È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!
QUESTO FORUM E' CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO... A LUI OGNI ONORE E GLORIA NEI SECOLI DEI SECOLI, AMEN!
 
Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

LE LETTERE di santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa (3)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2012 19:43
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 1.222
Sesso: Femminile
19/10/2012 19:02

318. A Sano di Maco e tutti gli altri suoi in Cristo figli secolari da Siena.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi figli in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi fondati nella virtù della santissima fede, la quale fede è uno lume che sta nell'occhio dell'intelletto, che ci fa vedere e conoscere la verità. E la cosa che si conosce buona, s'ama; non conoscendola, non si può amare: e non vedendola, non si può conoscere. Perciò ci è necessario lo lume, e senza esso andaremo in tenebre; e chi va per le tenebre, è offeso da essa.

Questo lume c'insegna la via, mostraci lo fine, e insegnaci gl'invitatori, che sonno due. Questo lume vede le nozze dell'uno e dell'altro; e col vedere le discerne, quale dà vita, e qual morte. O dolcissimi e amantissimi figli, quali sonno questi due che c'invitano? E quali sonno le vie loro? Dicovelo: Cristo benedetto è l'uno, che c'invita a l'acqua viva della grazia. Così disse egli quando gridava nel tempio: «Chi ha sete, venga a me, e beia (Jn 7,37), ché sono fonte d'acqua viva» (Jn 4,10). Veramente egli è una fonte: ché, come la fonte tiene in sé l'acqua - e trabocca per lo murello d'intorno -, così questo dolce e amoroso Verbo, vestito della nostra umanità. L'umanità sua fu uno muro che tenne in sé la deità eterna unita in essa umanità, traboccando lo fuoco della divina carità per lo muro aperto di Cristo crocifisso: poiché le piaghe sue dolcissime versarono sangue intriso col fuoco, perché per fuoco d'amore fu sparto. Di questa fonte traiamo noi l'acqua della grazia, poiché in virtù della deità, e non puramente per l'umanità, fu purgata la colpa dell’uomo. L'umanità sostenne la pena della croce, e in virtù della deità fu satisfatto alla colpa nostra, e fummo ristituiti a grazia.

Sì che veramente egli è fonte d'acqua viva, e con grande dolcezza d'amore c'invita a berne, ma dice: «Chi ha sete venga a me, e beia» e non invita chi non ha sete; e dice: «venga a me». Oh come ben dice la Verità eterna, poiché neuno può andare al Padre se non per lui, sì come egli disse nel santo evangelio (Jn 14,6): perché chi vuole andare a participare la visione del Padre eterno - lo quale è vita durabile - gli conviene tenere per la via della dottrina del Verbo, lo quale è via, verità e vita (Jn 14,6). E chi va per questa via non va in tenebre, ma va col lume della santissima fede; lo quale lume è tratto dal lume suo, e in esso l'accresce. E così doviamo dire: Signore, dammi grazia che nel lume tuo io vegga lume. Egli è essa Verità, e l'anima che segue la dottrina di questo Verbo lassa e consuma in sé la bugia de l'amore proprio, e in verità senza mezzo corre coi piei dell'affetto per questa via, seguitando la dottrina di Cristo crocifisso.

Lo quale vede col lume della fede che è salito in su la catedra della croce, e insegnaci la dottrina avendola scritta nel corpo suo; e fece di sé uno libro, coi capoversi sì grossi che non è uomo tanto idioto, né di sì poco vedere, che non ci possa largamente e perfettamente leggere.

