"Gheràsco polla'de didascòmenos..."
RadioRock presenta:
GIOVANNI LINDO FERRETTI
Pascolare parole, allevare pensieri
Giovanni Lindo Ferretti
voce, senso
Lorenzo Esposito Fornasari
canto
Raffaele Pinelli
organetto
Ezio Bonicelli
violino
GIOVEDI 10 MAGGIO 2006 - ALPHEUS
Via del Commercio 36 - Roma
Biglietti: € 18 (posto a sedere)
€ 15 (posto in piedi)
“Mia nonna mi ha insegnato che quando va male, davvero, bisogna salvare la forma. Raccontava di grandi carestie che hanno attraversato, nei secoli, le nostre valli. Le donne, nelle case, continuavano ad impastare e cuocere qualsiasi rimedio, anche la terra, il muschio, la segatura, l’erba, in forma di pane. Mio padre, per sopravvivere, in campo di prigionia tedesco, ha masticato e rimasticato pezzi di cuoio, residui di scarpe, bolliti a minestra. Era festa se catturavano un topo e veniva cotto allo spiedo, di nascosto. Insieme alla vita l’uomo deve salvaguardare l’umanità.
Se manca la sostanza diventa la forma il limite invalicabile dell’esistenza. Preziosa comunque.
Il limite, il confine del mio operare pubblico è la parola. Preziosa. È un’arma la parola. Un’arma il tono, il ritmo. Forma e sostanza. Deve essere forte la parola, anche quando è leggera, quando si fa sinuosa. Un rapimento, un’estasi che brucia e fa silenzio intorno. Far fiorire il deserto.
Qui, ora, s’adora l’apparenza, cosmetica idea di bellezza che nasconde e appiana, ma la bellezza è luce e brilla di verità. Non tanto liberare la fantasia, quanto lo sforzo di penetrare la realtà, svelarla e raccontarla.
L’eccesso satura i sensi: vista, udito, olfatto, gusto, tatto e li esaurisce. Noi siamo saturi, quasi esauriti.
Sono figlio di un mondo, irrimediabilmente finito, che ha fatto dell’allevare, pascolando, la forma quotidiana del suo vivere.
Imperterrito continuo a pascolare allevando.
Solo parole: lette, recitate, cantate.
Una voce, due voci, un suono: l’organetto diatonico, che ha segnato il limite musicale tra la tradizione e la modernità.
Il suo utilizzo segna la via del ritorno. Tutto cambiato. Tutto diverso.
E l’uomo?”
un palcoscenico spoglio
luci bianche, quattro seggiole
la voce legge, recita, salmodia, canta
due voci
all’unisono, a controcanto, a contrasto
voce suono, voce senso
il racconto di una regressione genetica
da casa nel mondo e dal mondo a casa
transumanza nello spazio e nel tempo
due suoni
organetto
lo strumento che ha segnato l’accesso, nella musica popolare, alla modernità. Piccolo mantice sonoro, figlio della meccanizzazione del mondo. Al virtuosismo del suonatore la facoltà di commuovere nella dolcezza, eccitare nel ritmo. Ad accompagnare la voce. Tessere la storia sull’ordito della memoria.
violino nella dimensione classica, popolare, elettrificata comunque un archetto a stuzzicare, strusciare corde in tensione. Pastoso come il miele, pungente impetuoso come un distillato. Ad accompagnare la voce. A ricucire, nella melodia, le antiche vie d’Europa alle piste dell’Asia Centrale.
Camminando su ieri è domani che cammina davanti a me, fiorendo il mio giorno.