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LE LETTERE di santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa (3)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2012 19:43
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19/10/2012 18:53

305. Al santo padre Urbano VI, a dì 18di settembre 1378

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Santissimo e dolcissimo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi fondato in vero lume, affinché - illuminato l'occhio dello intelletto vostro -, potiate cognosciare e vedere la verità: ché, conoscendola, l'amarete; amando, riluceranno in voi le virtù.

E che verità cognosciaremo, santissimo padre? Cognosciaremo una verità eterna, con la quale verità fummo amati prima che noi fussimo. Dove la conosceremo? Nel cognoscimento di noi medesimi: vedendo che Dio ci ha creati ad immagine e similitudine sua (Gn 1,26), constretto dal fuoco della sua carità.

Questa è la verità: che ci creò perché noi participassimo di lui (2P 1,4), e godessimo lo suo eterno e sommo bene. Chi ce l'ha dichiarata e manifestata questa verità? Lo sangue de l'umile e immacolato Agnello, di cui sete fatto vicario, e cellario che tenete le chiavi del sangue, nel quale sangue fumo recreati a grazia; e ogni dì che l'uomo esce della colpa del peccato mortale, e riceve lo sangue nella santa confessione, si può dire che ogni volta rinasca di nuovo. E così troviamo continovamente che la verità ci è manifestata nel sangue, ricevendo lo frutto del sangue.

Chi la conosce questa verità? L'anima che s'ha tolta la nuvola de l'amore proprio, e ha la pupilla del lume de la santissima fede ne l'occhio dello intelletto suo, col quale lume - nel cognoscimento di sé e della bontà di Dio in sé - conosce questa verità. E coll'ardente desiderio gusta la dolcezza e suavità sua, ché tanta è la sua dolcezza che ogni amaro spegne, ogni grande peso fa essere leggiero (Mt 11,30), ogni tenebre dissolve e leva via, lo innudo veste, l'affamato sazia, unisce e divide, perch'è ne la verità eterna; nella quale verità conosce che Dio non vuole altro che il suo bene, e però subito dà uno giusto giudicio, tenendo che ciò che Dio dà e permette in questa vita lo dà per amore, affinché siamo santificati in lui, e per necessità della salute nostra, o per accrescimento di perfezione.

Avendo cognosciuto questo nella verità col lume, ha in reverenzia ogni fatica, detrazioni, beffe, scherni, ingiurie, obbrobrii, villanie e rimproverio: tutte le trapassa con vera pazienza, cercando solo la gloria e loda del nome di Dio ne la salute de l'anime; e più si duole dell'offesa di Dio e del danno delle anime che della ingiuria propria. HA pazienza in sé, ma non nel vituperio del suo Creatore: nella pazienza dimostra allora l'anima che, spogliata dell'amore proprio di sé, ella è rivestita del fuoco della divina carità. Nella quale carità e amore ineffabile l'amaritudine a voi, santissimo padre, nella quale voi sete, essendo così dolcemente vestito, vi tornarà a grandissima dolcezza e suavità; e il peso che è così grave, l'amore ve lo farà essere leggiero, conoscendo che senza lo molto sostenere non si può saziare la fame vostra e dei servi di Dio: fame di vedere riformata la santa Chiesa di buoni onesti e santi pastori.

E sostenendo voi senza colpa le percosse di questi iniqui, che col bastone della 'resia vogliono percuotare la Santità vostra, ricevarete la luce. Poiché la verità è quella cosa che ci dilibera (Jn 8,32), e perché verità è che, eletto dallo Spirito santo e da loro, vicario suo sete, le tenebre della bugia e della eresia, la quale hanno levata, non potrà contro questa luce; anco quanto più le vorranno dare tenebre, tanto più riceverà perfettissima luce.

Questa luce porta con sè lo coltello dell'odio del vizio e dell'amore della virtù, lo quale è uno legame che lega l'anima in Dio e nella carità del prossimo. O santissimo e dolcissimo padre, questo è lo coltello che io voglio che voi usiate; ora è lo tempo vostro da sguainare questo coltello: odiare lo vizio in voi e nei sudditi vostri, e nei ministri della santa Chiesa. In voi dico, perché in questa vita veruno è senza peccato, e la carità si debba prima muovare da sé, usarla prima in sé con l'affetto delle virtù, e nel prossimo nostro: sì che tagliate lo vizio.