Legga Perciò, legga l'anima nostra, e per meglio poterlo leggere, salgano i pie' dell'affetto nostro nell'affetto di Cristo crocifisso: in altro modo non lo leggereste bene. Facciamoci a quel principale dell'affocata sua carità, la quale troviamo nel costato suo, unde egli ci mostra il secreto del cuore, mostrando che con cosa finita, cioè con la pena sua che fu finita, non può tanto mostrare l'amore che egli ci ha, né darci tanto che egli non ci voglia più mostrare e dare. Questo amore che egli ha a noi, vilissime creature, ci lassa per dottrina che con esso doviamo amare lui sopra ogni cosa e il prossimo come noi medesimi (Mt 22,37-39 Mc 12,30-31 Lc 10,27); lo quale amore si debba mostrare in effetto, sì come fece egli, che col sostenere cel dimostrò. Con amore dunque amaremo; e dimostraremo in Dio e nel prossimo se noi saremo fedeli alla dottrina sua, sostenendo pene obrobrii scherni e villanie, rimproveri e detrazioni; e per veruna ingiuria sarà diminuito l'affetto della carità in noi verso coloro che ce la faranno. E insegnaci dolere più della dannazione loro che della ingiuria nostra. E anco, c'insegna pregare Dio per loro, sì come fece egli quando i Giuderi lo crocifiggevano, dicendo: «Padre, perdona a costoro, poiché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34). Ode fuoco dolce d'amore che egli ha inverso di noi e vedi pazienza, a confusione degli amatori di loro medesimi e degli impazienti, che una parola lo' pare una coltellata; e se essi non ne rispondono quattro, pare che il cuore scoppi per veleno! Questi mostrano d'andare senza lume, e che non abbiano letto in questo glorioso libro. Perciò chi lo legge porta e sopporta i difetti del prossimo suo con grande compassione e carità fraterna.

Anco dimostra l'uomo l'amore che egli ha a Dio in portare con pazienza e con debita reverenzia ciò che egli ci dà e permette, non volendo investigare i misterii suoi, né giudicarli altro che nell'affetto della sua carità. Facendo così, si leggerà la dottrina della pazienza: nel tempo della guerra gustaremo la pace, nella infermità del corpo la sanità dell'anima; e così manifestaremo lo lume della fede, perché la pazienza dimostra che in verità noi aviamo veduto e creduto che Dio non vuole altro che la nostra santificazione, e però con reverenzia e pazienza l'aviamo ricevute. In questo lume si legge la speranza, la quale riceviamo, d'avere vita eterna in virtù del sangue di Cristo. Questa ci fa perdere la speranza di noi medesimi, del mondo e delle sue delizie e d'ogni altra cosa, e solo sperare in lui, come in nostro vero e sommo bene.

Troppo sarebbe longo a narrare ciò che si legge in questo libro, ma uoprasi l'occhio dell’intelletto, col lume della santissima fede, e mutinsi i piei dell'affetto, a leggere in questo dolcissimo libro. Ine si trova la prudenzia, ine la sapienza con la quale egli prese il demonio coll'amo della nostra umanità. In lui è giustizia, in tanto che, per punire la colpa, dié sé medesimo a l'obrobiosa morte della croce, facendo ancudine del corpo suo, la quale fabricò col fuoco della sua carità, col martello delle grandissime pene. Sì che in lui è giustizia, fortezza e temperanza, che per tenerezza di sé né per nostra ingratitudine né per le gride dei Giuderi non volta il capo adietro a ritrare il sacrificio che egli faceva di sé al Padre (He 9,26). Or leggiamo in quella virtù piccola della vera umilità, e profonda, che fu in lui: a vergogna della nostra superbia, vedremo Dio umiliato a l'uomo, la somma altezza discesa a tanta bassezza, Dio e Uomo umiliato alla penosa e vilissima morte della croce. E tutto dì lo vediamo usare di questa umilità.

