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LE LETTERE di santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa (3)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2012 19:43
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19/10/2012 17:09

242. A misser Agnolo vescovo di Firenze, quando si partì da Firenze per osservare lo 'nterdetto.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo e reverendo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi uomo virile e non timoroso, affinché virilmente serviate alla dolce Sposa di Cristo adoperando per onore di Dio spiritualmente, secondo che nel tempo d'oggi questa dolce sposa ha bisogno. Sono certa che, se l'occhio dello intelletto vostro si levarà a vedere la sua necessità, voi lo farete sollecitamente, e senza veruno timore o negligenzia.

L'anima che teme di timore servile, nessuna sua opera è perfetta; e in qualunque stato si sia, nelle piccole cose e nelle grandi viene meno, e non conduce quello che ha cominciato alla sua perfezione. O quanto è pericoloso questo timore! egli taglia le braccia del santo desiderio; egli acceca l'uomo, che non gli lassa conoscere né vedere la verità, perché questo timore procede dalla cecità dell'amore proprio di sé medesimo: ché subito che la creatura che ha in sé ragione s'ama d'amor proprio sensitivo, subito teme. E questa è la cagione per che teme, perché ha posto l'amore e la speranza sua in cosa debole, che non ha in sé fermezza né stabilità veruna, anco passa come lo vento.

O perversità d'amore, quanto sei dannoso ai signori temporali e spirituali e ai sudditi! Se egli è prelato, egli non corregge mai, perché teme di non perdere la prelazione e di non dispiacere ai sudditi suoi. Così medesimamente lo suddito: perché umilità non è in colui che s'ama di così-fatto amore, anco è una radicata superbia, e il superbo non è mai obbediente. Se egli è signore, non tiene giustizia, anco commette inique e false giustizie, facendole secondo lo piacere suo, o secondo lo piacere delle creature. E così, per lo non correggere e non tenere giustizia, i sudditi ne diventano più gattivi, perché si notricano nei vizii e nelle malizie loro.

Poiché è tanto pericoloso l'amore proprio e il disordinato timore, è da fugirlo, e da uprire l'occhio dello intelletto nello obbietto dello immacolato Agnello, lo quale è regola e dottrina nostra; e lui doviamo seguire, perciò che egli è esso amore e verità, e non cercò altro che l'onore del Padre e la salute nostra.

Egli non temeva i Giuderi né persecuzione loro, né la malizia deli demoni, né infamia né scherni né villania; e nell'ultimo non temé l'obrobriosa morte della croce. Noi siamo gli scolari che siamo posti a questa dolce e soave scola: voglio dunque, carissimo e dolcissimo padre, che con grandissima sollecitudine e dolce prudenzia upriate l'occhio dello intelletto in questo libro della vita, che vi dà sì dolce e suave dottrina; e non attendiate a veruna altra cosa che all'onore di Dio e alla salute delle anime, e al servigio della dolce Sposa di Cristo. Con questo lume vi spogliarete dell'amore proprio di voi, e sarete vestito d'un amore divino; cercarete Dio per la sua infinita bontà, che è degno d'essere cercato e amato da noi.

Amarete voi e le virtù, e odiarete lo vizio per Dio; e di questo medesimo amore amarete lo prossimo vostro.

Vedete bene che la divina bontà v'ha posto nel corpo mistico della santa Chiesa, notricandovi al petto di questa dolce sposa, solo perché voi mangiate alla mensa della santissima croce lo cibo dell'onore di Dio e della salute delle anime. E non vuole che sia mangiato altro che in croce, portando le fatiche corporali con molti ansietati desiderii, sì come fece lo Figlio di Dio, che insiememente sosteneva i tormenti nel corpo e la pena del desiderio, e maggiore era la croce del desiderio che non era la croce corporale. Lo desiderio suo era questo, la fame della nostra redenzione per compire l'obbedienzia del Padre eterno: erali pena fino che non lo vedeva compito. E anco, come Sapienza del Padre eterno, vedeva coloro che participavano lo sangue suo, e coloro che non lo participavano per le colpe loro. Lo sangue era dato a tutti, e però si doleva per la ignoranza di coloro che non lo volevano participare. Questo fu quello cruciato desiderio che egli portò dal principio fino alla fine.