E se il cuore della creatura non si può mutare né trarlo dei difetti suoi - se non quanto Dio nel trae e la creatura si sforzi con l'aiutorio di Dio a trarne lo veleno del vizio -, almeno, santissimo padre, siano levati dalla Santità vostra lo disordinato vivare, i scellerati modi e costumi loro. Piaccia alla vostra Santità di regolarli secondo che è loro richiesto dalla divina bontà, ognuno nel grado suo. Non sostenete l'atto della immondizia - non dico lo desiderio suo, ché nol potete ordinare più che si voglia -, ma almeno l'atto - che si può - sia regolato da voi. Non simonia, non le grandi delizie; non giocatori del sangue, che quello dei povari e quello della santa Chiesa sia giocato tenendo barattaria, nel luogo che deve essere tempio di Dio (non come cherici né come calonaci - che debbono essere fiore e specchio di santità -: egli stanno come barattieri, gittando puzza di immondizia e essemplo di miseria).

Oimé, oimé, oimé, babbo mio dolce, con pena dolore e grande amaritudine e pianto scrivo questo; e perciò, se io parlo quello che pare che sia troppo e suoni presunzione, lo dolore e l'amore mi scusi dinanzi da Dio e la Santità vostra, ché, innunque io mi vollo, non ho dove riposare lo capo mio. Se io mi vollo costì - che dove è Cristo debba essere vita eterna -, e io vedo che nel luogo vostro, che sete Cristo in terra, si vede l’inferno di molte iniquità, col veleno de l'amore proprio; lo quale amore proprio gli ha mossi a levare lo capo contro di voi, non volendo sostenere la Santità vostra che vivessero in tanta miseria. Non lassate però: riluca nel petto vostro la margarita della santa giustizia (Ex 28,15), senza veruno timore - ché non bisogna temere - ma con cuore virile: ché se Dio è per noi, veruno sarà contro noi (Rm 8,31). Godete e essultate, che l'alegrezza vostra sarà piena in cielo (Mt 5,12 Lc 6,23). In queste fatiche vi rallegrate, perché dipo' questo, cioè dipo' le fatiche, verrà lo riposo, e la riformazione della santa Chiesa.

Per veruna pena né sollecitudine - perché vi vedete abandonato da quelli che debbono essere colonne -, non allentate i passi; ma molto più corrite fortificandovi sempre col lume della santissima fede in cognosciare la verità, e con l'orazione e compagnia dei servi di Dio. Vogliate vederveli dallato: ché in questa vita, tra le fatiche saranno lo vostro refrigerio. Cercate d'avere, oltre a l'aiutorio divino, l'aiuto dei suoi servi, che vi consigliaranno con fede e coraggiosamente, non passionati, né contaminato lo consiglio loro per amore proprio: parmi che vi sia grandissima necessità d'averlo. Certa sono che, avendo voi illuminato l'occhio dello intelletto nella verità, che voi gli cercarete con grande sollecitudine; in altro modo no.

Piantate le virtù vere nei sudditi vostri: almeno d'ordinarli e di mettare piante buone e virtuose nella santa Chiesa.

Dicevo che inunque io mi vollo non truovo dove io mi riposi, e così è la verità. Sì come egli è costì, così si trova in ogni altro luogo, e spezialmente in questa nostra città: che del tempio di Dio, che è luogo d'orazione, hanno fatto spelonca di ladroni (Mt 21,13 Mc 11,17 Lc 19,46 Jn 2,16), con tanta miseria che è maraviglia che la terra non c'inghiottisce. Tutto è per difetto dei gattivi pastori che non hanno ripresi i difetti, né con la parola né con buona e santa vita. O pastore mio dolce, dato agl'ignoranti cristiani dalla dolcezza della inestimabile carità di Dio, quanta necessità avete del lume, affinché col lume cognosciate lo difetto dove è lo difetto, e la virtù dove è la virtù, affinché con discrezione a ciascuno diate lo debito suo! Considerando me, misera miserabile, che senza il lume non potreste dibarbicare le spine e piantare le virtù, però vi dissi che io desideravo di vedervi fondato in vero e perfettissimo lume, poiché nel lume cognosciarete la verità; conoscendola, l'amarete; amandola, ne sarete vestito. Con questo vestimento si ripararà ai colpi: non nociaranno a voi, ma a coloro che ve gli gittano.

Abracciate le pene con grande conforto; bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso, di cui sete fatto vicario.

Altro non vi dico, che se io andasse alla volontà io non mi ristarei ancora. Non vorrei più parole, ma trovarmi nel campo della battaglia, sostenendo le pene e combattendo con voi insieme per la verità fino alla morte, per gloria e laude del nome di Dio e reformazione della santa Chiesa.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio.

Perdonate, santissimo padre, alla mia ignoranza, che ignorantemente presummo di parlare a voi.

Umilemente vi domando la vostra benedizione. Gesù dolce, Gesù amore.