Con quanta umilità e pazienza porta egli le nostre iniquità, la ignoranza, negligenzia e ingratitudine nostra! Tutte le porta per fame che egli ha della nostra salute, prestandoci lo tempo con le buone e sante 'spirazioni, con farci vedere e provare la fragilità nostra e la poca fermezza del mondo, affinché noi non ce ne fidiamo. E facci invitare ai servi suoi con la dottrina e con l'essemplo della vita, sforzando loro a pregarlo per noi con umili, continue e fedeli orazioni. Questo fa la sua bontà e umilità, insegnandoci a fare il simile verso il prossimo nostro. Or in questo modo seguitaremo le vestigie sue; leggendo in questo libro, impararemo la dottrina della sua verità, e con essa giognaremo al Padre; e in altro modo no, perché le virtù s'acquistano con fatica, facendo forza e violenzia alla propria fragilità. Nel Padre non cadde pena, ma sì nel Figlio; e col mezzo del sangue suo aviamo vita eterna. Però disse egli: «Neuno può andare al Padre se non per me» (Jn 14,6). E così è la verità, poiché egli è la via, cioè la dottrina sua è via di verità che ci dà vita, come detto è. Egli, come fonte d'acqua viva, invita a bere quegli che hanno sete, i quali, seguitando la dottrina sua, empiano il vasello dell'anima dell'acqua della grazia. Appogiando il petto (Jn 13,23) a l'umanità sua, nel modo detto s'attuffano in questa acqua, beiendo con la bocca del santo desiderio l'onore di Dio e la salute delle anime, con la fame delle virtù, le quali vede di potere acquistare in questo tempo presente. E però con grande sollicitudine l'essercita, per non esserne perditore, ma per lo maggiore tesoro che egli abbi, lo strigne a sé.

Questi sono gl'invitati; ma non i negligenti che giacciono nelle tenebre del peccato mortale, correndo per la via morta come ciechi e ostinati nelle miserie loro. Essi sono ben chiamati, ma non invitati: chiamati sono, avendoli Dio creati ad immagine e similitudine sua (Gn 1,26), e ricreati a grazia nel sangue del Verbo; ma non sono invitati, perché non vogliono essere. Per tutti è fatta la legge, ma di cui diremo che ella sia? Di coloro che l'osservano. Così, chi sonno gl'invitati a bere? Tutti noi che siamo chiamati? Chi dunque diremo che sieno gl'invitati? Solo quelli che hanno sete e fame della virtù e, come assetati, corrono per la dottrina di Cristo crocifisso ponendosi dinanzi, al lume della fede, la fonte, per crescere la sete. Con questa sete e lume giongono all'acqua, come detto è; ma senza lo lume mai vi sarebbono giunti. Molto avarei che dire sopra questi che sonno invitati, ma non mi voglio distendere più oltre.

Ma vediamo quale è l'altro che c'invita. Detto aviamo che Cristo dolce Gesù c'invita all'acqua viva. L'altro è il demonio, che c'invita a quella che egli ha per sé: in sé ha morte, Perciò noi invita all'acqua morta. Che se tu lo dimandassi: «Che mi darai, se io ti servo?», rispondarebbeti: «Di quello che io ho per me: io sono privato di Dio, e così tu sarai privato di Dio; io sono nel fuoco eternale, dove è pianto e stridore di denti (Mt 8,12 Lc 13,28); sono privato della luce e ammerso nelle tenebre; ho perduta ogni speranza; sono con la compagnia dei crociati e tormentati ne l'inferno, come io. Queste sono le gioie e il rifrigerio che tu avarai per merito». La fede ti dimostra che veramente egli è così; e però il fedele o egli non va mai per questa via o, essendovi, se ne parte. Bene è stolto e matto l'uomo che si tolle il lume, ché, privato del lume, non conosce i guai suoi.

