__Slow down This Bird__
__versione "atmosfera intensa, pesante, un pò lacerante"__
Giovanni Lindo Ferretti l' equilibrista
L abitacolo della vettura, la postura (a me piace guidare col sedile basso, distante, con la spalliera reclinata, abbastanza), del mezzo, a fendere l'aria, l'andatura , le luci in rapida successione, la strada che scorre, la musica che m’accompagna, sempre, la mia musica o quella che lo diventerà, a volte la compagnia della luna che guardandomi mi segue.
Attorno il nulla, se non il buio e piccoli fuochi di ex lanterne, più dense quando segnalano città.
Intimo spazio dilatato.
Il viaggio non è solo fisico, i miei pensieri corrono giocosi o seri intrecciandosi, illuminandomi, a volte.
Mi piace molto stare in macchina, da solo viaggiare, in due vagare.
Sono due cose molto diverse. Di quando sono solo ho dato due tratteggi proprio su, e penso se ne deduca che è una cosa che mi dà benessere, che mi piace,che mi fa star bene.
In due è diverso, già, in due, ultimamente mi capita con molta più frequenza di essere solo (cioè senza compagnia femminile) e quindi in viaggio.
In due mi piace l atmosfera speciale che si crea (a volte ovviamente), come essere in un vagone rosa, con le luci soffuse.
Se non guido mi piace guardare le mani, la gonna, gli occhi di chi guida, toccarla, carezzarla, le gambe all interno, i seni.
E baciarla, ma poco, che le donne non è che siano brave a guidare e baciare contemporaneamente.
Se guido io invece, a volte sono un diavolo.
Mi ricordo una volta, tra strade di collina intercomunali, dopo aver bevuto un paio di bicchieri, colonna sonora l allora ultimo disco dei Chemical Brothers “Surrender”, di aver ecceduto: nei baci, negli sguardi, nei toccamenti, nell andatura dell auto, un pericolo, quasi come nei film magari quelli più ruspanti anni ’50 quando c’erano ancora miti come James Dean.
(E’ incredibile, quasi riesco a paragonarmi a James Dean, che ne so io di james Dean, eppoi di che sto raccontando?).
Ma questo non c’entra nulla col titolo del Post, e già ve lo sarete chiesti suppongo.
Ma ho scritto della macchina, perché oggi in macchina, solo, in viaggio, i miei pensieri viaggiavano, e sono venuti pure qui, sul forum.
Ho avuto pensieri sul forum, ma come quelli che ho avuto mesi fa, cioè mi sono venuti pensieri su qualcosa da scrivere in questo spazio, che è un mio spazio finchè ci sarà, e con il quale (ultimamente)cerco di relazionarmi nella maniera più equilibrata e costruttiva possibile: finchè dura, finchè mi piace, l importante è l approccio, importanti siamo noi.
Un pensiero, quello che riguarda il titolo del post è sul nostro Giovanni Lindo Ferretti, non ne ricordo esattamente la genesi, anzi si, nasceva dalla domanda, dalla speculazione, che per ora mi accompagna, sull equilibrio individuale, sulla stabilità del nostro ego in relazione a tutto ciò che accade: “il centro di gravità permanente” cantava qualcuno, e io per ora sono un po’ incazzato, in genere, guardandomi dentro o intorno perché vedo che spesso ciò è solo un miraggio.
Che c’entra Ferretti?
Secondo me c’entra.
Ferretti è come i vecchi, ha lo sguardo dei vecchi, ma non lo è.
Ferretti ha lo sguardo di chi ha convissuto con la morte, lui l ha vista, come i vecchi, e per questa ragione ha, hanno, uno sguardo più puro sul mondo, mirano al cuore, alla bellezza delle piccole cose, all accettazione del proprio essere e del proprio divenire, alla consapevolezza del valore di ogni momento, all accettazione del proprio io e dei propri bisogni, senza tralasciare nel tendere loro a un doveroso impegno.