306. A papa Urbano VI, a dì 5 d'ottobre 1378.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Santissimo e dolcissimo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vestito del vestimento forte della ardentissima carità, affinché i colpi che vi sono gittati dagli iniqui uomini del mondo, amatori di loro medesimi, non vi possino nuocere.

Poiché veruno colpo è tanto terribile che possa offendere l'anima che è vestita di sì-fatto vestimento, perché Dio è somma eterna fortezza: non può essere offeso né percosso da noi per veruna nostra iniquità, cioè che in sé non può ricevere veruna lesione. Unde lo nostro male a lui non nuoce, e il nostro bene a lui non giova; solo a noi nocerà il male, e il bene gioverà a coloro che sono operatori del bene mediante la divina grazia. Sì che Dio è somma eterna fortezza; e chi sta in carità sta in Dio, e Dio in lui, poiché Dio è carità (1Jn 4,8-16).

Perciò l'anima vestita di questo vestimento, perché ella sta in Dio, sì come detto è, non è veruna cosa né fatica né veruna tribulazione che il possa venciare; anco dentro le fatiche si fortifica, provandosi in lui la virtù della pazienza: i colpi degli iniqui miserabili amatori di loro non v'offendaranno l'affetto de l'anima vostra, non atterreranno la sposa della santa Chiesa perché non può venire meno, ché ella è fondata sopra la viva pietra Cristo dolce Gesù. A cui noceranno questi colpi? A loro medesimi, santissimo e dolcissimo padre, che gli gittano: queste saette avelenate torneranno a loro; in voi percuotono solamente la corteccia e verun'altra cosa no, dandovi amaritudine e danno per lo scandolo e 'resia che hanno seminata nel corpo mistico della santa Chiesa.

Dilettatevi nella carità dolce della carità senza veruna dubitazione, ma conformatevi e confortatevi col vostro capo Cristo dolce Gesù, lo quale sempre, dal principio del mondo fino a l'ultimo, ha voluto e vorrà che veruno grande fatto si facesse mai senza lo molto sostenere. Perciò senza timore veruno vi gittate tra queste spine col vestimento forte della carità. Oimé, oimé, non alentate i passi per queste fatiche, né in veruno modo temete la vita del corpo vostro - cioè che voi temiate di non perdarla -: ché Dio è quello che è per voi, e se bisogna dare la vita, volontariamente si debba dare.

Oimé, disaventurata l'anima mia, cagione di tutti questi mali! HO inteso ch'i demoni incarnati hanno eletto non Cristo in terra, ma fatto nascere antecristo contro a voi Cristo in terra; lo quale confesso, e nol nego, che sete vicario di Cristo, celleraio che tenete le chiavi del cellaio della santa Chiesa, dove sta lo sangue de l'umile immacolato Agnello, e che voi ne sete lo ministratore, a malgrado di chi vuole dire lo contrario, e a confusione della bugia la quale Dio confondarà colla dolce verità sua: e in essa dilibererà voi e la dolce Sposa vostra. Or oltre, santissimo padre! Senza timore s'entri in questa battaglia, perché nella battaglia ci bisogna l'arme del vestimento, che è una arme dura, della divina carità. Però vi dissi che io desideravo di vedervi vestito di questo dolce e reale vestimento, affinché più siate securo e inanimato a sostenere per gloria e loda del nome di Dio e salute delle anime.

Nascondetevi nel costato di Cristo crocifisso, che è una caverna; bagnatevi nel sangue dolcissimo suo. E io, come schiava ricomperata del sangue di Cristo, e tutti quegli che sono aconci a dare la vita per la verità - i quali Dio mi possiede dati ad amare di singulare amore, e avere cura della loro salute -, siamo aconci tutti a essere obedienti a la Santità vostra, e sostenere fino alla morte, aitandovi coll'arme de l'orazione santa, e con seminare e annunziare la verità in qualunque luogo piaciarà a la volontà dolce di Dio e a la Santità vostra. Non dico più sopra questa materia.

Fornitevi di buoni e virtuosi pastori, e dallato vogliate avere i servi di Dio. La speranza e la fede vostra non sia posta ne l'aiuto umano, che viene meno, ma solo ne l'aiutorio divino, lo quale non sarà tolto mai da noi mentre che speraremo in esso aiuto; anco saremo tanto proveduti da Dio quanto speraremo in lui. Perciò in lui speriamo con tutto lo cuore, con tutto l'affetto, e con tutte le forze nostre.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio.