Quale è la via di questo invitatore? è la via della bugia - poiché egli è padre delle bugie (Jn 8,44) - la quale bugia produce il miserabile amore proprio, col quale disordinatamente ama lo stato e le ricchezze del mondo, le cose create, le creature e sé medesimo, non curandosi di perdere Dio e la bellezza dell'anima sua. Ma, come cieco, si fa Dio di sé e del mondo, e, come ladro, fura il tempo: ché quello tempo che egli debba spendare in onore di Dio, salute sua e del prossimo, lo spende nel proprio diletto sensitivo, dilettandosi in sé medesimo, e dando agio e piacere al corpo suo fuore della volontà di Dio. Lo libro ch'egli ti pone innanzi è la propria sensualità, nel quale egli ha scritti tutti i vizii, con movimenti d'ira, di superbia, d'impazienzia, d'infedelità verso lo tuo Creatore; ingiustizia, indiscrezione, immundizia, odio verso il prossimo tuo; piacere del vizio e dispiacere delle virtù; grossezza e detrazione verso lo prossimo; accidia e confusione di mente, negligenzia, sonnolenzia e ingratitudine; e tutti gli altri difetti gli scrive. Se la volontà gli legge e gl'impara, mettendogli volontariamente in opera, egli segue, come infedele, la via della bugia del demonio. Beie in lui l'acqua morta, perché è privato della grazia in questa vita, e nell'altra riceve con lui insieme, morendo in peccato mortale, l'eterna dannazione e supplicio.

Perciò vedete, figli carissimi, quanto v'è necessario lo lume, di quanto male vi campa, e a quanto bene vi conduce. Considerando io questo, e vedendo che senza questo lume non si compirebbe in voi la volontà di Dio - lo quale vi creò per darvi vita eterna - né anco la mia, che non voglio altro in voi, dissi ch'io desideravo di vedere in voi lo lume della santissima fede. E così vi prego e voglio che sempre siate fedeli e veri servi di Cristo crocifisso: voglio che il serviate a tutto, e non a mezzo; a suo modo e non a vostro; non scegliendo né tempo né luogo, se non a modo suo, né propria consolazione; non rifiutando pene né battaglie dal demonio invisibile né dal visibile, né impugnazione della fragile carne, ma abbracciando la via delle pene per onore di Dio.

Seguitate Cristo crocifisso, mortificando lo corpo col digiuno, con la vigilia e con la continua umile e fedele orazione, e uccidete la volontà nella dolce volontà di Dio. La conversazione vostra sia coi servi suoi; e quando sete congregati non perdete il tempo in parlare ozioso né in gravarvi dei fatti altrui, mangiando le carni del prossimo per mormorazione e falso giudizio, poiché solo Dio è sommo giudice di noi e d'ognessuno; ma dimostrate d'essere congregati nel nome di Cristo, ragionando della bontà sua, e delle virtù dei santi, e dei difetti vostri. Siate forti, constanti e perseveranti nella virtù; e non sia demonio né creatura che per minacce né per lusinghe mai vi faccino voltare il capo indietro, perché solo la perseveranza è coronata. Chi non è legato al mondo, taglisi da esso attualmente e non si ponga a sciogliare, poiché non ha tempo; e chi non taglia, sempre sta legato. La memoria del sangue, col lume della fede, vi farà perfettamente tagliare da tutte quelle cose che sonno fuore della voluntà di Dio.

Sarete fedeli a lui, e a me miserabile, credendo che, se mai io non vi scrivesse, io v'amo in verità; e con sollicitudine procaccio la salute vostra dinanzi a Dio: di questo voglio che siate certi. I vero che, per lo mio difetto e per la molta occupazione che io ho avuta, non v'ho scritto; ma confortatevi e amatevi insieme, ché io ho volontà più che mai di vedervi scritti nel libro della vita. Annegatevi nel sangue de l'umile Agnello. Non cessate d'orare per la santa Chiesa e per lo nostro signore papa Urbano VI, perché ora è di grandissima necessità. Altro non vi dico.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



319. Al soprascritto Stefano Maconi.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figlio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti vero guardiano della città dell'anima tua.