Data che egli ebbe la vita, non terminò però lo desiderio, ma sì la croce del desiderio. E così dovete fare voi e ogni creatura che ha in sé ragione: dare la fatica del corpo e la fatica del desiderio, dolendovi dell'offesa di Dio, e dannazione di tante anime quante vediamo che periscono. Parmi che sia tempo, carissimo padre, di dare l'onore a Dio e la fatica al prossimo. Non è da vedere più sé con amore proprio sensitivo, né con timore servile; ma con vero amore e santo timore di Dio adoperare. E se bisogna dare la vita per l'onore di Dio, si debba dare, non tanto che la substantia temporale. Spero per la infinita bontà di Dio che, essendo voi uomo virile, voi lo farete, e perseverarete in quello che voi avete incominciato, cioè d'essere figlio fedele della santa Chiesa; e, essercitandovi in virtù, giognarete alla grande perfezione.

Ho avuta grande allegrezza della buona perseveranza e constanzia che avete avuta. Pregovi che fino alla morte non volliate lo capo indietro, facendo come uomo virtuoso e fiore odorifero, che dovete essere, nel corpo mistico della santa Chiesa, considerando me che se non quegli che sono virili in virtù, non sono constanti. Dissi ch'io desideravo di vedervi uomo virile e non timoroso, affinché meglio potiate adempire la volontà di Dio e il desiderio mio nella salute vostra.

Accompagnatevi con l'umile e immacolato Agnello, e trovarrete lo re nostro, venuto a noi nella stalla, umile e mansueto. Vergognarassi allora la propria sensualità di levare lo capo per impazienzia, vedendo Dio tanto umiliato, lo quale, per fare noi grandi, è fatto picciolo; e insegnaci, la prima dolce Verità, a diventare grandi. Con che? Con la bassezza della vera umilità, e però disse che noi imparassimo da lui a essere umili e mansueti di cuore (Mt 11,29). Orsù, carissimo padre, destianci dal sonno della negligenzia, e virilmente corriamo, seguitando la dottrina della Verità. Altro non dico etc.

Rimanete etc. Gesù dolce, Gesù amore.



243. A l'arcivescovo di Pisa.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Reverendo e carissimo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi pastore buono con acceso e ardito desiderio, sì e per sì-fatto modo che vi disponiate a ponere la vita per le pecorelle vostre (Jn 10,11), imparando dalla prima dolce verità Cristo Gesù, che per l'onore del Padre e salute nostra corse all'obbrobriosa morte della santissima croce.

Voi, padre carissimo, seguitate le vestigie sue per correggere i vizii e piantare le virtù nell'anime dei sudditi vostri, non curando né pene né obbrobrii né scherni né villanie né fame né sete, né veruna persecuzione che il mondo overo lo demonio ci potesse dare; ma virilmente, con affamato desiderio, correggete i sudditi vostri. Tenete, tenete l'occhio sopra di loro - fate almeno la vostra possibilità -, e non fate vista di non vedere, ché non si vuole fare così, anco si vuole vedere i difetti nostri e i difetti del prossimo nostro, non per mormorazione, né per falso giudicio: ma per una santa e vera compassione, con pianto e sospiri, portarli dinanzi a Dio, dolendoci dell'offesa che gli è fatta, e della dannazione di quella anima. Questo debba fare ogni creatura che ha in sé ragione verso del suo prossimo, ma molto maggiormente lo dovete fare voi e gli altri prelati della santa Chiesa; e èvi richiesto, e dovetelo fare raguardando i sudditi vostri per compassione e per punizione: ché gli avete a punire e riprendere secondo che trovate le colpe.