Pregovi, santissimo padre, quanto io so e posso che - oltre a la speranza che avete posta e porrete nel vostro Creatore - facciate buona guardia della vostra persona, poiché il doviamo fare per non tentare Dio in quello che c'è possibile, non lassando però quello che avete a fare; ma in tutto voglio che facciate questo, d'usare ogni cautela verso la vostra persona. Poiché io so che i malvagi uomini, amatori del mondo e di loro medesimi, non dormono, ma con malizia e astuzia cercano di tollervi la vita; ma la dolce inestimabile bontà di Dio avanza e avanzarà la loro malizia: provederà al bisogno della Sposa sua. Ma non mancate voi, però, che dalla vostra parte non facciate quello che potete.

Perdonate, perdonate, padre, a la mia presunzione; ma lo dolore e l'amore me ne scusi, e la conscienzia che mi riprendeva se io così non dicevo, e non rimane però in pace fino che col suono della voce viva, e coi la presenza dprima della Santità vostra non sostengo, perché ho voglia di mettere lo sangue e la vita, e distillare le merolla dell'ossa nella santa Chiesa, poniamo che degna non ne sia. Prego la infinita bontà di Dio che me, e gli altri che la vogliano dare, ce ne facci degni ora, che è il tempo che i fiori dei santi desiderii si debbono aprire, e mostrare chi sarà amatore di sé o della verità. Non dico più, che se io andassi alla voglia non mi ristarei. Umilemente v'adimando la vostra benedizione dolce. Anco v'adimando di sapere in verità la vostra volontà, per fare conobbedienza quello che sia onore di Dio e volontà vostra, vicario di Cristo crocifisso: in ogni cosa obedire fino alla morte, quanto Dio mi darà la grazia. Gesù dolce, Gesù amore.





307. A una donna riprendendola del mormorare, a Firenze, a dì 20 d'ottobre 1378

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima sorella e figlia in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi con vero e perfetto lume, poiché senza lume non poteremo conosciare la verità di Dio, né la verità ne la creatura, anco cadaremo nel falso e miserabile giudizio. Perché? perché saremmo privati del lume, ché l'anima ch'è alluminata, e ha levata la passione sensitiva da sé medesima, discerne e conosce la verità, e giudica giustamente e con grande discrezione.

Che giudizio è questo, lo quale noi doviamo rendare e dare a Dio, e che verità doviamo conosciare in lui e nel prossimo nostro? Dicovelo: che noi doviamo conosciare questa verità (non veduta con l'occhio del corpo ma con l'occhio de lo intelletto: dentro vi è il lume de la santissima fede): che Dio ci ama inestimabilmente, e per amore ci creò ad immagine e similitudine sua (Gn 1,26) perché noi ricevessimo e gustassimo lo suo eterno bene. Chi ci manifesta che questa sia la verità? Lo sangue de l'umile e immacolato Agnello, sparto con tanto fuoco d'amore in sul legno della santissima croce.

Poi che l'anima ha veduta e conosciuta questa verità, sì l'ama; e con l'amore giudica che ciò che Dio dà e permette in questa vita, il fa per nostro bene, affinché siamo santificati in lui. Giudica giustamente, con lume di discrezione: che se ella è prosperità, sì la conosce dal suo Creatore data a lei non per la sua virtù, ma per la infinita bontà di Dio; unde per questo conoscimento l'ama con amore ordenato, amandole per Dio e possedendole come cosa prestata a lei, e non come cosa sua, poiché sue non sonno. A questo ce n'avediamo: che tal ora le vogliamo tenere ch'elle ci sonno tolte; e non tanto che la sustanzia temporale, ma la vita e la sanità dell'uomo e ogni altra cosa, tutte passano come vento che neuno le può tenere a suo modo, se non quanto piace a colui che le dà. Questo giudica colui ch'è illuminato in questa dolce verità.

E se ella è aversità e tribolazione, sì la riceve umilemente, con vera e santa pazienza, riputandosi degna della pena e indegna del frutto che segue doppo la pena; giudicando in sé medesima con umilità che per li suoi peccati l'avenga, perché conosce che il sommo giudice è rimuneratore d'ogni bene e punitore d'ogni male; a grande grazia si reca - e così è - che Dio li faccia tanta misericordia che la colpa, che merita pena infinita per avere offeso il bene infinito, ella sia punita in tempo finito, dandoci fatica e tribolazioni. In qualunque modo egli ce le dà, tutte ce le dà la Verità eterna o perché ci coreggiamo dei difetti nostri, o per farci venire a grande perfezione: per qualunque modo, certi siamo che le dà per amore e non per odio.

Questo vede e conosce l'anima alluminata dalla dolce verità, e però ha ogni cosa in debita riverenzia; giudica giustamente la volontà di Dio e la providenzia sua in sé, poiché la sua providenzia provede a ogni nostra necessità, e la sua volontà non vuole altro che il nostro bene. Poi che l'anima così dolcemente ha conosciuto la verità nel suo Creatore, e giudicato così dolcemente i misterii suoi in bene, si vòlle, con questa medesima verità e giudizio, nel prossimo suo, perché la carità del prossimo esce della carità di Dio.