O figlio dolcissimo, questa città ha molte porte: le principale sonno tre, cioè memoria, intelletto e volontà; delle quali porte lo nostro Creatore tutte permette che sieno percosse, e quando aperte per forza, fuore che una, cioè la volontà. Unde alcune volte adiviene che l’intelletto altro non vede che tenebre; la memoria è occupata in cose vane e transitorie, con molte varie e diverse cogitazioni, e disonesti pensieri; e simile, tutti gli altri sentimenti del corpo sonno disordinati e atti a ruina. Unde certo si vede che veruna di queste porte è liberamente in nostra possessione; ma solo la porta della volontà è in nostra libertà, la quale ha per sua guardia lo libero arbitrio: ed è si forte questa porta che né demonio né creatura la può uprire, se la guardia non consente. E non uprendosi questa porta, cioè di consentire a quello che la memoria e lo intelletto e l'altre porte sentono, è franca in perpetuo la nostra città.

Ricognosciamo Perciò, figlio, ricognosciamo tanto eccelente beneficio, e sì smisurata larghezza di carità quanta aviamo ricevuto dalla divina bontà, avendoci messi in libera possessione di tanta nobile città. Brighianci di fare buona e solicita guardia, ponendo allato alla guardia del libero arbitrio il cane della conscienzia lo quale - quando alcuno giogne a la porta - desti la ragione abbaiando, affinché ella discerna se è amico o nemico; sì che la guardia metta dentro gli amici, mandando ad essecuzione le sante e buone 'spirazioni, e cacci via i nemici, serrando la porta della volontà che non consenta alle gattive cogitazioni che tutto dì giongono a la porta. Così fa' tu, figlio, e allora sarai vero guardiano. E quando ti sarà richiesta dal Signore, la potrai rendere salva e adornata di vere e reali virtù, mediante la grazia sua. Non dico più qui.

Come a dì primo di questo mese scrissi in comunità a tutti i figli, noi giognemmo qui la prima domenica de l'Avvento con molta pace, salvo che Neri e Francesco conduca Salvi e credo che tosto ci sarrà che tosto ne venghi qua a godere con questi tuoi e veri seguitatori de l'umile immacolato Agnello chi ha sete sarà saziato in verità e però sollicitamente Permane nella santa e dolce carità di Dio. Prega Dio per noi pur altri poverelli e poverelle ti confortano sconoscente ti si raccomanda. Gesù dolce, Gesù amore.





320. Stefano di Currado Maconi, in Siena.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figlio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti levato dalla fanciullezza e essere uomo virile; levatoti da gustare il latte delle consolazioni mentali e attuali, e posto a mangiare il pane duro e muffato delle molte tribolazioni mentali e corporali, delle battaglie dali demoni, e ingiurie delle creature, e in qualunque altro modo a Dio piacesse di concederleti; dilettandoti in esse, e facendote lo' incontra con ardente desiderio e con un dolce ringraziamento verso la divina bontà, quando a lui piacesse d'usare in te questi grandi doni: la quale cosa gli piacerà ogni volta che ti vedrà atto a ricevere.

Destati, destati, figlio, dalla tiepidezza del cuore tuo, e tuffalo nel sangue, affinché egli arda nella fornace della divina carità, sì che gli venga in abominazione le opere fanciullesche, e infiammisi a essere tutto virile: entrare in sul campo della battaglia a fare grandi fatti per Cristo crocifisso, e virilmente combattere, perché dice Pavoloccio che non sarà coronato se non chi ligittimamente avrà combattuto (). Dunque da piagnere ha colui che si vede stare fuore del campo. Or io non dico più qui.

Ebbi la tua lettera, e vidila volontieri. Del fatto del Proposto, ti rispondo che molto mi piace la sua buona disposizione; ed è da godere dei dolci giuochi che fa questo nostro dolce Dio con le sue creature, per riducergli al fine al quale fummo creati tutti, unde, quando non giova la medicina dolce e l'unzione della consolazione, sì ci manda la tribolazione, incendendo la piaga col fuoco perché non marcisca. Nel fatto suo m'affaticarò volentieri per onore di Dio e salute sua, passate queste feste e santi dì.