Oimé, non tardate più ché, per lo non correggere, le virtù e la vita della grazia sono morte nell'anima; i vizii e l'amore proprio vive, e il mondo perisce. Egli giace continovamente infermo a morte poiché, essendo l'uomo piagato di diverse piaghe e infermità, i medici d'esse infermità - ciò sono i prelati - usano tanti unguenti che già è imputridito. Non pure unguento, per amore di Dio: usate un poco la cottura, incendendo e cocendo lo vizio per santa e vera giustizia, sempre condita con la misericordia. E quella sarà la grande misericordia, in punire e reprendere i defetti loro; ché maggiore crudeltà non può usare chi governa lo 'nfermo che darli le cose contrarie. Oh, per l'amore di Cristo crocifisso, non dormite più; destatevi per fuoco d'amore e d'odio e pentimento dell'offesa di Dio. Almeno fate la vostra possibilità, e, fatto lo potere, sete scusato dinanzi da Dio. E so bene che tutto non potete vedere, ma mettete le spie dei servi di Dio, che v'aitino a vedere, poiché fino a la morte si die fare ciò che si può per amore del Salvatore nostro: non ci sia timore né amore servile, ché, se ci fusse, starebbe l'anima a grande pericolo e in dubbio della salute sua.

Convienvi Perciò fare ragione d'avere perduta la vita del corpo, e metterla per uscita. E facendo così mostrarete d'essere amatore e seguitatore di Cristo crocifisso: voi, pastore, avarete imparata la regola e dottrina del pastore buono, che ha posta la vita per noi. E però io dissi che io desideravo di vedervi pastore buono, perché altra via né modo non ci vego per la salute vostra e loro. Sopra questa materia non dico più, se non che voi sotto l'ale de la vera umilità, odio e pentimento del peccato, e dell'ardentissima carità gli nascondiate, pascendo l'anime dei doni e grazie spirituali, e il corpo del cibo corporale; notricando i poverelli secondo la necessità loro. Voi sapete che voi sete padre: Perciò, sì come padre, notricate i vostri figli.

Ho inteso, secondo che mi scrisse lo priore di santa Caterina, che voi avete fatta novità alle vestite di santa Caterina dell'abito di santo Dominico; e volete che elle tengano lo 'nterdetto, dicendo che il privilegio che hanno non lo' vale. E io vi dico che lo' vale, poiché io mostrai la copia - quando io fui a Vignone - al santo padre, e accettollo; anco, per quello ebbi io lo privilegio ch'egli mi dé: sì che io vi prego, per l'amore di Gesù Cristo crocifisso, che voi non lo' diate questa sconsolazione. Attendete a quelle cose che dovete fare, che è di dovere; e di quello, per l'amore di Dio, non vi vogliate gravare. Credetemi, carissimo padre, che se fusse altrementi io non ve ne pregarei, perché io non vorrei che d'uno minimo atto voi trapassaste l'obbedienzia imposta a voi dal santo padre, ma io sarei con voi insieme a stroppiarlo. Pregovi che mi facciate questa grazia e misericordia; io non vi dimando né dimandarò mai cosa che sia fuore del dovere.

Non dico più.

Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso, affinché il fuoco de l'amore, che trovarete nel sangue, consumi ogni freddezza e disolva ogni durezza del cuore e dell'anima vostra.

Rimanete etc. Gesù dolce, Gesù amore.





244. A maestro Francesco del maestro Bartolomeo medico da Siena.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi spregiatore della colpa del peccato mortale, poiché in altro modo non potreste avere la divina grazia ne l'anima vostra.

Ma questa non vedo che potiate avere, né voi né altri, se l'uomo non ha lume, col quale lume possa vedere e conoscere la gravezza del peccato e il bene della virtù. Poiché la cosa che non si conosce, non si può amare, cioè quella che è degna d'amore, né odiare quella che è degna d'odio; e conoscere non si può senza lo lume. Ècci dunque necessario lo lume; lo quale lume aviamo nell'occhio dell'intelletto con la pupilla della santissima fede, quando la nuvola dell'amore proprio non l'ha offuscato. E se l'amore proprio ci fusse, lo doviamo levare via, a ciò che non sia impedito lo nostro vedere, ma con l'amore santo cacciare l'amore perverso della propria sensualità, lo quale amore proprio consuma e priva della divina grazia dell'anima e corrompe ogni sua opera.

Sì come lo gattivo arbolo, che tutti i frutti suoi sono corrotti, così sono quelli dell’uomo che sta nell'amore sensitivo, unde ha tratto la gravezza del peccato mortale. E però ogni sua opera è corrotta; e àlli tolta la luce, e data le tenebre per sì-fatto modo che non conosce né discerne la verità. Anco, ha guasto lo gusto e l'appetito dell'anima, unde le cose buone gli paiono gattive, e le gattive gli paiono buone: le virtù vere spregia, l'amore di Dio e la carità del prossimo fugge, e tutto lo suo diletto piglia nelle delizie e diletti del mondo; se egli ama lo prossimo, non l'ama per Dio, ma per propria utilità.