Unde questa è la regola di coloro che il temono: che mai neuno giudizio non vorranno dare se non in bene - guarda già che i non vedesse lo male espressamente, colpa di peccato mortale -. Né questo piglia per giudizio, ma, per una santa compassione, lo porta dinanzi a Dio, dicendo: «Oggi tocca a te, e domane a me, se non fosse la somma bontà che mi conserva». Ogni giudizio lassa al sommo giudice e al giudice temporale, lo quale è posto perché tenga giustizia a ognuno secondo che merita.

Non si pone a giudicare per detto delle creature, né per costumi né atti di fuori, poiché vede bene che Cristo benedetto glili vieta nel vangelo dicendo: «Non vogliate giudicare in faccia» (Mt 7,1 Lc 6,37), sì che nel suo prossimo ama - con quello amore ch'egli ha a Dio, schietto senza rispetto di sé - la verità in lui; e giudica santamente la volontà di Dio nelle sue creature, giudicandole in bene e lassando il male giudicare a Dio. E però non è iscandelizzata né nei misterii di Dio né nel prossimo suo; e non diminuisce la carità e l'amore e riverenzia verso il suo Creatore per nessuna tribulazione ch'egli le permettesse, né verso la creatura - per ingiuria o danno temporale che ricevesse -, perché santamente ha giudicato con verità che Dio glil permette per provare l'affetto della carità ne l'anima inverso di colui che gli fa ingiuria, e per punizione del peccato suo, dicendo: «Signore mio, giustamente mi permetti questo: poiché, s'io non ho offesa questa creatura che mi fa ingiuria, io ho offeso te, sì che per mio bene l’hai messa per istromento a corregiarmi dei miei difetti».

Dicovi, carissima sorella, che questa anima gusta vita eterna in questa vita, perché ogni cosa in Dio e nel prossimo suo giudica con lume di verità. A questo v'invito: che sempre v'ingegniate di tenere questo medesimo modo, affinché siate privata del sommo male, e perveniate al sommo bene, poiché in quello giudizio che giudichiamo altrui, saremo giudicati noi (Mt 7,2 Lc 6,38). Non facciamo come gli stolti che fanno lo contrario di questo, ché solamente si vogliono fare giudici della volontà degl'uomini, non raguardando come né in che modo, ma, come accecati della propia passione, la verità giudicano in bugia e la bugia in verità. Oh come è torta la loro via, che, essendo ciechi, vogliono giudicare la luce! Vorranno giudicare i grandi misterii di Dio, e quello ch'egli aduopera nei servi suoi, e i modi e costumi loro, a modo suo.

Oh superbia umana! E come non si vergogna la creatura di volere tòllare l'ufizio di mano al Creatore? Ché a la creatura aspetta d'essere giudicata, e non di giudicare; ma ella non conosce, perch'è privata del lume della verità - e però legiermente giudica e condanna quello che ha udito o ode del prossimo suo, e quello che non vidde mai -, e così rimane aviluppata la coscienza sua. Scandalizzato in Dio e nel prossimo suo, privato della carità della carità, ogni male n'esce, e diventa indiscreto; il gusto se li guasta, sapendoli quello ch'è buono di gattivo, e quello che è gattivo gli pare buono. Vienne in odio e pentimento dei misterii di Dio e opere delle creature: egli si priva del prezzo del sangue di Cristo crocifisso; tollesi ogni bene e cade in ogni male; diventa ingrato e sconoscente dei beneficii che ha ricevuti e riceve - la quale ingratitudine fa seccare la fonte della pietà -; diventa incomportabile a sé medesimo, tenendo e amando disordinatamente senza Dio le ricchezze delizie e stati del mondo; e le fatiche porta con impazienzia, non ponendo la cagione delle fatiche ai peccati suoi, ma spesse volte la pone in colui che non ha colpa.

Questo ben pare che oggi si vega nel mondo, e specialmente nella vostra città: che le grandi tribolazioni e mutazioni avute - e tutto dì siamo per avere - per le colpe e difetti nostri, noi le vogliamo scaricare, queste some, sopra altrui, sì come infermi, giudicando la santa intenzione in male e in perversa, e la disordinata e gattiva intenzione - che non attende altro che ad amore propio - in bene: questo è per la privazione del lume. Ma le pietre caggiono pure sopra colui che le gitta. Non si vuole fare così, dolcissima figlia, ma riputarle a noi e ai difetti nostri, ognuno a sé medesimo; e facendo così placaremo l'ira di Dio, fuggiremo il male e tante fatiche, e ricevaremo misericordia. Sono certa che se voi e gli altri sarete fondati nel lume, col quale lume conosciarete la verità, come detto è, che voi il farete; in altro modo, no. E però vi dissi ch'io desideravo di vedervi fondata in vero e perfettissimo lume; e così vi prego, per l'amore di Cristo crocifisso, che sempre v'ingegniate d'acquistarlo.

