede dalla ingratitudine.

Ella germina superbia, vanità e legerezza di cuore, con molta immondizia, in tanto che non pare che l'uomo curi d'invòllarsi nel loto de l'immondizia, se non come l'animale. Ella priva l'anima della carità fraterna inverso del prossimo suo; e concepe odio e pentimento, e s'egli pure l'ama, amalo per propria utilità, e non per Dio. Atti sonno questi cotali a ricevare ogni miserabile informazione, giudicando male inverso di lui, non riguardando con prudenzia chi è colui che dice lo male e di cui egli è detto, o s'egli lo dice per proprio dispiacere, o per invidia, o per semplicità che avesse. Ché spesse volte l'uomo ignorante dice ciò che li viene a bocca, e non mira quello che parla; ma colui che ode lo debba mirare egli. Lo invidioso non mira che dica più verità che bugia; atende pure di fare danno e tòllare la fama del prossimo suo: tutto dì vedete ch'egli è così.

E se l'uomo è in stato di signoria non si cura di tenere al prossimo giustizia se non sicondo lo suo proprio piacere, o a piacere delle creature - contaminando la giustizia e rivendendo le carni del prossimo suo -, perché il cuore suo è privato della carità: àllo sì stretto lo proprio amore, che non vi cape né Dio né il prossimo per giustizia santa, né di sovenirlo nella sua necessità. E non tanto che egli lo sovenga, ma egli li tolle lo suo in molti modi, secondo che gli ocorrono i casi, con molti guadagni illiciti dei quali li converrà rendare ragione nell'ultima estremità della morte. La lingua sua, ch'è fatta per rendare gloria e lode al nome di Dio, e per confessare i peccati, e in salute del prossimo, egli l'essercita in bastemiare, in giurare e spergiurare, e in giudicare; e non tanto che bastemi e dica male delle creature, ma egli pone bocca a Dio e ai santi suoi, né più né meno che se l'avesse fatto coi piei. E voi vedete bene ch'egli è la verità, e non ci è quasi picolo né grande che di questo vizio non s'abi fatto consuetudine, per lo difetto di chi ha a tenere la giustizia, che non la fa secondo che vuole la ragione. Ma Dio dimostra che questo e gli altri difetti li dispiaciono, facendone un poca di giustizia coi fragelli e discipline sue che noi tutto dì abiamo. E giustamente lo fa; ben ch'egli ce le dà con grande misericordia. Sicché questi sonno i frutti che produce l'uomo ingrato; questi sonno i segni suoi, che manifestano la sua sconoscenza.

Tutto il contrario dimostra l'uomo che è grato e conoscente al suo Creatore. Egli li dà giustizia, rendendoli quello ch'è suo: cioè la gloria e lode che deba essere di Dio egli lili dà amandolo sopra ogni cosa, e il prossimo come sé medesimo. Riguardando l'umilità di Dio ha mozze le corna della superbia, e con la sua giustizia s'è levato dalla ingiustizia; e con la carità del prossimo suo ha conculcata la invidia, dilargando lo cuore nell'affetto della carità. Nella purezza di Cristo e ne l'abondanzia del sangue suo si leva da ogni immondizia; vive onestamente, sovenendo lo prossimo suo, o suddito o signore che sia, in ogni necessità sua, quanto gli è possibile; dà del suo e non tolle l'altrui; fa ragione al picolo come al grande e al povaro come al ricco, secondo che vuole la vera giustizia. Egli non è leggiere a credare uno diffetto del suo prossimo, ma con prudenzia e maturità di cuore riguarda molto bene colui che dice, e di cui egli dice. Egli è grato e conoscente a chi lo serve, perché egli è grato a Dio: però è grato a lui; e non tanto ch'egli serva chi lo serve, ma egli ama e fa misericordia a chi l'ha diservito.