Ma colui che in verità è privato dell'amore sensitivo, ama lo suo Creatore sopra ogni cosa, e il prossimo come sé medesimo. Lo quale amore non può avere che prima, col lume dell'intelletto, non conosca sé medesimo non essere, e l'essere suo riconosca da Dio, e ogni grazia che è posta sopra l'essere. Allora, quando così dolcemente conosce sé ed lo difetto suo, e la bontà di Dio, odia lo suo difetto, e il proprio amore che n'è cagione, e ama la virtù; e per amore della virtù - la quale egli ama per amore del suo Creatore - si dispone a sostenere ogni pena prima che offendere Dio e contaminare la virtù; e tutte le sue opere sono dirizzate secondo Dio, e spirituali e temporali.

E in ogni stato che egli è, ama e teme lo suo Creatore: se egli ha le ricchezze e lo stato del mondo, e figli e parenti e amici, egli possede ogni cosa come cosa prestata, e non come cosa sua; e usale con modo, e non senza modo. Se egli è nello stato del matrimonio, sì vi sta ordenatamente, sì come a sacramento, avendo in reverenzia i dì che sono comandati dalla santa Chiesa. Se egli ha a conversare con le creature e a servirle, egli le serve coraggiosamente, non col cuore finto, ma libero, avendo rispetto solamente a Dio.

Egli ordina le facoltà dell'anima sua, e tutti i sentimenti del corpo: e la memoria ordena a ritenere i beneficii di Dio; e l’intelletto a intendere la sua volontà, la quale non vuole altro che la nostra santificazione; e la volontà dispone ad amare lo suo Creatore sopra ogni altra cosa. Ordenate che sono le facoltà dell'anima, sono ordenati tutti i sentimenti del corpo. E così vi prego, carissimo fratello, che facciate voi: ordenate la vita vostra, aprite l'occhio dell'intelletto a conoscere la gravezza della colpa, e la larghezza della bontà di Dio. Facendo così, in ogni stato che voi sarete sarete piacevole a Dio, e sarete arbolo fruttifero e produciarete frutti di vita, cioè di vere e sante virtù; e in questa vita cominciarete a gustare la caparra di vita eterna.

Ma considerando me che in neuno modo la pace, la quiete e la grazia possiamo ricevere senza lo cognoscimento, col lume della santissima fede - nel quale lume cognosciamo noi medesimi, e la gravezza del peccato mortale, e la bontà di Dio, e il tesoro delle virtù -, però vi dissi che io desideravo di vedervi spregiatore della colpa del peccato mortale; e così vi prego che facciate. Altro non vi dico.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.





245. A frate Gasparre da Genova del Terzo Ordine di santo Francesco, il quale, avendo grande amore spiritualmente ad una serva di Dio e conversando molto con lei, n'era venuto in molte pene e battaglie di mente per illusione del demonio.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vero combattitore, sì come cavaliere virile, con lume e con lo scudo della santissima fede riparare ai colpi; e con esso lume conosciare quale è quella cosa che fortifica i nemici e quale gl'indebilisce, affinché abracciate lo rimedio che gli fa debili, e fugiate la cagione che gli fortifica.

Quale è la cagione che gli fortifica? è la propria volontà, fondata in amore proprio di sé medesimo. Questo amore indebilisce la volontà e falla vòllare come foglia al vento: ciò che l'amore sensitivo ama, la volontà vi corre, consentendo volontariamente al piacere di quella cosa che ama. Nella quale volontà sta la colpa; e non nei movimenti che desse l'amore sensitivo in volere amare quelle cose che sonno fuori della volontà di Dio e della ragione, se non in quanto la volontà consenta. E però la volontà, che segue l'amore proprio di sé, fortifica i nemici e sé indebilisce, come detto è.