Ponete fine e termine oggimai a ogni vostra passione, e non vogliate prestare l'orecchie in udire quello che non dovete ma, come persona che non vuole la dannazione de l'anima sua, attenetevi a la verità; e non vogliate scandalizzarvi così di legiero. Raguardate l'affetto di chi v'ama teneramente. A questo modo godarete del bene, e non arete pena. Sono certa che se vorrete usare lo conoscimento che Dio v'ha dato, voi vi disporrete a intendare quello che per salute vostra io v'ho scritto. Altro non vi dico.

Rimanete etc.

Fuggite la morte della bugia e del falso giudicio, voi e gli altri, e non ci dormite più; non aspettate, a levarle, quello tempo che voi non avete. Gesù dolce, Gesù amore, Maria.





308. A la soprascritta Daniella d'Orvieto.


Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima sorella e figlia in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti bagnata e annegata nel sangue di Cristo crocifisso, nel quale sangue trovarai lo fuoco della divina carità. Gustarai la bellezza de l'anima e la grande degnità sua, poiché, riguardando Dio in sé medesimo, s'inamorò della bellezza della sua creatura; e come ebro d'amore ci creò ad immagine e similitudine sua (Gn 1,26).

Avendo perduto lo ignorante uomo la degnità e bellezza della innocenzia per la colpa del peccato mortale, essendo fatto disubidiente a Dio, i ci mandò lo Verbo unigenito suo Figlio, ponendoli l'obedienzia che col sangue suo ci rendesse la vita e la bellezza de l' innocenzia, perché nel sangue si lavava, e lavano le macchie dei difetti nostri. Perciò vedi che nel sangue si trova e gusta la bellezza de l'anima. Bene ci si debba l'anima annegare dentro, affinché meglio concipa amore a onore di Dio e salute de l'anime, seguitando la dottrina del dolce e amoroso Verbo.

Perde te, figlia mia; non cercare te per te, ma te per Dio. Cerca Dio e il prossimo tuo con ogni santa solecitudine, per gloria e lode del nome di Dio e salute loro, offerendo umili e continove orazioni con spasimato desiderio dprima della divina bontà. Ora è il tempo di prendare questo cibo de l'anime in su la mensa della santissima croce: d'ogni tempo è tempo, ma tu non vedesti mai, tu né neuno altro, tempo di maggiore necessità. Sentiti, figlia mia, con dolore e amaritudine delle tenebre che è venuta nella santa Chiesa. L'aiuto umano pare che ci venga meno: conviene a te e agl'altri servi e serve di Dio invocare l'aiutorio suo. E guarda che tu non commetta negligenzia: egli è tempo di vigilia, e non da dormire. Tu sai bene che al tempo ch'i nemici sonno a le porti, se le guardie e gl'altri de la città dormissero, non è dubio neuno che la perdarebbono. Noi siamo atorniati da molti nemici, e così l'anima nostra: ché sai che il mondo, e la propia nostra fragelità, e il demonio con le molte cogitazioni, non dormono mai, ma sempre stanno aparecchiati per vedere se noi dormiamo, per potere intrare dentro, e come ladri furare la città dell'anima.

Anco lo corpo mistico della santa Chiesa è atorniato da molti nemici; unde tu vedi che quelli che sonno posti per colonne e mantenitori della santa Chiesa, ed eglino ne sonno fatti perseguitatori con le tenebre della 'resia. Non è dunque da dormire, ma da sconfigiarli con la vigilia, lacrime, sudori, e con dolorosi e amorosi desiderii, con umile e continova orazione. E fa' che, come figlia fedele alla santa Chiesa, tu preghi e strenga l'altissimo e dolce Dio che la provega ora in questo bisogno; e pregalo che fortifichi lo santo padre, e diali lume. Dico di papa Urbano VI, veramente papa e vicario di Cristo in terra, e così confesso e dobiamo confessare dinanzi a tutto quanto lo mondo; e chi dicesse o tenesse lo contrario, per nessuna cosa li dobiamo credare, ed elegiare inanzi la morte.

Bagnati nel sangue, affinché scropolo neuno non caggia mai nella mente tua, né per timore servile mai.