La vita sua è ordinata, perché ha ordinate tutte le tre facoltà dell'anima: la memoria a ritenere i benifici di Dio per ricordo; lo intelletto ad intendare la sua volontà; e la volontà ad amarlo, e così gli strumenti del corpo tutti si dispongono in essercitare la virtù. Egli è paziente e benivolo; ama la concordia e odia la discordia; è fedele a Dio e a la santa Chiesa, e al vicario suo; come figlio vero si nutre al petto della suaobbedienza. Ora a questo modo dimostriamo d'essere grati e conoscenti a Dio; allora le grazie crescono, e temporali e spirituali.

Perciò voglio, fratelli carissimi, che voi siate grati - affinché crescano le grazie - delle grazie che v'ha fatte e fa lo vostro Creatore. E perché di nuovo n'avete ricevute miracolosamente, di nuovo voglio che gli rendiate grazia e lode al nome suo; con vera umilità riconoscendole da Dio, e non dal vostro proprio potere né sapere. Ché con tutto lo vostro studio umano non l'areste potuto fare, se non che Dio lo fece egli, vollendo l'occhio della sua misericordia sopra di noi che troppo stavamo a grande pericolo; e però a Dio lo dobiamo atribuire. L'essemplo ce ne dà lo padre nostro, papa Urbano VI, che - in segno ch'egli la riconosce da Dio - s'umilia facendo quello atto, che già è grandissimi tempi non fu più, d'andare a processione a piei scalzi. Perciò noi, figli, seguiamo le vestigie del padre, cioè di conosciare le grazie da Dio, e non da noi.

Anco voglio che siate grati a questa compagnia, i quali sonno stati strumento di Cristo, suvenendoli in quello che bisogna, massimamente in questi povarelli feriti. Portatevi caritativamente con esso loro, affinché gli conserviate nell'aiutorio vostro, e tolliate lo' la materia che essi non abino cagione di fare contro di voi: così vi conviene fare, dolcissimi fratelli, sì per lo debito, e sì per la grande necessità. Sono certa che se in voi sarà la virtù della gratitudine, voi vi studiarete di fare questo e l'altre cose sopra dette, altrimenti no; e però vi dissi ch'io desiderava di vedervi grati e conoscenti dei beneficii ricevuti da Dio, affinché compiate di fare quello ch'è di necessità alla salute dell'anima e del corpo.

Parmi che s'usi un poco d'ingratitudine verso Giovanni di Cencio, lo quale s'è affatigato con tanta solecitudine e fedeltà, con ischietto cuore, solo per piacere a Dio e per vostra utilità - e questo so ch'è la verità -, ogni altra cosa abandonando per questo, per trarvi del fragello, che v'era posto, di Castello Santo Angelo: in ciò s'è adoparato con tanta prudenzia. Ora non tanto che mostrino segno di gratitudine solo di ringraziamento, ma lo vizio della invidia e della ingratitudine gitta lo veleno delle infamie e molta mormorazione. Non vorrei che si facesse così, né di lui né di neuno altro che vi servisse - perché sarebbe offesa di Dio e danno a voi -, ché tutta la comunità ha bisogno d'uomini savi, maturi e discreti e di buona coscienza. Non si faccia più così, per l'amore di Cristo crocifisso! Poneteci quello rimedio che pare alla Signoria vostra, affinché la simplicità delli ignoranti non empedisca lo bene.

Questo dico per vostra utilità, e non per nessuna affezione, ché voi sapete ch'io sono peregrina, parlandovi per lo buono stato vostro perché tutti insiememente con lui tengo che siate l'anima mia. So che, come uomini savi e discreti, riguardarete a l'affetto e alla purezza del cuore mio con che io scrivo a voi, e così perdonarete alla mia presunzione che presummo di scrivare. Altro non vi dico.

Rimanete etc.

Siate, siate grati e conoscenti a Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



350. Al Re di Francia.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedere in voi uno vero e perfettissimo lume, affinché cognosciate la verità di quello che v'è necessario per la vostra salute.