Le indulgenzie che mi chiedi m'ingegnarò d'accattarle con le prime che io dimandarò; non so il quando, poiché io ho ristucchi gli scrivani della corte: conviensi un poco tenere in collo. A Matteo scrivo una lettera: dara'gliele e confortalo; e ritrovati con lui alcune volte, riscaldandolo e infiammandolo alla impresa cominciata. HO sentito la infermità che Dio ha mandata a Ghetto e, considerato la sua necessità, ti prego e strengo quanto più posso che tu adoperi coi tuoi fratelli che la Compagnia della Vergine Maria gli facci aiuto, il più che tu puoi. Molto è da avere compassione a Caterina, a trovarsi sola e povera sanza veruno refugio, e però sia sollicito a usare questa carità. Io ne scrivo anco a Petro. Fate che io m'avvegga che voi non ci aviate commessa negligenzia. Altro non ti dico.

Permane nella santa e dolce carità di Dio. Tutta questa famiglia ti confortano in Cristo; e il negligente e ingrato scrittore ti si raccomanda. Gesù dolce, Gesù amore.



321. Alla Compagnia della disciplina della Vergine Maria, in Siena.


Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.



Carissimi fratelli e padri in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi veri lavoratori nella vigna delle anime vostre, affinché rapportiate lo molto frutto al tempo della ricolta.

Sapete che la verità eterna creò noi ad immagine e similitudine sua (Gn 1,26): fececi come sua vigna nella quale vuole abitare per grazia, colà dove piaccia al lavoratore di questa vigna di lavorarla bene e dirittamente; che se ella non fusse lavorata, ma abondasse di spine e di pruni, già non si dilettarebbe d'abitarvi. Or vediamo, carissimi fratelli, che lavoratore ci ha posto questo maestro: àcci posto lo libero arbitrio, in cui è commessa tutta la governazione. Ècci la porta della volontà, che neuno è che la possa aprire o serrare se non quanto il libero arbitrio vuole; àcci posto lo lume dello intelletto, per conoscere gli amici e i nemici che volessero intrare e passare per la porta. Alla quale porta è posto lo cane della coscienza che abaia come li sente apparire, se egli è desto e non dorma. Questo lume discerne e vede lo frutto, traendone la terra acciò ch'lo frutto rimanga netto, e mettelo nel granaio della memoria, ritenendovi il ricordo dei beneficii di Dio. Nel mezzo della vigna è posto lo vasello pieno di sangue, cioè il cuore, per inaffiare con esso le piante affinché non si secchino.

Or così dolcemente è fatta e creata questa vigna, ma io m'avegio ch'lo veleno dell'amore proprio ha avelenato questo lavoratore, in tanto che la vigna nostra è tutta insalvatichita. O egli ci è frutto che ci dà morte, o egli ci sono frutti salvatichi e acerbi, perché i seminatori rei deli demoni passarono per la porta della volontà col seme delle molte e varie cogitazioni: seminandole lo libero arbitrio, nacquene mortale frutto, cioè di molti peccati mortali. Oh quanto è laida a vedere questa cotale misera vigna, che di vigna è fatta bosco, con le spine della superbia e dell'avarizia, coi pruni dell'ira e della impazienzia, piena d'erbe velenose: di giardino è fatta stalla, dilettandoci noi di stare nel loto della immondizia.

Questo giardino non è chiuso, ma è aperto, e però i nemici dei vizii e deli demoni v'entrano come in loro abitazione. La fonte è risecca, cioè la grazia, la quale traemo del santo battesimo in virtù del sangue; lo quale sangue inaffiava essendone pieno lo cuore per affetto d'amore. Lo lume de lo intelletto non vede altro che tenebre perché è privato della pupilla della santissima fede, unde non vede né conosce altro che amore sensitivo. Di questo empie la memoria, unde altro ricordo non ha né può avere - mentre che sta così - se non di miseria, con disordinati apetiti e desiderii. Àcci posta una vigna appresso a questa, la dolce verità eterna, cioè il prossimo nostro, la quale è tanta unita insieme con la nostra che utilità non possiamo fare a la nostra che non sia fatto anco alla sua. Anco, ci è comandamento che noi la governiamo come la nostra, quando ci è detto: «Ama Dio sopra tutte le cose, e il prossimo come te medesimo».