Nascondianci ne la caverna del costato di Cristo crocifisso, dove hai trovato l'abondanzia del sangue. In altro modo andaremo in tenebre, e saremo amatori di noi. Considerando me che altro modo non c'era, dissi ch'io desideravo di vederti bagnata e annegata nel sangue di Cristo crocifisso, e così voglio che tu facci. Altro non ti dico.

Permane etc. Abbi fame del suo onore e desiderio. Gesù dolce, Gesù amore.







309. A Giovanni da Parma in Roma, per uno libro strano che avea - del quale volea sapere per rivelazione se fusse da Dio o dal demonio -, a dì xxiij d'ottobre.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi fondato sopra la viva pietra, Cristo dolce Gesù, perché in altro modo non vi si potrebbe ponare edificio che bastasse, ma, giungendo lo vento, subito il darebbe a terra. Ma l'anima ch'è fondata in questa dolce pietra, cioè che seguiti la dottrina di Cristo crocifisso, non viene mai meno.

Che dottrina è questa che c'insegna lo dolce e amoroso Verbo, lo quale è detto pietra viva? e dove ce la 'nsegna? Non in delizie né diletti del mondo, ma in su la mensa della santissima croce è questa ch'egli c'insegna: amare Dio in verità - odiando lo vizio e la propia sensualità ch'è cagione del vizio -, e amare la virtù, e esso Dio ch'è cagione d'ogni virtù. Insegnaci obedire ai comandamenti della legge, e a farci venire in amore i consegli: facci concepire uno desiderio di volere acquistarli in su la mensa de la santissima croce, dove l'anima si veste della carità di Dio e del prossimo.

Ma attendete che questo non si può imparare senza lo lume, né senza l'oggetto del libro, unde ci è bisogno che l'occhio de lo intelletto sia aluminato col lume della santissima fede, e il libro sia scritto sì che ne la scrittura impariamo la dottrina. S'io riguardo bene, carissimo fratello, Dio ci ha dato l'occhio de lo intelletto, e dentro vi è il lume de la fede; lo quale lume non ci può esser tolto né da demonio né da creatura, se già noi non cel tolliamo con l'amore propio di noi medesimi. E àcci dato lo libro scritto, cioè lo Verbo dolce del Figlio di Dio, il quale fu scritto in sul legno de la croce, non con incostro, ma con sangue, coi capoversi delle dolcissime e sacratissime piaghe di Cristo. E quale sarà quello idiota grosso, e di sì basso intendimento che non le sappi lègiare? Non ne so neuno, se no gli amatori propi di loro medesimi, e questo l'adiviene non perché non sappino, ma perché non vogliono.

Sì ch'egli è scritto, unde noi troviamo nel capoverso dei piei che gli ha confitti affinché confichiamo l'affetto in lui, spogliandolo d'ogni disordinata volontà, che non cerchi né voglia altro che Cristo crocifisso; volendo giognare al Padre eterno col mezzo di questa Parola incarnata, libro scritto; desiderando di portare ogni pena senza colpa e pene di corpo e pene di mente, quando Dio gli permette le molte cogitazioni e molestie dal demonio, o bataglie de le creature -: ogni cosa portare per gloria e lode del nome suo. E tenendo per questa via, seguitarà e adempirà in sé quella parola che disse il nostro dolce Salvatore, quando disse: «Neuno può andare al Padre se non per me» (Jn 14,6). Egli è la via e la verità (Jn 14,6); e chi va per lui, va per la luce, e non giogne a le tenebre (Jn 8,12). Per questo modo conficca i piei de l'affetto suo, tenendo per la via della verità.

Giungendo al costato di Cristo crocifisso, trova la vita della grazia, poiché - spogliato l'affetto dell’uomo con odio santo del vizio e de la propia passione sensitiva (il quale odio ha trovato in questo libro scritto, che tanto i l'odiò, ch'egli lo volse punire sopra il corpo suo) - egli trova l'amore cordiale delle vere e reali virtù nel cuore aperto, la quale apritura manifestò a noi lo cordiale e ardente amore, facendoci bagno del sangue suo; il quale sangue fu intriso col fuoco della divina carità, perché per amore fu sparto: poiché per amore de l'onore del Padre e salute nostra egli corse, come inamorato, a l'obrobiosa morte della croce, per compire l'ubidienzia del Padre eterno. Ben è vero, Perciò, che c'insegna la dottrina in su la mensa della croce - imparando da lui a essere umile e mansueto di cuore (Mt 11,29), con la quale umilità e mansuetudine osserviamo i comandamenti dolci di Dio, e siamo obedienti. Ove gli abiamo trovati? Nel libro. Con che lume? Col lume de la santissima fede. Così stiamo nella fame de l'onore di Dio e salute delle anime, ricevendo in noi la vita della grazia.