Senza questo lume andaremmo in tenebre, la quale tenebre non lassa discernere quello che c'è nocivo all'anima e al corpo, né quello che c'è utile. E per questo si guasta lo gusto dell'anima, che le cose buone le sanno gattive, e le gattive buone: cioè, che lo vizio e quelle cose che c'inducono a peccato, ci paiono buone e dilettevoli; e le virtù e quello che c'induce a virtù, ci paiono amare e di grande malagevolezza. Ma chi ha lume, conosce bene la verità, e però ama la virtù, e Dio che è cagione d'ogni virtù; e odia lo vizio, e la propria sensualità che è cagione d'ogni vizio.

Chi ci tolle questo vero e dolce lume? L'amore proprio che l'uomo ha a sé medesimo, lo quale è una nuvola che offusca l'occhio dell'intelletto, e ricuopre la pupilla del lume de la santissima fede. E però va come cieco e ignorante, seguitando la fragilità sua, tutto passionato e senza lume di ragione, sì come animale che, perché non ha ragione, si lassa guidare al proprio sentimento. Grande miseria è dell’uomo - lo quale Dio ha creato a la imagine e similitudine sua (Gn 1,26) - che egli voluntariamente e per suo defetto si facci peggio che animale bruto: come ingrato e ignorante, non conosce né riconosce i beneficii di Dio, ma retribuisceli a sé medesimo. Da l'amore proprio procede ogni male: unde vengono le ingiustizie e tutti gli altri defetti? da l'amore proprio.

Egli commette ingiustizia contro Dio, contro sé, e contro lo prossimo suo, e contro a la santa Chiesa.

Contro a Dio la commette, ché non rende gloria e loda al nome suo come egli è obligato; a sé non rende odio e pentimento del vizio e amore de la virtù; al prossimo non rende la benevolenza. E se egli è signore, non gli tiene giustizia, poiché non la fa se non secondo lo piacere de le creature o per proprio suo piacere umano. A la Chiesa non rendeobbedienza, e non la soviene ne la sua necessità con debita reverenzia, e non che la sovenga, ma continuamente la perseguita. Di tutto questo è cagione l'amore proprio, che non gli lassa conoscere la verità, perché è privato del lume: questo c'è molto manifesto, e tutto dì lo proviamo e vediamo in noi medesimi che egli è così. Non vorrei, carissimo padre, che questa nuvola vi tollesse lo lume; ma voglio che in voi sia quello lume che vi faccia conoscere e discernere la verità.

Parmi, secondo che io intendo, che cominciate a lassarvi guidare al consiglio dei tenebrosi; e voi sapete che se l'uno cieco guida l'altro, ambedue caggiono ne la fossa (Mt 15,10 Lc 6,39). Così diverrà a voi, se voi non ci ponete altro remedio che quello che io sento. Ònne grande ammirazione di vedere che uomo catolico, che voglia temere Dio e essere virile, si lassi guidare come fanciullo, e che non vegga come metta sé e altrui in tanta ruina quanta è di contaminare lo lume de la santissima fede, per consiglio e detto di coloro che noi vediamo essere membri del demonio e arbori corrotti, dei quali ci sono manifesti i defetti loro per l'ultimo veleno che hanno seminato, de la eresia, dicendo che papa Urbano VI non sia veramente papa.

Aprite qui l'occhio dell'intelletto, e raguardate che essi mentono sopra lo capo loro. Per loro medesimi si possono confondere e veggonsi degni di grande suplicio, da qualunque lato noi ci volliamo. Se noi ci volliamo a quello che essi dicono, che lo elessero per paura de la furia del popolo, essi non dicono la verità, poiché prima l'avevano eletto con canonica elezione e ordinata, sì come fusse eletto mai verun altro sommo pontefice. Essi si spacciarono bene di fare la elezione per timore che il popolo non si levasse; ma non che per timore essi scegliessero missere Bartolomeo arcivescovo di Bari, lo quale è oggi papa Urbano VI: e così confesso in verità, e non lo niego. Quello che essi elessero per paura, ciò fu missere di Santo Pietro, apparbe evidente a ciascuno; ma la elezione di papa Urbano era fatta ordinatamente, come detto è. E questo anunziarono a noi e a voi e agli altri signori del mondo, manifestando per opera quello che ci dicevano per parole, cioè facendoli reverenzia, adorandolo come Cristo in terra, e coronandolo con tanta solemnitade e rifacendo di nuovo la elezione con grande concordia; e a lui, come a sommo pontefice, chiesero le grazie, e usaronle.