(Mt 22,37-39 Mc 12,29-31 Lc 10,27) Oh quanto è crudele quello lavoratore che sì male ha governata la vigna sua, senza alcuno frutto se non d'alcuno atto di virtù: e questi sonno sì acerbi che neuno è che ne possa mangiare! Ciò sonno le buone opere fatte fuori della carità. Oh quanta è misera quella anima che nel ponto della morte, lo quale è un tempo di ricolta, si trova senza neuno frutto: la pruova le fa conosciare la morte sua. Va cercando allora d'avere lo tempo per poterla governare, e non ha lo modo. Lo ignorante uomo credevper potere tenere lo tempo a suo modo; e egli non è così.

Perciò ci leviamo nel tempo presente, che ci è prestato per misericordia. Levisi la ragione col libero arbitrio, e cominciamo a rivoltare la terra di questo disordinato amore: cioè che l'affetto (lo quale è tutto terreno e d'altre che di cose transitorie non si vuole notricare - le quali passano tutte come lo vento senza alcuna fermezza o stabilità -) , diventi celestiale, cercando i beni del cielo, i quali sonno fermi e stabili che in sé non hanno alcuna mutazione. Apriamo la porta della volontà a ricevare il seminatore vero Cristo crocifisso, il quale porge nella mano del libero arbitrio lo seme della dottrina sua, lo quale seme produce i frutti delle vere e reali virtù. Le quali virtù il libero arbitrio l'ha scelte col lume dalla terra: cioè che non ha seminate né ricolte in sé le virtù per neuno terreno amore o piacere umano; ma con odio e pentimento di sé medesimo ne l'ha gittato fuore, e il frutto riposto nella memoria, per ricordo dei benifizii di Dio, riconoscendo d'averli da lui e non per sua propria virtù.

Che alboro ci pone? L'alboro della perfettissima carità - che la cima sua s'unisce col cielo, cioè nell'abisso della carità di Dio -, i rami suoi tengono per tutta la vigna, unde mantengono in freschezza i frutti: poiché tutte le virtù procedono e hanno vita dalla carità. Di che si inaffia? Non d'acqua, ma di sangue prezioso sparto con tanto fuoco d'amore, lo quale sangue sta nel vasello del cuore.

E non tanto ch'egli ne inaffi questa dolce e dilettevole vigna e nobile giardino, ma egli ne dà bere al cane della conscienzia abondantemente, affinché, fortificato, facci buona e solenne guardia a la porta della volontà, affinché neuno passi che esso non il facci sentire destando col grido suo la ragione; e la ragione col lume de lo intelletto raguardi se sono amici o nemici. Se sonno amici che sieno mandati dalla clemenza dello Spirito santo - ciò sono i buoni e santi pensieri con le buone e perfette opere - siano ricevuti dal libero arbitrio, diserrando la porta della volontà con le chiavi dell'amore; e se sonno nemici di perverse cogitazioni, con opere corrotte, le cacci con la verga dell'odio con grandissimo rimproverio: non si lassino passare che non sieno corrette, serrando la porta della volontà che non consenta a loro.

Allora Dio, vedendo che il lavoratore del libero arbitrio, lo quale egli mise nella vigna sua, ha bene lavorato in sé e in quella del prossimo suo - sovenendoli in ciò che gli è stato possibile, per carità e affetto di carità -, egli si riposa dentro in quella anima per grazia: non che per nostro bene a lui cresca riposo - poiché non ha bisogno di noi -, ma la grazia sua si riposa in noi. La quale grazia ci dà vita; rivesteci, ricoprendo la nostra nudità; dacci lume; sazia l'affetto dell'anima: e, saziata, rimane affamata; dàlle lo cibo ponendola a mangiare alla mensa della santissima croce. Nella bocca del santo desiderio dà lo latte della divina dolcezza, pigliando con essa la mirra dell'amaritudine dell'offesa di Dio e dell'amaritudine della croce, cioè delle pene che il figlio di Dio portò; dàlle oncenso d'umili, continove e fedeli orazioni, le quali offera molto ferventemente per onore di Dio e salute delle anime.