Quale è quella cosa che fortifica l'anima, e indebilisce i nimici? I la volontà nostra vestita, per affetto d'amore, della dolce volontà di Dio; la quale volontà è di tanta fortezza che né demonio né creatura la può indebilire se essa medesima non vuole. E perché è ella forte? Perché volontariamente s'è unita in Dio, che è somma ed eterna fortezza: ella è ferma e stabile perché lo Dio nostro, in cui ella fa mansione, è immutabile, unde ella non si muove altro che in lui. E unde acquista l'anima questa fortezza? Dalla dottrina del dolce e amoroso Verbo, riguardandola col lume della santissima fede; nella quale dottrina, e nel sangue suo, conobbe che la volontà di Dio non cerca né vuole altro che la nostra santificazione, e però se ne inamorò, e vestissene, anegando la volontà sua in quella di Dio.

Questa volontà fa l'anima prudente: che non è idiota, né senza lume, ma con sapienza e grande discrezione ordina la vita sua, stando sempre attento di fugire quelle cose che gli abbiano a tòllare Dio. E perché vede che l'amore sensitivo glili tolle, però odia la propria sensualità e ama la ragione, unde con lume di ragione fa ogni suo fatto. Ama lo suo Creatore senza mezzo e senza misura, e non tanto ch'egli vi voglia mettare in mezzo le cose create o le creature, ma egli non ci vuole per mezzo sé medesimo, cioè la propria perversa volontà; e com'egli rinunzia a sé così rifiuta le creature e tutte le cose create: cioè, che non l'ama fuori della volontà di Dio, ma bene l'ama per Dio.

Unde l'amore suo è ordinato: che s'egli ama la creatura, l'ama per amore del Creatore, con modo e non senza modo, con misura e non senza misura. E con quale misura? Con quella della carità di Dio; non tolle altra misura perché ne rimarebbe ingannato, sì come fanno molte persone imperfette che si lassano pigliare al demonio con l'amo dell'amore: cominciando a misurare con la carità di Dio - cioè d'amare le creature per lui -, poi escono di questa diritta misura e cagiono nella misura della propria sensualità. E vedrassi lo cieco che con l'amo della divozione ha perduto Dio e l'orazione santa, della quale s'aveva fatta madre; vedesi gittare a terra l'armi con le quali si difendeva, indebilita la volontà e fortificati i suoi nemici; e trovasi nell'ultima ruina. Già ha conceputa la morte: non ha se non a partorire; e non si sente né fugge quella creatura come veleno, ma segue e va dietro al veleno.

L'avelenate cogitazioni e movimenti non possiamo noi tenere che non vengano, perché la carne è pronta ad combattere contro lo spirito; e il demonio non dorme mai, anco insegna a noi negligenti essere soliciti a la vigilia. Ma bene può lo libero arbitrio legare la volontà ch'ella non consenta, né volontariamente li riceva in casa sua, e può fugire che attualmente non si voglia ritrovare in quello luogo; ma per la sua cecità pare che voglia aspettare che si vega cadere uno angiolo di cielo, e andarne nel profondo dell’inferno. Oh maladetta divozione, quanto sei uscita della misura tua! Oh sotile lamo, tu entri queto come lo ladro che fura, poi ti fai dimestico della casa; e poi che hai abaccinato l'occhio dello intelletto, ti fai manifesto: e non sei veduto, ma bene si sente la puzza tua.

O carissimo e dolcissimo fratello in Cristo dolce Gesù, tolliamo la mano dell'odio con contrizione di cuore e pentimento della colpa, e con essa mano traiamo la brusca dell'occhio, sicché rimanga chiaro affinché conosciamo questo falso nemico. Fugasi la volontà, che non consenta alle cogitazioni del cuore; e ritragasi lo corpo, che in tutto si levi dal luogo e dalla presenza della creatura. Oimé, oimé, atachianci a l'alboro della croce e riguardiamo l'Agnello dissanguato per noi, e ine racquistiamo lo fuoco del santo desiderio, e con esso desiderio ritroviamo la madre nostra della santissima e umile orazione fedele e continova; altrimenti sarebbe madre senza latte, e non notricarebbe i figli delle virtù nell'anima con la dolcezza sua.