E se non fusse stato vero che papa Urbano fusse papa, ma che l'avessero eletto per paura, e non sarebbero essi degni eternamente di confusione, che le colonne de la santa Chiesa poste per dilatare la fede, per timore de la morte corporale volessero dare a loro e a noi morte eternale, mostrandoci per padre quello che non fusse? E non sarebbero essi idolatri, adorando per Cristo in terra quello che non fusse? E non sarebbero essi ladri, tollendo e usando quello che non potessero usare? Sì bene, se vero fusse quello che ora dicono - che non è: anco, è veramente papa, papa Urbano VI -. Ma, come stolti e matti, accecati dal proprio amore, hanno mostrata e data a noi questa verità, e per loro tengono la bugia. Tanto la confessarono questa verità, quanto la Santità sua indugiò a volere correggere i vizii loro; ma come egli cominciò a mordergli, e a mostrare che lo scelerato vivere loro gli era in dispiacere, e che egli voleva ponervi remedio, subito levarono lo capo. E contro cui l'hanno levato? contro a la santa fede, peggio hanno fatto che cristiani rinnegati.

O miseri uomini! essi non cognoscono la loro ruina, né chi gli segue, che, se la conoscessero, essi chiederebbero l'aiutorio divino e riconoscerebbero le colpe loro, e non sarebbero ostinati come demoni: ché drittamente paiono demoni, e preso hanno l'officio loro. L'officio de le demonia è di pervertire l'anime da Cristo Crocifisso e sottrarle da la via de la verità, e inducerle a la bugia; e recarle a sé che è padre de le bugie (Jn 8,44), per pena e per suplicio dando a loro quello che egli ha per sé. Così questi vanno sovertendo da la verità, la quale verità essi medesimi ci hanno data, e reducendo a la bugia, tutto lo mondo hanno messo in divisione; e di quello male che essi hanno in loro, di quello porgono a noi. Vogliamo noi bene conoscere questa verità? Or raguardiamo e consideriamo la vita e i costumi loro; e che seguito essi hanno pur dei loro medesimi, che seguitano le vestigie de le iniquitadi: poiché l'uno demonio non è contrario all'altro, anco s'accordano insieme. E perdonatemi, carissimo padre - padre vi terrò, in quanto io vi vegga amatore de la verità e confonditore de la bugia - perché io dica così, poiché il dolore de la dannazione loro e d'altrui me n'è cagione, e l'amore che io porto a la salute loro.

Questo non dico in dispregio loro in quanto creature, ma in dispregio del vizio e de la eresia che essi hanno seminata per tutto lo mondo, e de la crudeltà che essi usano a loro e all'anime tapinelle che per loro periscono; de le quali lo' converrà rendere ragione dinanzi al sommo giudice. Che se fussero stati uomini che avessero temuto Dio - o la vergogna del mondo, se Dio non volevano temere -, se papa Urbano l'avesse fatto lo peggio che egli l'avesse potuto fare, e il maggiore vituperio, avrebbero pazientemente portato, e eletto inanzi mille morti che fare quello che hanno fatto. Ché a maggiore vergogna e danno non possono venire, che apparire agli occhi de le creature scismatici e eretici e contaminatori de la santa fede.