Ecco, ho pensato questo, ho pensato di come qui, parlando di Ferretti delle sue parole e delle sue scelte, non si sia tenuto conto dell esperienza dell uomo, del suo divenire, che l ha portato in strade nuove abbandonandone altre, raggiungendo dei traguardi senza per questo negarsi la possibilità dell errore, accettandosi in primis nella ricerca e nell impegno (come quello che vi tiene qui, a leggere quello che io scrivo. Ma questo è un pò più piccolo però, e non è detto che l abbiate o che lo vogliate).
Questo io colgo di Ferretti, più della qualità delle sue parole, o del colore delle stesse, questo io apprezzo di Ferretti, è un uomo che guardandolo, ti fa capire di quanto sia bello essere uomini, di come siano belle tante piccole cose, di come sia bella la diversità, di quanto sia importante la FORZA, che è QUALITA’, e viene giudicata per quel che fa, e non fa.
Si, penso che la consapevolezza della morte, per puro paradosso, faccia vivere meglio.
Di altri pensieri, vi dirò le prossime volte se ci saranno, se i pensieri, i topos, diventeranno post (quasi un anagramma), ma mentre sono qui, con lemiemanisudate (beh, mentre ero in vena di giochi di parole), la colonna sonora a dare il ritmo, il sorriso accennato a dare vita, vi voglio raccontare invece un'altra cosa, che riguarda il mio approccio e le mie domande alle parole, ma anche alla vita.
Ho scoperto alcune cose ultimamente (almeno due).
Ho scoperto, o meglio, ho trovato una spiegazione sulla necessità di scrivere, sulla necessità di letteratura (sia essa prosa o poesia), per non rimanere ancorato nel limbo de “..il romanzo è morto. La letteratura è morta. Non c’è niente da aggiungere. E’ tutto inventato. Tanto vale tacere.”;
e per non volere (con approccio negativo) colpevolizzare i nuovi modi di comunicazione (internet, la televisione) di star scalzando e uccidendo la letteratura.
La letteratura è anche una forma di pensiero, e non credo il mondo vi possa rinunciare, soprattutto perché questo pensare letterario, sottoforma di narrazioni o storie o versi o dialoghi o monologhi ci accompagna da troppi secoli.
Ci sono cose che conosciamo perché ce le ha mostrate la letteratura, o ci ha consentito di prenderne coscienza.
Ci sono saperi e intuizioni impossibili da esprimere o che non si manifestano in un linguaggio esclusivamente razionale: né tecnico, né filosofico, né economico, né religioso, né scientifico, né ovviamente politico, e tantomeno psicologico.
Esiste un enorme zona d ombra in cui solo la letteratura o e le arti in genere possono penetrare: e non per illuminarla o rischiararla, ma per percepirne l immensità e la complessità.
La letteratura ci permettere di comprendere un po’ meglio noi stessi e il mondo, che finiscono comunque per coincidere.
E’ per questo forse che continuiamo a scrivere letteratura e a leggere quella che si scrive oggi, perché ogni epoca ha bisogno di una corrente di pensiero in cui potersi riflettere, perché sentiamo l esigenza di indagare sulla nostra personale linea d ombra, che non coincide in tutto con quella dei nostri predecessori.
Ho scoperto anche, o meglio ho trovato, una frase che descrive pensieri che sapevo soltanto inconsciamente: “quando scrivo è come se vagassi con la bussola”.
Non so già in partenza da dove parto e dove arriverò, non conosco già in partenza il percorso.
Questo non sapere mi permette di dedicarmi a ciò che si potrebbe definire il vagare.
Senza seguire un filo, senza dare troppa importanza a ciò che è pertinente o essenziale al racconto.
Vagare tra le parole, nella divagazione, nella riflessione, nell inciso, nell invocazione lirica nell insulto, nella metafora prolungata e autonoma.
Perché in fondo ciò che è narrabile è ciò che si può dire con poche e intercambiabili parole.
Ma gli scritti sono soliti contenere molte parole, e queste, giustamente, non sono mai intercambiabili.
ECCO.
__w lory del santo______________