A mano a mano, e noi leggiamo nel capo spinato di Cristo crocifisso e ne la bocca sua, crociando lo capo spinato della nostra propia volontà - che drittamente è una spina che punge e tormenta l'anima che se ne corona -, tenendo questo capo della perversa volontà fuore della dolce volontà di Dio. Nel dolce capo spinato, Cristo crocifisso, perdiamo questa dolorosa spina. Allora troviamo la pace nella bocca sua: che nell'amaritudine del fiele e de l'aceto delle nostre iniquità - le quali furono drittamente un fiele amarissimo e aceto che ci tolse la fortezza de la grazia -, conformandosi l'anima nostra e vestendosi della dolce volontà di Dio, gustiamo la pace sua, la quale egli acquistò con grande amaritudine, cioè pacificando Dio con l'uomo, essendo stato longo tempo in guerra con lui. E però dice lo glorioso Pavolo che Cristo benedetto è nostra pace (Ep 2,14), facendosi mediatore tra Dio e l'uomo. Anco ci amaestra lo dolce Apostolo che noi ci riconciliamo e faciamo pace con lui (Col 1,20), poiché egli è venuto come nostro mediatore ().

Seguitando questa dolce e dritta via, riceveremo lo frutto di questa pace qui in questa vita; mangiaremo le molicole de la grazia, e nella vita durabile vivande compite e perfette, le quali danno perfetta sazietà senza neuno difetto. Unde, volendocelo mostrare, lo glorioso dottore Augustino dice che v'è sazietà senza fastidio, fame senza pena: di longa è la pena da la fame, e il fastidio da la sazietà. Poi che gustato ha l'anima la pace, e gionta a tanto diletto, ella ha letto e legge continovamente nelle mani chiavate del Figlio di Dio, facendo tutte le sue opere spirituali e mentali confitte ne la volontà di Dio, facendole per gloria e lode del nome suo. S'ella è opera mentale - ch'egli esserciti la mente sua in drizzarla e ordinarla nella divina carità -, sempre il cuore vi sta confitto con tutti quanti gli altri essercizii che la creatura piglia per giognare a virtù, in molti e in diversi modi, sicondo che Dio permette e egli è atto a ricevare; tutte son fatte con santo timore di Dio, confitte in croce, ché già non vorrebbe lo vero servo di Dio adoparare e passare questa vita senza pena.

Anco, vuole togliere la croce sua e seguire Cristo con ogni verità e constanzia e pazienza e longa perseveranza fino a la morte, perch'egli è fondato sopra la viva pietra e ha imparata la dottrina nel libro scritto, come detto è, col lume della santissima fede. E però non s'è ritratto per pena da perseverare nella virtù, ma èssi dilettato nelle pene, sì come l'umile Agnello, che non si ritrasse dalla salute nostra eobbedienza del Padre per pena né per morte, né per nostra ingratitudine, né per detto dei Giuderi che diceano: «Discende della croce e crederenti» (Mt 27,42 Mc 15,32). Questo Perciò impara la dottrina della perseveranza da lui. Se non fosse fondato sopra questa pietra, voltarebbe il capo adietro, e temarebbe de l'ombra sua: in ogni cosa verebbe meno. E però vi dissi ch'io desideravo di vedervi fondato sopra la viva pietra Cristo dolce Gesù; e così vi prego che faciate.

E io sono certa che se voi legiarete in questo libro dolce, lo libro vostro - donde pare che siate sì tribolato - non vi darà fatica nessuna; ch'io non so vedere per che ragione voi ne pigliate questa fatica. Se lo libro v'è detto che si scordi dalla verità e da la dottrina dei santi aprovati dalla santa Chiesa, lassatelo stare - o voi il fate corregiare - e non l'usate più: atenetevi a quelli che voi sete certo che si conformano coi la verità. E se voi aveste pena di coscienza, facendovi vedere il demonio - per farvi venire a confusione di mente -: «Mira quanto tempo sei stato in questo errore! Tu credi avere servito a Dio, e tu hai servito e fatto reverenzia al demonio», non gli dovete credare, ma col lume vedere che Dio riguarda la buona e santa volontà con che noi adoperiamo - poniamo che il libro letto non fusse sicondo Dio - poiché solo la mala volontà è quella che fa il peccato, e altro no. Unde a la volontà è dato il peccato e la virtù, sicondo che ella ama o l'uno o l'altro. Perciò per nessuna di queste cose dovete stare in tanta aflizione, ma dovete levare ogni pena come uomo virile, come detto è; e coi la dolcezza del dolce umile Agnello cacciarete questa amaritudine. Altro non vi dico.

Rimanete etc. Gesù dolce, Gesù amore.

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