Se io vedo lo danno dell'anima e del corpo, si mostrano per la eresia privati di Dio per grazia, e corporalmente privati de la dignità loro, di ragione: e essi medesimi l'hanno fatto. Se io raguardo lo divino giudicio, egli si vede presso a loro, se non si levano da questa tenebre; poiché ogni colpa è punita, e ogni bene è remunerato. Duro lo' sarà a ricalcitrare a Dio (Ac 26,14), se tutto lo sforzo umano avessero. Dio è somma fortezza, che fortifica i debili che si confidano e sperano in lui, ed è verità; e la verità è quella cosa che ci libererà (Jn 8,32).

Noi vediamo che solo la verità dei servi di Dio seguitano e tengono questa verità di papa Urbano VI, confessandolo veramente papa, come egli è. Non trovarete uno servo di Dio che tenga lo contrario, che sia servo di Dio: non dico di quelli che portano di fuore lo vestimento de la pecora, e dentro sono lupi rapaci.

E credete voi che se questa non fusse verità, che Dio sostenesse che i servi suoi andassero in tanta tenebre? nol sosterrebbe. Se egli lo sostiene agli iniqui uomini del mondo, nol sostiene a loro, e però egli l'ha dato lume di questa verità: perché non è spregiatore dei santi desiderii, anco, n'è accettatore, come padre benigno e pietoso che egli è. Questi vorrei che voi chiamaste a voi, a farvi dichiarare di questa verità, e non vogliate andare sì ignorantemente.

Non vi muova la passione propria, ché ella farà peggio a voi che a persona. Abbiate compassione a tante anime, quante mettete ne le mani de le demonia. Se non volete fare il bene, almeno non fate lo male, ché il male spesse volte torna più sopra colui che il fa, che sopra a colui a cui vuole essere fatto. Tanto male n'esce, che ne perdiamo Dio per grazia, consumansi i beni temporali, e seguitane la morte degli uomini.

Doimé! e non pare che noi vediamo lume, ché la nuvola dell'amore proprio ci ha tolto lo lume, e non ci lassa vedere. Per questo siamo atti a ricevere ogni mala informazione che ci fusse data, contro a la verità, dagli amatori di loro medesimi. Ma se averemo lo lume, non sarà così; ma con grande prudenzia e timore santo di Dio vorrete conoscere e investigare questa verità, per uomini di conscienzia e di scienzia. Se voi vorrete, in voi non caderà ignoranza poiché avete costà la fontana de la scienzia, la quale temo che non perdiate se voi terrete questi modi, e sapete bene come ne starà lo reame vostro. Se saranno uomini di buona conscienzia e che non vogliano seguire lo piacere umano con timore servile, ma la verità, essi vi dichiareranno, e porranno in pace la mente e l'anima vostra.

Or non più così, carissimo padre: recatevi la mente al petto e pensate che voi dovete morire, e non sapete quando. Ponetevi dinanzi all'occhio dell'intelletto Dio e la verità sua, e non la passione né l'amore de la patria: ché, quanto a Dio, non doviamo fare differenza più d'uno che d'un altro, poiché tutti siamo usciti de la sua santa mente, creati a la imagine e similitudine sua (Gn 1,26), e ricomprati del prezioso sangue de l'unigenito suo Figlio. Sono certa che, se averete lo lume, voi lo farete, e non aspettarete lo tempo, poiché il tempo non aspetta voi, e invitarete loro a tornare a la santa e veraobbedienza, ma altrimenti no. E però dissi che io desideravo di vedere in voi uno vero e perfettissimo lume, affinché col lume cognosciate, amiate e teniate la verità. Sarà allora beata l'anima mia per la salute vostra, di vedervi uscire di tanto errore. Altro non dico.

Rimanete ne la santa e dolce carità di Dio.

Perdonatemi se troppo v'ho gravato di parole, ma l'amore de la vostra salute mi costrigne a più tosto dirvele a bocca e con la presenza che per scritto. Dio vi riempia de la sua dolcissima grazia. Gesù dolce, Gesù amore.



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