Oh quanto è beata questa anima! Veramente ella gusta vita eterna, ma noi non ci curiamo di questa beatitudine: ché se noi ce ne curassimo, elegiaremmo inanzi la morte che perdare tanto bene. Leviamo questa ignoranza, e cerchianla con ogni verità: cercandola in verità, andaremo colà dove Dio l'ha posta, ché se noi cercassimo altrove già non la trovaremo.

Detto abiamo come l'anima nostra è vigna, e come ella è adornata, e come Dio vuole che ella sia lavorata; ora vediamo dove ci ha posti. Àcci posti nella vigna della santa Chiesa; e ha posto in essa lo lavoratore, cioè Cristo in terra, lo quale ha da amministrare a noi lo sangue di Cristo; e col coltello della penitenza, la quale riceviamo nella santa confessione, taglia lo vizio dell'anima, notricandola al petto suo, legandola col legame della santaobbedienza. E senza questa vigna la nostra sarebe ruinata, la grandine le torrebbe ogni frutto: cioè, se ella non fusse legata in questaobbedienza. Perciò ci conviene cercare la vigna nostra nella vigna della santa Chiesa, altrimenti saremo privati d'ogni bene e cadaremo in ogni male.

Ora è il tempo, carissimi fratelli e padri, di mostrare se in verità ci saremo legati, o no. A che me n'avedrò? Se in questo tempo voi soverrete il vicario di Cristo lavoratore di questa vigna della Chiesa, papa Urbano VI, spiritualmente e temporalmente. Spiritualmente, con l'umile orazione; temporalmente, adoparando giusta lo vostro potere ch'i Signori di costì li dieno aiutorio, il quale aiuto non è donare ma è un fare il debito suo. E come non vedete voi che noi siamo tenuti per debito di farlo, e ch'egli è uno sovvenire a noi medesimi? Amiamo noi sì poco la fede nostra che noi non ne vogliamo essere difenditori e mettarci la vita, se bisogna? E siamo noi ingrati e irriconoscenti di tanti beneficii quanto abiamo ricevuti da Dio e da lui? E non vediamo noi che la 'ngratitudine fa seccare la fonte della pietà? Non voglio che siamo ingrati, ma grati e conoscenti, affinché si notrichi la pietà in noi. E però vi prego e constringo, per l'amore di Cristo crocifisso e per la vostra utilità, che adoperiate ciò che si può a sovvenire a questo bisogno, il quale è così nostro come di Cristo in terra. Che ingratitudine è questa, d'avere avuta l'absoluzione, la benevolenza sua e ciò che hanno saputo adimandare, e ora a lui non danno altro che parole? Pare che si voglino stare di mezzo con tepidezza di cuore e timore servile; e non vediamo, per l'essere iscostati dal Padre nostro, a quanti pericoli possiamo venire. E spezialmente aspettandosi nel paese avvenimento di signore. Siamo pronti per l'amore di Dio a sovvenire a questa verità. Ragionatene l'uno con l'altro e siatene coi Signori e parlatene a loro.

Sono certa che se sarete buoni e perfetti lavoratori nella vigna vostra voi lavorerete con grande solecitudine, per amore della verità, nella vigna della santa Chiesa; ma se sarete cattivi lavoratori in voi, non vi curarete di lavorare in lei, sì come insino ad ora si mostra. E però dissi che io desiderava di vedervi veri governatori e lavoratori nella vigna delle anime vostre, e così vi prego che facciate. Conchiudo che facciate speziale orazione per la santa Chiesa e per papa Urbano VI, e che preghiate i Signori che non indugino più a rendere il debito loro. Altro non dico.

Rimanete etc. Gesù dolce, Gesù amore.

Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 13:46. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com