Subito che aremo ritrovata questa madre riaremo la misura della carità di Dio, con la quale ci conviene misurare l'affetto e l'amore che avesseamo alla creatura che in sé ha ragione. Saremo fatti facciorti: tolta sarà da noi ogni debolezza, e saremo virili, perché sarà spento in noi lo piacere feminile che fa lo cuore pusilanime; privati saremo delle tenebre e andaremo per la luce, seguitando la dottrina di Cristo crocifisso. Tutti facciortificati con lo scudo della santissima fede, staremo nel campo della battaglia, non rifiutando labore, né mai voltaremo lo capo adietro, ma con longa perseveranza, senza alcuno timore servile, con timore santo: vedendo i nostri nemici debili, e noi fatti facciorti della somma fortezza. E nella perseveranza vedremo la corona della gloria aparechiata non a chi solamente comincia, ma a chi persevera fino al fine. E però, essendosi l'anima vestita di fortezza è perseverante, altrimenti no. Per la qual cosa vi dissi ch'io desideravo di vedervi vero combattitore, affinché meglio potiate compire la volontà di Dio e il desiderio mio, e sovvenire alla vostra necessità.

Ponetevi lo sangue di Cristo dinanzi all'occhio dello intelletto vostro, sicché vi faccia inanimare alla battaglia: in questo glorioso sangue s'aneghi la volontà, affinché muoia, e, come morta, non consenta alle malizie del demonio né delle creature, né alla fragile carne. E fugite lo luogo, se voi avete cara la vita dell'anima vostra; fatto questo, non curate le battaglie né molestie del demonio, e non ne venite a confusione di mente, ma portate con pazienza la pena, e con pentimento la colpa che seguirebbe a consentire volontariamente e attualmente mandarla in effetto. Non siate negligente, ma solicito; disponete lo gusto a sentire l'odore delle virtù e della vera e santa povertà per amore del povaro e umile Agnello. Poi che avete messo mano a l'arato non voltate lo capo adietro a mirarlo. Altro non vi dico.

Rimanete etc. Fugite nella cella del conoscimento di voi, dove trovarete la larghezza della bontà e carità di Dio, che v'ha campato dall’inferno. Gesù dolce, Gesù amore.





246. Al priore di Cervaia presso a Genova.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo padre - per reverenzia di quello dolcissimo sagramento -, e figlio dico, per santo e vero desiderio (lo quale desiderio parturisce l'anima vostra nel conspetto di Dio per santissima orazione, sì come la madre parturisce lo figlio): io Caterina, misera miserabile serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, vi conforto e racomandomivi nel prezioso sangue del Figlio di Dio, con desiderio di vedervi lo cuore e l'affetto consumato nel consumato ardentissimo suo amore, lo quale amore consumò arse e destrusse tutte le nostre iniquità in sul legno della santissima e venerabile croce.

E non finì né finisce mai questo dolce fuoco, ché, se finisse l'affetto suo in noi, verremmo meno, poiché finirebbe quello che ci dié l'essere: ché solo lo fuoco dell'amore lo mosse a trare noi di sé. Anco, pare che provedesse la inestimabile carità di Dio alla fragilità e miseria dell'uomo, che sempre è atto e inchinevole a offendare lo suo Creatore: però Dio providde a conservarli la medicina contro la sua infermità. La medicina contro le infermità nostre non è altro che esso fuoco d'amore - lo quale amore non è mai spento da te! -. Questo riceve l'anima per medicina quando raguarda in sé piantato lo gonfalone de la santissima croce, poiché noi fummo quella pietra dove fu fitta e tenne questa croce, poiché né chiovo né legno era sufficente a tenere questo dolce Agnello immacolato, se l'amore e l'affetto non l'avesse tenuto. Quando l'anima raguarda in sé avere tanto dolce e cara medicina non die cadere in negligenzia, ma debbasi levare con l'affetto e col desiderio suo, e distendare le mani con uno odio e pentimento di sé medesimo, e fare come fa l'infermo, che odia la infermità e ama la medicina che gli è data per lo medico.

O figlio e padre in Cristo Gesù, levianci col fuoco dell'ardentissimo amore, con odio e profonda umilità, conoscendo noi non essere, ponendo le infermità nostre dinanzi dal medico Cristo Gesù: distendasi la mano nostra a ricevare l'amare medicine che sono date a noi. Queste sono l'amaritudini che spesse volte l'uomo riceve - cioè molte tenebre e tentazioni e confusione di mente, o altre tribolazioni che venissero di fuore -, le quali molto ci paiono allora amare; ma, se faremo come lo savio infermo saranno a noi di grandissima dolcezza: cioè che noi raguardiamo all'affetto del dolce Gesù che ce le dà, vedendo che nol fa per odio ma per singulare amore, poiché non può volere altro che la nostra santificazione.

Veduta la sua bontà, e noi vediamo la nostra necessità: grande necessità è a noi averle, ché senza esse cadremmo in ruina; ma elle ci fanno cognosciare noi medesimi, lèvanci dal sonno de la negligenzia e tòllonci la ignoranza, poiché n'ha fatto bomicare l'atto de la superbia. Per questo nasce una giustizia con una santa e dolce pazienza in volere sostenere ogni pena e tormento; e reputasi indegno de la pace e quiete de la mente: questo fa l'anima inamorata di Dio che ha conceputo in sé perfettissimo odio. Aperto l'occhio dello intendimento, e raguardato in sé la inestimabile bontà e carità di Dio, a costui le pene gli paiono tanto dolci e soavi che non pare che d'altro si possa dilettare: sempre pensa in che modo egli possa sostenere pena, per amore dello Dio suo.

A questo vuole e desidera l'anima mia di vedervi andare, sì che, se Dio ci conduce e concede grazia d'affaticarci e dare la vita per lui, se bisognarà, sia fornita la navicella dell'anima nostra di sangue e del fuoco de la divina carità, cercandolo e acquistandolo nel modo detto di sopra. Altro non dico.

Abbiate l'occhio sopra i sudditi vostri, e mai non si serri per nessuna cosa.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù Gesù.





247. A monna Giovanna, donna di Corrado di Leoncino da Siena, quando io Stefano con essa Caterina tornamo da Vignone.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

A voi, carissima sorella e figlia in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vestita del vestimento nuziale (Mt 22,11), considerando me che senza questo vestimento l'anima non può piacere al suo Creatore, né ritrovarsi alle nozze della vita durabile (Mt 22,2).

Voglio dunque che siate vestita, e, affinché meglio vi potiate vestire, voglio che vi spogliate d'ogni amore proprio e sensitivo che aveste a voi o ai vostri figli o a veruna cosa creata, fuore di Dio; non dovete amare né voi né veruna altra cosa fuore di Dio, poiché è impossibile che l'uomo serva a due signori - poiché se egli serve all'uno, egli è in contempto all'altro (Mt 6,24 Lc 16,13) -: neuno è che possa servire a Dio e al mondo, poiché non hanno nessuna conformità insieme. Lo mondo cerca onore, stato, ricchezza, figli in grande stato, gentilezza, piacere e diletto sensitivo: radicati e fondati nella perversa superbia; ma Dio cerca e vuole tutto lo contrario: egli vuole povertà volontaria, umiliazione di cuore (Mt 11,29), dispregiamento di sé e d'ogni diletto e piacimento del mondo. E non vuole l'onore proprio, ma l'onore di Dio e la salute del prossimo suo, e cerca solo in che modo si possa vestire del fuoco dell'ardentissima carità, con l'adornamento de le dolci e reali virtù, con vera e santa pazienza, e che altri non sia vendicativo per veruna ingiuria che gli sia fatta dal prossimo suo. Ma con pazienza tutto porta (1Co 13,7), e cerca solo di fare vendetta di sé, perché si vede avere offeso la prima dolce Verità. E ciò che ama, ama in Dio; e fuore di Dio non ama nulla.

E se voi mi diceste: «In che modo debbo amare?», io vi rispondo ch'i figli e ogni altra cosa si debbono amare per amore di Colui che gli ha creati, e non per amore di sé né dei figli, e non offendare mai Dio per loro né per veruna altra cosa; e ciò non amare per rispetto d'alcuna utilità né come cosa vostra, ma come cosa prestata a voi: poiché ciò che ci è dato in questa vita ci è dato per uso e in prestanza, e tanto ci è lassato quanto piace alla divina bontà che ce l'ha dato. Dovete Perciò ogni cosa usare come dispensatrice di Cristo Crocifisso, sì della sustanzia temporale - quanto è possibile a voi di poterlo fare ai povarelli che stanno in persona di Dio -, e sì dovete dispensare dei figli vostri, cioè di notricarli e allevarli sempre col timore di Dio, e volere prima che essi muoiano che ellino offendano lo loro Creatore.

Fate fate sacrifizio di voi e di loro a Dio. E se voi vedete che Dio gli chiami, non fate resistenza alla dolce sua volontà, ma, se eglino con l'una mano, e voi - come vera e buona madre e amatrice della salute loro - con le due: non volendo voi scegliere gli stati a vostro modo - poiché sarebbe segno che voi gli amaste fuore di Dio -, ma, secondo lo stato che Dio gli chiama, a quello siate contenta. Ché spesse volte dice la madre che ama i suoi figli nella perversità del mondo: «A me piace bene ch'i miei figli servano a Dio, ed eglino lo possono così servire al mondo come in altro stato». Ma alle semplici madri spesse volte adiviene, volendoli pur annegare nel mondo, che esse non gli hanno poi né a Dio né al mondo. E giusta cosa è che esse ne sieno private spiritualmente e corporalmente, poi che tanta superbia e ignoranza regna in loro facendo così e volendo ponare legge e regola allo Spirito santo che gli chiama. Costoro non gli amano in Dio né per Dio, ma con amore proprio sensitivo fuore di Dio, ché amano più i corpi che l'anime loro.

Già mai, dilettissima sorella e figlia in Cristo dolce Gesù, si potrebbe vestire di Cristo Crocifisso (Rm 13,14) chi, prima, di questo non fusse spogliato. Spero, per la bontà di Dio, che questo non toccarà a voi, ma, come vera e buona madre, darete voi e loro a onore e gloria del nome di Dio, e così sarete vestita del vestimento nuziale. Ma a ciò che meglio vi potiate vestire voglio che leviate lo desiderio e l'affetto vostro dal mondo e da ogni sua cosa, e che apriate l'occhio dell'intelletto a cognosciare l'amore che Dio v'ha, ché per amore v'ha dato lo Verbo dell'unigenito suo Figlio, e il Figlio v'ha data la vita con tanto fuoco d'amore, e ha dissanguato lo corpo suo, facendoci bagno del sangue. Ignoranti miserabili a noi, che non cognosciamo né amiamo tanto beneficio! Ma tutto questo è perché l'occhio è serrato, ché, se fusse aperto e avessesi posto per obiettivo Cristo Crocifisso, non sarebbe ignorante né ingrato a tanta grazia. E però vi dico che sempre apriate questo occhio: fermatelo e stabilitelo nel consumato e dissanguato Agnello, affinché ignoranza non caggia mai in voi. Or su, figlia dolcissima, non tardiamo più: ricovariamo lo tempo perduto, con vero e perfetto amore, sì che in questa vita, vestendoci per grazia del vestimento detto, noi godiamo ed essultiamo nelle nozze della vita durabile, voi insieme con lo sposo i figli vostri.

E confortatevi dolcemente in Cristo dolce Gesù, e siate paziente e non vi conturbate perché io abbi tenuto troppo Stefano, poiché io n'ho presa buona sicurezza, perché per amore e affetto sono fatta una cosa con voi, e però ho preso delle cose vostre come cosa mia. Credo che non l'abbiate avuto troppo per male. Io per voi e per lui infine alla morte voglio adoperare ciò che io potrò. Voi, madre, l'avete parturito una volta, e io lui e voi e tutta la vostra famiglia voglio parturire in lacrime e in sudore, per continue orazioni e desiderio de la salute vostra. Altro non dico.



Racomandatemi a Corrado e benedite tutta l'altra fameglia, e singularmente la mia pianta novella, che di nuovo s'è cominciata a piantare nel giardino della santa Chiesa. Fate che vi sia racomandato e che voi me il notrichiate in virtù, sì che gitti odore fra gli altri fiori. Dio vi riempia della sua dolcissima grazia.

Rimanete sempre nella santa e dolce carità sua. Gesù dolce, Gesù.

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